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Autore: MaryFangirl    26/05/2019    3 recensioni
[Sequel di 'Little moments' e 'Tender moments'].
Dopo che Ryo ha finalmente deciso di dichiararsi, in seguito al dramma che ha sconvolto la vita di Kaori...
Dopo che i loro amici hanno superato le difficoltà che tale dramma ha portato...
Dopo che finalmente, finalmente City Hunter è diventato una coppia a tutti gli effetti...
Ancora una volta, le vite di tutti vengono sconvolte dalla scomparsa di Kaori Makimura.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Kazue Natori, Mick Angel, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Sdraiato sul letto, lo sweeper numero 1 del Giappone continuava a respirare l'odore quasi estraneo sul suo cuscino, godendosi un risveglio calmo ma sereno. Lentamente, si rese conto che quel giorno era l'inizio di una nuova partenza per loro, consapevole che, a differenza dei giorni precedenti, oggi aveva un motivo per alzarsi. Anche se era troppo presto per lui. Lo sweeper spinse via il cuscino dal dolce profumo che si era messo sul viso per affrontare il risveglio. Ma non era stato un sogno: lei era tornata, era finalmente lì. Aveva potuto trascorrere la notte a guardarla dormire, come aveva sognato e fatto tante altre volte in precedenza. Era stata in grado di ammirarla stringendola a sé, come prima...ma come prima, lei era riuscita a fuggire prima che lui si svegliasse. Inoltre, si chiedeva sempre come riuscisse a farlo. Non solo la teneva prigioniera durante le notti, ma in più, con i suoi riflessi doveva essere una vera impresa che lei scappasse senza svegliarlo nemmeno un po'...ma al tempo stesso i suoi 'amici' riuscivano ad entrare nella sua stanza senza che lui li sentisse avvicinarsi mentre dormiva...
Gettando via il sottile lenzuolo posato su di sé, Ryo Saeba saltò velocemente dal letto e decise di andare alla ricerca di colei che, ancora una volta, avrebbe dovuto trovarsi in quella stanza ma non lo era.
Dovevano parlare, ma allo stesso tempo, Ryo sapeva dentro di sé che la cosa non li avrebbe portati più di tanto lontano. In genere non parlavano. In effetti, il punto era che non avevano bisogno di parlare per capirsi: le parole non li aiutavano a chiarire le situazioni come avrebbero dovuto fare. A vivere per dieci anni nei non detti, alla fine ci si capiva con il silenzio. Il giorno prima, lui aveva seguito quella logica, accontentandosi di poterla tenere tra le braccia, di poterla tenere contro di sé mentre finalmente lei si liberava del suo dolore...Tuttavia, c'erano cosa che doveva dirle...prima che lei le sapesse da un'altra bocca che non fosse la sua...
Il giorno prima, aveva preferito posticipare, accontentandosi dopo molto tempo di portarla nella loro stanza e di posarla sul letto dopo averle tolto le scarpe e la giacca. Si era accontentato di rimuovere da se stesso questi accessori per stendersi accanto a lei e riprenderla contro di sé, sospirando. Che ironia, si disse mentre scendeva i gradini verso il salotto per cercarla: lui, lo stallone di Shinjuku, dopo quasi tre mesi lontano dalla sua metà, si era limitato ad abbracciarla per poi dormire profondamente...il detto era vero, allora "Una donna, ecco cosa cambia un uomo".
Riflettendoci, finì di scendere i gradini e si diresse verso la cucina dove pensava di trovare la metà femminile di City Hunter, ma quando aprì la porta fu sorpreso di trovare la stanza vuota. Strano, eppure avrebbe giurato che fosse lì a preparare da mangiare per loro, ed era già pronto a giudicare dai piatti nel cellophane che c'erano sul tavolo della cucina. A che ora si era alzata per aver cucinato tutta quella roba? Il fuso orario, sicuramente. Ma concentrandosi, lo sweeper gemette, non trovando traccia della sua compagna da nessuna parte in casa.
"Doveva ricominciare!"
Affrettandosi, afferrò l'altra giacca che c'era vicino all'ingresso e uscì dall'appartamento prendendo le chiavi della macchina. Allo stesso tempo, avrebbe dovuto saperlo che sarebbe uscita presto: da quando erano insieme, non era certo la prima volta che lo faceva. Solo che stavolta era spaventato per lei. Non spaventato come quando era scomparsa o come quando era in coma, non aveva paura di non rivederla più...soltanto paura che qualcosa avrebbe ulteriormente danneggiato l'anima e il cuore del suo Sugar Boy, che aveva già sopportato abbastanza colpi di recente senza doverne aggiungere altri.
Paura, perché al loro primo risveglio da coppia, sapeva che per decidere di lasciarlo da solo nell'appartamento dopo essersi ritrovati, avrebbe potuto trovarsi solo in due posti quella mattina. E anche se non lo infastidiva che lei avesse deciso di andare alla tomba di suo fratello, era preoccupato che lei avesse scelto di andare prima al Cat's Eye. E questo, al momento, non lo voleva. Conosceva Miki abbastanza bene da farsi un'idea delle prime cose che avrebbe detto all'amica rivedendola. E aveva deciso di parlare prima con la sua compagna, per vedere se non avrebbe preferito fare un passo indietro rispetto alla proprietaria del locale, per prepararla almeno emotivamente, se possibile. Dopotutto, si ricordava dell'effetto che la notizia aveva avuto su di lui, e sul momento non aveva conosciuto la realtà sulla propria coppia. Quindi Kaori...
Ma come un idiota, come al solito, aveva scelto di posticipare. Aveva voluto dirglielo, ma si era detto che l'avrebbe fatto il giorno dopo, che poteva assaporare un po' la sua presenza prima di torturarla. Sapeva che la notizia della gravidanza di Miki l'avrebbe ferita, anche se sarebbe stata felice per la sua amica. Allo stato attuale delle cose, come poteva essere altrimenti? Lui stesso era stato geloso per quel bambino non ancora nato, quando ancora non aveva nemmeno saputo che anche lui avrebbe dovuto averne ore...ma soltanto per poche ore, aveva voluto dimenticare...dimenticare come la vita poteva essere maligna con alcuni...
Dimenticare che avrebbero dovuto essere felici come non mai, ma che a loro la felicità era stata rifiutata. E come al solito, avrebbe pagato un prezzo salato per aver voluto posticipare l'inevitabile. Perché, come l'ultima volta, sapeva che l'avrebbe trovata nel punto esatto in cui temeva di trovarla: al Cat's Eye. Sperava solo di poterlo fare prima che Miki annunciasse alla sua migliore amica la 'buona novella' o di arrivare almeno prima che la sua compagna crollasse. La conosceva abbastanza bene da sapere che da quando se n'era andata, non doveva essersi concessa di crollare realmente. Anche il giorno prima con lui, lei gli aveva fatto capire di non poterne parlare, così come davanti a Sayuri che non sapeva...
Ma uscendo di casa, improvvisamente si rese conto che per una volta, i suoi sensi l'avevano ingannato: la sua compagna non era effettivamente nell'appartamento, ma era ancora nell'edificio. Concentrandosi per un momento, si girò su se stesso prima di dirigersi verso i radini che conducevano al tetto dell'edificio. Sì, i suoi sensi lo avevano ingannato, oppure Kaori aveva compiuto ulteriori progressi e nascondeva ancora meglio la sua presenza rispetto a prima che partisse per il suolo americano. Quasi come la persona che stava con lei sul tetto. Prima ancora di spingere la porta che portava al tetto, sapeva già cosa vi avrebbe trovato.
In quel momento, si chiese se avrebbe dovuto arrabbiarsi contro il suo amico o, al contrario, ringraziarlo per aver fatto qualcosa che lui temeva. Anche se si erano messi insieme dopo quasi un decennio trascorso a girarsi intorno senza voler fare la prima mossa per far avanzare la loro situazione, lui sapeva che su certi punti non era mai realmente cambiato, anzi. Come prima era ancora silenzioso e, soprattutto, era ancora codardo quando si trattava di lei. Durante tutti quegli anni, era stato codardo facendola soffrire volontariamente, non volendo confessarle i propri sentimenti, ma da quando City Hunter era diventato una coppia, era diventato codardo quando sapeva che lei avrebbe sofferto...tutto l'opposto rispetto a prima, ma pur sempre vigliacco.
E Mick Angel, che adorava quella donna tanto quanto lui, forse di più, forse di meno, a seconda dei punti di vista, lo sweeper americano che aveva avuto il coraggio di lasciarla andare, negando a quell'epoca i propri sentimenti...quello stesso Mick Angel non aveva in lui quella codardia...come lui, sapeva che l'avrebbe ferita, ma a differenza di lui, aveva scelto di dirglielo subito: il tipo di medicazione che puntava sul dover rimuovere il problema in un modo o nell'altro. Lui aveva voluto preparare il suo Sugar Boy a poco a poco prima di parlarle della gravidanza di Miki, rimuovendo lentamente la garza per cercare di fare il minor danno possibile...
Mick lo conosceva abbastanza bene da sapere che avrebbe seguito questa logica con Kaori e aveva scelto di dirle tutto in una volta, strappando subito il cerotto, in modo che il dolore sarebbe durato di meno. In qualche modo Ryo lo ringraziò mentalmente per averlo fatto. Se ci fosse stato all'arrivo di Mick, l'avrebbe fermato: era compito suo annunciarlo, non di una terza persona...ma da qualche parte in sé, Ryo gli era infinitamente grato: per una volta, non sarebbe stato lui a ferire Kaori Makimura con le sue parole. Era da codardo, ma una volta gliel'aveva detto di esserlo quando si trattava di lei e dei suoi sentimenti, e Mick l'aveva capito molto tempo prima.
Parlando con Kaori prima di lui, lo sweeper numero 1 degli Stati Uniti, il suo migliore amico, gli dava l'opportunità di essere quello che l'avrebbe sostenuta, senza dover essere lui a ferirla. Per una volta, non avrebbe dovuto rivestire entrambi i ruoli. Spingendo la porta ancora un po', poté vedere il suo amico accovacciato davanti a Kaori, una mano appoggiata sulle ginocchia della donna che piangeva seduta sul pavimento. E di nuovo, anche se vederla piangere così gli faceva male, ringraziò interiormente Mick. Non sapeva da quanto tempo l'americano fosse lì né quello che le aveva detto esattamente, ma sapeva che almeno era riuscito a far crollare i muri che la metà femminile di City Hunter aveva costruito attorno al suo dolore.
Non erano le stesse lacrime del giorno prima e, a dire il vero, in quel momento aveva capito che anche se stava piangendo per la prima volta sul loro bambino, aveva continuato a trattenere i singhiozzi: non aveva voluto rompersi del tutto di fronte a lui, anche se si era lasciata andare un po'. Ma ora, di fronte al loro amico, il suo corpo era scosso dai singhiozzi che ferivano chi la guardava, sentendo tutto il suo dolore, e tutta la sua angoscia...tutto il suo rancore. Di fronte a quel dolore, lui rimase immobilizzato sul posto, lo sguardo posato su di lei. Poté sentire gli occhi del suo amico voltarsi su di sé, ma non riusciva a muoversi, non poteva nemmeno avvicinarsi per prenderla tra le braccia. Una volta aveva creduto che mai più avrebbe potuto provare un dolore emanato direttamente dal proprio corpo, ma si era sbagliato. E come alla morte di Hide, la sofferenza di lei trovò eco in lui, lasciandolo semplicemente incapace di fare il minimo gesto verso di lei, per paura di spezzarsi a sua volta. Se si fosse rotto, lei lo avrebbe sentito, e conosceva abbastanza mene la sua amante per sapere che, se lo avesse sentito, avrebbe asciugato le lacrime per sostenerlo. Avrebbe nascosto le sue emozioni in un pozzo abbastanza profondo dal quale le avrebbe tirato fuori soltanto in segreto, facendo in modo che la rosicchiassero dall'interno, finché un giorno lei si sarebbe spezzata di nuovo.
"Non è giusto"
Lo sweeper americano distolse lo sguardo dal suo migliore amico per riportarlo sul primo vero amore di entrambi. No, non era giusto, ma tutti sapevano da molto tempo che per alcuni la vita non era giusta. Avrebbe voluto essere in grado di stringerla a sé per calmarla, ma sapeva che quella non era la soluzione giusta. Non aveva bisogno di calmarsi, al contrario: aveva bisogno di piangere ancora, fino a quando non avesse più avuto una sola lacrima. Allora si limitò a stringere le dita sulle ginocchia della giovane donna, dimostrando con quel gesto che lui era lì per lei...per loro, in effetti...
"Vorrei essere felice per lei, è la mia migliore amica, Mick, vorrei davvero essere felice per lei...soprattutto dopo la paura che ha avuto l'estate scorsa pensando che Falcon l'avrebbe lasciata...ma non ci riesco"
Dentro di sé, l'americano sapeva che scegliendo di aver fatto il messaggero infausto al posto di Ryo, lei avrebbe sofferto, ma lei trovava comunque il modo di sorprenderlo. Aveva il diritto di soffrire, di dimostrarlo, aveva persino il diritto di essere arrabbiata o gelosa della sua amica, ma invece si scusava di esserlo.
"Non è giusto. Perché a noi è stato preso il nostro bambino? Perché Falcon, che nemmeno voleva un figlio, ha il diritto di vedere il ventre di Miki arrotondarsi intorno alla vita che hanno creato?"
Cosa poteva rispondere? Era vero. Aveva sentito lui stesso Falcon dire una cosa come quella più volte. In particolare, poco dopo il matrimonio, ricordava che Ryo aveva come al solito preso in giro il gigante, dicendogli qualcosa come, "Ora il matrimonio, a quando i bambini", prima di mettersi a piangere nella scollatura di Miki implorandola di non dare alla luce una "testa di polpo junior". E si ricordava della risposta di Falcon, che aveva detto che bisognava essere pazzi per portare un bambino al mondo, ancora di più se si faceva parte del loro ambiente. Ricordava anche la reazione rigida di Miki che aveva comunque acconsentito ai commenti del marito, e già all'epoca si era detto che, come per il matrimonio, lei sarebbe riuscita a fargli cambiare idea...ma mai avrebbe pensato che potesse succedere con un tempismo così brutto.
"Perché loro che non lo volevano ne hanno il diritto, mentre a noi è stato rifiutato? Perché devo dire a Ryo che il suo bambino è morto a causa mia, mentre Miki può iniziare a scegliere i nomi?"
"Non è colpa tua, Kaori, non funziona così, lo sai"
La giovane donna sollevò il viso pieno di lacrime per piantare lo sguardo nel suo, e a lui fece male vederla così. Da qualche parte in lei, nonostante i mesi trascorsi, pensava ancora che fosse colpa sua.
"Cosa ne sai?"
Stava per aprire bocca per dirle che, dato che non ne sapeva effettivamente niente, aveva parlato con la propria metà e il Doc prima di svuotare involontariamente il sacco con Ryo, ma la donna lo interruppe prima.
"Come fai a sapere se è colpa mia o no? Se fossi riuscita a evitare la ginocchiata, se fossi stata più veloce, più professionale, il mio bambino ci sarebbe ancora. O se mi fossi resa conto che stavo aspettando il figlio di Ryo...che razza di donna non si rende nemmeno conto di aspettare un figlio?"
"Come potevi saperlo? Non è che fossi un dottore, guarda Miki, lei non..."
La frase si fermò. Come poteva finire la frase dicendole che Miki sapeva delle sue condizioni solo perché Ryo l'aveva portata da Doc, non sapendo cos'altro fare?"
"Allora, cosa? Se non è colpa mia, cosa significa?"
Cosa poteva dirle? 'È la vita, funziona così'? Perché quella donna, che era unicamente bontà, doveva soffrire in quel modo? Cosa poteva fare per aiutarla in quella prova? Aiutare lei e Ryo. Aveva voluto essere lui la persona a riferire il messaggio a Kaori, piuttosto che lasciare il peso a Ryo, che non aveva ancora avuto il tempo di capire cos'aveva perso, ma non sapeva davvero come sostenerla, oltre a essere presente per lei. C'era solo una cosa che poteva dire per aiutarla a superare tutto? Se era così, lui non la conosceva.
"Qualcuno lassù ha deciso che noi, invece, non lo meritavamo? Il nostro bambino non aveva il diritto di conoscere la vita? Con quale diritto ci è stato strappato via quando non aveva fatto nulla? Non ha nemmeno avuto il tempo di assaporare la vita. Non è giusto, lui non aveva fatto niente. Se dovevamo essere puniti noi, perché prendersela con nostro figlio?"
Le lacrime montarono negli occhi azzurri posati su di lei senza che lei potesse vederle attraverso le proprie. Per così tanto tempo aveva soffocato quelle parole, quelle domande, da non essere più nemmeno a conoscenza del suo amico o del fatto che le stesse dicendo ad alta voce. Le parole sfuggivano, lei non le tenne più né cerco di trattenerle, toccando il suolo con il palmo della mano, osservando le lacrime cadere sul cemento del tetto senza nemmeno prestarvi attenzione. Da quanto tempo non piangeva così? Persino alla morte di suo fratello, non si era lasciata andare in quel modo, non volendo mostrare la sua debolezza a Ryo che a sua volta non mostrava di soffrire...non riusciva a ricordarsi un momento in cui aveva sofferto così tanto.
"E perché punirci? Non abbiamo già sofferto abbastanza? Cos'abbiamo fatto per meritare il rifiuto di essere genitori? Con quale diritto...?! Ryo non ha dato abbastanza? Gli è stato già preso tutto! Gli è stata presa la sua vita, il suo nome, la sua famiglia! Perché ci viene tolto anche nostro figlio?!"
Appoggiandosi alla porta, stringendo i pugni serrati lungo le gambe, lo sweeper giapponese si morse le labbra a sangue prima di guardare il cielo. Cosa poteva fare? Come per il suo Sugar Boy, quelle domande gli giravano in testa, lasciandolo senza tregua, come lei, si chiedeva perché il loro bambino, perché loro, ma non più di lei, non più di Mick, lui poteva trovare le risposte.
"Non ho mai fatto del male a nessuno, non ho mai desiderato il male di nessuno, non ho mai nemmeno criticato nessuno. Ho sempre cercato di essere onesta, di essere aperta e di aiutare gli altri, e per cosa? Non ho genitori, hanno ucciso mio fratello. Ho passato due mesi in coma per aver voluto sostenere la mia migliore amica, e ho rischiato la mia vita più di una volta per persone che nemmeno conoscevo! Allora perché mio figlio?! Cosa ho fatto di tanto male per perdere il mio bambino?"
"Niente...ssh, Kaori...non hai fatto niente di male...ssh..."
"Volevo solo dare alla luce il bambino di Ryo...portarlo dentro di me come prova vivente del nostro amore...il bambino di Ryo, questo è tutto ciò che volevo..."
Quella frase lo raggiunse dritto nel cuore, e prima ancora di pensare di muoversi, si ritrovò inginocchiato di fronte al suo migliore amico, dietro la sua compagna per attirarla contro di sé. Mick non aveva ancora avuto il tempo di muoversi che già lei si voltava per nascondere il viso contro quello del suo amante, i pugni stretti aggrappati alla sua giacca.
"Non è giusto...volevo solo...era il nostro bambino...nostro..."
"Lo so...ssh, Sugar Boy, lo so..."
La sua mano lasciò il ginocchio dell'amica mentre sentiva la voce spezzata di Ryo. La testa bruna era sepolta nei capelli ramati della sua compagna, non permettendogli di vedere il volto del suo migliore amico, ma per la prima volta da quando lo conosceva, era sicuro che in quel momento Ryo stesse piangendo con lei. Senza dire una parola, si alzò e camminò all'indietro il più delicatamente possibile verso la porta del tetto, incapace di staccare gli occhi da loro. Arrivato alla porta, inciampò nel montante e due occhi scuri incontrarono i suoi più chiari. Quindi, in silenzio, si voltò e se ne andò, il suo compito era stato svolto. Non notò le proprie lacrime fino a che non arrivò a casa, vedendo gli occhi di Kazue pieni di domande. Ma dopo aver visto quelli di Ryo Saeba, si limitò ad attirare la compagna contro di sé, scuotendo la testa in silenzio. Kaori aveva ragione, la vita non era giusta.
  
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