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Autore: unforgivensoul    22/05/2019    4 recensioni
Diciannove agosto 1970: John Deacon compie diciotto anni e i suoi compagni di band gli organizzano una festa a sorpresa. Brian fa colpo, Freddie sembra introvabile, Roger perde di vista la sua gemella e si concede al divertimento più sfrenato. Il bassista, nel frattempo, si ritrova a dover condividere il proprio nascondiglio con una sconosciuta che, forse a causa dei troppi Martini bevuti, gli ricorda vagamente il suo compagno di band.
#Maylor
- Sequel della mia os Deaky-
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA AUTORE: Ciao a tutti, cari lettori! Vi ringrazio infinitamente per aver letto e recensito la mia storia! Presumo ci saranno solo un altro paio di capitoli, se non uno solo, poichè l'idea originaria era semplicemente  quella di descrivere il primo incontro di John con la sua futura moglie ed attuale compagna. In questo mio universo parallelo, questa donna è la sorella di Roger, che ho comunque voluto chiamare Veronica perchè, causa il mio sfolgorante romaticismo, non riesco ad associare il nome del bassista a quello di un'altra donna. 


John si voltò, perplesso, ed osservò la sconosciuta che pareva essersi materializzata alle sue spalle. Indossava un vestito estivo con un decoro floreale: la stoffa la avvolgeva perfettamente e le accentuava la vita stretta, i fianchi morbidi e i seni piccoli, donandole un aspetto al contempo grazioso e provocante. Era scalza, con le gambe scoperte, ed un gioiello argentato le adornava la caviglia sinistra. I capelli biondi erano spettinati, la permanente ormai un lontano ricordo, e sfoggiava il trucco sbavato di chi ha pianto per ore. Gli parve di non aver mai visto una donna più bella: l’aria indomita, il corpo flessuoso e la fermezza che le rischiarava gli occhi la rendevano naturalmente affascinante.

“Allora?!” lo esortò la giovane, spazientita.

“Uhm, non ho idea di chi sia questo David. Dovrei?” rispose John, con aria interrogativa.

“No. Meglio così…” sospirò la bionda, apparentemente sollevata all’idea di non dover aver a che fare con quell’uomo.

“In questo caso, la stanza è già occupata. Trovane un’altra!” lo liquidò poi.

“Beh, non è che questa sia casa tua, quindi…” obbiettò pacatamente il bassista, alzando un sopracciglio.

“Ma io sono impegnata! Non vedi?” ribatté l’altra, mostrando a John una bottiglia di Rum scadente, probabilmente sottratta alla scarsa riserva che lui e i ragazzi conservavano nell’armadio di Brian, in caso di emergenza. A giudicare dalla voce della ragazza, non era certo che quella che stringeva fosse la prima su cui avesse messo mano durante la serata.

“Credo di aver pagato io quella roba, sai?” chiese il diciottenne, vagamente divertito dall’espressione buffa della sua interlocutrice.

“Chi sei? Un amico di Brian?” domandò questa, circospetta.

“Una specie” si limitò a dire John.

“D’accordo, amico di Brian. Dato che hai offerto da bere, puoi restare” asserì infine la bionda. “Ma non farti strane idee!” aggiunse, puntandogli un dito al petto.

“Non desidero altro che bere qualcosa ed evitare di tornare là sotto!”. Il bassista alzò le mani in segno di resa.

“A chi lo dici!”.

Con un movimento aggraziato, la sconosciuta si lasciò cadere a terra, la schiena appoggiata al fianco del letto. Stese le gambe ed aspettò che John le si sistemasse accanto.

Poi, senza indugiare, stappò la bottiglia, bevve un sorso generoso e disse: “Dimmi, dunque, amico di Brian: da cosa ti nascondi?”.

“Uh, dalla gente, presumo” balbettò John, spiazzato dalla domanda. Schiaritosi la voce, proseguì: “Ma mi ci vorrà un altro po’ di quello prima che io possa lasciarmi andare ad una vera e propria risposta”.  Così dicendo, allungò una mano verso la bottiglia.

“Non ho fretta” lo rassicurò la bionda.

“Bene, perché di solito non sono un gran chiacchierone”.
 
Ore 00:30
 
“D’accordo, hai vinto. Ne conosci più tu!” rise la ragazza, appoggiando la bottiglia semivuota a terra.

 Come spesso succede quando l’ebrezza gioca il suo ruolo, avevano saltato la maggior parte dei convenevoli: niente presentazioni, strette di mano o noiose domande per conoscersi meglio. Invece, vi erano stati un paio di indovinelli, qualche battuta scadente, una piacevole chiacchierata sui loro musicisti preferiti e due o tre aneddoti che li riguardavano. Infine, avevano iniziato ad ascoltare uno dei vinili di Brian e deciso di sfidarsi ad elencare il maggior numero di chitarristi possibile. Con grande sorpresa di John, che aveva pensato di spuntarla facilmente, era stata una lotta all’ultimo sangue.

“Ti sei difesa bene però, te lo concedo. Non me lo aspettavo: il tuo abito è troppo…rosa perché tu conosca così tanti nomi di musicisti rock!” confessò John, unendosi alla risata.

“Questo è offensivo” replicò la bionda, facendosi d’un tratto seria e riafferrando il Rum. Le risa del diciottenne morirono insieme al sorriso di quest’ultima.

“Vero. Chiedo scusa” ammise, sincero. Aveva di fronte a se’ una creatura rara, un tipo di donna che non gli era mai capitato di incontrare. Non ascoltava semplicemente buona musica, lasciava che questa si impossessasse di lei, facendole reclinare il capo e scuotere la chioma scompigliata. Allo stesso modo, non beveva per impressionare ma assaporava con piacere il gusto forte del rum, succhiandosi il labbro inferiore per non perdere nemmeno una goccia del prezioso distillato. Era forte, indipendente ed infinitamente orgogliosa.  John pensò a sua madre, all’unico tipo di donna, rassegnata regina del focolare domestico, che aveva imparato a conoscere e, per la prima volta, si stupì di quanto limitata ed infantile fosse la sua visione, di quanto altro potesse essere una donna.

 “Posso averne un sorso ora?” domandò, abbozzando un sorriso.

“Sei ubriaco”.

“Anche tu!”.

“Reggo l’alcol molto più di te!”.

“Forse”. Il bassista non si curò di nascondere quanto questo gli piacesse.

 
Ore 00:45
 
“Mhh, perché non mi riveli il tuo nome?!”. La ragazza ammiccò, accavallando le caviglie sul grembo di John che, subito, sentì un familiare calore pervadergli il corpo.

“No, scordatelo”. Scosse la testa, deciso a non rivelare la propria identità. Non voleva che si scoprisse che la festa da cui era scappato era proprio la sua. Sarebbe stato troppo imbarazzante.

“Sleale!” si lamentò lei, schiaffeggiandogli il braccio. “Ti ho appena raccontato il mio sogno erotico su Eric Clapton!” .Fu detto con tanto sdegno e innocenza che il bassista non poté fare a meno di lasciarsi andare all’ennesima risata.

“Non ti ho chiesto io di farlo. In realtà, non so perché tu lo abbia fatto!”

“Seguivo il mio flusso di pensieri” spiegò l’accusata. “Inoltre” proseguì “non ti vedrò più dopo stanotte…e parlare con gli sconosciuti è sempre più facile”.

Sì, gli era sembrato un gioco da ragazzi. Roba da non credere, vista la sua timidezza. Ma lei era un tipo espansivo, chiacchierona per natura, e poteva vantare uno spiccato umorismo che non esitava ad utilizzare per stuzzicarlo. In questo, gli ricordava molto Roger.

“Già. Tu come ti chiami, allora?”
La bionda ci pensò qualche secondo. “V.” rispose, infine.

“Non me lo dirai, vero?”.

“Non senza che tu mi dica il tuo!” esclamò. “Forse non li sapremo mai!” ipotizzò poi, accarezzando con l’alluce il polso del bassista, intendo a far scivolare le mani sulle sue caviglie.

“Mai…” ripetè John, sentendosi malinconico alla sola idea.
 
Ore 2:00

“Sei un bravo ballerino” si complimentò V., piacevolmente colpita dalle mosse del bassista.

“Anche tu” rise questi, cercando di reggere la ragazza che, dopo una serie di giravolte – e mezza bottiglia di rum- aveva iniziato a barcollare.

“Te l’ho detto: è il mio lavoro!”

John era sul punto di replicare quando, in piedi davanti alla porta finestra con la giovane tra le braccia, la sua attenzione fu rapita da due figure che, nella penombra del giardino, per l’occasione illuminato da svariate file di lucine dorate, si stringevano e baciavano in modo appassionato. Da dove si trovava, riusciva chiaramente a distinguere i tratti del ragazzo, un tipo bruno e ben piazzato, ma il volto della ragazza, abbandonata contro il tronco di un albero, era oscurato dall’ombra del suo compagno.

“Che guardi?” si interessò V., soffermandosi anch’essa ad osservare la scena.

“Niente. Solo una coppia che…”

Il bassista non riuscì a terminare la frase poiché le parole gli morirono in gola non appena il ragazzo muscoloso cadde sulle ginocchia, rivelando la presenza rimasta celata fino a quel momento. Non era affatto una ragazza. Era un giovane uomo, che John conosceva molto bene.

“Freddie?!” sussurrò il diciottenne.

Il cantante afferrò i capelli dell’amante, guidandolo verso il suo sesso, un’espressione di pura estasi a deformargli il volto.

“Non ti facevo un guardone!” scherzò la bionda, fingendosi scandalizzata.

“Non…non sono…” tentò, incapace di formulare un pensiero coerente.

Lei lo guardò dubbiosa, riacquistando un po’ di compostezza. “Che c’è che non va? Due ragazzi ti suscitano tanto sdegno?”

“Cosa?! No! Certo che no!” si affrettò a chiarire il diciottenne. “Non è quello. È che…è Freddie. Io lo conosco”.

“Sì, anche io conosco Freddie. Per questo la cosa non mi sorprende. Chiamalo intuito femminile!” sorrise la giovane, raddolcendosi.

John, lo sguardo fisso sulla coppia in giardino, si interrogò sulla sua amicizia con il cantante. Durante i mesi trascorsi fianco a fianco, gli era parso di stringere un legame speciale, nonostante la differenza di età. Il più grande era diventato un amico, un importante punto di riferimento, un prezioso confidente e, soprattutto, un modello da seguire. Freddie era l’affetto più caro che avesse in quel momento, l’unico da cui si sentisse davvero capito ed apprezzato. Aveva creduto che il cantante sentisse lo stesso per lui ma in quel momento pensò di essersi sbagliato. Gli aveva tenuta nascosta una parte di se’, forse per paura di essere giudicato o rifiutato. Questo lo avviliva: davvero Fred temeva che non lo avrebbe accettato? Non gli aveva dimostrato la propria lealtà, prima di allora? Dunque perché scegliere di mentirgli?  Mentre questi ad altri pensieri attraversavano la sua mente, un paio di occhi scuri incrociarono i suoi. Freddie, il capo reclinato a causa del piacere, aveva incontrato lo sguardo di John.  Un barlume di agitazione rischiarò il suo volto, prima che serrasse nuovamente le palpebre, rivolgendosi al suo amante con un ardore tale da sconfinare in rabbia.

Il bassista distolse lo sguardo.

“J.?” lo chiamò la ragazza. Poco dopo aver azionato il giradischi di Brian e aver iniziato a ballare, anche il diciottenne aveva ceduto e le aveva rivelato la prima lettera del proprio nome. “Te ne parlerà quando si sentirà pronto. Anche mio fratello lo conosce bene, e non gli ha mai detto nulla a riguardo. A volte è più facile confessarsi agli sconosciuti che alle persone che amiamo, te l’ho detto”.
“Sì, hai ragione”. Il diciottenne era ancora pensieroso ma il punto di vista offertogli da V. lo aveva in parte rincuorato.

I due si gettarono sul letto, sdraiandosi spalla contro spalla, cercando di sfruttare lo spazio risicato.

“J.?”

 “Si, V.?”. John voltò il capo, incontrando un paio di vivaci occhi azzurri, incorniciati da diverse sbavature nere. Fragile, vulnerabile, scomposta. Curioso, non teme di mostrarsi a me.

“Sei strano, sai?”.

“Sì”. Non era certo la prima persona a dirglielo: lo aveva sentito decine e decine di volte.

“No, strano in modo bello, intendo. Diverso dalla maggior parte degli uomini con cui ho avuto a che fare” spiegò V.

“Che intendi?”. John era confuso e concentrarsi gli riusciva difficile con il respiro della bionda che gli solleticava le labbra.

“Sei molto dolce. Hai un animo buono. Non ci sono abituata” ammise, sorridendo dolcemente.

“Oh”. Il bassista si sentì lusingato e, nonostante l’alcol bevuto lo avesse reso più spavaldo, arrossì lievemente. “Grazie”.

“J.?” lo chiamò nuovamente la ragazza, sollevandosi su un gomito per essere più comoda.

“Sì, V.?” risposte John, copiando i suoi movimenti.

“Facciamo l’amore?”. La domanda giunse spontanea, senza traccia di malizia. Era la richiesta di un po’ di intimità, la voglia di soddisfare il soffocante desiderio di amore e vicinanza almeno per una notte. Nessuna aspettativa, nessun progetto futuro: solo due anime giovani e fragili che si sarebbero donate calore.
  
“Uhm, non so. Io…non saprei da dove iniziare…” ammise, nervoso ed imbarazzato nell’ammettere la propria mancanza di esperienza.

V. rise, gettando la testa indietro, divertita. “Tutto qui?! Hai fatto una smorfia così strana che pensavo di non piacerti!”.

Il bassista la guardò ridere, ammaliato dalla sua bellezza, e si rilassò istantaneamente. “No, no! Ma certo che mi piaci” ridacchiò, scuotendo la testa. “Solo che…non sono il tipo che piace alle ragazze” sussurrò poi, mordendosi un labbro.

La bionda appoggiò una mano smaltata al petto di John e si avvicinò alle sue labbra, soffiando un: “Per tua fortuna, J., a me piaci…”. Una leggera pressione delle dita fu sufficiente per incoraggiare il diciottenne a distendersi nuovamente sul materasso, mentre V. gli si posizionava sopra, a cavalcioni. Afferrate le mani del bassista, le guidò al proprio fondoschiena, proseguendo il discorso: “…e posso insegnarti un sacco di cose”.

Un sorriso furbo si impossessò delle sue labbra mentre, chinatasi in avanti, gli sussurrò all'orecchio: “La tua innocenza di eccita terribilmente”.

John chiuse gli occhi mentre un gemito di trepidazione gli sfuggiva dalle labbra.
 

 
 
 
 
   
 
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