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Autore: Altair13Sirio    24/05/2019    1 recensioni
Non è mai stato facile vivere la vita dell'eroe per Robin, così come per Cyborg, Stella, Corvina e BB. Nonostante tutto, i Teen Titans sono riusciti a superare quel senso di "strano" che li circondava ovunque andassero e hanno deciso di andare avanti; sono diventati una famiglia, le loro amicizie e i loro amori si sono intrecciati e dopo tanto tempo finalmente i cinque eroi hanno capito cosa dovevano fare.
Tutto questo può sembrare normale agli occhi di un adulto, capace di comprendere quali siano i doveri di un supereroe e le difficoltà che porta questo tipo di vita, ma agli occhi di una bambina? Una piccola bambina eccentrica e piena di vitalità, incapace di vedere il male nella gente, come può vivere una situazione simile e in che modo potrà mai crescere se non riesce a distinguere il bene dal male?
Luna è una bambina cresciuta sotto una campana di vetro e che è sempre stata a contatto con questo mondo, vivendolo in prima persona; il suo amore per la sua famiglia è eguagliato solo dal suo desiderio di vivere la vita liberamente, incontrando tante persone e amici nuovi. Ma sarà difficile attuare questo sogno, essendo lei la figlia di un supereroe.
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
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Non fu facile affrontare il resto dei Titans quando Luna tornò a casa. Prima dovette fare i conti con la sua K’Norfka, che alla fine aveva deciso di rivelare a Stella e Robin la verità sul quadro distrutto; Corvina sembrava profondamente delusa dal fatto che Luna avesse tenuto il segreto su quella storia, ma sembrava che fosse già riuscita ad assimilare il colpo. Poi Luna dovette rimanere lì per tutto il tempo mentre i suoi genitori raccontavano il motivo per il quale fossero stati chiamati così urgentemente dalla scuola. Luna si vergognò molto di sé, ma gli adulti non sembrarono voler infierire: nessuno provò a rimproverarla per aver reagito male, nessuno le fece la predica. Era stato già affrontato tutto con sua madre e suo padre.
A quel punto i Titans avrebbero dovuto elaborare una nuova punizione per Luna per dimostrare lo sbaglio che aveva commesso lasciandosi sopraffare dalle emozioni, ma nessuno ne ebbe la forza. La stessa bambina non aveva voglia di fare niente e si mise sul divano della sala comune a fissare il soffitto, riflettendo. E forse era proprio questa la punizione più grande: non fare niente per Luna era come vedersi rubare l’aria dai polmoni. Il suo cuoricino non riusciva a sopportare la lentezza del tempo quando si fermava e lasciava che il mondo continuasse senza di lei.
C’era anche da chiedersi se fosse veramente necessaria una punizione. Con tutte le sventure patite dalla piccola, faceva male dover pensare a un modo per punirla, quando rivedendo tutto quello che le era successo la reazione avuta quella mattina a scuola sembrava addirittura comprensibile. Eppure i Titans non potevano lasciare che Luna non venisse punita per ciò che aveva fatto; continuando così, non avrebbe mai imparato la lezione, anche se a vederla in quello stato sembrava aver già compreso i suoi errori.
Alla fine fu mandata in camera sua senza alcuna decisione e lì ci restò fino all’ora di pranzo, quando Stella Rubia andò a chiamarla per andare nella sala comune. La bambina però non aveva fame. Non aveva voglia di fare nulla, come se si fosse già rassegnata a una punizione inesistente. Forse la più grande punizione per lei era stata già assegnata: Luna era capace di ripensare a quei momenti pieni di rabbia e sentirli talmente vividi nella sua testa che le sembrava di essere ancora là. Nella sua mente urlava di fermarsi, di smettere di colpire Emily, ma i ricordi non possono essere modificati e l’unica cosa che vedeva era il volto di Emily farsi sempre più pesto ogni secondo che passava.
La bambina non poté rifiutarsi di mangiare, ma quando andò con la madre quasi non toccò cibo. Ci mise un’eternità a finire il primo e furono inutili tutti gli inviti degli adulti a prendere anche il secondo. Luna, così come aveva cercato di rifiutare di andare a pranzo, rifiutò anche di continuarlo e senza molta vitalità se ne tornò in camera.
Luna era stanca. Stanca degli sguardi, stanca delle parole. Non voleva più pensare a tutte le brutte cose che le erano capitate, eppure sembrava che dovesse parlarne ancora e ancora, questo perché la sua famiglia voleva aiutarla e a lungo tentarono di farla parlare nel corso della giornata. Ogni dieci minuti circa passava qualcuno davanti alla porta della sua stanza – aperta perché Luna non si fidava più nemmeno di sé stessa e così avrebbero potuto controllarla tutto il tempo – e provava a guardare all’interno, a chiamare il suo nome… A volte era semplicemente per vedere se stesse facendo qualcosa, se stesse bene. Forse erano preoccupati che perdesse il controllo un’altra volta e facesse qualcosa di sconsiderato, oppure temevano che le balenasse in mente un’idea simile a quella che aveva avuto precedentemente e provasse a scappare di nuovo in città per spacciarsi come l’eroina che non era.
Luna però non avrebbe fatto niente di tutto questo: era troppo demoralizzata per tentare altre prodezze in città, e in più tutto quello che le passava davanti agli occhi appariva vuoto e privo di significato; anche il costume che si era creata da sola, il simbolo della sua ingegnosità, non avrebbe cambiato il modo in cui si sentiva. Con questo stato d'animo, neanche l'idea di meditare un po' la aiutava. Luna non provò a fare nulla per rilassarsi o pensare ad altro e quando arrivò la sera, sia lei che i suoi genitori erano ancora nell'incertezza più totale.
Robin non aveva ancora deciso che cosa fare per punire Luna, non era più nemmeno tanto sicuro che fosse giusto punirla. Aveva reagito a una provocazione e dopo tutte le disavventure che le erano capitate a scuola la bambina non era più riuscita a trattenere la rabbia. Anche lui aveva ceduto all'ira tante volte in passato, tutti i Titans potevano ammettere di aver avuto un'esperienza simile almeno una volta nella vita…
A cena la bambina mangiò solamente perché dopo aver mancato metà pranzo aveva troppa fame, ma in cuor suo non aveva la forza di mangiare e godere del cibo che solitamente adorava. Nessuno sembrava in vena di mangiare quella sera, nessuno aprì bocca per cominciare una conversazione attorno al tavolo e i Titans sembrarono semplicemente volersi sbrigare a concludere quella situazione imbarazzante per tornare a sbrigare le proprie faccende in solitudine, anche se questo significava lasciare da sola Luna che aveva forte bisogno di supporto morale e affettivo.
Ma quello era il pensiero anche di Luna, che non appena ebbe finito di mangiare prese il proprio piatto per portarlo nel lavandino e si avviò verso l'uscita. Si sarebbe rintanata nella sua stanza se Robin non l'avesse chiamata, facendola voltare in mezzo alla sala.
<< Vieni a sederti qui un attimo. >> Le chiese con voce pacata. La bambina obbedì senza dire una parola.
Robin unì le mani davanti alla bocca e rimase a fissare la figlia mentre si sedeva accanto a lui. Fu sollevato nel vedere che non decise di prendere posto più lontano, quindi attese un momento per cominciare a parlare, scegliendo con cura le parole da utilizzare.
<< Ho deciso di non darti una punizione per quello che è successo questa mattina a scuola. >> Esordì sorprendendo Luna, che al contrario si aspettava proprio che il padre le comunicasse la punizione scelta. << Credo che quello che è successo in questi ultimi tempi sia stato più che sufficiente per te e la tua reazione, anche se fuori misura, è comprensibile. Tuttavia, quando tornerai a scuola dopodomani, dovrai chiedere scusa a Emily per averle spaccato la faccia. >>
Luna alzò lo sguardo contrariata, come se fosse sul punto di protestare per qualcosa, ma rimase in silenzio. Robin continuò.
<< Solo per quello. >> Disse. << Non mi aspetto che tu perdoni Emily per ciò che ha detto, ma dovrai dimostrare di aver capito che il modo in cui hai reagito è stato sbagliato. Spero che anche lei ti chiederà scusa per il suo comportamento, ma a quel punto starà a te decidere cosa fare. >>
Luna abbassò lo sguardo con disappunto, ma annuì pensando che quello fosse l'unico modo per uscire da quella situazione. Sarebbe stato difficile affrontare Emily, tuttavia pensava che avrebbe potuto farlo.
Sembrava che fosse tutto a posto, ma Robin non aveva finito di parlare. Si schiarì la voce e spostando le mani dal volto riprese a parare. << Inoltre ho deciso di sospendere la tua punizione per aver lasciato la torre di nascosto. >>
Quelle parole colpirono Luna in faccia come un improvviso e violento colpo d'aria. Alzò lo sguardo di scatto e invece di apparire contenta di quello sembrò contrariata.
<< Non voglio. >> Disse con voce meccanica.
Quella reazione sorprese Robin che corrugo la fronte. << Perché no? >>
Luna si guardò intorno e si accorse che anche gli altri adulti la stavano guardando. Anche se erano intenti nelle loro faccende, stavano prestando ascolto alla conversazione; non sapeva se fosse un comportamento da considerare scortese oppure uno smodato interessamento riguardo la sua situazione. Quando tornò a guardare il padre disse:<< Perché mi sono comportata male. Le punizioni si danno alla gente che si comporta male. >>
Robin la guardò per un attimo con aria contrariata, ma non era arrabbiato. Semplicemente, gli sembrava impensabile che Luna preferisse rifiutare una occasione come quella, perseverando in una punizione che fino a quel momento l’aveva fatta stare male. Credeva che ci fosse altro sotto a quelle proteste.
Il padre si alzò da tavola facendo scivolare la sedia indietro. << Dici così perché senti di aver fatto qualcosa di imperdonabile, o perché hai paura che una volta ripreso a tornare da sola verrai nuovamente presa di mira da quei ragazzini che ti hanno attaccata l’ultima volta? >>
Robin si fermò di fronte a Luna e si abbassò piegando le ginocchia. Luna rimase impassibile e sostenne il suo sguardo come se quelle parole l’avessero offesa, ma stava facendo appello a tutte le sue forze per non scoppiare di nuovo in lacrime. Se avesse ammesso quel suo timore sarebbe sembrata debole, e poi non era nella posizione per accettare le condizioni del padre che andavano tutte in suo favore.
Robin sospirò e le mise una mano sulla spalla. << Luna, ascolta. >> Le disse. << Non puoi scappare e basta da ogni singola situazione che ti spaventa. Prima o poi tutte le difficoltà che hai evitato ti bloccheranno in un angolo e ti ritroverai senza via di fuga. Sarai sopraffatta dalla paura se non deciderai di affrontarle, e sarà decisamente meglio se lo farai una alla volta. >>
Luna non era ancora convinta. Aveva veramente paura? O la sua era solo una strategia per affrontare a modo suo quei pericoli? Li stava veramente affrontando?
Robin sorrise e le arruffò i capelli. << E comunque non credo che nessuno vorrà più darti fastidio dopo lo show che hai messo in piedi oggi. >> Aveva un tono gioviale, ma probabilmente era stato difficile pronunciare quelle parole.
Già, adesso tutti la odiavano a scuola. Tutti avevano paura di lei perché avevano visto di cosa era capace. Anche Luna aveva paura di sé stessa; non le era piaciuto ciò che era diventata in quegli istanti di ira funesta che l’aveva accecata. E ora non sapeva più che fare: probabilmente era un bene che fosse stata sospesa almeno per un giorno da scuola, così le voci avrebbero avuto più tempo per correre e disperdersi tra i banchi. Non pensava che tutti avrebbero dimenticato quella faccenda tanto presto, ma sperava di poterne almeno alleviare gli effetti mancando da scuola per un po’…
Robin la accarezzò un altro poco, poi le diede un bacio sulla testa e disse:<< Ora vai a farti una doccia. Devi essere stanca… E hai un sacco di polvere addosso da quanto ti sei azzuffata con Emily. >>
Luna non capiva, non aveva senso. Tutto quello sembrava quasi un premio per ciò che aveva combinato a scuola quel giorno. I suoi ne parlavano con leggerezza come se fosse stato un giorno come tanti e, anzi, dovesse andarne fiera; eppure lei non si sentiva trionfale, non era orgogliosa di ciò che era successo. Luna avrebbe voluto sparire e dimenticare quella storia, senza dimenticare di pagarne le conseguenze, eppure sembrava che tutti quanti volessero far passare il suo comportamento inammissibile come qualcosa da niente.
La bambina fece per andarsene, ma fu chiamata dalla madre un’altra volta prima che potesse raggiungere la porta. Stella le si avvicinò con un flacone di disinfettante e un pacco di cotone. << Hai una ferita sulla guancia. E’ importante medicarla o potrebbe infettarsi. >>
Luna non si ricordò nemmeno del graffio lasciatole da Emily durante il loro scontro. Non pensava che nessuno se ne sarebbe accorto, perché le era sembrato talmente cosa da poco che anche se avesse provato a farlo vedere a qualcuno le sarebbe stato detto che non era niente in confronto a ciò che aveva combinato alla faccia della sua compagna. Il che era vero, ma questo le toglieva il diritto di desiderare attenzione dalla propria famiglia?
Andò a sedersi con la madre perché questa potesse pulire la ferita. Sfortunatamente era passato molto tempo da quando Luna era stata graffiata e la ferita aveva già cominciato a richiudersi. Le cure di Stella furono quasi inutili, ma in qualche modo fecero sentire bene Luna Bianca; la fecero sentire accolta dopo tanto rigetto… Ma per quale motivo ora non voleva sentire tutto quello? Era come se sentisse di non meritare alcuna dolcezza, nessuna dimostrazione di affetto. Luna avrebbe preferito essere lasciata a commiserarsi in solitudine, piuttosto che ricevere le attenzioni e il conforto che le stavano arrivando; era una sensazione strana, perché non le era mai capitato di sentirsi così e certamente non si era mai ritrovata in una situazione come quella.
Stella finì l’operazione e diede un bacio sulla fronte alla figlia, mostrandole poi un sorriso rassicurante, quasi a voler dire che sarebbe andato tutto bene. Luna rimase a fissarla per un momento, poi sussurrò un:<< Grazie. >> E lasciò definitivamente la stanza.
Luna seguì gli ordini di suo padre e andò a lavarsi, ma ancora non capiva perché tutti fossero così buoni con lei. Non lo avrebbe capito quella sera, e nemmeno il giorno dopo. Nonostante le belle parole della sua famiglia, sembrava che la malinconia di Luna non volesse andarsene; la delusione in sé stessa era troppo grande perché potesse riprendersi così facilmente.
Se durante il pomeriggio dopo aver litigato con Emily Luna si era sentita priva di forze e apatica, allora il giorno seguente in cui non ebbe niente da fare perché non dovette andare a scuola Luna sentì svanire tutta la sua voglia di vivere. Era diversa dalla solita Luna, era triste, demoralizzata…
I suoi genitori e gli zii cercarono di starle vicino il più possibile durante la giornata, includendola nelle loro attività e cercando di giocare con lei, ma Luna era "spenta" e arrabbiata… Si chiedeva perché, dopo tutto quello che aveva fatto, tutti quanti si ostinassero ad essere così buoni con lei.
Corvina cercò di aiutarla a rilassarsi con un po' di meditazione, ma la bambina non riuscì neanche ad avvicinarsi alla calma che sperava di ottenere; BB e Cyborg la fecero giocare con loro ai videogiochi, ma la sua partecipazione durò poco, visto il poco entusiasmo con cui iniziò le partite. Robin e Stella cercarono di restarle più vicino possibile, giocando con lei nella sua cameretta e portandola fuori ad ammirare il panorama dalla terrazza approfittando della bella giornata.
Ci furono anche un paio di emergenze in città e i Titans proposero a Luna Bianca di unirsi a loro per assistere alle loro imprese. Normalmente la bambina non si sarebbe tirata indietro nemmeno se avesse dovuto ritrovarsi a letto malata, ma questa volta rifiutò senza nemmeno stare ad ascoltare la proposta. I Titans erano preoccupati; quella che doveva essere una giornata di riflessione per la loro bambina era diventata cupa e triste e niente sembrava smuovere i pensieri di Luna. Gli sarebbe piaciuto tanto sapere a che cosa pensasse la bambina, ma anche sapendolo non avrebbero potuto fare niente: Luna si sentiva in colpa e continuava a pensare di non meritare tutte quelle attenzioni, nonostante le desiderasse; il fatto che poi le continuasse a rifiutare tutte, la rendeva ancora più triste sapendo di poter ferire i suoi genitori con quel comportamento.
Avrebbe voluto dir loro che non era colpa loro se era così e che avrebbero dovuto smettere di sforzarsi a farla stare meglio così tanto, ma invece rimase ad assorbire i loro goffi tentativi di mandarle affetto mentre se ne stava a fissarli apatica.
Quella giornata passò molto lentamente per Luna, ma la sua famiglia la sentì volare. Alla sera, appena finita la cena, la bambina andò in camera sua dicendo che si sarebbe messa a dormire subito. Nessuno provò a farla restare, anche perché sapevano che non sarebbe servito a niente; invece, le augurarono buonanotte.
Luna si chiuse nella sua stanza e si gettò sul letto con un tonfo, facendo rimbalzare via i suoi peluche. Rimase qualche minuto con la faccia premuta sul materasso a sentire il proprio respiro che scaldava le coperte, poi decise di alzarsi e si mise a camminare un po' al buio. Di solito le dava fastidio quel silenzio e il non fare niente, e ora capiva anche perché.
Da quando aveva cominciato la scuola, aveva sentito di essere in un mondo a cui non apparteneva, o per lo meno uno in cui non era la benvenuta. Quando rimaneva in silenzio quelle voci che la schernivano e la chiamavano "mostro" tornavano a galla e la facevano sentire male. E adesso a quel coro di voci si sarebbe aggiunta anche quella di Emily.
La bambina si mise finalmente il pigiama e tornò a sedersi. Si guardò le mani all'interno di quel buio a cui i suoi occhi si stavano ormai abituando e aprì e chiuse le dita un paio di volte. Sulle nocche le sembrava di sentire ancora il volto di Emily mentre la picchiava. Non aveva mai picchiato qualcuno a quel modo – non pensava che potesse fare così male – e i criminali che aveva affrontato le settimane precedenti non contavano; in quella situazione si era accanita contro una persona totalmente indifesa che non avrebbe potuto in alcun modo farle del male. Luna aveva abusato delle sue capacità sviluppate dopo anni di allenamento e aveva fatto del male a un'altra bambina. Non era stato molto eroico quel comportamento… Eppure pensava che un poco Emily se lo fosse meritato.
Combatté per non piangere al pensiero di quello che era successo e decise di nascondersi sotto le coperte, voltandosi su un fianco nella speranza che il sonno non tardasse ad arrivare. Sperava che quell'evento non avesse talmente sconvolto la sua mente da farle provare per la prima volta che cosa significasse avere un incubo…
 
*
 
<< Non so che cosa fare… >> Sospirò sconfortato Robin. Sua figlia non sembrava sentirsi meglio nonostante non avessero voluto punirla per quello che era successo e adesso subentrava anche l'apatia. Luna Bianca non era mai stata così.
Corvina rispose dal divano, dove se ne stava sdraiata ad osservare l'enorme finestra panoramica che si affacciava sulla città. << Devi darle del tempo. E' delusa da sé stessa, e le parole non basteranno a farle capire che queste cose succedono. >>
Robin si alzò dal tavolo e raggiunse il divano. << Che cosa succede? >> Chiese. << Che lei perda il controllo e malmeni una sua compagna oppure che la gente la tradisca e parli dietro alle sue spalle? >>
Corvina girò lo sguardo verso di lui senza voltare la testa e rispose:<< Entrambe le cose. >>
Per un attimo Stella Rubia, che era rimasta seduta mentre Cyborg e BB sparecchiavano la tavola, abbassò lo sguardo e sentì l'impulso di piangere con forza; quelle erano le cose che avevano trattenuto Robin dall'essere completamente d'accordo all'idea di mandare Luna a scuola e lei le aveva totalmente ignorate, trascinata dall'entusiasmo. Si sentiva una stupida per non aver capito il motivo per cui suo marito fosse preoccupato.
Robin trattenne il respiro dopo la risposta di Corvina e sembrò ardere dalla voglia di rispondere con più forza, ma rimase in silenzio a fissarla con quello sguardo deluso. Sì, entrambe le cose potevano accadere ed erano accadute, ma lui aveva creduto che semplicemente lavorando duramente non si sarebbero verificati questi problemi. Corvina ignorò il suo sguardo.
<< Non eri tu quello che le aveva detto che dagli errori si diventa ancora più forti? >> Chiese distogliendo lo sguardo. << Presto Luna capirà che certe amicizie è meglio perderle che trovarle e imparerà a fare buon viso a cattivo gioco. Il nostro compito è aiutarla a non abbattersi dopo una delusione del genere e andare avanti; non possiamo aspettarci che sarà tutto rose e fiori nella sua vita, così come non lo è stato nelle nostre. >>
<< Scusa, Corvina… >> Esordì BB arrivando alle spalle del divano. Aveva uno straccio e si stava asciugando le mani. << Noi non abbiamo avuto lo stesso tipo di vita che sta avendo Luna. Non credo che sia un modello esatto da prendere per guidarla… >>
<< No. >> Rispose gelida la maga. << Ma quante volte ci siamo sentiti traditi, delusi, privi di speranza? Abbiamo lasciato che quegli eventi ci cambiassero o ci impedissero di andare avanti? >>
Lo sguardo di BB si allontanò rapidamente da quello di Corvina. Da quel punto di vista aveva ragione: tutte le delusioni che aveva dovuto affrontare nella vita lo avevano ferito in un primo momento, sì, ma in seguito lo avevano reso più forte; gli tornarono alla mente gli anni in cui non era in grado di controllare i suoi poteri, quando stava ancora con la Doom Patrol, e poi quella volta che ebbe il cuore spezzato da Terra…
<< Sembra che tu abbia già superato tutto questo, ma lei no e glielo si legge negli occhi… >> Disse Robin stringendo i pugni. Corvina si voltò verso di lui con aria aggressiva, ma stranamente calma.
<< Non l'ho superato, così come non lo ha superato lei. E ci vorrà ancora del tempo perché accada. Ma non possiamo continuare a mostrarci dispiaciuti per questa storia, l'ultima cosa che desidera Luna è essere compatita. >>
La sala cadde nel silenzio. In un certo senso, Corvina aveva detto chiaro e tondo come stavano le cose: corrispondeva precisamente al comportamento di Luna, che per tutta la giornata aveva sembrato respingere l'affetto dei suoi genitori, che avevano cercato di rallegrarla senza successo. Corvina voleva dire che fosse inutile cercare di consolare la bambina, se questa non lo voleva; lasciarla a metabolizzare il fatto, darle il tempo di capire che non sarebbe stata la fine del mondo era la sua intenzione, e quando si sarebbe sentita meglio sarebbe andata lei stessa a cercare conforto nei genitori. Non ci fu bisogno di dirlo, ma tutti quanti lo capirono ascoltando quel silenzio.
Una luce rossa poi illuminò la sala attirando l'attenzione di tutti quanti e un debole allarme risuonò nelle casse del computer centrale; Cyborg aveva attivato l'allarme silenzioso negli ultimi tempi per impedire che un'emergenza potesse disturbare Luna o gli altri, visto che si era deciso di concentrarsi sulla bambina. Disattivò l'allarme che continuava a suonare anche al suo trasmettitore e andò di corsa alla postazione del computer per controllare di che cosa si trattasse. Strabuzzò gli occhi quando controllò lo schermo e intanto Robin gli si avvicinò chiedendogli che cosa stesse succedendo.
<< Non ci crederai mai, Robin! >> Esclamò Cyborg portandosi una mano alla fronte. Si voltò indicando lo schermo, dove compariva una mappa della città con un puntino che lampeggiava a intervalli regolari, mandando delle onde che si espandevano su tutto lo schermo. << Il tuo trasmettitore è stato tracciato. Maschera Nera è uscita allo scoperto! >>
Robin aveva quasi scordato di quando avevano deciso di scandagliare la città alla ricerca di un segnale da parte del trasmettitore che aveva perso quando era stato rapito dagli uomini di Maschera Nera – o forse sarebbe stato più corretto dire che aveva cercato di seguirli. All'inizio quel piccolo strumento non aveva dato molte speranze al gruppo e nessuno si sarebbe aspettato di rivederlo comparire da un momento all'altro; adesso invece riusciva a capire quanto fosse importante quella cosa.
<< Dov'è? >> Chiese stringendo i pugni con soddisfazione.
<< Ai margini della città, vicino alla centrale elettrica dove si era nascosto Mumbo. >> Rispose Cyborg.
Robin fece un movimento come per partire di corsa, ma fu fermato dalla voce di Corvina, che rimase a guardarlo con le braccia incrociate dal divano.
<< Cosa avresti intenzione di fare? Andare lì e farti malmenare come l'ultima volta? >> Chiese lei con una punta di disprezzo nella voce.
Robin era in fibrillazione. << Non possiamo sprecare questa occasione! >>
<< E vorresti uscire nella notte per attaccare qualcuno che potrebbe anche non essere lì, lasciando incustodita la torre e Luna? Ha tutta l'aria di una trappola questa, e tu lo sai! >> Reagì con veemenza la maga, facendo improvvisamente ragionare Robin. << Bisogna pianificare un attacco per bene, prima di lanciarsi a capofitto in qualcosa che potrebbe risultare fatale. >> Rivolgendosi a Cyborg, ordinò:<< Traccia la posizione del trasmettitore e controlla se si sposta. Domani mattina, se il segnale non ci sarà più, andremo a controllare la zona; se invece il trasmettitore si sarà spostato, cercheremo di intercettarlo. >>
<< Domani mattina Luna deve andare a scuola! >> Protestò Robin.
<< Lo so. >> Rispose Corvina con calma. << Ed è esattamente per questo che agiremo in quel lasso di tempo: a scuola Luna sarà al sicuro. Lasceremo qualcuno per andare a prenderla, nel caso non dovessimo tornare in tempo… >> E girò la testa verso BB, che la guardò confuso.
Robin non era convinto di quella cosa; avrebbe voluto andare subito all'attacco per risolvere quella situazione una volta per tutte, ma Corvina tornò a guardarlo. << Robin. >> Disse con estrema calma. << Non faremo più errori: questa volta ci occuperemo tutti insieme della cosa e cattureremo quei criminali! >>
Il supereroe mascherato non sembrava entusiasta di quella prospettiva, ma pensò che il motivo per cui fosse stato sempre sconfitto da Maschera Nera fosse dovuto al fatto che aveva sempre voluto affrontarla da solo; insieme sarebbero stati più forti, e di questo non c'era dubbio. Poi si ricordò di quando aveva detto che si sarebbe fidato di più degli altri, e alzò lo sguardo verso Stella Rubia, che lo fissava con aria preoccupata dal tavolo dove era ancora seduta.
Sì, si sarebbe fidato.
   
 
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