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Autore: Cromatic Angel    22/05/2019    0 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Oggi

 

A Covent Garden c’è un locale a cui sono molto legata, non che il suo essere quasi sofisticato rientri nei miei canoni, ma è lì che dopo scuola andavo a mangiare un boccone con Lily, l’unica che ha sempre sopportato i miei isterismi e che non mi ha mai mandata a quel paese, nonostante me lo meritassi spesso. 

«Hai già ordinato?» una giovane donna dalla pelle nivea che risaltava la chioma rossa ben curata, si sedette di fronte a me «Si, ma solo da bere» le sorrisi amorevolmente «Ho preso un succo anche per te » continuai porgendole il menù «Al lampone, come piace a te» feci una smorfia di disgusto appoggiando la testa sul palmo della mano destra « Non a tutti piacciono i tuoi gusti Bekk» mi canzonò leggendo la lista dei sandwich « e non penso che tu voglia parlarmi di questo » chiuse il menù e fece cenno al cameriere di avvicinarsi « o sbaglio ? » mi sorrise per poi rivolgersi al cameriere per ordinargli due sandwich al pollo, il ragazzo appuntò tutto nel suo taccuino e si dileguò « Ho preso il sandwich anche a te, se ti stessi chiedendo del perché ne avessi preso due, eh no ! Non sono incinta e non conto di esserlo, ma non ho voglia di parlare di Will, sono qui per te e quindi ti esorto a dirmi cosa sta accadendo» posò entrambe le braccia conserte sul tavolo e mi fissò, con lei non sono mai riuscita nascondere nulla, mi ha sempre letto nel pensiero o forse non sono brava io a non far trapelare le mie emozioni. Però dopo lo scambio di mail, il pacco inaspettato e quel turbinio di emozioni che mi devastava avevo bisogno di confidarmi con qualcuno, con l’unica persona che mi avrebbe guidata e consigliata senza essere troppo di parte o troppo cinica «Quando ieri sera ti ho chiamata avevo intenzione di prendere il primo bus per Riffer, però poi mi sono bloccata e non appena ho sentito la tua voce ho capito che le azioni a caldo sono le peggiori, quindi prima di compiere qualche gesto di cui poi mi pentirei subito, ho pensato che avrei dovuto ascoltare il tuo pensiero in merito» dissi con tutta la calma del mondo « Sai già come la penso » sorrise alzando le spalle « e sai cosa farei e avrei fatto al posto tuo» mi prese la mano «La vita è un dono, non sprechiamola dietro ai ma ed i se. Sei la mia più cara amica e sai che voglio il bene per te, ma devi volertene almeno un pò anche tu.» i suoi occhi verdi fissi nei miei mi scossero qualcosa dentro.

Qualcosa di indefinito, ma credo che fosse la risposta che stavo cercando e aspettando.

 

 

Un anno prima

 

«ARRIVO!» urlai mentre tiravo lo sciacquone e correvo verso la porta di casa allacciandomi goffamente i pantaloni. Il campanello continuava a trillare senza sosta. Chi diavolo poteva essere, aprì infuriata la porta pronta ad inveire contro il maleducato che tormentava il mio piccolo citofono, ma un muscoloso ragazzo di un metro e novata biondo con due occhi verdi profondi bloccò ogni sorta di ira «Avevi promesso che saresti passata dopo aver concluso il giro » rimasi a bocca aperta come un pesce lesso, incapace di rispondere, aveva ragione ma avevo bisogno di tornare in un luogo sicuro in cui poter respirare, la sua presenza mi rende irrequieta proprio come adesso « Come sai dove abito?» riuscì a dire «Viviamo in una piccola città, ci conosciamo tutti e sappiamo ogni novità » mi sorrise e mi ritrovai di nuovo a fissare quel viso così perfetto «Oh, beh…ehm vuoi entrare?» gli chiesi aprendo di più la porta «Ti ringrazio ma ero venuto solo a vedere se fossi ancora viva » si ravvivò il ciuffo biondo «Ora devo tornare alla fiera, ma stasera se ne hai piacere possiamo fare un giro ai laghetti qui vicino, ci sarà una sorta di sagra» rise in risposta alla mia espressione sbalordita «tranquilla non saremo soli, solitamente le mie vittime non le invito, le rapisco» questa volta nessun sorriso, un’espressione impenetrabile, di ghiaccio e mi mancò il respiro, deglutì pur avendo la salivazione pari a zero «Stavo scherzando Bekka » rise stringendomi la guancia tra due dita «l’avevo capito » tentai di smorzare la situazione, ma quel furbacchione sapeva che stessi mentendo, ma perché sono così ingenua? «Va bene, dove ci vediamo?» chiesi «Se per te non è un problema posso passare io così andiamo insieme» annuì ed inaspettatamente mi baciò la fronte per poi incamminarsi in direzione della piazza di Riffer, rimasi alcuni minuti davanti la soglia di casa cercando di capire cosa stesse accadendo e del perché stessi sorridendo al nulla.

 

 

Oggi

 

Someone you Loved di Lewis Capaldi suonava alle mie orecchie, mentre la mia testa era appoggiata al finestrino e la mia mente si svuotava da ogni pensiero. Sospirai e presi il telefono, inizia a scorrere la rubrica e mi dicesi a scrivere quel messaggio. Ma non ricevetti nessuna risposta. Forse stavo sbagliando, forse non sarei mai dovuta salire su questo bus, forse Lily si sbagliava, forse io mi stavo sbagliando. L’ansia mi pervase, ma ormai non potevo tornare indietro. Tra qualche minuto sarei arrivata e probabilmente avrà già letto il messaggio e chissà come l’avrà presa. Ma ha iniziato lui, perché mi ha inviato quel pacco? Cosa vuole? Troppe domande senza alcuna risposta.

Il bus aveva da poco varcato il confine di Riffer, avevo il cuore in gola.

Il cielo così grigio rispecchiava il mio stato d’animo, ‘ottimo tempismo meteo, grazie sempre di essere al mio fianco’ pensai sarcastica.

Scesi dal bus con lo zaino in spalla, quel deserto che mi avvolgeva mi deprimeva ancora di più, forse sarebbe meglio aspettare il bus successivo e rientrare a Londra. Gettai lo zaino per terra sull’erba con la confusione in testa. Fissai il cielo sospirando profondamente per poi raccogliere lo zaino da terra per incamminarmi alla fermata di ritorno, quando mi pietrificai. Era lì, in tutta la sua altezza, con i suoi capelli biondi e quegli occhi magnetici. Si avvicinò a me, ma non troppo «Non ti ho risposto perché non volessi farlo, non l’ho fatto solo perché non sapevo cosa rispondere. Ti aspetto qui da tre ore ormai» in viso nessuna espressione «Ho bisogno di sapere Bekka» aveva gli occhi pieni di lacrime che non riuscivano a scendere «Noah..» sussurrai scoppiando in lacrime.

 

 

Un anno prima

 

Cavolo, non avevo portato nessun vestito da appuntamento, che poi non ero certa fosse un appuntamento, magari voleva solo essere carino e sicuramente in paese pensavano che fossi asociale o peggio ancora una snob e lui voleva solo capire se avessi tutte le rotelle a posto. Fatto sta che mi faceva sentire tesa e ansiosa. Mi decisi ad indossare un paio di jeans chiari ed un maglione grigio perla ‘wow Bekk, la ragazza più allegra del mondo’ mi feci una smorfia allo specchio di disapprovazione, sciolsi la coda e feci scendere quell’informe massa biondo cenere sulle spalle giusto in tempo prima che suonassero alla porta, presi il mio fedele parka anch’esso grigio e aprì la porta «Eccomi» teneva una rosa gialla fresca in mano «Questa è per te » mi sorrise, presi la rosa e l’annusai «Grazie è bellissima » chiusi dietro di me la porta, mi porse il braccio e mi appoggiai ad esso « Sai il suo significato?» mi chiese mentre imboccavamo il vialetto che ci portava a sud di casa mia, scossi la testa e lui proseguì « Nella cultura orientale,  sono simbolo di gioia e associate al sole, corpo celeste essenziale, che illumina e garantisce la vita sulla Terra.» disse compiaciuto «Wow, pensavo indicassero la gelosia » sorrisi guardandolo di sottecchi « non sono ancora geloso di te, ma ciò non vuol dire che non possa esserlo un domani » mi fece l’occhiolino e rise facendomi arrossire «È buffo sai?» dissi girandomi la rosa tra le dita della mano libera «Cosa?» mi chiese, sapevo che mi fissava « Come tu sappia dove io abiti, il mio nome e poi che mi regali una rosa ed io invece non so nemmeno il tuo di  nome » mi decisi a guardarlo anche io «Hai ragione» si fermò e ci guardammo « ma odio dire il mio nome, non amo essere giudicato» fece una smorfia indefinita «non ho mai giudicato nessuno e poi non vivo qui, non so nulla di questo posto. Come potrei farlo?» affermai sempre più curiosa e mi sorrise « mi chiamo Noah Hughes» deglutì e strabuzzai gli occhi «Hughes? come i proprietari del castello?» lui annuì e proseguì a camminare con me attaccata al suo braccio «Visto? Ora anche tu mi giudicherai» mi guardò e lo feci anche io di rimando e poi scoppiammo a ridere. E risi, lo feci di cuore. 

Perché lui mi faceva sempre ridere di cuore.

  
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