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Autore: Cromatic Angel    11/05/2019    0 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Piove.

Da giorni cade acqua dal cielo, violenta e senza sosta. 

Pioggia che purifica le strade.

Pioggia che dovrebbe lavare via il dolore che ho dentro.

La fisso da dietro la finestra stringendo al petto una tazza di tè fumante girandogli dentro un cucchiaino senza farci molto caso, ormai credo di fare quel movimento da dieci minuti, con lo sguardo fisso nel vuoto o forse cerco solo di non pensare molto per non soffrire ancora. Ma in cuor mio sono certa che non sarà cosi facile.

 

Un anno prima

 

Avevo sempre evitato gli sguardi dei ragazzi, non che non mi importasse di loro, solo che non ho mai pensato ad avere una relazione ero troppo impegnata a capire la strada da percorrere per trovare me stessa, per trovare uno scopo nella vita. La scuola era andata più che bene, certo non ero la studentessa modello, ma non ho mai preso voti indecenti e non avevo nemmeno il fiato sul collo dai miei genitori, loro mi dicevano solo « Bekka cerca solo di non farti bocciare» era questa la cantilena di mia madre ed io ho esaudito il loro volere. Quando mi diplomai non mi sentì inutile a non continuare con l’università, sapevo che non faceva per me, io volevo altro, ero determinata solo a trovare la mia strada e sapevo che la laurea non era quella. E di certo non mi è mai importato essere qualcuno di irraggiungibile, non ho mai amato l’essere invidiata anche perchè non ho le carte per esserlo. 

Il flusso di pensieri riguardo al mio passato mi crollò di sopra al rientro a casa, mi diressi subito a letto e mi sdrai, senza togliermi nemmeno le scarpe, mi preoccupai solo di sistemare le rose sul tavolo di fianco al computer. Ad occhi spalancati fissavo le travi in legno che reggevano il soffitto e rimasi lì fino al pomeriggio non capendo perché mi sentissi così provata. A risvegliarmi dal mio stato di trance fu la suoneria del mio telefono «Devo contattare qualche editore?» il sarcasmo di mio padre era come un ago sotto l’alluce «Pensavo l’avessi già fatto» mi tirai su, rimanendo seduta sul letto «Fa freddo?» chiese senza calare alcun emozione in quella domanda « Pensavo peggio, ho acceso i riscaldamenti al minimo e si sta bene» mi sdraiai nuovamente coprendomi gli occhi con il braccio libero «Scalerò le bollette dal fatturato dei tuoi libri » lo sentì soffocare una risata «Potrei ometterti dai ringraziamenti sai?!» Finalmente riuscì a liberare la sua risata «Volevo sapere se fossi viva, per qualsiasi cosa chiama noi oppure giù in paese c’è Tom Hardyn, un mio vecchio amico, che ha un forno, rivolgiti a lui già l’ho avvertito» disse schiarendosi la voce « Tranquillo, in caso di morte imminente non esiterò. Tanto il mio testamento l’hai già » scoppiammo a ridere. Ricordo quando all’età di dieci andai da mio padre con una lettera dicendogli «Qualora mi comportassi male e non dovessi riuscire ad avere la fortuna di Ebenezer Scrooge, ti prego di fare affidamento a questo mio testamento» mio padre prese il foglio e quando l’apri si porto un pugno chiuso alle labbra per evitare di ridere «Sarà fatto» si riprese e mi fissò serio negli occhi, so che quando ritornai in camera mia rise a crepapelle. A quei tempi avevo finito di leggere da poco A Christmas Carol e mi aveva turbato un pò e non avevo nemmeno intenzione di vedere tre fantasmi, che per la fortuna che avevo sarebbero potuti essere dei mostri orripilanti. Un senso di nostalgia mi pervase a quel ricordo «Buon lavoro Bekka» il suo tono era affettuoso, sorrisi anche se non poteva vedermi «Grazie papà, a presto» riagganciai e tornai a fissare il soffitto.

 

 

Oggi

 

Quando mi ripresi, posai le rose accanto al pacco appena scartato e mi sedetti davanti al computer, aprì la casella delle email e scrissi, so che nel 2019 è strano comunicare con qualcuno così, invece di usare le app di messaggistica istantanee, ma era un modo per rimanere distanti in qualche modo, vicini ma non troppo e al momento preferivo così. 

All’inizio tentennai, poi le mie dite iniziarono a battere sui tasti senza che me ne rendessi conto, come se fossero a conoscenza di ciò che mi frullava per la testa, come se già da tempo volessero compiere quei gesti che avevo tenuto repressi, ma dopo quel ‘regalo’ avevo bisogno di inviare quella e-mail

 

Rosa di macchia, che dall'irta rama

ridi non vista a quella montanina,

che stornellando passa e che ti chiama

rosa canina;

 

se sottil mano i fiori tuoi non coglie,

non ti dolere della tua fortuna:

le invidïate rose centofoglie

colgano a una

 

a una: al freddo sibilar del vento

che l'arse foglie a una a una stacca,

irto il rosaio dondolerà lento

senza una bacca;

 

ma tu di bacche brillerai nel lutto

del grigio inverno; al rifiorir dell'anno

i fiori nuovi a qualche vizzo frutto

sorrideranno:

 

e te, col tempo, stupirà cresciuta

quella che all'alba svolta già leggiera

col suo stornello, e risalirà muta,

forse, una sera.

 

Riportai una delle mie poesie più care e senza nemmeno firmarmi inviai, mi alzai nervosa e iniziai a girare intorno al tavolo. Ero così nervosa che non sapevo cosa fare per calmarmi, quindi corsi in cucina e mi preparai un tè e così mentre mi perdevo nel fissare la pioggia che lenta cadeva sentì il suono di una nuova mail che proveniva dal mio laptop. Mi si gelò il sangue e mi feci forza a girarmi per dirigermi al tavolo, posai la tazza accanto al pc e mi sedetti, socchiusi gli occhi e deglutì, sperando che non fosse qualche spam, augurandomi che nonostante non mi fossi firmate avrebbe comunque riconosciuto quella poesia.

Bloccai i pensieri.

Cliccai e lessi 

 

Annaffierei le rose con le mie lacrime 

per sentire il dolore delle loro spine e il rosso bacio dei loro petali.    

(Gabriel Garcia Marquez)

 

Sorrisi e piansi.

Piansi e sorrisi.

Non so quante volte lessi quelle tre righe continuando a piangere e sorridere.

 

 

Un anno prima 

 

Era una calda giornata per essere quasi dicembre, almeno la fiera del paese sarebbe stata piacevole da visitare. Indossai il mio parka grigio e mi addentrai per le vie del paese, sorrisi quando vidi tutte quelle bancarelle e tutte quelle persone che vi giravano intorno, guardando e acquistando, sembrava un quadro, decisi di unirmi anche io a quella folla. Cavolo erano mesi che vivevo lì e non sapevo quanta gente vi abitasse, certe volte odio essere così asociale, mi perdo gli aspetti più sfiziosi della vita, ma delle volte, invece, amo esserlo perché non ho molta intesa con il genere umano «Allora sei venuta» mi voltai verso la voce e riconobbi il ragazzo della bottega delle rose secche « Il sole stana anche il grinch» gli sorrisi avvicinandomi al suo banco « Immagino allora che a Natale rimarrai chiusa a casa per almeno due mesi» Rise sistemando alcuni prodotti sul tavolo di legno coperto da una tovaglia bianca di lino «Penso di tornare a Londra per le feste natalizie» confessai «Oh, certo non c’è paragone tra qui e Londra» mi sorrise di nuovo ed i suoi occhi verdi mi ipnotizzarono ancora una volta «No» mi affrettai a rispondere «solo che mamma a Natale cucina meglio di me» risi e lo contagiai «Chapeau!» e mimò il gesto di togliersi il cappello « Rimarrai qui in giro o tornerai nella tua tana? » posò entrambe le mani sul tavolo fissandomi «Penso di guardare un pò cosa offre questa fiera e poi penso di tornare a casa» guardavo tutto tranne che lui «Ok, allora fai il giro, però posso chiederti un favore?» Chiese prendendomi il mento con una mano e dirigendo, delicatamente, il mio viso per incontrare il suo sguardo, annuì, non riuscivo ad aprire bocca, quel ragazzo mi provocava una strana ed indefinita sensazione «Prima di andare a casa, passa di nuovo da qui» mi sorrise e rimasi ancora catturata dalla sua fossetta, annuì ancora e lui mi liberò il mento, gli sorrisi e camminai verso le altre bancarelle senza guardarle veramente, la mia testa era rimasta al quel tocco e mi ritrovai a pensare che non sapevo nemmeno il suo nome. Scossi la testa e continuai il mio tour.

  
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