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Autore: didone82    29/05/2019    0 recensioni
“Idee confuse?” Continuò il suo gioco malizioso
Riesce a schernirmi anche in queste condizioni… La sua voce roca e bassa è così sensuale… maledetta archeologa, mi manda fuori di testa! Riuscì a pensare cercando di mantenere un contegno.
La mia storia si inserisce dopo i fatti di Enies Lobby, nel momento in cui gli ufficiali sono stati sconfitti e i compagni cercano Robin per portarla via.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Chopper, Nico Robin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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Silenzio irreale tutto attorno, solo il rumore delle sue scarpe mentre avanzava per quei corridoi freddi e bui lasciandosi alle spalle macerie e le guardie svenute in seguito ai cruenti scontri di quelle ore.
Trascinava una gamba, probabilmente era rotta, e ogni movimento era una fitta alla spalla lussata. Ma non importava, Robin si trovava in una di quelle sudice celle e doveva trovarla prima possibile per poi abbandonare definitivamente Enies Lobby.
Si fermò di scatto davanti una porta socchiusa. Scostò l’anta e la vide. Era in ginocchio in un angolo con le mani legate dietro la schiena da pesanti catene di agalmatolite fissate alla parete. La testa china in avanti in direzione di una pozza rossa sul pavimento che continuava ad allargarsi.
Si lanciò su di lei inginocchiandosi davanti. Le sollevò il volto scostandole i capelli sporchi di sangue e sudore dalla fronte e dalle guance.
“Robin … Robin! Sono qui… tranquilla sono qui, adesso ti libero!”
Sentì il cuore saltare un battito quando vide il viso completamente stravolto dalla violenza di Spandam. Gli occhi erano completamente tumefatti e così gonfi da non riuscire ad aprirli. Il naso squarciato alla base sembrava rotto, la bocca socchiusa a riprendere faticosamente fiato era livida e con profondi tagli sulle labbra che stillavano copiosamente liquido vitale. Gli zigomi gonfi e viola erano rigati da quelli che dovevano essere stati rivoli di lacrime mescolati al sangue.
“Robin mi senti? Adesso ti porto via da qui!”
Sentì crescere dentro di sé la profonda paura di perderla mentre guardava quel viso trasfigurato. Con mani tremanti cercò di infilare la chiave nel lucchetto; vari tentativi finché non sentì un clack, le braccia di Robin crollarono in avanti senza forza, quasi senza vita, e sentì il suo peso gravare sulle sue braccia. La sollevò a fatica, dovevano uscire subito dal quel maledetto posto.
*****
Robin cominciava a riprendere i sensi, ma non capiva se fosse morta, se fosse ancora in cella, se avesse solo sognato di essere stata liberata. Sentiva il rumore delle onde e percepiva il debole rollio della nave. Provò ad aprire gli occhi ma qualcosa glielo impediva. Allungò la mano alla fronte e sentì un grosso cumulo di bende e garze che le coprivano la testa e gli occhi. Scese a tastare il naso e sentì la presenza di stecche e altra fasciatura. Si passò la lingua sulla labbra in preda ad una sete atavica e le sentì aride e gonfie. Il sapore del sangue le invase le papille gustative. Una sensazione di panico si impadronì della sua testa che cominciò a pulsare, il fiato corto e accelerato le provocava fitte alle costole. Buio e dolore la inghiottirono in un tunnel di terrore, poi una voce e un lieve tocco sulla spalla
“Robin tranquilla, sei al sicuro!”
Sentì le garze inumidirsi di lacrime mentre aumentava la sua fame di ossigeno. Provò a parlare ma dalle labbra uscì solo un lamento roco e gutturale
“Non devi agitarti, quel bastardo di Spandam stava per soffocarti e ti ha danneggiato la trachea. Tornerai a parlare molto presto. Ma adesso devi solo riposare. Chopper ti sta curando nel migliore dei modi. Devi solo avere un po’ di pazienza”
Sentiva dolcezza in quelle parole e apprensione, il respiro cominciò a regolarizzarsi ma il dolore al torace ancora persisteva.
“Ecco, assaggia, piano… Piano… ecco, brava. Per ora posso darti solo questo”
Sentì sulle labbra il freddo intenso di un cubetto di ghiaccio. Lo succhiò avidamente sentendo un meraviglioso sollievo alle labbra, alla lingua e alla gola. Sentiva le dita gentili passare quel cubetto di ghiaccio sulle labbra molto delicatamente e credeva di non aver mai assaporato niente di più buono. Ancora umido sulle garze che le coprivano gli occhi poi si abbandonò alla stanchezza, felice di essere viva.
****
Nei giorni successivi cominciava a sentire le forze ritornare come una marea che piano piano si riprende i suoi spazi. Chopper si prendeva estrema cura di lei ma la completa guarigione era ancora lontana. Ogni volta che cambiavano le garze sugli occhi provava a muovere le palpebre con estrema fatica e solo a volte sentiva la luce trafiggere come lame affilate i suoi occhi. Quel bastardo le aveva dato talmente tanti pugni da farle quasi perdere la vista. Il gonfiore e il dolore miglioravano lentamente, era estenuante ma sapeva di potercela fare, specialmente quando quelle dita gentili le passavano da mangiare e da bere. Ancora non riusciva a parlare ma ascoltava avida ogni parola che proveniva dalla bocca di chi l’aveva liberata dalla prigionia e portata lontano da una morte certa e imminente.
Era il primo giorno in cui riusciva a lasciare il letto nonostante avesse ancora la testa e gli occhi bendati. Era strano sentire quanta fatica facevano i suoi muscoli nel tentativo di fare una cosa così semplice come stare in piedi. Tremante cercò di mettersi eretta sostenendosi saldamente al braccio che aveva al suo fianco, mentre un altro braccio la sosteneva dalla schiena. Riuscì a conquistare la posizione eretta sovrastando il suo sostegno e sorridendo per quel piccolo traguardo. Con la mano cercò a tentoni il corpo di chi l’aiutava a stare in piedi. Arrivò al viso e ne scrutò i lineamenti soffermandosi sulle labbra, poi il naso e ancora gli occhi. Scostò i capelli dalla fronte accarezzandoli, sfiorò le orecchie e continuò sulle guance e il collo. Stava sostituendo gli occhi con le mani, guardando con tutti gli altri sensi il volto di chi si era preso cura di lei insieme a Chopper. Poi ne cercò la mano e con l’indice cominciò a scrivere sul palmo ben aperto.
“Bagno?? Devi andare in bagno?”
Mimò frettolosamente un no con le mani e la testa
“Vuoi fare un bagno allora?”
Bingo! Aveva capito! Sentiva il bisogno di un bagno, era sicura che le avrebbe fatto bene.
“Io… non so se puoi. Dobbiamo chiedere a Chopper… poi… non mi sento a mio agio a lasciarti sola in bagno!”
Puntò il dito prima sul petto che aveva di fronte, poi indicò se stessa. Immaginò la sua espressione basita e sorrise dentro di sé.
“Vuoi che faccia il bagno con te?”
La voce tradì un certo disagio ma lei mimò sicura un assenso.
La vasca si stava riempiendo, il suo imbarazzo era tangibile. La sosteneva mentre da sola si toglieva la lunga camicia. Guardava il suo corpo ricoperto da ematomi in via di guarigione e tanti tagli. Un corpo così bello non poteva essere deturpato in questo modo. Imprecò tra sé e sé sentendo le rabbia divampare.  Si destò pensando che non poteva certo infilarsi in vasca con i vestiti. Si spogliò velocemente e la aiutò ad entrare nell’acqua e a sedersi sostenendola per le spalle, poi fece lo stesso. Si sistemò dietro di lei e sentì il cuore accelerare quando appoggiò la schiena al suo petto e il capo alla sua spalla. Istintivamente la circondò con le braccia stringendola a sé poi le baciò le guance. Un bacio, poi un altro e un altro ancora. La rabbia ancora ardeva nella sua mente e nel suo corpo, si calmò solo quando si accorse che le labbra di Robin si erano piegate in un sorriso emettendo un piccolo sospiro di sollievo e di piacere.
****
“Buongiorno! Ecco la colazione!”
“Buongiorno!” Rispose con un filo di voce ancora molto roca
“Wow! Riesci a parlare!” Non riuscì a nascondere la felicità usando un tono di voce forse troppo alto.
Robin sorrise e si avvicinò alla colazione. Non aveva per niente appetito e bere anche solo dell’acqua le causava ancora molto dolore alla gola, ma sapeva di dover fare uno sforzo per non far comparire il velo della preoccupazione sul volto di chi la stava guardando.
“Non fare quella faccia, lo sai che devi mangiare!”
Sembrava che riuscisse a leggerle la mente. Era stata una fatica immane mandar giù qualcosa da mangiare tanto che il volto tradì spossatezza
“Vieni, ti aiuto a metterti a letto”
“Perché lo fai?” Riuscì a dire in un filo di voce mentre si faceva sistemare il cuscino.
“Lo faresti anche tu per noi”
“È diverso. Tu lo fai in modo diverso”
“Siamo in vena di chiacchiere! Sai che non dovresti sforzarti a parlare?”
Aprì la bocca ma non uscì nessun suono. Non riusciva più a parlare, la gola bruciava da impazzire.
“Ecco, vedi? Riposati, avremo tanto tempo per parlare!”
Le sorrise facendo per andarsene ma si sentì trattenere per il bordo della maglia.
Tornò con lo sguardo su di lei e vide gli occhi azzurri della mora implorare qualcosa. Si chinò su di lei, le lasciò dei baci sulla fronte e sugli occhi ancora un po’ lividi.
Robin chiuse gli occhi e sospirò, allungò la mano e intrecciò le dita ai suoi capelli dietro la nuca tirando a sé il suo viso, poteva sentiva il calore del suo respiro sul volto poi unì le loro labbra in un bacio appena accennato. Si aggrappò al suo collo premendo le labbra ancor più sulle sue; si staccò quasi subito, le forze le consentirono solo questo breve contatto; poggiò la testa sul cuscino perdendo lo sguardo nei suoi occhi e cercando di recuperare fiato.
****
Le sistemò ancora il cuscino e le coperte, un sorriso e poi si diresse verso l’uscita. Si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò sospirando non prestando attenzione alla renna che si avvicinava.
“È riuscita a mangiare?”
“Si…ehm…ha mangiato qualcosa” Trasalì
“Stai bene?”
“Si certo”
Si staccò dalla porta allontanandosi rapidamente.
Non riusciva a pensare a nient’altro, sentiva ancora il suo sapore sulle labbra. Come era potuto accadere? Ma la domanda corretta era un’altra: come non era potuto accadere prima?
Aveva passato tutto il giorno sul ponte di poppa con la testa nascosta all’ombra degli alberi di mandarini. Il vento spostava le foglie e mostrava sprazzi di cielo azzurro. Le braccia incrociate dietro la nuca e la testa svuotata di tutto. Si, svuotata di qualsiasi cosa ma piena, straripante di lei.
Perché lo fai?
Lo faccio perché ti amo. Rispose ancora a quella domanda in cuor suo.
****
Bussò leggermente alla porta, poi entrò. La vide seduta sul letto intenta a leggere un libro
“Hey, ti ho portato la cena!”
Disse avvicinandosi con un vassoio in mano. Lo poggiò sul piccolo tavolo e si avvicinò a lei che aveva sollevato gli occhi dal libro sorridendo. La scrutò attentamente studiando ogni più piccolo dettaglio del volto, quindi prese un vasetto dal comodino e con l’indice raccolse un po’ di unguento al suo interno cominciando a spalmarlo in precisi punti del volto e del collo di Robin
“Tra qualche giorno passeranno anche questi e il tuo viso tornerà ad essere bello come sempre!
Disse sorridendo. Le carezzò la fronte perdendosi nel blu dei suoi occhi che non si erano staccati dal suo viso, sentì il cuore accelerare mentre la guardava mordersi il labbro inferiore. Non c’era più solo amicizia in quello che faceva, forse non c’era mai stata solo quella in ogni piccola attenzione, in ogni parola, in ogni sguardo che le rivolgeva.
“Però non devi esagerare con la lettura. So che ti annoi, ma devi stare ancora a riposo!”
“Stai dicendo che ho un bel viso sotto questi lividi?” Era semplice per lei essere provocante anche con poche parole
“Sto dicendo che… non ne ho la più pallida idea!” Disse non trattenendo una risata mista ad un sospiro.
“Idee confuse?” Continuò il suo gioco malizioso
Riesce a schernirmi anche in queste condizioni… La sua voce roca e bassa è così sensuale… maledetta archeologa, mi manda fuori di testa!  Riuscì a pensare cercando di mantenere un contegno.
Spostò lo sguardo ai suoi occhi annegando in due gemme color acquamarina che non avevano mai smesso di scrutare la sua espressione. L’esasperazione per quel gioco di tocchi lievi e sensuali sfociò in consapevolezza: le afferrò il viso con le mani facendo aderire le loro bocche. Stavolta non sarebbe stato sufficiente saggiarle le labbra, si tuffò in lei senza più remore o paura, solo con l’intento di saziarsi. Percepì la sorpresa di Robin alla sua iniziativa, ma subito sentì il suo viso rilassarsi e accogliere la passione delle sue labbra feroci e fameliche aprendo la bocca per concedere quello che bramava.
Dopo quell’attimo di puro istinto trasformò quel bacio in una delicata danza. Sentì la bocca pervasa dal sapore di Robin e decise di goderne fino in fondo, di assaporare ogni molecola, ogni profumo, ogni sensazione. Robin rispondeva al suo desiderio, si staccava per riprendere fiato ma subito tornava a tuffarsi tra le sue labbra. Ormai dipendenti dal loro sapore si ritrovarono a guardarsi ansimanti solo quando sentirono qualcuno bussare alla porta. 
Entrò Chopper recando tutto l’occorrente per visitarla, medicine e unguenti.
“Beh, io vado, vi lascio alla visita”
La sua voce imbarazzata fece sorridere Robin. Rispose al sorriso poi si catapultò fuori da quella stanza. Corse fino al ponte e si affacciò a guardare la scia di schiuma che lasciava la nave sulla superficie del mare. Aveva il fiatone come se avesse corso mille miglia. Però non poteva fare a meno di sorridere.
Chi avrebbe mai creduto che quella nave avrebbe potuto trasportare sogni, speranze, sofferenza, gioia e… un amore. Sbocciato tra sangue e dolore stava crescendo rigoglioso ma lentamente. Stava aiutando le ferite a cicatrizzarsi.
***
Era bello crogiolarsi al sole godendo delle ultime giornate calde dell’estate ormai trascorsa. Sollevò il capo quando sentì qualcosa poggiarsi sulla sua pancia e vide Robin che si sistemava al suo fianco usando il suo ventre come cuscino in procinto di continuare la sua lettura. Ormai era guarita quasi completamente, perfettamente in grado di camminare e ben lieta di poter lasciare finalmente l’infermeria. Le carezzò i capelli e lasciò che si sistemasse come meglio credeva. Una sferzata di vento fece gonfiare le vele e tendere le cime scompigliando i loro capelli
“Sta per arrivare la pioggia”
Robin lasciò il libro e sistemandosi i capelli guardava il cielo e le nuvole che avevano cominciato a rincorrersi veloci.  Rimasero così a fissare il cielo finché non arrivò improvvisa la pioggia in uno scroscio forte e intenso. Si sollevarono di scatto per la sorpresa ma era ormai troppo tardi. Invece di correre a ripararsi sotto coperta rimasero lì a guardarsi; scostò delle ciocche dalla fronte di Robin ormai grondanti acqua. Rivoli serpeggianti scorrevano sui loro corpi, i vestiti zuppi si erano incollati alla pelle e lo stesso i capelli. Si avvicinò e si impadronì delle sue labbra; si strinsero così forte che sembrava volessero fondersi.
Un sospiro, un gemito, ancora un bacio, il sapore di Robin mescolato a quello della pioggia, l’odore dei suoi capelli intriso della salsedine sollevata dalle onde. Un sospiro, un gemito e ancora la sua bocca. Le mani aggrappate alla maglietta fradicia che non lasciava più niente all’immaginazione; ma non aveva bisogno di quella, conosceva il suo corpo a memoria anche se non lo aveva mai toccato. Si staccò scorgendo delusione nel suo sguardo, si alzò barcollando per il rollio della nave tirandola a sé. Scappò verso la cabina trascinandola nella corsa. Chiuse dietro le spalle la porta e subito sentì addosso il peso della mora che cercava ancora la sua bocca, gemendo e intrecciando le mani tra i suoi capelli. Capovolse le posizioni e si trovò a spingerla contro la porta mentre le strappava via la maglietta; la spinse sul letto dove finì di spogliarla. La nave aveva preso ad ondeggiare forte mentre la pioggia e la mareggiata sferzavano l’oblò. Si fece buio per l’imminente temporale, il cielo era squarciato da fulmini e saette. Ma niente aveva più importanza, tutta la sua attenzione era focalizzata sul corpo di Robin che si inarcava gemendo ai suoi tocchi. Sentiva la sua pelle così morbida, così tesa, così trepidante. Sentiva in rilievo le cicatrici e i graffi che si stavano rimarginando. Sentiva il suo respiro farsi sempre più rapido.
Sentivano i compagni prepararsi a far fronte alla tempesta, ma sembravano voci e rumori confusi e ovattati lontani anni luce dal piccolo mondo che avevano creato in quella stanza. La porta si aprì improvvisamente mostrando un Chopper decisamente sorpreso. Rimasero per dei secondi interminabili immobili a guardarlo incapaci di proferire parola. Del resto, cosa si poteva dire in un momento del genere? Nella sua forma Heavy Point la renna occupava per intero la porta, grondante di pioggia le parole gli erano rimaste in gola alla scena che gli si presentava davanti. Non potè fare a meno di sorridere imbarazzato
“Vi stavamo cercando, avevamo paura che le onde vi avessero inghiottito! Dirò io agli altri che state bene”
La renna chiuse la porta e tornò a governare la nave con gli altri.
Si girò a guardare Robin e vedendola ridere di gusto non riuscì a mantenere un atteggiamento serio e corrucciato.
Senza smettere di ridere la mora intrecciò le braccia al suo collo e riprese il bacio da dove era stato interrotto. La voglia di amarsi aspettava solo di essere placata.
***
Aprì gli occhi e si accorse che era ancora buio, guardò verso l’oblò e vide che il cielo cominciava a tingersi di rosa. La nave scorreva fluida e tranquilla essendosi lasciata la tempesta alle spalle. Guardò al suo fianco e vide Robin dormire beatamente aggrappata al suo braccio. Era ancora nuda e bellissima. Si sollevò sui gomiti posandole un bacio sulle labbra che la destò. Percorse il suo profilo con le dita fino a scendere sul collo e le braccia. Era così meravigliosa appena sfiorata dalle prime luci dell’alba
“E adesso che facciamo?”
“Ricominciamo!”


Ciao gente! Grazie per essere arrivati fin qui! Ho provato a non inserire riferimenti che facciano capire chi sia il personaggio che interagisce con Robin perchè ognuno di voi possa immaginare quello che più vi appassiona. Anche per questo ho segnato sia het che yuri nel tipo di relazione che descrivo. Spero di essere riuscita nel mio intento.
kiss kiss
   
 
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