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Autore: Ghost Writer TNCS    01/06/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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27. Il più adatto

Una volta raccolte tutte le parti migliori dal cervo, Leonidas e Persephone si affrettarono ad allontanarsi prima che l’odore attirasse qualche predatore. La metarpia era in testa, ma il felidiano temeva che non sapesse dove andare. Spesso si fermavano e lei si guardava intorno, indecisa su quale fosse la direzione migliore da seguire.

«Ormai dovremmo essere abbastanza lontani» si azzardò a dire Leonidas. «Lì c’è un po’ di legna caduta, potremmo usarla per accendere un fuoco.»

«Sì, sono d’accordo» annuì Persephone con il consueto tono freddo e distaccato.

Il felidiano appoggiò la sacca piena di carne vicino all’imponente tronco di un albero e poi aiutò l’inquisitrice a raccogliere i rami a terra. Forse erano stati spezzati da qualche animale di passaggio, ma non trovò tracce fresche. La legna non era troppo umida, quindi a Persephone bastò evocare un incantesimo e in poco tempo i rami cominciarono ad ardere.

Leonidas usò qualche altro ramo per fare degli spiedi e poi mise a cuocere la carne. Non avendo modo di conservarla, dovevano cercare di mangiarne il più possibile prima che andasse a male.

Nonostante la situazione ostile, Leonidas si accorse di provare una sensazione piacevole a osservare la carne che cuoceva sul fuoco, carne che lui stesso si era procurato. Gli riportava alla mente i bei momenti trascorsi con la sua famiglia, ma lo faceva anche sentire di nuovo parte della natura: in quel momento la sua vita era solo nelle sue mani, non doveva dipendere da altri che gli procurassero il cibo. Per qualche momento poteva smettere di pensare alle gerarchie, alle formalità, ai suoi doveri: in quel preciso istante poteva concentrarsi sul vivere il momento, pensando solo a sé stesso e al cibo che si era procurato.

Da parte sua, anche Persephone desiderava dimenticarsi degli ordini e del peso della sua carica. Avrebbe voluto lasciarsi tutto alle spalle, ma non poteva: per gli inquisitori il fallimento non era contemplato. Ma allora cosa doveva fare? Abituata a muoversi da una città all’altra, a essere servita e riverita dovunque andasse, non aveva idea di come fare per portare a termine la sua missione. Leonidas invece? Lui sembrava molto più a suo agio nella foresta: forse la scelta migliore era dimenticarsi per un po’ della differenza di grado e lasciare a lui l’onere di prendere le decisioni. In condizioni normali ricevere ordini da un semplice capitano sarebbe stato un disonore per un’inquisitrice come lei, ma che alternative aveva?

«Persephone, per voi.»

Le parole del felidiano colsero di sorpresa la metarpia, che impiegò qualche istante per accorgersi dello spiedo fumante che lui le stava porgendo. Lo prese. «Ti ringrazio» aggiunse dopo qualche istante.

La carne era bruciata all’esterno e poco cotta all’interno, ma era così affamata da non accorgersene nemmeno. In quel momento nella sua mente non c’era spazio per i piatti ricercati con cui i cuochi delle grandi città cercavano di impressionarla.

«Persephone, vi prego, prendetene pure quanto ne volete» le disse Leonidas, che già stava mangiando il terzo pezzo di carne.

«Grazie, ma non penso di riuscire a mangiarne ancora» ammise la metarpia, ferma a metà del secondo pezzo. Come si poteva intuire dal suo fisico minuto, non era mai stata una buona forchetta.

Sperando di ritrovare un po’ di appetito, l’inquisitrice si alzò e diede un rapido sguardo ai dintorni. Non vide nulla di anomalo e anche i suoni della foresta parevano nella norma: per il momento nessun predatore li stava inseguendo.

«Il pendolo continua a puntare nella stessa direzione?» chiese a Leonidas.

«Controllo subito, Persephone.» Il felidiano si pulì rapidamente una mano sulla giacca e prese l’artefatto. Lo lasciò dondolare liberamente e questi indicò, seppur debolmente, la direzione in cui si trovava l’eretica. «Non sembra essersi allontanata» constatò.

L’inquisitrice annuì, pensierosa. Effettivamente la distanza tra loro e la demone sembrava diminuita leggermente, ma questo non era un buon motivo per prendersela comoda.

Tornò a mangiare, decisa a finire almeno il secondo pezzo di carne. Mandò giù un paio di bocconi, poi riprese a parlare: «Leonidas. Ci ho riflettuto, e la cosa migliore è che sia tu a prendere il comando. È chiaro che sei più abituato di me a gestire questo tipo di situazioni.»

Il felidiano, che in realtà stava pensando la stessa cosa, non riuscì a nascondere il proprio stupore. «Persephone, siete sicura? Voi siete un’inquisitrice, io…»

«Sono sicura» lo interruppe lei, impassibile. Poteva anche aver rinunciato al comando, ma la risolutezza nel suo occhio giallo non era cambiata.

Leonidas impiegò qualche altro istante a metabolizzare la cosa, poi annuì. «Come desiderate, Persephone. Vi ringrazio per la fiducia.»

Lei prese un altro piccolo boccone. «Cosa suggerisci di fare?»

«Per ora cerchiamo di mangiare il più possibile, poi ci metteremo in marcia. Dobbiamo fare più strada possibile prima che cali il sole.»

La metarpia annuì e si sforzò di continuare a mangiare.

Una volta sazi, infilarono nella sacca la carne avanzata e ripresero a camminare verso sud, guidati dal pendente del felidiano. Adesso che Leonidas era in testa si muovevano molto più spediti, ma non meno cauti. Il capitano era attento a scegliere i percorsi più sicuri, controllando il terreno alla ricerca di tracce, le orecchie tese per captare il minimo rumore. Avrebbe voluto cercare una posizione elevata da cui studiare il territorio circostante, ma gli alberi erano talmente alti che sarebbe stato troppo difficile riuscire a trovare un punto adatto in tempi ragionevoli.

Un rumore leggero, quasi impercettibile, destò le sue orecchie feline. Subito sollevò un braccio e poi fece segno a Persephone di seguirlo vicino al tronco di un albero.

In perfetto silenzio, rimasero acquattati tra le possenti radici, sfruttando alcuni arbusti per nascondersi. La metarpia non capiva quale fosse la minaccia; solo dopo diversi secondi riuscì a udire un diffuso rumore di passi. La cacofonia aumentava progressivamente di secondo in secondo, finché davanti a loro non sfilò un piccolo branco di animali. Avevano la stazza di grosse mucche e una pelliccia lanosa simile a quella delle pecore. Le loro corna parevano di ghiaccio, così come le punte sulle loro schiene. Erano una dozzina in tutto e passarono oltre senza accorgersi di loro, solo un esemplare si soffermò qualche secondo in più per mangiare alcuni frutti da una pianta.

Passato il pericolo, per la verità minimo dato che gli animali avevano tutta l’aria di essere erbivori, i due militari ripresero la loro marcia. Camminarono per tutto il giorno, finché Leonidas non stabilì che era giunto il momento di trovare un riparo.

«Si sta alzando il vento e comincia a fare freddo. Se riuscissimo a trovare un riparo sarebbe meglio.»

Persephone si guardò intorno, cercando un punto adatto. Pur avendo un occhio solo, la sua vista restava migliore di quella del felidiano.

«Di là, potrebbe essere una caverna» disse indicando con un braccio.

Con leggero stupore della metarpia, Leonidas non parve troppo contento della notizia. «Una caverna? Mmh, andiamo a vedere.»

Il vento cominciava a soffiare più forte, così i due ripresero a camminare con passo spedito. Ben presto iniziarono a turbinare anche dei fiocchi candidi, segno che sopra di loro stava nevicando.

In breve tempo il vento e la neve aumentarono d’intensità, tramutandosi in una fastidiosa tormenta. I grossi alberi fornivano un riparo molto limitato, e questo spinse i due ad affrettare il passo.

Ci vollero diversi minuti per coprire l’ultimo tratto, ma alla fine la caverna si stagliò invitante davanti a loro. Non era incassata in una parete rocciosa, ma scendeva nel terreno per una distanza imprecisata. Persephone evocò un globo di luce, ma nemmeno questo bastò a rivelare l’effettiva profondità della caverna.

L’inquisitrice avvertì una strana sensazione di déjà-vu, ma la prospettiva di restare nella tormenta di neve era abbastanza sgradevole da indurla a voler entrare. «Qualcosa non ti convince?» chiese a Leonidas, che pareva perplesso.

Il felidiano stava studiando il terreno, attento a individuare anche la minima traccia della presenza di predatori. Il diametro della caverna era abbastanza ampio da consentire il passaggio di un grande animale, ma non vedeva impronte recenti o altri indizi.

«No, penso vada bene. Accendiamo un fuoco, poi potremo mangiare e riposare.»

Leonidas, previdente, aveva già raccolto alcuni rami, così poterono accendere un piccolo falò con cui scaldarsi. Mangiarono la carne avanzata, dopodiché stabilirono i turni di guardia. Leonidas insistette per fare il primo, così Persephone si concesse qualche ora di sonno. Quando toccò a lei fare il turno di guardia, il vento e la neve si erano attenutati e la foresta si era fatta silenziosa, tuttavia non era l’esterno ad attirare la sua attenzione: la profondità della caverna aveva qualcosa di strano, qualcosa di familiare.

Decise di alzarsi e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo verso l’uscita, accese un globo di luce e avanzò verso il cuore della terra. Dopo una ventina di passi capì perché quel luogo era così familiare. Spense la sua sfera luminosa e nel giro di pochi secondi il suo occhio si abituò all’oscurità, permettendole di scorgere un leggero bagliore con sfumature di azzurro, verde chiaro e viola.

Subito le tornò alla mente la miniera dove aveva svolto la sua precedente missione. Ricordò la caverna piena di cristalli luminosi, bellissima e suggestiva, ma anche gli strani versi provenienti dalle gallerie: stando ai familiari dei minatori, molti uomini avevano perso la vita in quei misteriosi cunicoli, divorati dai mostri.

Decise di tornare indietro a scaldarsi vicino al fuoco. L’esterno era senza dubbio pericoloso, ma forse l’interno poteva esserlo anche di più: ora capiva la diffidenza di Leonidas.

Fece la guardia con più attenzione del solito quella notte, andando in allerta per ogni minimo scricchiolio. Passarono le ore e pian piano si accorse della singolare aura magica proveniente dal sottosuolo: era troppo diffusa per essere quella di una creatura, non riusciva a identificarla.

Un rumore improvviso, più forte degli altri, la fece alzare in piedi. Guardò verso il fondo della grotta, sperando di essersi sbagliata, invece il rumore cominciò a farsi più forte: erano passi, e si stavano avvicinando.

Senza pensarci due volte chiamò il felidiano: «Leonidas, svegliati. Dobbiamo andarcene subito.»

Il ritmo dei passi accelerò all’improvviso: l’animale stava correndo e l’intera caverna tremava al ritmo dei suoi balzi.

«Leonidas!» ordinò Persephone scuotendolo con forza.

Finalmente il felidiano aprì gli occhi. «Sì, inquisitrice! No, perdonatemi. Cosa…?»

La metarpia avvertì il respiro gelido della creatura e d’istinto evocò una barriera. Otto artigli impattarono sullo scudo magico, seguiti da un candido muso cornuto. Leonidas, colto di sorpresa, balzò indietro come un gatto spaventato.

«Cosa diavolo è quello?!» imprecò, dimenticandosi completamente delle formalità.

La creatura indietreggiò e scosse il capo. Sembrava stordita, ma in un attimo si riprese. Trafisse i due intrusi con i suoi lucenti occhi azzurri, aprì le fauci irte di zanne e soffiò una raffica di neve contro di loro.

Persephone avvertì la temperatura scendere mentre il suo scudo magico veniva ricoperto di ghiaccio immacolato, nascondendo il mostro dalla loro vista. «Prendi la roba ed esci!»

«Ma, Persephone…»

«Esci e prepara una freccia!»

«Sì, inquisitrice!»

Il felidiano raccolse al volo le sacche, corse fuori dalla grotta e incoccò un dardo. «Pronto!»

La metarpia non perse tempo, dissolse lo scudo e corse fuori a sua volta. L’adrenalina le fece vivere la scena a rallentatore, riusciva perfino a contare i passi che le mancavano per uscire dalla grotta: sette, sei, cinque.

Il mostro sfondò con un balzo la muraglia di ghiaccio che lui stesso aveva creato e in un attimo individuò le sue prede. Si abbassò, pronto ad aggredire la metarpia, ma la freccia di Leonidas lo centrò in pieno. Il dardo rimbalzò sulle robuste scaglie candide, ma la scarica elettrica si rivelò comunque efficace.

«Quanto durerà?» chiese Persephone, finalmente fuori dalla caverna.

Il mostro, intontito, scosse il muso da lupo e di nuovo trafisse i due militari con uno sguardo famelico.

«Non molto» esalò Leonidas. Con un movimento rapido e preciso incoccò un’altra freccia. «Dobbiamo andarcene, ma attenta: sembra affamato.»

Persephone impugnò la sua spada. Il sole non era ancora sorto, quindi non sarebbe stata in grado di sfruttare appieno la benedizione di Horus.

Dovevano resistere, o tutti i loro sforzi per arrivare fin lì sarebbero stati vani.


Note dell’autore

Ben ritrovati!

Persephone ha deciso di cedere il comando a Leonidas, così da garantire a entrambi maggiori chance di sopravvivere nella foresta. Il felidiano, seppur restio a ribaltare la gerarchia, sapeva che quel cambio era la cosa migliore, così ha accettato l’onere di fare da guida.

Per un po’ le cose sono andate bene, ma ovviamente la quiete non poteva che essere momentanea. Un nuovo, temibile mostro ha puntato i suoi occhi su di loro, e questa volta Persephone non potrà fare affidamento sulla sua benedizione per avere la meglio. Non subito per lo meno.

Come d’abitudine, il prossimo capitolo sarà incentrato su Tenko e Zabar, desiderosi di scoprire qualcosa di nuovo sulla storia del mondo.

A presto! ^.^


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