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Autore: nisa95_    21/05/2019    1 recensioni
*Per chi si lascia rapire dalle love story tra umani ed esseri mitologici.*
Tutti sognano di trovare l’amore vero, quello per cui si scalerebbero montagne e attraverserebbero deserti, l’amore che abbatte ogni ostacolo.
Selvaggia è una ragazza di diciotto anni come tante, o forse no. Ultimamente non è più in sè da quando ha iniziato a fare strani incubi... Così fuori di testa, da non riuscire più a distinguere ciò che è sogno da ciò che è reale; ma è solo l'inizio, perchè con l'arrivo di Jareth, un ragazzo nuovo a scuola, le stranezze non faranno altro che peggiorare...
Una storia d'amore e morte, in cui il sentimento lega Jareth a Selvaggia e viceversa, che li porterà ad uno scontro destinato a stravolgere tutto ciò che lei conosce o almeno, così credeva.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Selvaggia corse in bagno, manifestando quello che le sembrava a tutti gli effetti un attacco di panico. Non che ne avesse mai avuto uno prima d’allora, ma ne aveva visti alcuni dal vivo, negli anni passati.
Si aggrappò saldamente con le mani umidicce al lavabo dei servizi femminili e strinse così forte la porcellana candida, da farsi venire le nocche cianotiche.
Respirare le recava quasi dolore. L’ossigeno infatti, entrava dal naso con troppa forza nei suoi polmoni, facendole poi girare la testa; ma questo probabilmente, era dovuto più alla presenza di Jareth che a quello che aveva intravisto in aula, si disse.
Aprì il rubinetto del lavandino sciacquandosi il volto con l’acqua fresca per cercare di calmarsi e si fissò allo specchio.
Con orrore, constatò per la seconda volta in quella maledetta giornata, che il suo riflesso non c’era.
Sulla superficie lucente non vi era nessuno se non l’immagine di una foresta rigogliosa ed incolta, dalle foglie verdi baciate dal sole e dai cespugli colmi di succose bacche selvatiche. Una visione celestiale che sembrava proprio vera, come fosse stata veramente lì; solo riflessa nel posto sbagliato…
Era troppo.
Selvaggia cercò di fuggire dal bagno il più velocemente possibile, ma nel farlo, andò a scontrarsi contro qualcosa… O per meglio dire, qualcuno.
Entrambi finirono al suolo una sopra l’altro. E quando lei alzò il viso – stravolto da tutto ciò che le stava accadendo – verso il suo, vi trovò quello di Jareth, con un’espressione furente, come un animale feroce che fissa la sua preda pregustando già la sua cerne nelle fauci. L’eterocromia del suo sguardo, si era accentuata. Selvaggia rammentava bene – anche se non sapeva spiegarsi come – che le sue emozioni trasparivano sempre dai suoi occhi; mostrando i suoi stati d’animo.
E solo allora si rese conto che era abbastanza vicina alla sua faccia, da riuscire a scorgere tutti quei piccoli dettagli che prima non era riuscita a prestarvi attenzione. Infatti, si accorse di una piccola cicatrice verticale, che intaccava di poco, il lato sinistro del labbro superiore, così fino rispetto a quello inferiore, più carnoso.
Una bocca peccaminosa.

Labbra da baciare

Quasi involontariamente, sfiorò con le dita quel punto, sentendosi fin nelle viscere il diritto di farlo.
Jareth s’irrigidì a quel tocco tanto leggero; sembrava quasi che gli causasse sofferenza.
La respinse da sopra di lui, ritraendosi dalla sua mano, quasi ne avesse paura. Timore di lei e di ciò che gli provocava.
E cosa esattamente gli scatenava dentro?
Cercarono d’alzarsi dal pavimento piastrellato del corridoio principale e si guardarono attorno. Non vi era nessuno nei paraggi.
<< Scusami, oggi non è una bella giornata per me… >> Disse Selvaggia alquanto imbarazzata per l’accaduto, ma Jareth la fulminò di nuovo, con quel suo sguardo bicolore, sibilando come una serpe:
<< Questo è solo un gioco per te Selvaggia? Non hai idea di cosa io abbia passato in tutti questi anni… Cosa io abbia provato. Sono tornato per la resa dei conti. Ti farò soffrire come tu hai fatto soffrire me meine liebe… >>
Pure alla fermata del bus l’aveva chiamata cosi, rifletté. Chissà cosa voleva dire…?
Spuntò le ultime due parole come fossero veleno mentre si allontanava da lei, lasciandola lì, inerme e piena di domande.

Che significavano le sue parole? E perché mi odia così tanto? Cosa mai gli avrò fatto?

La giornata non faceva che migliorare, meditò ironica.

Selvaggia, non si era mai sentita cosi sconfortata in un solo giorno.
Aveva cercato di evitare qualsiasi specchio – grande e piccolo – perché vi trovava sempre l’immagine di quel bosco selvaggio e non aveva più visto Jareth dal loro ultimo incontro per chiedergli maggiori spiegazioni di ciò che gli aveva riferito o cosa gli fosse preso. Quando era rientrata in classe difatti, lui non c’era. Era andato via…
Era così presa dalle sue preoccupazioni, che solo sull’autobus si rammentò di un fatto importante.

Come faceva a sapere il mio nome?

Il professore di Storia dell’Arte aveva pronunciato solo il suo cognome mentre sua madre, amava nominarla sempre Tesoro e quella mattina, non era stata da meno.
Volse il viso verso il finestrino con un mal di testa formato famiglia, scrutando il panorama che le scorreva davanti, a tratti indistinto in una macchia di grigi, verdi ed azzurro.
Doveva saperne di più su lui. Era risoluta più che mai a scoprire chi fosse davvero Jareth Täuschungen.
Di una cosa era certa, non era quello che sembrava…
Era tardi quando rientrò esausta ed amareggiata a casa, ma si rifugiò subito nella sua stanza. Accese il suo Portatile per fare le dovuto ricerche.
Chiunque aveva un passato, persino i fantasmi ne possedevano uno…
Digitò sul motore di ricerca il suo nome e cognome insieme e schiacciò Invio.
La pagina le apparve bianca.


Selvaggia, dorme. Od almeno è quello che stava facendo fino ad un attimo prima che fosse di nuovo circondata dal buio più totale.
Anche se stavolta era diverso.
La ragazza era stesa su una superficie ruvida, che le graffiava il tocco incerto e curioso, dei suoi polpastrelli.
La superfice frastagliata e fredda, le ricordava gli scogli alla riva del mare di notte; quando i raggi solari non li riscaldavano più col loro caldo abbraccio. Ed era strano per lei pensarlo perché Jareth, era proprio come il sole e senza di lui, Selvaggia si sentiva esattamente così… Fredda.
Con cautela, si sollevò dal suolo. Era scalza come quando dormiva nel suo letto, ma percepiva addosso il suo corpo, un abito lungo e morbido, che non era di certo il suo umile pigiama. Si tastò il suo esile fisico, accarezzandosi lungo i fianchi. Il tessuto era liscio e leggero come seta – e forse lo era – con dei lievi ricami in rilievo su quello che le sembrava un bustino. Era smanicato e con una profonda scollatura. Quando passò a tastarsi anche le cosce, trovò uno spacco vertiginoso che le lasciava scoperta tutta la gamba destra; ma c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quel particolare. Ovviamente Selvaggia non aveva mai indossato un vestito del genere, ma non ci voleva di certo un esperto nel settore per sentire che in quel punto preciso, la gonna era stata strappata involontariamente da qualcosa.
Come se lei fosse fuggita da qualcuno… Il punto era, da chi?
Quel sogno era sempre più strano e cominciava ad inquietarla sempre di più… Doveva svegliarsi subito, pensò timorosa.
Si guardava attorno sempre più agitata, immersa nella completa oscurità di quel luogo, senza trovarvi nessuna via d’uscita e ciò non l’aiutava di certo ad acquietarsi… Ed infine, alle sue spalle, in lontananza, intravide quello che le parve uno spiraglio di luce bianca.
Vi corse contro.
Non le importava del dolore spinoso alla pianta dei piedi, voleva solo uscire da quel posto buio e freddo. Quando quel bagliore accecante la investì, facendole strizzare lo sguardo per il forte lampo, si risvegliò daccapo in camera sua.


Riaprì gli occhi all’improvviso, fissando il soffitto della sua stanza senza vederlo davvero.
Che diavolo le stava succedendo?!

Forse ho sulserio qualcosa che non va

Meditò rattristata da quella sua situazione inspiegabile.
A chi avrebbe potuto mai confessare ciò che le stava succedendo? Nemmeno lei sapeva cosa avesse esattamente.
Si passò una mano fra i capelli per districare i nodi che si erano creati dalla sera precedente e si portò davanti allo specchio con una certa urgenza.
La sua figura non c’era. Ormai era quasi diventata un abitudine costatarlo nelle ultime ventiquattr’ore; ma era una novità vedere ogni volta cosa esso mostrava.
La foresta floreale e paradisiaca, immersa nella pace dei sensi del giorno. Selvaggia fece un bel respiro ed avvicinò la mano alla superficie riflettente, con circospezione.
Era quasi sul punto di toccarla…
<< Sveglia sorellona, o non arriverai a scuola in tempo! >> Gridò Elia dall’altra parte della porta mentre correva lungo il corridoio.
Selvaggia buttò fuori l’aria dai polmoni tutta d’un colpo solo ed alzò gli occhi al cielo, facendo cadere il braccio lungo il fianco.
Prima che potesse uscire da camera sua, diede un’ultima occhiata alle sue spalle.
  
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