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Autore: idrilcelebrindal    24/05/2019    1 recensioni
La Battaglia dei Cinque Eserciti è terminata, ed è stata una strage; ed anche se nessuno dei Durin ha trovato la morte sul campo, i Nani sono privi di guida. Thorin, menomato dalle ferite, in preda a spaventosi rimorsi e sensi di colpa, straziato dall'ansia per la sorte dei suoi ragazzi, medita di rinunciare al Trono per cui ha tanto combattuto.
Kili, privato di suo fratello disperso in battaglia, profondamente deluso dallo zio, si aggrappa disperatamente alla vita; in questa lotta, ha come solo conforto la presenza della sua dolce Liatris, e la convinzione che Fili non è morto, e prima o poi tornerà.
E intanto, molto più ad ovest, gli Orchi in fuga trascinano con loro alcuni prigionieri: uno, con un'astuta messinscena, prepara una rocambolesca fuga, senza sapere quali ostacoli incontrerà e se l'impresa non gli costerà la vita; un altro, alla disperata ricerca del suo passato, scoprirà che l'amicizia può fiorire anche in luoghi e momenti del tutto inaspettati. Non sa che questa amicizia lo trascinerà su una via oscura e piena di pericoli, ma anche di sorprese, ed alla fine potrebbe anche ritrovare se stesso ed il suo destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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61 Tappa intermedia
61 Tappa intermedia

“No!”
Bilbo guardò male il mago che era intervenuto.
“No cosa?”
“Non ci puoi andare!”
“Perché?”
“Perché ti vedranno e ti uccideranno!” *
Bilbo infilò le mani in tasca e fece un sorrisetto.
“Non lo faranno.”
“Non faranno cosa?”
“Non mi vedranno. Gandalf, sono andato a spasso per ogni dove nel Regno degli Elfi, e nessuno mi ha mai visto. Sostieni che i Goblin siano più furbi degli Elfi?”
Il livello di irritazione dei due contendenti si stava alzando. Il Mago torreggiava sull’hobbit, ma questi non sembrava minimamente turbato dall’aura di potere che Gandalf stava emanando, sempre più percepibile più si infuriava.

Kìli non intervenne. Bilbo stava proponendo di fare esattamente quello che il Principe nano avrebbe voluto che facesse, quindi non poteva sostenere Gandalf; ma allo stesso tempo aveva ben chiaro quanto avessero chiesto i Nani a Bilbo: andare a rubare dal tesoro di un drago, tanto per iniziare; ma anche inviare un hobbit del tutto ignaro ad affrontare tre Troll non era stata faccenda da poco, e Kìli era sempre un po’ a disagio quando ci pensava. Quindi non  osava nemmeno sostenere la posizione di Bilbo.
Il quale, tra l’altro, stava assumendo un atteggiamento sempre  più indisponente, con quel sorrisetto saccente  che aveva sviluppato da qualche parte durante il viaggio, e che non era per niente Baggins; e l’aria intorno a Gandalf si stava facendo come più … densa.
Il Mago si raddrizzò in tutta la sua statura.
“Non te lo permetterò!”
Per tutta risposta Bilbo arricciò il naso, come se avesse percepito un cattivo odore, e lo guardò in cagnesco.
“Non ti sto chiedendo il permesso!”
La scena era sicuramente interessante, con l’hobbit del tutto impermeabile alla furia di un Mago, che tra l’altro era letteralmente il doppio di lui. Gandalf prese fiato; Dwalin si raddrizzò, le mani sulle sue asce, tutti i sensi all’erta, Ori si immobilizzò come un coniglio che avesse percepito il predatore  e Kìli si preparò all’inevitabile esplosione.
“Non mi sembra il momento giusto per questa discussione.”
L’intervento, con voce assolutamente tranquilla, di Beorn, ruppe il crescendo di tensione. I Nani si rilassarono ed anche i due contendenti smisero si confrontarsi, girandosi verso il Mutaforma con aria interrogativa.
“Non abbiamo idea di cosa troveremo: ma solo dove si dovrebbe svolgere un incontro. Non sappiamo cosa faranno i Goblin, e meno ancora sappiamo cosa farà Thranduil. E’ del tutto inutile litigare per qualcosa che potrebbe non verificarsi mai.”
Il buon senso contenuto nelle parole di Beorn riportò pace tra gli animi, anche se Bilbo e il Mago non mancarono di inviarsi ancora qualche occhiata di fuoco.
“Bene,” concluse Dwalin, “ andremo sul posto..”
“… preferibilmente senza dare troppo nell’occhio…” intervenne Ori.
“… e valuteremo il da farsi.”
Kìli annuì.
“Però prima faremo tappa presso il villaggio sul Fiume di cui ci hai parlato, Beorn: voglio parlare con Elkar.”

Il villaggio sul Fiume era tutto quello che ci si potrebbe aspettare: tranquille casette con orticelli coltivati amorevolmente, un’atmosfera campagnola che, se non fosse per le Montagne Nebbiose sullo sfondo, al posto di dolci e verdi colline, avrebbe potuto ricordare vagamente la Contea; ma senza quella totale innocenza che derivava dall’assoluta convinzione di essere al sicuro e che niente potrebbe venire a turbare la pace. A guardare bene, le case erano, almeno in parte, in solida muratura, con porte massicce, imposte robuste alle finestre, talvolta rinforzate con sbarre di ferro.
Particolari che incontravano l’approvazione di Dwalin, che nella Contea aveva commentato sull’incoscienza degli Hobbit.

“ Incredibile! Chiunque potrebbe attaccarli e farli a pezzi in due minuti! Come possono essere così sconsiderati? Sono  anche pieni  di bambini… un sacco di bambini!” Il grande guerriero era quasi scandalizzato.
Balin sospirò.
“Non dovresti biasimarli, fratello… dovresti invidiarli.”

“Le Montagne Nebbiose sono molto vicine,” spiegò Beorn, “ e da generazioni sono piene di Goblin che spesso si spingono a fare razzie anche oltre l’Anduin. Io sto all’erta, ma non posso essere dappertutto. Questa gente sa difendersi.”
Comparvero i primi abitanti: donne che venivano sulla soglia di casa per guardare i nuovi venuti, un uomo che cessò di tagliare la legna, il vasaio che si affacciò sulla porta della sua bottega, e bambini che sbirciavano da dietro la siepe e, dopo aver guardato, fuggivano via tra commenti e risatine.
“Ma… che gente è questa?” Ori era perplesso.
“Dovrebbero essere Uomini… ma sono così bassi! E troppo sottili per essere Nani!”
Bilbo era altrettando incuriosito.
“Hai visto? Alcuni hanno le orecchie a punta… ma non possono essere Elfi!”
“Se non fosse per le barbe e gli stivali, direi che sono Hobbit un po’ cresciuti,” commentò Ori.
Bilbo aggottò le sopracciglia e prese fiato per un diniego indignato, ma si fermò. Tacque per un momento, si guardò di nuovo intorno non attenzione, poi sussurrò:
“Sturoi… questi sono Sturoi!”**
La via principale voltava a sinistra, e, appena girato l’angolo, il gruppo si trovò di fronte ad uno spettacolo che dichiarava a gran voce che la tranquillità era solo un’apparenza.

“Incendiata fino alle fondamenta,” commentò Kìli contemplando il cumulo di macerie annerite dal fuoco. “Spero non ci fosse dentro nessuno… impossibile sopravvivere ad un rogo del genere.”
Beorn ridacchiò.
“In questa gente c’è molto più di quanto appaia, e così nelle loro case. C’è stato un attacco di Goblin, qualche settimana fa, e questa è opera loro. Ma vedi: la parte posteriore della casa, come di quasi tutte, è in pietra, e le finestre sono fortificate. Gli abitanti si sono ritirati là dentro.”
“Ma sarebbero stati in trappola!” obiettò Dwalin.
“Ogni casa ha una cantina per le provviste; ma in più dalla cantina parte un tunnel che porta  fuori paese, o comunque in qualche annesso distante dalla casa. Le persone lì dentro non hanno fatto altro che  aprire la botola, scendere in cantina ed uscire nella grotta che fa da ghiacciaia, circa duecento metri più in là, lontano e fuori vista dagli aggressori. Se fosse stato pericoloso uscire, avrebbero potuto resistere nel sotterraneo per diversi giorni, visto che  è un deposito di provviste…”
“Molto ingegnoso,” approvò Kìli.
“Saresti sorpreso  di sapere che questa casa ospitava il vostro Elkar? E che è stata l’unica casa attaccata quella notte?”
Kili lo fissò, e rapidamente molte informazioni si combinarono nella sua mente in un quadro logico.
“No, non proprio.”

“Stanno arrivando!”
Il comitato d’accoglienza era radunato davanti alla grande Sala Comune, una costruzione bassa e spaziosa che gli  abitanti del villaggio usavano per i raduni: le Assemblee, i Giudizi – rarissimi – ma soprattutto per le Feste: del Raccolto, di Mezza Estate, del Solstizio d’Inverno, Calendimaggio, matrimoni e celebrazioni, in genere tutte le occasioni per banchettare e fare festa. L’arrivo di una delegazione di Nani di Erebor, accompagnati dal loro Signore Beorn, era senza dubbio un’occasione speciale e gli abitanti del Villaggio sul Fiume non si erano lasciati scappare l’occasione per fare un po’ di baldoria extra dopo il lungo inverno.
E tutte le Autorità erano presenti  con i loro abiti della festa: avanti a tutti Tad, il Sindaco; e poi il Capo dei Guardaboschi e Vigili del Fuoco, il Capo della Gilda degli Artigiani, con le loro famiglie, abitanti più o meno importanti e semplici curiosi.
Il ragazzino frenò bruscamente la sua corsa davanti al Sindaco e alla sua famiglia, sollevando una nuvola di polvere tra le proteste delle ragazze.
“Ehi! Guarda cosa fai, moccioso!”
“Il mio vestito!”
“Stanno arrivando!” ripetè il moccioso, ignorando del tutto i commenti. “Sono tanti… “
“Quanti?” interruppe il Capo dei Guardaboschi. Il ragazzino si guardò le mani, perplesso.
“Tantissimi! Più di… più di dieci! Sono Nani coperti di ferro…”
“Vuole dire che portano l’armatura,” commentò il fabbro che  di ferro se ne intendeva. “ Saranno anche armati pesantemente, se sono guerrieri..”
“… e montano delle bruttissime capre!” la notizia scatenò un brusio di commenti.
“Come, capre?”
“Povere bestie come fanno a portarli? Saranno pesantissimi!”
“Immagina la mia Stellina con un Nano corazzato sulla groppa!”
“Perderanno il latte di sicuro!”
“Che barbari questi Nani..”
“Avrai visto male…”
Elkar per la prima volta intervenne con un sorriso.
“Non sono esattamente capre. Sono arieti da battaglia, allevati apposta per la guerra e molto robusti. Io comandavo uno squadrone di Capre, una volta.”
“Ooooh!”
“Sono cattivi?”
“Mordono?”
“Anche, ma soprattutto hanno corna robustissime e vanno praticamente dappertutto…”
“Ma c’è anche un Uomo altissimo! Con un cappello grigio a punta e una lunga barba!” strillò il ragazzino che non voleva perdere l’occasione di stare al centro dell’attenzione.
“Sarà Tharkun.. voi lo chiamate Gandalf il Grigio, mi pare. Ricordo di averlo visto prima della battaglia ad Erebor, ed è un Mago!” commentò Elkar tra gli ‘oooh’ e ‘aaah’ dei presenti. “E chi altro hai visto, sentiamo?”
“Un Nano enorme! Con una gran barba, la testa completamente calva, coperta di disegni neri,  e due grandissime asce sulla schiena, e tante armi  che non si possono contare, e guanti di ferro con le punte, eh…”
“Quello dev’essere Lord Dwalin, è un Nano famoso della Casa di Durin. Maestro d’Armi, Comandante della Guardia di Re Thorin, dicono che è il più forte guerriero  nano della Terra di Mezzo. E poi?”
“Poi c’è un  altro Nano con bellissimi vestiti, una grande spada e  una cintura d’oro e un uccello enorme e tutto nero appollaiato sulla spalla!”
“Un corvo imperiale,” spiegò Elkar, “il Nano deve essere un  principe di Durin, perché solo quella famiglia può comunicare con i Corvi. E’ giovane o vecchio? Ha capelli grigi?” il ragazzino scosse la testa.
“Allora può essere solo il Principe Kìli. Il vostro Signore Beorn mi ha detto che adesso è lui il Reggente di Erebor per suo fratello il Re…”
Era troppo e la folla ammutolì.
Un principe nel villaggio! Le ragazze controllarono rapidamente i loro vestiti e l’acconciatura.

Nel silenzio fu ancora il ragazzino a parlare.
“Ma non avete sentito la cosa più strana di tutte! C’è anche un ometto piccolissimo, con  dei piedi grandissimi e pelosissimi, tanto che non porta nemmeno scarpe! Ci pensate, che roba strana?” un coro di risatine percorse il gruppo dei monelli.
Il Sindaco li guardò severamente.
“Quello, piccoli ignoranti, è un parente.”

La  festa procedeva benissimo, il che significa che il livello alcolico era al punto giusto : balli e risate e ancora nessuno che dava spettacolo di sé o attaccava briga. I Nani partecipavano con entusiasmo ai balli ed alle bevute, anche perché Dwalin aveva stabilito turni di guardia brevi per consentire a tutti di godersi la magnifica cena.
Bilbo aveva appena terminato di raccontare ad un gruppo di ragazzini con il fiato sospeso la loro avventura con i Troll,  ed era tornato al tavolo d’onore insieme ai Nani ed ai loro ospiti, quando vide Gandalf rientrare.
“Tutto pronto per i fuochi d’artificio?”
“Pronto. La gente del Fiume ricorderà questa nottata per anni,” ridacchiò.
“Anche i Goblin,” brontolò Dwalin. “Sarà come annunciare il nostro arrivo.”
“I Goblin sono molto superstiziosi,” ribattè Gandalf; “e non credo abbiano mai visto fuochi pirotecnici. In compenso avviseremo gli Elfi che siamo qui.”
“Lupi e leoni, Gandalf?” ridacchiò Kili, mentre il Sindaco Tad guardava perplesso ora l’uno ora l’altro dei suoi ospiti. Gandalf strizzò l’occhio.
“Draghi!”
Una ragazza portò un vassoio colmo di boccali di birra e la conversazione si interruppe.
“Ah! Buona birra ed atmosfera campagnola. Manca solo un barilotto di Foglia di Pianilungone ed una botte di Vecchi Vigneti, e potremmo essere nella Contea. Mi sento quasi a casa.” Commentò Bilbo.
“Ti senti a casa perché lo sei.”

Tutti si voltarono al suono della voce sconosciuta. Dietro di loro era comparso un vecchio con una barba bianca da far invidia a Balin, e con occhi saggi e antichi. Tad si alzò immediatamente.
“Saggio! Vieni, accomodati… non ci aspettavamo che lasciassi la tua meditazione per una Festa.”
Il vecchio ringraziò con un cenno del capo e si rivolse a Bilbo, che a sua volta lo fissava meravigliato.
“Allora è vero…” sussurrò, “siete Sturoi!”
“Non proprio,” il vecchio scosse il capo, “diciamo che abbiamo antenati comuni. La tua gente non ricorda le sue origini?”
Gandal intervenne.
“Gli Hobbit non hanno ricordi antecedenti al loro insediamento nella Contea, circa 1400 anni fa,” spiegò. “Solo vaghe leggende di un lungo peregrinare.”
Bilbo era affascinato e sbalordito allo stesso tempo, mentre Ori era addirittura ammutolito.
“E’ da qui, che veniamo, allora?” sussurrò.

La comparsa del vecchio Saggio aveva fatto scendere un silenzio reverenziale sulla festa. La gente si avvicinava ed i bambini si facevano largo per sedersi ai suoi piedi: evidentemente il Saggio significava storie, e tutti erano in attesa.
La voce del Saggio cambiò mentre iniziava il suo racconto.
“Dopo la caduta del Signore Oscuro, dopo la terribile battaglia a sud, la nostra Gente prosperò. Da tempo immemorabile abitavamo le rive del Grande Fiume, ma quando l’Ombra si ritirò occupammo tutte la terre fino alle propaggini di Boscoverde il Grande. Eravamo gente di bosco e di collina, e la Benedizione della Signora Verde*** era su di noi. Fu un’era di bellezza ed armonia, e tutto era in pace.
Ma come sempre accade, non durò.
All’inizio fu come una nota stonata, una piccola macchia, una disarmonia nella natura; veniva da est, da Boscoverde il Grande, ed era solo un alito di vento che spesso non si riusciva a cogliere. Ma con il passare del tempo l’Ombra si allargò, divenne  come un veleno sottile che lentamente strisciò fino a penetrare l’aria, l’acqua e la terra. Il potere della Dama Verde si ritirava di fronte ad essa, e la terra ne fu intossicata. Boscoverde il Grande divenne Bosco Atro, e la nostra Gente lasciò boschetti e colline ad est, ritirandosi verso il Fiume.
Disperati, sentendo venire meno il potere della Dama, ci rivolgemmo al Padre delle Acque, chiedendo la sua protezione; ed il Padre delle Acque acconsentì a proteggerci, l’Ombra si fermò e non avanzò oltre.
Ma ormai la nostra armonia era spezzata, le nostre terre si erano ridotte e la vita era diventata difficile. Inoltre, molti di noi non si sentivano a loro agio sotto la protezione del Padre delle Acque, e bramavano un luogo dove sentire di nuovo il potere della Dama Verde; così molte famiglie si levarono, presero le loro cose e ci lasciarono, alla ricerca di una terra che potesse accoglierli. Non tornarono mai più.”

“La trovarono,” continuò Bilbo, nel suo miglior voce da narratore, “trovarono una terra dove la voce della Signora Verde si sente nella brezza tra i rami dei boschetti, nel ronzio delle api, nello scorrere dei ruscelli. Il potere della Signora si percepisce solo ad affondare le mani nella terra, una terra ricca e amata. Alcuni di loro, però, erano divisi perché sentivano anche il richiamo del Padre delle Acque; così si stabilirono di là dall’Acqua, ed amarono le barche e le paludi. Oggi i discendenti degli Sturoi vivono nella Terra di Buck, navigano sul Fiume Brandivino e conservano i segreti della Vecchia Foresta;  non  ne parlano, ma non sarei sorpreso se la loro devozione andasse al Padre delle Acque più che alla Dama Verde… ma noi Hobbit siamo gente pratica: se puoi averne due, perché rinunciare ad uno?”

La colonna procedeva sotto il sole del mattino. Qualcuno sembrava   un po’ sofferente, dopo aver ecceduto la sera prima con la birra della Gente del Fiume, ma tutto sommato il viaggio era piacevole.
“Dov’ è il  tuo amico pennuto?” Chiese Ori a Kìli.
“L’ho mandato in perlustrazione; non si sa mai cosa potrebbe vedere e francamente mi fa male la spalla. E’ pesante, l’amico!” rispose Kili. L’uscita da Goblin Town da loro usata per fuggire continuava a ritornare nei suoi pensieri, così aveva incaricato Groac di trovarla. Ho la sensazione che ci potrebbe servire.
“Non sono convinto della tua decisione di portare Elkar con noi,” brontolò Dwalin, non per la prima volta. “Non lo conosciamo… e perché poi?”

Elkar si inginocchiò ai piedi  di  Kìli.
“Ti chiedo perdono, mio Signore…”
“E perché?”
“Beorn mi ha detto chi potrebbe essere l’altro Nano prigioniero. Io sono fuggito senza nemmeno tentare di aiutarlo! Ho tradito il mio Re!”
Kili rimase un attimo in silenzio.
“Sai per certo chi fosse? Potrebbe essere il figlio di Dàin, Gràin. Tu lo conosci?”
Elkar fissò il principe, perplesso.
“Non sapevo che potesse non essere il Re. Capisco cosa mi stai chiedendo, ma non conosco il principe Grain e non ho nemmeno visto in faccia bene il prigioniero. L’unica cosa che posso dirti è che aveva lunghi capelli biondi.”
“Dimmi una cosa, Elkar, e pensaci bene. Avresti potuto aiutarlo a fuggire?” chiese Kìli in tono molto severo. L’altro Nano rimase in silenzio per lunghi momenti, poi scosse lentamente la testa.
“No, mio Signore… era sorvegliato a vista, quasi sempre legato. Io ho colto un’occasione, che ho avuto perché pensavano che non fossi in grado di andare da nessuna parte.”
“Allora alzati, Elkar: non vedo colpa nelle tue azioni.”
“Lascia che venga con te, mio Signore!”

“Perché me l’ha chiesto.”
Un frullo d’ali interruppe la conversazione e Groac si abbattè con tutto il suo peso sul pomo della sella di Kìli. Per fortuna non è la mia spalla, avrei potuto rimetterci la clavicola.
“Hai visto qualcosa, Groac?”
“Ti ringrazio per avermi chiesto come sto, Spirito Luminoso. Dopo tutto sono ore che volo in lungo e in largo.”
Kìli sospirò.
“E va bene, Groac, grande e prezioso amico. Quando ti sarai riposato potrai riferirmi il risultato delle tue esplorazioni.”
“Ho trovato la terra bruciata che mi hai descritta. Non è lontana da qui, solo qualche minuto di volo verso il sole che tramonta. Ho visto anche la grande scarpata; e ci sono almeno due fenditure nella roccia da cui un umano può passare.”
“Bravo, Groac! Adesso sappiamo qualcosa che potrebbe essere utile. Altro?”
“Verso il mezzodì c’è una radura piena di quelle sgradevoli e puzzolenti creature, ma sono lontane: per voi almeno una giornata di cammino.”
“Manderò degli esploratori,” intervenne Dwalin, “ così vedremo cosa stanno facendo.”
“Ancora una cosa, Spirito Luminoso: ci sono alcuni Elfi appena più avanti: direi che le vostre sentinelle avanzate li incontreranno…”
Il suono inconfondibile di un corno elfico si levò dalla boscaglia.
“… adesso.”


ANGOLO DELLE ANNOTAZIONI
*E’ una citazione. Sono sicura che la riconoscete.
** “Prima di valicare le Montagne, gli Hobbit erano già divisi in tre razze: i Pelopiedi, gli Sturoi e i Paloidi” (J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli” )  Per saperne di più, https://lotr.fandom.com/it/wiki/Sturoi
*** Ce n’è davvero bisogno? La Dama Verde, o Signora Verde, è Yavanna; il Padre delle Acque, Ulmo. Non ricordo se Tolkien lo abbia detto esplicitamente, ma secondo tutti i commentatori gli Hobbit sono devoti a Yavanna Kementari, la Regina della Terra.

 

 


  
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