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Autore: DreamerGiada_emip    28/05/2019    0 recensioni
Seguitemi, lettori dal cuore colmo di fantasia.
Avventuratevi e perdetevi all'interno di queste righe.
Vi racconterò una storia antica, nata da una leggenda e tramandata di generazione in generazione.
Accadde in un'epoca ormai lontana e dimenticata, così distante rispetto a quella in cui viviamo noi oggi.
Gli uomini hanno dimenticato ciò che accadde in tempi così addietro. Siamo cresciuti nell'illusione e viviamo nell'ignoranza.
Questa storia comincia tra i boschi, al sicuro da occhi indiscreti.
Di ciò che avvenne rimane solo una piccola e misera traccia. In quanti di voi conoscono la canzone "Figlio della Luna" di Mecano?
Vi è solo un piccolo errore, probabilmente la storia venne modificata di bocca in bocca.
Non era un bambino, ma una bellissima bambina dagli occhi d'argento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Quando arrivammo alla locanda la piccola Aurora sembrava ancora straripare di domande, nonostante me ne avesse poste un numero infinito durante il cammino. Non voleva saperne di staccarsi dalla mia mano.

- Ascolta piccola... - mi chinai davanti a lei perché riuscisse a guardarmi negli occhi senza sentirsi inferiore a me a causa della differenza d'altezza. - Io ora devo lavorare, non posso rispondere alle tue domande, ma ti prometto che domani alla stessa ora passerò dalla piazzetta dove ti ho incontrato e, se tu sarai lì, potrò concludere la mia storia. - le accarezzai i capelli ricci sorridendole con dolcezza.

- Insomma io dovrei tenermi la curiosità fino a domani? - gemette frustrata, dal suo tono lo faceva sembrare una tortura. Ci pensai un attimo. Come posso convincere una bambina ad aspettare?

 - Mettila così, domani avrai delle domande che magari oggi non ti verrebbero in mente, e io potrò pensare a tutti i dettagli. - le feci l'occhiolino e mi sollevai in piedi stendendo le ginocchia. - Dai va a casa e pensa a tante altre domande interessanti da pormi, risponderò a ognuna di esse, promesso. - la feci girare e le diedi una delicata spinta di incoraggiamento sulla schiena per indurla a tornare a casa. Aurora per un attimo si girò verso di me come stesse riflettendo sulla mia proposta, poi annuì vigorosamente.

 - Sì! - mi salutò con la manina sottile e corse via sorridendo. La osservai attentamente mentre scappava via per le viuzze del villaggio. I ricci biondi che danzavano sulle sue spalle a ritmo con i suoi passi. Era davvero una bambina deliziosa, da grande sarebbe diventata una splendida donna molto corteggiata. Entrai nel locale con un sospiro e mi tolsi il grande mantello appoggiandolo sull'apposito attaccapanni, mentre con la coda dell'occhio vidi Michela che si avvicinava a me.

 - Hai davvero un passato molto avventuroso e pieno di sorprese, la vita qui al villaggio ti sembrerà estremamente noiosa e monotona. - il suo sorriso mi ricordava sempre di più una madre affettuosa. Lisciai con le mani l'abito che indossavo e mi avviai per prendere il mio posto.

 - Qui è tutto molto diverso. Per esempio, non ho mai avuto bisogno di un intermezzo per procurarmi da mangiare, invece nel villaggio hai bisogno del denaro. Devo capire ancora molti meccanismi. - la guardai dritta negli occhi cercando di intuire ciò che pensava. Mi ero resa conto che gli occhi degli essermi umani non erano così limpidi e sinceri come quelli dei miei amati lupi. Bisognava osservarli davvero bene per riuscire a leggerli, a leggere i sentimenti della loro anima. Mi chiedevo se potessi rivelarle il vero motivo per cui ero venuta in quel villaggio. - Dopo il lavoro, ti racconterò una cosa. - mi decisi scuotendo le spalle.

 - Donne! - sobbalzammo entrambe, il vocione apparteneva al proprietario del locale. Ci voltammo dalla sua parte velocemente e lo trovammo a guardarci con le grandi mani sui fianchi. - Non voglio perditempo nella mia taverna. Al lavoro, su! - nonostante l'aria burbera entrambe ci accorgemmo del sorrisetto scherzoso sul suo volto. Per questo, sorridemmo e ci avviamo con un solenne "si, signore". Io presi posto in sala e Michela nelle cucine.

La ore passarono velocemente, dei ragazzi molesti del giorno precedente nemmeno l'ombra. Mi accorsi di quante persone avessero voglia di scherzare, di ridere. A chiunque avessi strappato un sorriso, era uscito promettendo di tornare. Il proprietario era stato orgoglioso di me. Mi divertivo in quel luogo, così rumoroso e diverso dalla mia bella foresta, ma un diverso piacevole. Quando uscimmo dal locale, Michela mi consegnò un sacchettino di tintinnanti monete. La guardai.

 - No, servono più a te che a me, dopotutto vivo sotto il tuo tetto, senza di te non avrei nemmeno un posto in cui dormire, quindi tienile. - le chiusi le dita intorno al sacchettino sorridendole. Lei mi guardò.

 - Sei proprio una ragazza dal cuore d'oro, sai? Chiunque altro le avrebbe prese senza esitare. - mi osservava con sguardo dolce. - Oh dobbiamo passare da Gisella, così recuperiamo il tuo abito. Sono curiosissima di vedere come ti sta addosso. - mi prese per mano e si incamminò svelta per la strada con un sorriso sulle labbra. Mi piaceva vederla contenta. Anzi, mi piaceva vedere i sorrisi di tutta la gente. Dava un senso di piacere e soddisfazione, come se la loro felicità si riflettesse su di te. Camminammo svelte fino alla boutique di Madame Gisella, dove ancora all'interno risplendeva la calda e delicata luce di alcune candele. Entrammo lentamente cercando con lo sguardo la gentile signora. Assottigliai gli occhi, richiamando a me la capacità di vedere nella penombra appresa in anni di vita notturna. La fioca luce proveniva da dietro degli alti scaffali e noi ci affrettammo a raggiungerla. La donna era china su una scrivania circondata da stoffe, gomitoli di lana e piccoli e grandi adornamenti. Davanti a lei un bel tessuto verde. Non ci aveva nemmeno sentito arrivare, talmente era concentrata sul suo lavoro. Ci avvicinammo lentamente.

 - Buonasera... - dissi con voce incerta per paura di disturbarla. Lei sobbalzò immediatamente facendo svolazzare il tessuto e cadere alcuni oggetti da cucito. Si voltò verso di noi di scatto.

 - Oh siete voi... mi avete spaventata. - si portò una mano al cuore prendendo un respiro profondo, poi il suo viso si illuminò. - Tu! - mi puntò il dito. - Avevo proprio bisogno di te, sto apportando le ultime modifiche al tuo abito. - si rigirò verso la sua scrivania e si immerse nuovamente nel lavoro.

 - Lo hai già finito? - chiese Michela stupita. - Pensavo che ci avresti messo di più, per il mio mi hai fatto aspettare una settimana. - si appoggiò le mani sui fianchi guardandola con un sopracciglio inarcato. La signora scacciò l'argomento con un gesto distratto della mano.

 - Questo abito sarà un capolavoro! Aspetta qualche minuto e potrai provarlo oggi stesso. - nella sua voce si sentiva il suo entusiasmo. Rimanemmo a osservarla muovere velocemente le mani su quel tessuto verde senza poter vedere nulla di quello che stava facendo. Poi all'improvviso si fermò e sollevò il tessuto. - E' completo... - si girò verso di noi portando l'abito con lei, nella penombra non si poteva vedere abbastanza bene da dargli un giudizio. Ma notai uno strano luccichio su di esso. - Su su... provatelo! - mi spinse in un'altra stanza dandomi tra le braccia il lungo abito. Rimasi per un attimo interdetta da tutta questa fretta, ma poi sospirai e mi cambiai senza fare storie, infine uscii nuovamente per farmi vedere. Nella stanza dove avevamo trovato la signora Gisella intenta a lavorare, erano state accese altre candele che riempivano di una calda luce l'ambiente. Un alto specchio era appoggiato al muro. Sia la signora Gisella che Michela mi osservavano stupite con le labbra socchiuse.

 - Kira... sei meravigliosa! - Michela portò le mani sul viso coprendosi le labbra per nascondere un sorriso. Sentii le guance scaldarsi e abbassai  lo sguardo sorridendo leggermente. Gisella mi invitò ad avvicinarmi allo specchio per verificare io stessa, seguii immediatamente il suo consiglio. Non appena il mio sguardo raggiunse la liscia superficie dello specchio, quasi non riuscii a riconoscere la ragazza che vi era riflessa. L'abito verde mi stringeva il busto e il seno sottolineando le curve, ma senza renderle volgari, il resto dell'abito scendeva morbido muovendosi ad ogni mio passo. Ma la cosa più spettacolare e ipnotica erano i fili argentati che correvano lungo tutta la gonna fino ad arricciarsi sul seno. Girai su me stesso facendo svolazzare la gonna intorno a me. Nonostante non fosse nei miei canoni lo adorai.

   
 
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