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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    25/05/2019    0 recensioni
Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro che seguirli nell'azione, nelle parole, nei gesti ch'essi appunto gli propongono...
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PIRATI DI CARTA E INCHIOSTRO

 

 

 

È seduto davanti al foglio bianco da ore, ormai, lo fissa con occhi da triglia bollita senza avere la minima idea di cosa farne, con la matita in mano che ciondola da tutte le parti. Ah, se fosse sulla mia nave, punirei questa sua indecisione con un paio di giri di chiglia: tanto per rinfrescargli le idee, niente di più, quel tanto che basta per fargli capire ciò che è meglio che disegni, ovvero la mia bellissima “Ondina” e quell’accozzaglia di ratti di sentina che rispondono ai miei comandi, magari mentre siamo intenti ad abbordare uno dei tanti legni spagnoli carichi d’oro. Però non siamo sul mio vascello, piuttosto nel suo studio e devo ammettere che è frustrante non avere voce in capitolo: tanto più che, in questo momento, non sono da solo… E se quel marmocchio dai capelli biondi non la pianta di gridare e saltare peggio di una scimmia tropicale, giuro che lo appendo al primo albero maestro che mi capita a tiro!

 

Sì! Sì! Sono io il più indicato per essere ritratto! Se decidesse di concentrarsi su di me, sicuramente il suo disegno riceverebbe il primo premio! Ah, che sogno sarebbe! Il mio bellissimo “Nembocumulo” che fende l’aria con le sue ali grigie e s’alza verso il sole, per poi scendere in picchiata verso le ignare navi che solcano i mari e ripulirle, per la gioia del mio capitano. Noi pirati dell’aria siamo senza dubbio i più indicati a rappresentare tutti i pirati, deve scegliere me! Ho tantissime imprese da raccontare, e riuscirebbe sicuramente a trovare l’ispirazione più adeguata senza neppure troppa fatica: l’oceano è troppo piccolo mentre il cielo non ha limiti! Magari potrebbe disegnarmi alla guida di uno di quei dirigibili che il comandante ha promesso di farmi guidare, un giorno: l’idea mi piace talmente tanto che non sento neppure i borbottii del nonnetto alle mie spalle! E dire che sarebbe il più anziano tra noi…

 

 

Nel nostro correre tra le galassie abbiamo attaccato con successo tante astronavi, ci siamo scontrati con eserciti di centinaia di razze aliene. Perché limitarsi a descrivere ciò che esiste su questa terra anziché spaziare tra le stelle? Le avventure che io ed il mio equipaggio possiamo narrare farebbero impallidire il bambino e quel vecchio lupo di mare puzzolente di salsedine: il nostro amico qui, poi, dagli occhi sbarrati e dalla mente più vuota dello spazio profondo, verrebbe letteralmente abbagliato dai fasci dei laser che illuminano le nostre giornate, mentre le insegne di noi pirati spaziali lo stimolerebbero senza dubbio a creare qualcosa di adatto. Ho da dedicargli tutto il tempo che vuole: dopotutto, dove mai potrebbe trovare una piratessa degna di apparire in un disegno come lo sono io? La mia “Antares”, poi, sarebbe così bella riprodotta dalla sua mano: dopotutto, quando era bambino, è stato lui a crearla.

 

 

 

La confusione che questi tre stanno facendo è qualcosa di estremamente fastidioso e molesto per me, abituato al silenzio e al fruscio basso della ventola del mio computer in sottofondo: ma devo ammettere che anche a me farebbe piacere essere scelto. Cioè, insomma, cos’hanno, loro tre, in più rispetto a un pirata informatico come me? Ormai le avventure non sono più sul mare, nei cieli o nello spazio, ma si muovono attraverso la Rete, sulle tastiere e attraverso i processori, le nuove armi sono i virus e le stringhe di ricerca… Forse questo tipo di avventure non sono poi così entusiasmanti come le loro, eppure anche questa è una realtà. E poi, non deve scordarsi che, per un po’, anche lui lo è stato e sa qual è il brivido di intrufolarsi dovunque, l’adrenalina del distruggere i muri virtuali che ti separano dal tuo obiettivo e anche la stanchezza dopo una notte trascorsa in piedi, a navigare. Che differenza c’è tra noi? Nessuna, siamo pur sempre pirati, orgogliosamente.

 

 

 

Ma è mai possibile che ancora non abbia deciso!? Il tempo scorre, la marea sale e scende, il vento smette di soffiare e arriva la bonaccia! Non si può navigare così! L’indecisione porta guai e sventure agli equipaggi che sono comandati da mollaccioni e femminucce! Questo dovrebbe essergli chiaro da tanto! Diamine! L’ho visto crescere, era un soldo di cacio grosso quanto un forziere quando l’ho conosciuto, col naso immerso nel libro e gli occhioni che ci fissavano mentre eravamo intenti a riempire di buche l’ennesima isola, a caccia del suo tesoro. Ne rimasi folgorato, devo ammetterlo, in tutta la mia vita non avevo mai visto un tale entusiasmo negli occhi di un bambino nel vederci all’opera: solitamente, tutti scappano. Ma lui invece, oh… Aveva la stoffa del corsaro quel moccioso con il naso colante e la bocca ancora sporca di latte! Non può lasciarsi abbattere proprio ora! Non glielo permetto.

 

 

 

Quando mi librai per la prima volta in aria, ero come lui è adesso in questo momento, incerto e spaventato, ma avevo dalla mia anche una buona dose di sogni e desideri a mandarmi avanti, a spingermi continuamente ad affrontare le correnti ascensionali, a planare sul pelo dell’acqua, con il sorriso più splendente dell’Oceano nelle giornate di sole, balzare sulle navi passeggeri, raccattare soldi e gioielli e poi VIA! Sfrecciare via in una nube di fumo bianco per sfuggire alle pattuglie aeree che hanno sempre tentato di metterci il sale sulla coda come coniglietti qualunque. Tsk, sono una recluta, ma sono pur sempre un pirata dell’aria, è difficile mettermi nel sacco! E anche lui è come noi, il suo grande desiderio di dare vita ai sogni della gente è il carburante più adatto per il suo biplano! Parola di Frèdrerick e di Nembocumulo! Quindi, prendi quella matita e comincia a disegnare! Subito!

 

 

 

Ho detto al mio secondo di portarmi una tazza di sakè spaziale mentre cerco di far entrare nella testa di questo disgraziato l’importanza del suo lavoro, e della nostra esistenza: in fondo, se noi siamo qui, a vivere le nostre avventure, è anche e soprattutto merito suo. Almeno, per me è così, visto che nacqui all’improvviso, in mezzo a una furiosa battaglia, al comando della mia Antares, mentre attorno a me c’era il caos, e la nostra gloriosa bandiera col teschio veniva sforacchiata senza pietà dai laser. Eravamo completi per metà, molti di noi ancora mancavano del colore e della china, ma era la vista più bella della mia vita: mentre il sangue scorreva più veloce nelle vene assieme all’adrenalina io, Shiro-chan, piratessa e mercenaria dello spazio profondo, diedi il comando di attaccare i nemici, di rispondere al fuoco! Da quel momento, l’eccitazione della battaglia, la sete di avventura, non mi ha più abbandonato, e se sono così, devo ringraziare lui. Non posso permettere che si faccia condizionare in questo modo da un foglio bianco!

 

 

 

Per quanto non abbia mai approvato il suo aver abbandonato la VR per tornare nel noioso e spento mondo reale, non ho mai smesso di cavalcare le tastiere anche per lui, in virtù della nostra vecchia unione. In fondo, è stata la Rete a metterci in contatto, e a farci vivere l’uno nel pc dell’altro. Letteralmente. Io ero solo un avatar senza padrone, un loner anche tra gli avatar, non ero in grado neppure di rendere presentabile un mio pixel, figuriamoci aggregarmi a un utente e stare con lui, esserne l’altra faccia della medaglia. Quando però lui mi scelse, esclamando a gran voce il mio nome, era come me, un n00b. Ma aveva un gran cervello, un cervello fino, e grazie alla sua presenza ho cambiato volto, sono diventato quello che avevo sempre sognato di essere, vedendo i flussi di dati, gli altri avatar. Un hacker. Assieme, abbiamo abbattuto tanti muri, ci siamo spinti lontano, e malgrado io poi sia rimasto da solo… Beh, non l’ho mai dimenticato, come non ho dimenticato la nostra euforia in quelle notti. Deve concludere il suo disegno anche per me!

 

 

 

E ADESSO COSA STA FACENDO? Perché s’è alzato con quell’aria di stizza, buttando a terra matite, colori e tutto quello che c’era sulla scrivania!? Disgraziato! Noi siamo qui e lui si comporta in questo modo? Mi verrebbe voglia di fargli due occhielli di spada in pancia! O di fargli fare un giro sulla passerella, magari con sotto qualche decina di squali affamati! E pensare che mi ero quasi convinto a chiamare il quartiermastro per offrirgli del buon rhum! Altro che rhum! Dritto filato su un’isola deserta, e una pallottola nella pistola!

 

 

 

No! Non può farsi abbattere in questo modo! Non è uno di quei damerini tutti imbellettati, che si servono dei biplani per fare solamente colpo sulle belle ragazze, che ci inseguono per qualche miglio, senza neppure spararci addosso, e ci lasciano andare perché sono dei vigliacchi indegni di stare in cielo tra le nuvole! Lui potrebbe essere un nostro rivale! Ha tenacia da vendere e gli occhi pieni di sogni e speranze, tali che neppure il cielo stesso potrebbe contenerle! Non è così che si comporta un pirata dell’aria degno dell’amicizia degli Aquilotti!

 

 

 

Il disegnatore s’alzò dalla sua sedia, con la testa che gli scoppiava e una sorta di senso di colpa a tormentarlo.

 

 

 

Diamine, aveva trascorso le ultime notti a cercare un’idea, un qualcosa di adeguato e perfetto per poter partecipare a quel concorso di cui il suo capo gli aveva fatto vedere il bando: sapeva di potercela fare, sentiva che era la sua occasione!

 

 

 

Ma senza un’idea, un’idea qualunque, aveva le mani legate!

 

 

 

Che avesse perso la capacità di disegnare?

 

 

 

Impossibile, di questo era fermamente convinto!

 

 

 

Forse, quello che aveva perso era la capacità di sognare… Da quanto, ormai, non disegnava paesaggi, sorrisi di bambini, e quei personaggi che, lo sapeva, non lo avevano mai abbandonato, da quando era bambino? Perché se n’era accorto, della loro presenza, li aveva sentiti fare tutto quel chiasso alle sue spalle ma, se da una parte si era sentito felice, dall’altra si era sentito morire.

 

 

 

Diventando grafico pubblicitario, relegando l’arte e la fantasia in forme geometriche senza vita, si era svenduto alla vita reale, dimenticando tutto quello che aveva imparato nella sua infanzia, tutto quello che aveva infuso nella creazione di Shiro-chan e di Frèderick, tutto quello che stare fianco a fianco con Loner gli aveva insegnato… E il primo meraviglioso impatto col mondo della fantasia grazie all’Ondina del Capitano: le illustrazioni di quel libro che aveva trovato in biblioteca erano state il punto di partenza.

 

 

 

Forse doveva solo schiarirsi le idee, uscire un attimo all’aria fresca gli sembrava la cosa più indicata da fare…

 

 

Attraversare la piccola casa sulla spiaggia, passando un attimo in cucina a versarsi del caffè, fu un attimo e quando si ritrovò fuori, sulla soglia, col sole in viso e l’odore di salsedine nei polmoni, con gli occhi sperduti nel blu annegante del mare e del cielo che si mischiavano nell’orizzonte, si sentì libero, per la prima volta dopo tanti giorni.

 

 

Avrebbe dovuto farlo prima.

 

 

Poco lontano, a un paio di bracciate dalla lingua di sabbia, il giovane vide due figurette giocare, scambiandosi giocosi colpi di spada invisibili sopra un vecchio gozzo: certo che suo fratello era proprio uguale a lui, la passione per le storie di pirati evidentemente doveva essere una caratteristica di famiglia!

 

 

All’improvviso, forse per un movimento brusco di uno dei due bambini, semplicemente la barca si ribaltò, buttandoli dritti in acqua con tutti i vestiti

 

 

Ma non sembravano essersi fatti male, anzi, ridevano e sguazzavano, senza per questo smettere di gridare e giocare, riusciva a sentire le loro voci da lì, mentre si affrontavano in improbabili duelli con sciabole d’abbordaggio, li vedeva correre, grondanti d’acqua, fuori sulla riva, con le braccia aperte nell’imitazione di un aeroplano…

 

Con una punta di malinconia, il disegnatore pensò che erano stati proprio quei giochi infantili a dare in un certo senso vita ai suoi personaggi…

 

 

 

All’improvviso, il sole gli parve più luminoso e brillante che mai, quasi accecante, mentre gli cadeva di mano la tazza piena di caffè ormai freddo.

 

 

 

Era stato uno stupido a dimenticare tutto quello!

 

Con la stessa rapidità con cui era uscito, subito si precipitò dentro casa, piombando nel proprio studiolo e richiudendosi la porta alle spalle: con ansia febbrile, raccolse tutte le matite, facendo forse più danni che altro nel tentativo. Quando riuscì a rimettere ogni cosa al suo posto, si sedette, con le mani che tremavano.

 

Poteva farcela.

 

§§§

 

Quasi non mi sembra vero. Quel mollusco ce l’ha fatta alla fine! Certo, ci ha messo molto, un tempo immenso, ma alla fine ha capito cosa fare. Sono orgoglioso di lui. Uomini! Stasera festeggeremo col rhum e ci ubriacheremo in suo onore! E per quanto riguarda il giro di chiglia… Beh, posso anche soprassedere…

 

 

 

Sto per ritornare dai miei compagni e SONO FELICE! In fondo, in quel disegno, ci sono anche io. Torno a casa vittorioso! E sono certo che potrò finalmente salire su uno dei dirigibili, il capo non può più negarmelo! La scommessa era chiara, se avessi ottenuto il ritratto, l’avrei accompagnato nella prossima scorribanda sullo Zeppelin!

 

 

 

Il teletrasporto mi riporterà a casa a minuti. Ormai, il mio compito qui è finito. E sono soddisfatta che si sia concluso in questo modo: è una soddisfazione vedere nuovamente l’Antares disegnata da lui, con la costellazione dello Scorpione sullo sfondo, e orgogliosamente dipinta sulla nostra bandiera, mentre lo spazio sterminato ci circonda.

 

 

 

Finalmente, posso dire di riconoscere gli occhi del bambino disegnato sulla tavola, che fissa il libro con espressione stupita… Sono i suoi, hanno la stessa sfumatura di curiosità infantile che aveva lui a ogni ostacolo che incontravamo, a ogni nuova password che ci si palesava davanti. Non voglio più dimenticare quest’emozione nel rivederci di nuovo assieme in un disegno, e non voglio che dimentichi neppure lui.

 

 

 

Quando il disegnatore, finalmente, concluse anche l’ultimo tratto di china sull’ala del Nembocumulo, si staccò dal foglio, con il pennello stretto tra le dita tremanti e il fiatone, mentre fuori si spegneva il Sole, con le prime stelle che facevano capolino.

 

 

 

Aveva finito.

 

Quattro paia di occhi ammiccavano dal foglio davanti a sé, quattro amici che credeva di aver ormai perso, ma che in realtà non lo avevano mai lasciato si erano nuovamente palesati davanti a lui.

 

 

 

E davanti a quel bambino che li guardava rapito, che ne seguiva le avventure, dipinte in quella variopinta nuvola che, leggera, s’alzava dalle pagine del volume poggiato sul cuscino…

 

La voce del fratellino, che lo cercava dopo un pomeriggio di giochi, lo riscosse dal suo torpore.

 

Con cura, sfiorò la pergamena che aveva disegnato con tanta cura sul bordo del foglio, saggiando la grana della carta impregnata di acquerello, lasciando al contempo che un sorriso malinconico s’aprisse sul suo volto: era vero quello che aveva scritto, se n’era reso conto nel momento in cui aveva poggiato la punta del pennello sulla carta per tracciare quelle lettere.

 

 

Ciò che ci rende uguali è la capacità di sognare.

 

 

E di vivere attraverso i sogni, come quei pirati di carta e inchiostro, in un passato non troppo lontano, gli avevano insegnato.

 

 

Con una carezza affettuosa sul volto di ognuno, simile a quella che un padre dà ai propri figli prima di dormire, s’alzò: non importava, si disse, vincere o perdere quel concorso.

 

 

 

Era felice di aver riassaporato, anche solo per un attimo, la sensazione di calore che lascia il viaggiare con la mente e il cuore, di essere tornato, per una manciata di secondi, quel bambino stupefatto e abbagliato dai tesori, coi polmoni pieni di puro ossigeno e gli occhi che riflettevano le nuvole.

 

Ed era certo di una cosa.

 

Quella notte, sarebbero venuti a trovarlo in sogno e avrebbe vissuto con loro tutte le avventure che desiderava.

   
 
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