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Autore: AleeraRedwoods    21/05/2019    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Caduta-

 

Arda, Terra di Mezzo. Maggio, Anno 29 Q.E

    La notte già si apprestava ad avvolgere i marmi bianchi e neri della Sala del Trono quando Re Elessar[1] sollevò lo sguardo. Teneva il pesante volume sulle gambe e non ricordava da quanto tempo fosse immerso nella lettura, prima che il buio gli rendesse impossibile continuare.
    Con un unico, lento gesto, il Re di Gondor e di Arnor richiuse il libro e si alzò, lanciando uno sguardo distratto al trono.
    Da quasi due giorni sentiva una strana agitazione dentro di sé, che non voleva abbandonarlo. I nervi a fior di pelle gli impedivano di rilassarsi, di dormire, di riflettere con calma. Le sue dita avevano preso a tremare ogni qual volta si trovava solo, tradendo la sua tensione, ed ora anche un gesto semplice come accendere la sua amata pipa era diventato complicato.
    Si apprestò a uscire dalla sala, ormai buia e desolata, quando qualcosa catturò la sua attenzione, attraverso le finestre ad arco alla sua sinistra. Socchiuse gli occhi, avvicinandosi: per un attimo, nel vasto cielo di Gondor, gli parve di veder le stelle tremare.
    Concentrato su quell’improbabile evento, non si accorse che qualcuno era entrato nella sala, alle sue spalle: -A’maelamin. Lle tyava quel? (Mio amato. Va tutto bene?)- Elessar sussultò e si girò velocemente, la mano sull’elsa della spada. Quando incontrò lo sguardo della sua Regina espirò, rilassando i muscoli che si erano inevitabilmente contratti per quell’improvvisa apparizione. –Arwenamin… (Mia signora)-.
    Lei, avvolta da una delicata veste verde pallido, lo raggiunse lentamente alla finestra, con sguardo preoccupato. Non capitava spesso di vedere il Re degli Uomini spaventato.
    Lui cercò di sorridere: -Perdonami, mi hai colto di sorpresa.-
    Ma la Regina, sensibile come solo una creatura immortale poteva essere, si era accorta dell’ombra scura che da giorni gravava sul marito e sentiva la sua preoccupazione come fosse propria. E, dopotutto, non poteva biasimarlo: -So che anche tu lo avverti. Sta per accadere qualcosa.- Gli sussurrò, appoggiando la testa sul suo petto.
    Elessar aggrottò le sopracciglia, stringendola per cercare conforto: –L’aria vibra, gli alberi fremono e gli uccelli cantano più forte in questi ultimi giorni. Ho un brutto presentimento.-
    La Regina cercò di rassicurarlo, catturando il suo sguardo con occhi gentili: -C’è solo pace in questo canto, il tuo regno è al sicuro. Mornie alantie (l’oscurità è caduta), non hai nulla da temere.-
    Doveva essere vero.
    Erano passati trentuno anni dalla Guerra dell’Anello ed ora la Terra di Mezzo prosperava. Solo le foreste e le montagne erano dimore delle creature oscure, alcune sfuggite alla distruzione dell’Oscuro Signore di Mordor, altre rintanate da secoli nelle viscere della terra.
    Tutte, senza esclusioni, si tenevano ben lontane dagli uomini, ormai padroni del nuovo tempo.
    –Hai ragione, c’è solo pace. Per ora.- Il suo tono si fece più grave di quanto lui stesso avrebbe voluto. -Non posso sottovalutare i presentimenti che il mio sangue di Dúnadan[2] mi ha donato. Manderò un messaggero nell’Ithilien, per avvertire Legolas e gli elfi, Faramir e suo figlio Elboron. Provvederò a far giungere il messaggio anche ad Edoras. I nostri alleati devono essere pronti a metter mano alle armi, qualsiasi cosa stia per accadere.- Concluse lui, lanciando un ultimo sguardo al cielo notturno.
    Senza volerlo, la sua mente volò al di là del mare, nelle Terre Immortali: -Se solo Gandalf fosse ancora qui…-
    Pensava spesso al suo vecchio amico e ora più che mai avrebbe voluto averlo al suo fianco, a consigliarlo, a guidarlo.
    Arwen sorrise, prendendo la mano del marito fra le sue:
-Anche se talvolta ti comporti come tale, non sei più il ramingo del Nord che giunse nella casa di mio padre tanti anni fa. Sei un grande Re, Aragorn. E Mithrandir è partito sapendo che saresti stato degno di questo incarico.-
    Elessar assorbì quelle parole nel suo animo e baciò l’amata, riacquistando momentaneamente il suo temperamento fiero.
    Aveva guidato il suo popolo per trent’anni, l’avrebbe fatto per altrettanti.
    Si lasciarono le stelle della notte alle spalle, senza notare che, inspiegabilmente, una in particolare risplendeva di una luce bianchissima, superando tutte le altre. 

 
**

    Il giorno dopo, Re Elessar uscì dalle sue stanze alle prime luci dell’alba, reduce di una notte insonne e densa di inquietudine. Percorse più volte le sale del Palazzo, senza la reale volontà di recarsi in un luogo preciso.
    Il suo vagare lo condusse nel cortile della Cittadella e qui, sorridendo, si fermò ad osservare la sottile figura seduta su una delle panchine di pietra, ai piedi dell’Albero Bianco.
    Miniel, sua figlia, osservava sovrappensiero il cielo terso, i capelli bruni scossi dalla brezza primaverile. Aveva appena compiuto quattordici anni e la sua bellezza acerba era già nota in tutto il regno. Il sangue elfico le aveva donato delle forme longilinee e un portamento aggraziato e dal suo nobile padre aveva ereditato il carattere impetuoso e allo stesso tempo saggio.
    Elessar la raggiunse, posandole una mano gentile sulla spalla.
-Buon giorno, padre.- Bisbigliò lei, senza avvertire il bisogno di voltarsi: avrebbe riconosciuto il suo tocco premuroso ad occhi chiusi.
    -Perché sussurri, Miniel?-
    La mezzelfo sorrise, stringendogli la mano e invitandolo a sedere accanto a lei. Pose la testa sulla sua spalla, allegramente:
-Non voglio disturbare il sole. È ancora assonnato e fatica a svegliarsi.- Spiegò, indicando i tenui raggi dorati, che ancora non riuscivano a riscaldare l’aria.
    La Principessa, dotata della sensibilità dei suoi avi immortali, comunicava in un modo tutto suo e il Re non poteva fare a meno di rimanerne sempre piacevolmente sorpreso.
    –Anche il mio vecchio padre è ancora assonnato, vedo.- Lo canzonò lei, quando incrociò lo sguardo stanco del Re.
    Lui rise, cingendole le spalle con un braccio: -Vecchio? Che parole sconsiderate. Ricorda che sono pur sempre il Re!-
    Anche lei scoppiò in una risata cristallina, ricambiando l’abbraccio. –Cosa ti turba, padre mio?- Chiese poi, interrogando il Re con i grandi occhi grigi, così simili ai suoi.
    Elessar scosse la testa, abbozzando un sorriso mesto: -Non lo so, Miniel. Forse niente.- Lei sollevò le spalle, spensierata, tornando ad ammirare il cielo: -Allora passerà!-
    Lui sospirò, osservandola con tenerezza: anche al Re degli Uomini sarebbe piaciuto congedare ogni timore con una scrollata di spalle. Le baciò una tempia, attendendo il sorgere del sole con un’inspiegabile impazienza a divorargli il petto, sempre più irrefrenabile.

    La giornata si trascinò lenta, fino al calare della sera, quando il corno della città annunciò improvvisamente l’arrivo di visitatori.
Sorpreso, Elessar raggiunse in fretta la Sala del Trono e il suo volto si distese alla vista dell’inatteso ospite.
    -Nae saian luume’! (È passato troppo tempo!)- La voce di Legolas rimbombò per tutta la sala, squillante.
    Il Re posò la mano ruvida sulla spalla dell’elfo in un gesto complice, felice di rivederlo: –Mellon nîn (amico mio)! La tua visita è una sorpresa più che gradita.-
    Legolas rispose al gesto dell’amico facendo altrettanto, nonostante il suo viso tradisse tutta l’urgenza che l’aveva condotto a Minas Tirith. –Ho viaggiato senza sosta per raggiungerti.- Disse, serio, mentre il vento che penetrava dal portone d’ingresso gli scompigliava i capelli chiari.
    L’altro annuì, conscio che, sicuramente, quella non poteva essere una mera coincidenza: –A dire il vero, io stesso ho inviato un messaggero nell’Ithilien, questa mattina. Ma pare che tu per primo abbia qualcosa da dirmi.- Si scambiarono uno sguardo eloquente, leggendo con chiarezza i pensieri l’uno dell’altro, come da sempre erano in grado di fare.
    Finché una voce allegra non ruppe il silenzio teso che era disceso tra loro, riscuotendoli: –Legolas! Sei tornato!- Miniel attraversò la sala di corsa, diretta verso l’elfo, con la lunga veste rossa a rimbalzarle sulle gambe. Gli lanciò le braccia al collo, in un gesto poco consono ma che intenerì il Re degli Uomini.
    La giovane mezzelfo considerava Legolas parte della famiglia, essendo cresciuta con la sua figura rassicurante costantemente accanto a quella dell’amato padre.
    Legolas ricambiò l’abbraccio con un sorriso sul volto, scostandola gentilmente poco dopo: -Sei cresciuta, Principessa. Alla tua età non è più consigliabile correre così incontro ad un uomo, non te l’ha mai detto tuo padre?- Si inchinò, scherzosamente.
    Lei rise, mimando un inchino a sua volta e lanciando occhiate divertite al Re, ben consapevole di quanto egli detestasse quei discorsi frivoli. Per l’appunto, Elessar la sospinse frettolosamente verso le ancelle, che la aspettavano pazienti: -Lascia stare Legolas adesso. Abbiamo cose molto importanti di cui discutere.-
    Lei puntò i piedi, con tono serio: -Non viene mai a trovarci, voglio stare con voi anche io.-
    Legolas le scompigliò i capelli lisci, addolcendo lo sguardo:
-Prometto che passeremo un po’ di tempo insieme, Miniel. Ma non stasera.-
    La Principessa s’imbronciò lievemente ma sollevò un sopracciglio, disposta ad usare toni più diplomatici: -Se ora me ne vado, mi insegnerai a tirare con l’arco, la prossima volta?- L’elfo annuì e lei saltellò vittoriosa, lasciandosi docilmente recuperare dalle sue ancelle.
    Legolas trasse un respiro di sollievo, scuotendo la testa.
    –Attento a non farti intortare troppo. È davvero brava in questo genere di cose, riuscirebbe a persuadere chiunque! A soli sei anni convinse una delle mie guardie più fedeli a prendere il the con le sue bambole.- Lo avvertì il Re, con un brivido: -Credo abbia preso da sua madre.-
    Risero al pensiero di quella scenetta, dirigendosi insieme verso gli appartamenti reali.

    Dopo una lunga cena i due si ritrovarono nella Torre di Ecthelion, con la luna alta nel cielo come unica spettatrice.
    -Man presta le, mellon nîn? (Cosa ti turba, amico mio?)- Chiese l’elfo, seduto sul davanzale della grande finestra che si apriva sulla valle di Gondor.
    Elessar inspirò un’altra boccata di fumo dalla sua pipa, dove bruciava lentamente l’erba della Contea: –Qualcosa di strano sta accadendo, Legolas. Non riesco a capire cosa.- Ammise. –Ho solo un brutto presentimento e niente mi persuade dal pensare che, qualunque cosa sia, succederà presto. E non sarà nulla di buono.-
    Le sue mani tremarono un’altra volta e, a malincuore, dovette momentaneamente rinunciare alla pipa.
    Legolas volse gli occhi fuori dalla finestra, con espressione assorta: -Sono venuto qui per lo stesso motivo. Credo che a creare tutto questo scompiglio sia la stella.-
    Il Re, confuso, aggrottò le sopracciglia e seguì il suo sguardo verso il cielo notturno. Accanto alla falce argentea della luna, una luce vibrante catturò la sua attenzione. –Di che stella si tratta?-
    L’altro tornò a guardarlo, con espressione grave questa volta:
-Questo è il problema. Non è mai esistita. È apparsa tre giorni fa.-
    Elessar sgranò gli occhi grigi ma Legolas continuò, le sopracciglia sottili lievamente contratte: -Molti elfi nell’Ithilien sono conoscitori delle stelle e tutti concordano sul fatto che sia nuova. Mai, in nessun tempo, è apparsa quella stella. L’hanno nominata Sillen, la Luce Bianca.-
    Come se avesse udito quelle parole, la stella brillò più intensamente per qualche secondo, rischiarando la notte. I due la guardarono costernati, il respiro sospeso.
    –Dobbiamo trovare qualcuno in grado di darci delle informazioni, non possiamo stare fermi senza fare niente quando accade un evento di tale portata.- Rispose il Re, lanciando un’occhiata preoccupata ad Andúril, la sua spada, posata con cura sul tavolo di legno della stanza. Guardò Legolas negli occhi limpidi, abbassando la voce: -Nella Sala del Trono c’è un volume, lo stavo consultando ieri senza nemmeno sapere perché. È la storia di Elentári.-
    L’elfo socchiuse gli occhi, intuendo al volo: -La Regina delle Stelle, Varda.-
    Elessar annuì: -Forse dentro di me già sapevo cosa stava accadendo, sapevo della stella. La mia preveggenza è debole ma, in fin dei conti, non ha mai sbagliato.-
    Discussero a lungo di ciò che quell’evento potesse significare.
    Le stelle erano care agli elfi e Legolas era certo fosse un segno dei Valar, forse un buon auspicio.
    Elessar però non riusciva a convincersene. I suoi timori erano troppo acuti perché quella spiegazione potesse bastare.

    Arwen Undòmiel li raggiunse a notte fonda, incuriosita dalla lunga assenza del marito. Quando trovò i due compagni, immersi in una fitta conversazione, s’irrigidì violentemente sul posto. Da molto tempo non vedeva quell’espressione tesa sul volto dell’amato e, per un attimo, fu inghiottita dal ricordo tormentato di trent’anni prima, quando a lei non era rimasto altro che la speranza di vedere Aragorn tornare vivo dalla battaglia contro Sauron.
    Legolas, dopo qualche attimo, notò la sua presenza sulla soglia e chinò il capo con reverenza: -Arwen en amin. (Mia signora) Sono felice di rivederti.-
    La dama sorrise con dolcezza ma, quando anche il Re alzò gli occhi su di lei, non poté evitare di interrogarli con sguardo preoccupato.
    –Va tutto bene, non temere. Arrivo subito.- La rassicurò Elessar. Al che sospirò profondamente, convenendo che fosse ormai ora di lasciare che anche il suo amico riposasse, dopo il viaggio.
    -Quel kaima, Legolas. (Riposa bene) Sono certo che domani, con la mente fresca, andrà molto meglio.- Sorrise.
    Fece per congedarsi, rimandando a malincuore la conversazione al mattino dopo. Ma i tre non riuscirono a uscire dalla torre che una luce bianchissima li avvolse, facendoli sobbalzare. Essa entrò in ogni finestra della città e tutti si sporsero per capire da dove provenisse.
    Solo Legolas e Elassar sapevano dove volgere lo sguardo: Sillen.
    Si affacciarono dalla torre, gli occhi puntati in direzione della stella e, con sgomento, la videro muoversi nel cielo.
    No, non si stava semplicemente muovendo.
    Stava precipitando.
    Brillava con un’intensità tale da far lacrimare gli occhi ma, sforzandosi di tenerli fissi su di essa, l’acuto elfo vide dove la sua caduta l’avrebbe condotta. Un sibilo si propagò nell’aria, facendosi via via più assordante mentre la stella si avvicinava al suolo.
    Non c’era tempo da perdere.
    Elessar guardò l’amico allontanarsi dalla finestra per afferrare il mantello. –Legolas, cosa hai visto?- In quel momento, un boato scosse la terra e la luce scomparve flebilmente, come una candela che lentamente si consuma nel buio.
    Infine, la stella aveva toccato terra.
    –Aragorn, tula! (Vieni!)- Quello non se lo fece ripetere e prese Andúril, legandola in vita. Incontrò lo sguardo di Arwen, che annuì, intuendo all’istante il peso di quella situazione sconvolgente. Lui la baciò con dolcezza, grato per la sua forza e la sua comprensione e corse al fianco dell’elfo lungo i corridoi della cittadella, verso l’ultimo livello.
    –Manke, Legolas? (Dove?)-
    L’amico legò il mantello alle spalle, teso dalla preoccupazione:
-A Bosco Atro.-



 
[1] Elessar (gemma elfica in Quenya) è il nome con cui Aragorn è salito al trono, nell’anno 3019 della Terza Era.
 
[2] Aragorn appartiene alla stirpe reale di Elendil dei Dúnedain (Numenoreani) e possiede sia capacità curative che il dono della preveggenza.



N.D.A

Eccoci finalmente! Spero che come inizio abbia reso l’idea XD Tutti i dialoghi in Sindarin sono estrapolati da internet, non riuscirei mai a costruirli da me… mea culpa. E dopo questa rivelazione finale, ovviamente elargita da Legolas, ci vediamo nel prossimo capitolo!

Mille baci,

Aleera.
   
 
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