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Autore: T612    31/05/2019    1 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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4 luglio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Tony osservava i fuochi d’artificio con rilassata meraviglia, lo sguardo puntato verso l’alto mentre stringe Pepper tra le braccia, ignorando forzatamente la nota dolce amara che gli pungola la base dello stomaco.

Le pratiche del processo erano state ultimate in tempo per le feste, siglando il rilascio di Barnes con una sentenza di non colpevolezza, chiudendo quel capitolo della storia del mondo che finalmente attribuiva un nome alle mani che manovravano il burattino che aveva sfiorato innumerevoli grilletti nel corso del tempo.

Tony sospettava che Matt si fosse parzialmente pentito di aver accettato il caso pro bono, ma la fila di clienti ad Hell’s Kitchen era aumentata esponenzialmente nel giro di un mese, permettendogli finalmente di pagare gli straordinari arretrati a Karen e di riaprire ufficialmente la “Page - Nelson - Murdock”1. Stentava ancora a credere che il processo fosse terminato nel migliore dei modi, Tony non sapeva determinare con certezza quanto l’ammissione di colpevolezza di James avesse contribuito a convincere la Giuria, ma evidentemente l’accettare pubblicamente le conseguenze di tutte le azioni compiute –compresa la bravata dell’evasione alla volta di Liberty Island– aveva reso evidente a tutti che il servizio reso al Paese da James Buchanan Barnes superava di gran lunga il peso conferito alla nota rossa del famigerato Soldato d’Inverno… era stato assolto da tutte le accuse dopo giorni di discussioni interminabili, accettando di buon grado le condizioni imposte dal Governo, venendo inserito ufficialmente tra le fila dello SHIELD come agente operativo e rinunciando al peso dello scudo sulle spalle. Dall’espressione che Tony aveva intravisto sui suoi lineamenti una volta udita la sentenza, non sapeva ancora decidersi a distanza di giorni se James aveva accettato l’obbligo imposto come una punizione o una benedizione… aveva fatto ritorno a Brooklyn con Natasha, facendo richiesta a Maria della sua vecchia tenuta in kevlar e nessuno aveva avuto il coraggio di obiettare o fare domande.

L’uniforme ed il simbolo di Capitan America erano stati stoccati al Complesso, mentre l’opinione pubblica attendeva in fermento che il prossimo candidato uscisse allo scoperto per reggere il peso dello scudo sulle spalle, ma nessuno si era ancora proposto e Fury aveva incassato il rifiuto da parte di Sam senza crucciarsi troppo, scommettendo sottobanco con Hill in quanto tempo Wilson avrebbe cambiato idea.

Tony aveva fatto in modo di illuminare Manhattan a giorno con con una quantità esorbitante di fuochi d’artificio, un modo esagerato come un altro per spazzare completamente via le ultime settimane da incubo dalla memoria di tutti, desiderando che il nome di Tony Stark tornasse sui giornali per un motivo innocuamente goliardico come un coloratissimo disturbo della quiete pubblica e non per una dicitura a tratti negativa in coda all'aggiornamento del processo dell’anno, stampando un bacio sulle labbra di Pepper mentre le faville colorate illuminano il cielo spazzando via il buio in sintonia con il suo stato d’animo.

Aveva tentato di ignorare il più al lungo possibile la consapevolezza che il 4 luglio non fosse semplicemente una festa nazionale, ma la morsa allo stomaco si era fatta sentire forte e chiara quando si era concesso di lasciar vagare lo sguardo sui presenti incappando sulle espressioni malinconiche di James, Sam e Natasha che scrutavano il cielo con solamente un accenno di sorriso sulle labbra, probabilmente pensando tutti e quattro che a Steve lo spettacolo pirotecnico sarebbe piaciuto da impazzire ed avrebbe voluto disegnarlo con i colori più sfavillanti che possedeva… ma Steve era ritornato nella sua tomba di ghiaccio da dove gli era stato concesso di sfuggire solamente una volta, i suoi colori e i suoi blocchi da disegno erano ancora inscatolati a Brooklyn sotto due dita di polvere e per quella sera non c’era nessuna torta con più candeline di cera che glassa con cui festeggiare.

Tony aveva sciolto l’abbraccio di Pepper quando il suo sguardo aveva raggiunto la cugina, in quel preciso momento la morsa allo stomaco oltre che a fastidiosa era diventata anche gelida, indeciso se attribuire la colpa di tale sensazione alla mancanza che provavano entrambi per Steve o se invece doveva biasimare unicamente sè stesso per tutto ciò che non aveva ancora trovato il coraggio di dirle.

-Ti piace lo spettacolo, cugina? -chiede avvicinandosi ostentando spavalderia, per poi appoggiarsi con i gomiti alla balaustra del terrazzo con fare disinvolto.

-Se puntavi a finire sui giornali di domani ci sei riuscito. -commenta la donna sforzandosi di sorridere, scrollando le spalle come a scacciare un ricordo vagamente doloroso. -Sono i fuochi d’artificio più belli che abbia mai visto… gli sarebbero piaciuti. Molto.

-Vuoi un abbraccio? -chiede con tono gentile e leggero affiancandola.

-No, sto bene Tones… è tutto okay, davvero.

Sharon Carter trattiene le lacrime con caparbia testardaggine senza fare una piega, dopotutto non aveva pianto nemmeno quando si era fratturata il braccio a cinque anni, con l’osso biancastro che sbucava dalla pelle lacerata… quella volta era stato Tony a reprimere un conato di vomito, per poi correre quasi in lacrime dalla zia annunciando che la cugina era precipitata giù dalla casetta sull'albero in giardino facendosi un volo di tre metri. A volte si sentiva ancora come quel bambino di otto anni che si era divertito a decorarle il gesso con i pennarelli colorati… crescendo le cadute rocambolesche erano state sostituite da problemi un po’ più grossi, ma quell’istinto di protezione atavico era rimasto invariato negli anni.

Sharon continua orgogliosamente a non volere un abbraccio, ma Tony si era concesso di posare il capo contro il suo quando la donna gli aveva afferrato un braccio appoggiando la testa contro la sua spalla, restando fermi in quella posizione con lo sguardo puntato verso l’alto fino a quando erano rimaste solamente le stelle ad illuminare il cielo.

 

***

 

6 luglio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Sharon ha in mano la pistola d’ordinanza quando avverte il primo sparo, l’istinto prevale scaricando l’intero caricatore mezzo vuoto verso l’alto, da dove ha visto partire il primo proiettile. Controlla la quantità di colpi rimasti in canna, sostituendo il caricatore vuoto per poi puntare di nuovo l’arma… ma quando il click della sicura scatta il suo cervello inserisce il pilota automatico senza che lei riesca a rendersene conto.

Si volta verso Steve, notando che è riverso a terra con un proiettile conficcato nella schiena, osservandolo mentre tenta di rialzarsi, correndogli incontro per aiutarlo… ma invece di allungare una mano per rimetterlo in piedi, gli punta la pistola contro e fa fuoco puntando al suo addome.

-Sharon, l’ambulanza, vai!

Riconosce Bucky quando la afferra per le spalle richiamandola indietro, precipitandosi a terra da Steve tamponando la ferita sull’addome pretendendo a gran voce un’ambulanza, in una mescolanza di grida e panico che la disorientano.

-Sharon… sei così bella che mi togli il respiro…

Le ultime parole di Steve che le rivolge rimbalzano contro le pareti della sua scatola cranica, ascoltandole in ripetizione anche dopo che il chirurgo le conferma la morte per duplice ferita da arma da fuoco… sente il sapore della bile in gola, precipitandosi in bagno, eclissando il pensiero che tale reazione sia dovuta ad un altro motivo che non sia lo shock.

-Sharon… sei così bella che mi togli il respiro…

Non le resta che gridare.

 

Sharon si alza di scatto dal materasso urlando, la schiena sudata e il corpo scosso dai tremori… Steve sapeva cosa aveva fatto e la consapevolezza le smorza il respiro.

Ma quella non è la parte peggiore… si precipita nel bagno privato con il volto rigato dalle lacrime, sollevando la maglietta del pigiama per fugare ogni dubbio, percorrendo con le dita lo sfregio in rilievo sul ventre.

I singhiozzi risuonano contro la cassa toracica sconquassandole l’anima, restando in piedi per forza di inerzia puntellata al lavandino, fino a quando un singulto più forte degli altri le fa perdere la presa cadendo vittima della forza di gravità in un tonfo sonoro che risuona forte e nitido nel silenzio della notte.

Il tempo si dilata in secondi eterni, avvertendo lo scalpiccio di piedi che corrono in corridoio, percependo la porta del suo alloggio che sbatte contro il muro e la figura di Sam che la raccoglie da terra stringendola in un abbraccio spacca-ossa… non le chiede cosa sia successo, dall’espressione che ha dipinto sul volto lo sa già, si limita a tentare di contenere i singulti all’interno delle sue costole, unico testimone silenzioso del suo collasso emotivo tradotto in una valle di lacrime.

 

***

 

6 luglio 2017, appartamento di Tony Stark, 5th Avenue, Manhattan, New York

 

La suoneria del telefono squarcia il silenzio della notte scatenando un vago lamento da parte di Pepper, che si gira dall’altro lato del materasso rifilandogli un calcio per spronarlo a rispondere, mentre Tony si districa dalle lenzuola cercando a tentoni il palmare abbandonato sopra al comodino lì affianco.

Accetta la chiamata senza guardare chi sia il mittente, la mente ancora annebbiata dal sonno che diventa reattiva nel giro di quel paio di secondi necessari al suo cervello per elaborare le parole “Sharon” e “vieni subito qui” proferite da Sam con voce tesa dall’altro capo del telefono.

-Amore, che succede? -la voce di Pepper lo sorprende mentre era intento a ripescare qualche indumento dalla cabina armadio, infilando i pantaloni della tuta da ginnastica saltellando su un piede solo ed afferrando la prima maglietta che gli capita sotto tiro.

-Sharon. -riassume sporgendosi sopra il materasso scoccando un bacio sulla tempia della donna a mo’ di scuse. -Devo andare…

-Tony è tutto okay, vai. -lo interrompe con voce apprensiva ma ancora assonnata, allungando una mano tra i suoi capelli tentando di far scomparire la piega del cuscino. -Chiama o scrivi appena puoi per dirmi come sta, d’accordo?

-Okay. -conferma concitato, aprendo la porta-finestra che dava sul terrazzo scavalcando la ringhiera mentre l’armatura finisce di assemblarsi in volo, ordinando a FRIDAY di portarlo il più velocemente possibile al Complesso.

Sam lo aspetta all’ingresso aggiornandolo velocemente sugli ultimi sviluppi, spiegandogli in che condizioni l’aveva trovata ed affermando che Sharon era collassata scossa dai singhiozzi senza dire nulla, ma consapevole dell’accaduto… l’aveva chiamato subito come d’accordo, offrendosi di preparare il caffè, consapevoli entrambi che non sarebbero mai riusciti a tornare a dormire, trascinandosi nella camera della cugina attendendo il sorgere del giorno.

-Tu lo sapevi. -afferma Sharon assonnata riconoscendolo appena apre gli occhi, saltando drasticamente i convenevoli con la voce rauca e gli occhi ancora gonfi dal pianto. -Lo sapevi da un bel po’... altrimenti non saresti qui.

-Aspirina, bevi… sicuramente hai mal di testa. -ordina sporgendosi dalla sedia di fianco al letto, mettendone sotto il naso il bicchiere con la compressa effervescente sciolta al suo interno, il tono di voce venato dai sensi di colpa che non si sforza troppo di nasconderle. -Non sapevo come dirtelo Shar…

-Da quando... ? Dalle analisi di quattro mesi fa? -chiede ancora troppo stanca per fingersi arrabbiata, mentre Tony annuisce semplicemente con il capo in risposta. -Se non me ne fossi ricordata da sola… tu me l’avresti mai detto?

-Sì, prima o poi… più poi che prima. Puoi biasimarmi? Non so davvero come si fanno a dire questo genere di cose…

Sharon scrolla le spalle liquidando le scuse con un cenno della mano, per poi bere il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato… Tony non sa decidersi se l’atteggiamento manifestato dalla donna sia un sintomo di accettazione dell’accaduto o un flebile tentativo di negazione dei fatti.

-Voglio farmi una doccia.

-Poi scendi, ti preparo la colazione.

Sharon aveva annuito ed era scomparsa oltre la porta del bagno, raggiungendolo nella sala comune strascicando i piedi scalzi sul pavimento mezz’ora dopo, sedendosi a tavola contemplando l’omelette mezza bruciacchiata che il cugino le aveva messo sul piatto… aveva apprezzato il tentativo, ammettendo che il sapore non era così pessimo come pensava, nonostante avesse ingurgitato un’intera tazza di caffè per mandare giù i bocconi di cibo, fingendo entrambi che quella fosse una comune mattinata scandita da una routine risalente a quando avevano entrambi trent’anni di meno e vivevano ancora sotto lo stesso tetto a Londra. Non era uno sforzo mentale poi così impossibile da fare, dopotutto le doti culinarie di Tony non erano migliorate più di tanto negli anni e Sharon era tuttora incapace di cucinarsi un'omelette da sola.

-Vuoi raccontarmi cosa hai ricordato? -chiede Tony dopo un tempo che reputa ragionevole.

-Al momento preferisco di no… distraimi.

Tony si ritrova a scherzare sforzandosi di farla ridere raccontandole dei reclami e dei giornali che avevano effettivamente pubblicizzato il suo pirotecnico disturbo della quiete pubblica, mettendola al corrente dei progressi fatti dal ragazzino nel Queens che aveva accolto sotto la sua ala, coinvolgendola nella progettazione della nuova tenuta che voleva regalare a Peter per compleanno2 come aveva fatto mesi addietro con la protesi high-tech per James, sorridendo quando Sharon aveva commentato il suo cattivo gusto nella denominazione del “Protocollo Triciclo”, dissuadendolo dall’inserire di nuovo il tracciatore GPS nel nuovo upgrade per il Bimbo Ragno. Si era sorpreso nel sentirla menzionare di sua spontanea volontà i termini vincolanti redatti dal tribunale per James, suggerendo a Sam di imbracciare lo scudo quando quest’ultimo era apparso nella sala comune verso l’ora di pranzo con gli altri Avengers a seguito, aggregandosi alla conversazione porgendo loro un piatto di pasta a testa.

Sharon aveva menzionato gli scatoloni contenenti le cose di Steve ancora rinchiusi nello sgabuzzino della palestra a Brooklyn solo una volta che la sala comune si era svuotata di nuovo, confessando di essere ancora indecisa sul cosa farne a distanza di quattro mesi, annuendo pensierosa quando Tony aveva affermato senza ombra di dubbio che sia a Natasha che a James lo sgabuzzino non serviva e che sicuramente a loro non dispiaceva conservare le cose di Steve sotto il loro tetto ancora per un altro po’.

-Lo sapeva, sai?

-Chi sapeva cosa? -chiede Tony confuso, di ritorno dalla cucina dopo aver depositato i loro piatti sporchi nella lavastoviglie.

-Steve… mi ha guardato dritto in faccia quando gli ho sparato, sapeva che sono stata io ad ucciderlo. -lo mette a conoscenza del fatto, bloccandosi ad un passo dal divano sotto lo sguardo lucido della cugina, incapace di proferire parola dopo quel fulmine a ciel sereno. -Non volevi sapere che cosa ho sognato?

-Non mi aspettavo una rivelazione così… così. -afferma sedendosi al suo fianco, mentre Sharon raccoglie le gambe sotto il busto ed incassa la testa tra le ginocchia abbracciando un cuscino. -Non devi parlarne per forza, Shar…  

-Voglio parlarne con te. -afferma perentoria bloccando il suo tentativo di consolarla, iniziando a snocciolare ordini sul da farsi con la voce che trema appena in un paio di punti. -Ora tu mi ascolti, non farai commenti e non inizierai a compatirmi se inizio a piangere senza ritegno e pudore… poi mi abbraccerai, mi andrai a prendere il gelato in freezer e ci strafogheremo di zuccheri mentre guardiamo la cosa più ignorante che riesci a trovare in TV.

-Come da piccoli? Compreso il gelato ed i cartoni animati?

-Esattamente… magari evitiamo di raggiungere dei livelli irrecuperabili con “Masha e Orso”, ma sì, l’idea è quella.

-Andata.

Tony la ascolta silenziosamente mentre Sharon lo mette a conoscenza di tutta quella serie di cose che lui voleva chiederle da mesi, ma non aveva mai avuto il coraggio o trovato il modo più giusto per farle certe domande, stringendola in un abbraccio quando la cugina aveva iniziato a singhiozzare, gettando il cuscino a terra e tendendo le braccia nella sua direzione.

Si era alzato dal divano solamente per reperire un barattolo di “Follia Stark al cioccolato” dal freezer, strappandole una risata rauca quando le aveva consegnato il gelato ed un cucchiaio, mentre accedeva alla copia digitale di tutti i DVD della Disney che aveva inserito nei dischi di memoria di FRIDAY.

Il sole era scomparso all’orizzonte mentre si strafogavano di zuccheri con un cartone animato dopo l’altro, partendo da “Atlantis” per riprendersi dalle confessioni cuore a cuore, per poi passare al karaoke improvvisato con un innocuo “Re Leone 3” –reputando il primo un attentato alla psiche e trovando infondato guardare il sequel senza l’opportuna dose di trauma dato dal film precedente– finendo per ordinare la pizza da asporto mangiandola davanti alla TV direttamente dal cartone, mentre Sharon aveva riscoperto la sua reattività infantile facendogli andare il boccone di pizza di traverso quando gli aveva urlato nell’orecchio che “novantanove scimmie saltavano sul letto”, commentando in risposta con velata cattiveria che se provava a giocargli un altro scherzo del genere quella a cadere dal divano rompendosi il cervelletto sarebbe stata lei.

-Mi fermo a dormire qui. -annuncia dopo aver raccolto i cartoni delle pizze, inviando l’ennesimo aggiornamento a Pepper informandola della decisione appena presa.

-No davvero non devi, torna pure da Pep. Ci sono Sam e tutti gli altri… -ribatte Sharon sollevando il capo dal cuscino all’altro capo del divano rispetto a Tony, cercando di celargli inutilmente lo sguardo venato dai sensi di colpa per ciò che lui si era volenterosamente proposto di fare, manifestando una leggera traccia di una tacita paura nel rifare certi incubi anche quella notte.

-Per stanotte resto io. -afferma Tony convinto strattonando la coperta che condividevano nella sua direzione. -So che sei troppo orgogliosa per ammettere che hai paura degli incubi.

Sharon in tutta risposta gli rifila un calcio sugli stinchi riguadagnando il pezzo di coperta persa, intimandogli di procurarsene una per sé.

-Grazie Tones… ti voglio bene, anche se facciamo finta di no. -la sente sussurrare da lì a qualche minuto, quando lui torna a sdraiarsi all’altro capo del divano armato di una nuova coperta.

-Ti voglio bene anch’io. -ribatte sistemandosi il cuscino dietro la testa, decretando che se proprio dovevano finire per addormentarsi sul divano almeno voleva dormire comodo, mentre lui lascia cadere nel silenzio la continuazione mancata a quella sincera ammissione di affetto, senza ricevere un commento da parte della cugina in merito.

A distanza di qualche ora Sharon ronfava tranquilla con i capelli biondi sparsi sul cuscino del divano, la figura illuminata debolmente dal riflesso colorato del televisore che fendeva il buio, mentre le note di “Hercules” gli facevano calare le palpebre conciliandogli il sonno sotto il cielo stellato di inizio luglio.

 

Note:

  1. Karen Page è l’attuale fidanzata di Matt Murdock, lo studio legale non ha mai avuto moltissimo successo fino alla vittoria del maxi processo contro Fisk (terza stagione di Daredevil), riaprendo lo studio rinominandolo “Page - Nelson - Murdock”.

  2. Secondo l’MCU Peter Parker compie gli anni il 10 agosto.

 

Commento dalla regia:

Ci tengo ad informarvi che la conclusione del processo al Soldato d’Inverno non si risolve esattamente in questi termini, ma ho trovato più semplice spiegare i risultati del processo narrando la vicenda a distanza di tempo, riportando le conseguenze effettive ed invariate rispetto ai plot-twist che divergono dalla mia interpretazione (il passaggio dello scudo a Sam in primis, che è leggermente più complicato di così).

In ogni caso vi riassumo cosa vi siete persi: Bucky riceve la grazia dal Governo americano, ma viene puntualmente reclamato dal Governo russo che lo vuole incastrare per i presunti crimini commessi in Madre Russia, ovviamente negandogli un processo equo ed internandolo così su due piedi in un gulag in Siberia. Un po’ mi dispiace non scrivere del colossale incidente internazionale che scatena Natasha per salvargli la pelle, ma descrivere tale vicenda mi sarebbe risultato estremamente difficile, soprattutto visto che vengono citati mezzi personaggi che non conosco bene nemmeno io e mi sembrava di andare troppo “fuori trama” rispetto al punto focale della mia versione pensata in origine. Per i curiosi, tutta la parte di fumetti inerenti a tutti quei determinati passaggi eliminati dalla mia trama sono contenuti in “The trial of Captain America” e “Captain America - Prisoner of war”, su per giù l’edizione americana che corrisponde ai numeri #602-618).

Per quanto riguarda Sharon… beh, ho cercato di fare del mio meglio, spero abbiate apprezzato sia la caratterizzazione di Tony (questa volta non sono sicurissima di essere riuscita a rendergli giustizia, attendo le vostre opinioni in merito nel caso riteniate abbia scritto strafalcioni) che la scelta della carrellata Disneyana (sono dell’avviso che se Tony si dovrà mai sorbire le principesse lo farà solo ed esclusivamente per amore di Morgan, che poi io abbia chiamato in causa alcuni dei miei cartoni animati preferiti –malcelando un’avversione personale per il principe azzurro, in quanto lo reputo un personaggio completamente inutile– è tutto un altro discorso).

Come sempre spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, qualunque commento/opinione è ben accetto!

_T :*

   
 
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