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Autore: AleeraRedwoods    29/05/2019    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Tra racconti e memorie-

 


    Nei giorni seguenti la giovane, seppur indispettita, raggiunse il Re ogni sera, poco dopo il tramonto. Le guardie la scortavano con compostezza nella Sala del Trono, poi li lasciavano soli.
    Thranduil mantenne fede alla propria parola e ogni sera rispose alle sue domande, rivelandole qualcosa sulla Terra di Mezzo.
    La ragazza assorbiva come una spugna i racconti del Re e non dimenticava una sola parola. Apprese la natura delle razze che popolavano quelle terre e il loro passato e il Re non le negò nessun dettaglio.
    In qualche modo, il dolore alla testa si attenuava ad ogni informazione ricevuta, come se fosse stato provocato dall’assenza sorda di informazioni e il Re degli Elfi ponesse rimedio parola dopo parola.
    O forse, e la cosa la disturbava parecchio, era la vicinanza fisica con quest’ultimo a darle sollievo.
    Accanto a lui, al suo antico potere di elfo immortale, era più facile scacciare quell’eco insistente, e più passava il tempo, più questa sembrava scordarsi di lei.
    La giovane poteva stare seduta ad ascoltare il Re per ore, senza che la sua attenzione calasse un attimo: la sua voce profonda la trasportava attraverso il tempo e lo spazio e per nulla al mondo avrebbe saltato uno dei loro incontri.
    Anche Emlinel cercava di fare la sua parte, durante il giorno, quando la ragazza, dopo aver divorato libri su libri, poneva a lei le sue continue domande, come se non ne avesse mai abbastanza. La sua sete di conoscenza era tale da toglierle l’appetito.
    A dirla tutta, la giovane non sopportava affatto di dipendere in quel modo dal Re elfico, che non si era mai mostrato gentile o bendisposto nei suoi confronti.
     Infatti, egli la teneva segregata tutto il giorno, senza permetterle di visitare il palazzo o interagire con qualcuno al di fuori di Emlinel.
    Era più che giustificata a lamentarsi di lui.
    Ma il tramonto portava con sé un’irrefrenabile impazienza, che la spingeva a bramare la sua compagnia sopra ogni cosa, e quelle poche sere le bastarono per non odiare totalmente il Re e la prigionia che le imponeva.
    Un’altra cosa, poi, le impediva di provare astio nei suoi confronti: dal primo momento in cui l’aveva visto, era certa che il Re portasse un grave peso sulle spalle, profondo e antico al di là di ogni sua comprensione.
    Aveva cercato di indovinare le sue emozioni, se tristezza, rabbia o nostalgia ma nessuna di esse sembrava essere abbastanza. Si era arresa all’idea di non poterlo capire e si limitava ad accettare la situazione così com’era.
    Per Thranduil fu, suo malgrado, lo stesso.
    Dapprima, l’elfo cercò di mantenere alti i muri che aveva innalzato tra lui e la straniera, limitandosi a rispondere seccamente alle sue domande. Eppure si era reso conto che parlare con la ragazza non era affatto spiacevole.
    Certo, la studiava al pari di un oggetto sconosciuto, incuriosito e frustrato dal fatto di non poterne sapere di più e stava dispiegando numerose ricerche per tutta la Terra di Mezzo, nella speranza di venire a capo di quel mistero.
    In primo luogo, non aveva idea di dove fosse finito il corpo celeste che era precipitato dal cielo, quella notte. L’unica traccia che riconduceva ad esso erano le gemme di luce stellare che vi si erano distaccate nell’impatto con il suolo.
    E quella giovane, ovviamente.
    Ma nulla di più.
    Thranduil sapeva che le gemme bianche erano solite finire nella loro terra attraverso le scie di antiche stelle cadenti ma non gli risultava che, in tutta la storia conosciuta, una stella fosse precipitata al suolo per svanire nel nulla.
    Anzi, non ne erano cadute affatto.
    Ogni volta che lui poneva una domanda del genere, la giovane non rispondeva e, fino alla sera successiva, l’elfo rimaneva scontroso, insoddisfatto e taciturno.
    Poi incontrava di nuovo lo sguardo curioso della ragazza, quegli occhi color ametista che bramavano conoscenza e il suo umore si placava. Era acuta, intelligente e Thranduil si stupiva spesso della sua schiettezza e della sua sincerità.
    Gli era incomprensibile la spontaneità con cui la giovane si esprimeva, dando voce ad ogni suo pensiero, senza veli. Lo interrompeva di continuo, interrogandolo anche sui più insignificanti particolari dei suoi racconti, emozionata come una bambina e per lui diventava sempre più difficile rimanere distaccato.
    L’ultima sera, le raccontò della sconfitta di Sauron e di come la Terra di Mezzo avesse ripreso a prosperare.
    –Ad oggi regna la pace e il tempo degli Uomini è iniziato.-
    Concluse, seduto scompostamente sul suo trono. La ragazza aggrottò le sopracciglia, seduta docilmente a terra davanti a lui, le ginocchia tirate al petto: -Tutto qui?-
    Lui s’irrigidì: -Come sarebbe a dire, “tutto qui”?-
    Lei scosse la testa e i folti capelli neri le incorniciarono il viso:
-Non può essere finita così. Forse hai dimenticato qualcosa d’importante.- L’elfo non comprese e le rivolse uno sguardo interrogativo. La giovane sembrava agitata e si tormentava un lembo del sottile abito bianco, che creava un netto contrasto con la sua pelle dorata: -Niente di questo spiega chi sono o perché sono qui.- Spiegò.
    Thranduil percepì il suo sconforto ma cercò di sviare il discorso, infastidito: -Non è un problema mio. Ho risposto a tutte le tue domande ma non posso dirti quello che non so. Tu non mi ripeti forse la stessa cosa, ogni volta che sono io a porre una domanda?- Lesse tristezza negli occhi ametistini e decise di interrompere lì la loro quotidiana seduta.
 
**

    Thranduil si recava spesso nella tesoreria.
    Era un’abitudine che aveva da sempre ma ancora di più avvertiva il bisogno di recarcisi ora.
    Le gemme bianche trovate nel cratere erano state raccolte e riposte in uno scrigno di legno levigato, che troneggiava tra tutti gli altri al centro della stanza buia.
    Vicino ad esse, un piccolo panno di velluto cremisi reggeva una collana fatta dalle medesime pietre lucenti, custodita in quel luogo da molto, molto più tempo.
    Quella collana era il cimelio più prezioso della sua collezione.
    Aveva addirittura combattuto una guerra per riaverla, affrontando la testardaggine di un valoroso nano della stirpe di Durin. Ed era certo che l’avrebbe fatto ancora, se fosse stato necessario.
    Solitamente, passava solo pochi minuti a fissare il gioiello, senza muoversi, poi se ne andava.
    Accadeva puntualmente -e inevitabilmente- almeno una volta al giorno.
    Quando rimaneva lì, ritto in piedi con il suo solito cipiglio regale, il Re non pensava a niente. Il suo viso perdeva colorito, il suo corpo diventava rigido e pesante ma riusciva a non sentire niente.
    C’era solo un vuoto terribilmente silenzioso, nient’altro.
    Odiava quella sensazione, avrebbe preferito il dolore.
    Ma un elfo, quando prova un’emozione, l’avverte con più intensità di chiunque altro e il dolore di Thranduil aveva raggiunto vette tanto estreme da minacciare di ucciderlo.
    Forse per istinto di autoconservazione, forse per amor del suo regno e di suo figlio, il Re aveva resistito.
    Ma dopo, non sentì più niente.
    Né nel bene, né nel male.
    Se ripensava a sua moglie, la destinataria di quel dono tanto prezioso, la vedeva e la udiva parlare come se l’avesse dinnanzi agli occhi ma non provava niente.
    Solo un profondissimo nulla da cui non riusciva ad uscire.
    Di lei rimaneva solo la collana, intrisa dei ricordi di quel passato che il Re temeva di dimenticare.
    Eppure era accaduto qualcosa di inaspettato.
    Per un solo istante dopo anni di vuoto incolmabile, Thranduil aveva avvertito un fremito, un brivido che gli aveva percorso la schiena. Era stato lo sguardo violetto di quella giovane donna, nella radura, a riscuoterlo senza clemenza.
    Lo aveva terrorizzato.
    Per secoli era rimasto indifferente a chiunque, divenendo irraggiungibile persino per suo figlio, e per la prima volta non fu così. Lo sentì nelle ossa, sulla pelle, come se quella donna riuscisse a vedere in lui le emozioni che aveva smarrito, quello che era un tempo.
    La potenza di quegli occhi ametistini l’aveva turbato, è vero.
    Poi l’aveva conosciuta.
    Un essere senza identità, senza passato.
    L’aveva osservata costruirsi nel giro di pochi giorni, come se da sempre le fosse chiaro chi dovesse essere e avesse dovuto solo mettere insieme i pezzi.
    Invidiava quella spontaneità.
    Gli sarebbe piaciuto mettere insieme anche i propri pezzi allo stesso modo.
    Anche ora, fissando quelle gemme bianche, non sentiva dolore, non sentiva gioia o tristezza. Ma in qualche modo, nei recessi del suo animo contratto, qualcosa si era risvegliato.
    Qualcosa si era insinuato nei suoi pensieri e lo incuriosiva, lo distraeva da tutto il resto.
    Qualcosa che aveva il colore dell’ametista e la purezza di una stella.
    Sulla porta della tesoreria, Emlinel si arrestò discretamente, riscuotendo il Re dai suoi pensieri. Egli volse leggermente il capo verso di lei: -Cosa c’è?-
    La dama si portò una mano al cuore, inchinandosi:-Mio Re, perdonami. Sono venuta a portarti il resoconto della giornata.-
    Lui inspirò profondamente, poi raggiuse Emlinel, che indietreggiò con il capo ancora chino. -Nulla di nuovo. Non ha detto o fatto niente di diverso rispetto a ieri. O il giorno prima… Ora sta dormendo.-
    Thranduil annuì: -Bene. Puoi andare.-
    Lei non si mosse e continuò, senza guardarlo negli occhi:
-Però…-
    Lui si voltò verso la dama, lo sguardo glaciale: -Però cosa? Parla, Emlinel.- Lei si schiarì la voce, intimorita dalla presenza del Re. Si fece coraggio: -E’ una settimana che la giovane è rinchiusa nelle Sale d’Opale. È insofferente. La vedo sempre più… spenta. Temo abbia paura di non scoprire mai chi è davvero. Se avesse una famiglia, un passato… Ci sarà qualcosa che possiamo fare per-
    Lui la interruppe bruscamente, con un tono basso ma conciso:
-Evita di tediarti oltre, Emlinel. Io decido come e quando fare qualcosa. Nessuna di voi due ha voce in capitolo.-
    Lei si zittì. Lo guardò voltarsi e lasciare il corridoio, senza il coraggio di dire altro.



N.D.A 
Ho deciso di dare un titolo ad ogni capitolo, una parola o poco più che definisca il "fulcro" di esso. Trovo sia molto più ordinato così. Voi cosa ne pensate? ^-^
   
 
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