È ironico come Steve sia il primo ad accoglierlo sulla Terra.
Tony non è sicuro, inizialmente, che tutto non sia solo frutto della sua immaginazione; un'allucinazione, per essere precisi, scaturita dalla mancanza di ossigeno che opprime la loro piccola navicella di fortuna. Lancia uno sguardo interrogativo alle sue spalle, ma i lineamenti del volto di Nebula restano impassibili: neanche nella sua testa sarebbe in grado di avere un'espressione diversa. Poi si ritrova a cadere in avanti. Steve è di nuovo lì, lo sorregge con una mano sul braccio e ha questo sguardo che non è mai riuscito esattamente a decifrare: non è pietà né rimprovero quello che legge nei suoi occhi, ma forse una sorta di comprensione, un “lo so, anche io” che Tony un po' odia, perché sulla stessa barca di Steve Rogers - Capitano fottutissimo d'America – lui non ci vuole stare. Ci sono troppe cose non dette tra loro che non si possono cancellare solo perché l'universo ha appena perso il 50% dei suoi abitanti. Il loro discorso, poi, se lo è sempre immaginato caratterizzato da un po' più di spirito, con tanto di urla e pugni a fargli da contorno. Adesso, invece, Steve ha ancora una mano sul suo braccio e il suo peso sulle gambe e Tony è troppo stanco per combattere. Allora si lascia andare, trascura tutta la rabbia e il risentimento che negli anni hanno continuato a crescere e lo guarda con una disperazione negli occhi che si era ripromesso di non lasciargli mai intravedere.
«Ho perso il ragazzo» dice e la voce si strozza un po' su quell'ultima parola.
La stretta di Steve si fa più serrata: «No, Tony. Noi lo abbiamo perso.»
“Insieme” è un sottinteso che brucia e Tony vorrebbe crederci, vorrebbe crederci così tanto che forse, per l'ennesima bugia, varrebbe la pena morire.