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Autore: WhiteLight Girl    01/06/2019    2 recensioni
Papillon è stato sconfitto e Gabriel Agreste è in prigione; Marinette non ricorda come sia successo, né riesce a smettere di preoccuparsi per la sparizione improvvisa di Adrien. Con Chat Noir che le si rivolta contro e cerca di ucciderla, Maestro Fu irreperibile e la scatola dei Miraculous dispersa, Ladybug si ritrova da sola a cercare di capire cosa sia successo dopo che, durante la battaglia finale contro il suo peggior nemico, ha perso i sensi.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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MAESTRO FU - 2

Rena Rouge atterrò poco distante dal Collége Sant Dupioint, incerta sul da farsi. Tutte le volte che Ladybug aveva avuto bisogno del suo aiuto le aveva consegnato il Miraculous della volpe personalmente, c’era sempre stato un pericolo imminente al termine del quale era tornata a riprenderselo, per questo ora si trovava totalmente spiazzata. Papillon era in prigione, aveva presunto che il suo Miraculous ora fosse al sicuro nelle mani di chiunque avesse il compito di custodire i Kwami e tutto il resto, ma se non fosse stato così e ora fosse stato qualcun altro a vestire i panni della farfalla? Se ci fosse stato un Akuma che lei non era ancora riuscita a trovare e per questo Ladybug e Chat Noir ora avevano bisogno del suo aiuto?
Portò il flauto alle labbra, chiedendosi se fosse il caso di materializzare un qualche messaggio nel cielo che potesse richiamare i due e permettere loro di trovarla. Magari una sorta di Batsegnale avrebbe potuto aiutarla, ma avrebbe anche rischiato di attirare su di lei l’attenzione di potenziali nemici.
Mentre i suoi pensieri correvano a briglia sciolta, una figura ammantata di verde entrò nel suo campo visivo. Correva verso la Torre Eiffel, non sembrava averla vista e accanto ad essa non riuscì a scorgere nessun supereroe.
Deve essere lui, si disse, partendo all’inseguimento.
Lui sembrava distratto, forse troppo preso dalla sua maligna missione per accorgersi di lei, tanto che riuscì ad avvicinarsi al punto che avrebbe potuto afferrarlo e stenderlo senza problemi. Così fece, afferrandolo alle spalle – ignorando il suo rantolo di sorpresa – e spingendolo a terra con una ginocchiata al fianco. Ruotò su sé stessa e si rimise in piedi, strinse i pugni e divaricò le gambe, aspettando una reazione che non arrivò. Il ragazzo rimase steso per terra, gli occhi sgranati puntati contro di lei.
«Ragazzi! Che colpo tremendo!» esclamò.
Rena Rouge inclinò il capo, confusa, ma ondeggiò sulle ginocchia ben decisa a non mostrarsi esitante. «Alzati, chiunque tu sia, e dimmi cosa hai fatto a Ladybug e Chat Noir!»
Il ragazzo parve non capire, si mise a sedere e strofinò la mano sul punto su cui l’aveva colpito. «Si può sapere di cosa diavolo stai parlando?» le domandò.
«Sveglia!» fece Rena Rouge «I due supereroi di Parigi, i nostri grandi paladini!»
«So chi sono.» la interruppe lui. «Queen Bee mi ha dato il Miraculous per aiutare Ladybug fino a quando Chat Noir starà meglio.»
Rena Rouge si mise ritta sul posto e premette le braccia contro il proprio fianco; nessuno le aveva detto nulla al riguardo, nessuno si era preoccupato di farle sapere che c’era un nuovo eroe in città; era stato davvero poco carino, nei suoi confronti.
«Spiega.» ordinò indispettita.
L’altro eroe si rimise in piedi e si fermò davanti a lei, in bilico sul bordo del tetto piatto. «Chat Noir ha qualche problema, non so quale, e Queen Bee si sta occupando di lui.» spiegò. «Intanto io faccio da spalla a Ladybug mentre anche lei cerca di capire cosa sia successo.»
Rena Rouge sbuffò, pensando che quel tizio già non le piaceva, pronto com’era a fare di tutto per entrare nelle grazie di Ladybug. «Sono io la spalla, qui. Tu sei solo un novellino.»
Il ragazzo non sembrò prendersela più di tanto. «Ha due spalle, possiamo aiutarla entrambi.» disse.
Ma questo a Rena Rouge non importava, si domandò cosa avesse fatto lui per essere scelto, perché fin da subito gli avessero dato il Miraculous con tutte le intenzioni – almeno da quello che sembrava – di lasciarglielo a tempo indeterminato mentre a lei non era mai stato concesso.
«Ascolta, non mi importa se ti dà fastidio o se ti senti minacciata.» le disse il ragazzo. «Sono qui solo per aiutare e per cercare il mio amico, ok?» le disse.
La curiosità ebbe la meglio sull’astio, Rena Rouge non resistette dal domandare: «Quale amico?»
«Adrien Agreste.» rispose il ragazzo.
Per Alya, fu come sentire scattare qualcosa nella testa. La realizzazione successiva, inaspettatamente, fu la più stupida che avrebbe potuto avere: non aveva neanche chiesto al ragazzo quale fosse il nome da supereroe che aveva scelto.

Adrien decise di rimanere sul balcone di Marinette per alcuni minuti, approfittandone per riposarsi e nutrire il suo Kwami. La testa era piena di pensieri spiacevoli, dalla consapevolezza che suo padre fosse Papillon alla preoccupazione per Marinette che, al piano inferiore, non aveva ancora ripreso i sensi. Le domande che iniziavano ad affollare la sua mente erano numerose; cosa avrebbe fatto ora che il suo ultimo genitore era finito in prigione? Come avrebbe giustificato con Ladybug ciò che aveva fatto dopo che lei aveva perso i sensi? Avrebbe dovuto chiamare un dottore per assicurarsi che Marinette stesse bene o poteva stare tranquillo con le medicazioni improvvisate che le aveva fatto lui stesso? Cosa le avrebbe detto rivedendola? Come le avrebbe detto che sapeva?
Scosse il capo, cercando di non pensarci, si era già premurato di assicurarsi che l’arresto di suo padre andasse liscio, prima di tornare a vegliare su Marinette. Non riguardava la consapevolezza di non avere più un posto dove stare, un posto in cui potersi sentire al sicuro, ma la necessità di sapere che la persona che per lui era più importante stesse bene. Dopo il primo shock iniziale, la consapevolezza che sotto la maschera di Ladybug ci fosse la semplice, seppur fantastica Marinette, lo aveva spiazzato, ma ora realizzava ogni secondo di più che non avrebbe voluto che fosse altrimenti.
Strinse la spilla della farfalla tra le dita, avvertiva bene il suo peso contro il palmo, non vedeva l’ora di sbarazzarsene, ma Plagg non gli aveva ancora detto cosa doveva farne, impegnato com’era a mangiare il suo Camembert.
Adrien tornò a fissare il piccolo Nooroo che respirava piano, l’aveva lasciato sul tavolino in ferro battuto, spaventato dal pensiero che anche solo la sua presa potesse ferirlo, ma ora iniziava a domandarsi se anche a lui, dopo quello che aveva passato, non servissero cure migliori di quelle che poteva offrirgli lui. Il pensiero lo portò a domandarsi se quella sera non avesse fatto più danni che altro, tra Papillon e Ladybug, ma ormai non avrebbe potuto rimediare.
«Non sta morendo, vero?» domandò a Plagg. Il pancino del Kwami si sollevava e riabbassava ritmicamente, Adrien quasi temeva che da un momento all’altro smettesse di respirare. Ripensò al Kwami di Ladybug che, solo poche ore prima, aveva tenuto sul palmo e cullato a sé mentre era più o meno nelle stesse condizioni. O almeno era quello che gli era parso; forse aveva sbagliato a pensare che la sua fosse solo stanchezza derivata da quello che era accaduto, forse avrebbe dovuto fare di più anche per lei.
Si sporse verso il lucernario e tentò di scorgere Marinette e Tikki – come Plagg aveva detto che si chiamava – nella semioscurità.
«Tikki starà bene,» gli disse Plagg. «è Nooroo che mi preoccupa. Dovresti portarlo dal guardiano.»
Adrien annuì, lanciò un’altra occhiata all’interno della stanza da letto, per niente favorevole all’idea di allontanarsi, ma si fece forza e, con un sospiro stanco, attese che Plagg mandasse giù l’ultimo pezzo di camembert.
«Pronto.» gli disse il Kwami.
Adrien annuì. «Fuori gli artigli!»
Attraversò la città nascosto nell’ombra dei camini e delle tettoie, sfruttò i momenti in cui le nuvole smorzavano la luce della luna solo per abitudine. Il calore di Nooroo premuto contro il suo petto dalla chiusura del taschino lo accompagnò per tutto il viaggio, assieme al freddo della sera che preannunciava l’arrivo dell’inverno.
Seguire le indicazioni di Plagg fu più facile di quanto avrebbe immaginato, quando atterrò davanti alla bottega del massaggiatore si domandò quante volte Ladybug avesse fatto la stessa cosa e quante volte fosse stata senza maschera e se, sapendo prima dove cercare il guardiano, avrebbe potuto incrociarla. Si domandò se sarebbe riuscito a capire che fosse lei o se avrebbe considerato l’incontrare Marinette lì solo una coincidenza.
Bussò alla porta, certo che con tutto il trambusto che c’era stato in città quella sera il guardiano fosse sveglio. Forse li stava aspettando da ore, chissà se l’avrebbe sgridato per non essere arrivato prima?
Si preparò a bussare, il suono del colpo di pistola rimbombò per tutto il quartiere un istante prima che le sue nocche toccassero il portone. Il rumore era arrivato dall’interno, ne era certo, allora Chat Noir si decise a spalancare la porta con un calcio e si fece strada in corridoio. In fondo al corridoio c’era solo una stanza illuminata, qualcuno già gli stava correndo incontro, ma nonostante la sua visione notturna riuscì a scorgerne solo la sagoma tozza. Esitò, ciò diede all’uomo il modo di urtargli addosso e sbilanciarlo. Chat Noir sbatté contro la parete e si voltò, pronto ad inseguirlo e domandargli chi fosse e cosa volesse, ma il suo udito captò un gemito dall’interno della stanza illuminata, allora decise che informarsi sulla salute del guardiano fosse più importante.
Quando entrò nella stanza trovò l’uomo riverso per terra, lui lo cercò con gli occhi tendendo la mano e Chat Noir, prontamente, la strinse tra le sue.
«Adrien.» disse, con voce rotta. Tossì sangue, premeva il palmo contro lo stomaco, dove probabilmente era stato colpito. Il sangue sgorgava implacabile, allargandosi in una pozza che avrebbe a breve reso il pavimento scivoloso. «Prendi la scatola.»
Chat Noir esitò, il Kwami verde del guardiano gli svolazzò davanti al volto, allargando le braccia forse per attirare la sua attenzione.
«La scatola.» gli disse. «Da questa parte!»
Lo vide volare verso il mobile che stava addossato alla parete, premere un tasto che aprì il cassetto segreto del grammofono e rivelare la scatola dall’aria vecchia e preziosa. Non ebbe tempo di ammirare gli intagli e le decorazioni rosse che la avvolgevano, il Kwami lo invitò a prenderla. Obbedì e la strinse al petto con attenzione.
Chat Noir deglutì. «Ma Nooroo? Non sta bene, io non so come aiutarlo...»
Si udirono delle sirene in lontananza, Chat Noir non seppe dire se fossero dirette proprio lì; forse qualcuno aveva visto l’aggressore uscire ed aveva chiamato la polizia, forse era semplicemente una coincidenza, in ogni caso avrebbe preferito non scoprirlo troppo presto.
«Il- Il libro...» disse, la voce ridotta ad un sussurro.
«Papillon aveva un libro sui Miraculous.» spiegò il Wayzz. «Lì ci sono i rimedi per curare noi Kwami.»
«Devo andare a prenderlo.» realizzò allora Chat Noir.
Il guardiano strinse la presa su di lui come se volesse trattenerlo, provò a rialzarsi, ma ricadde indietro con un gemito di dolore. «Casa tua è pericolosa, non ci tornare.» gli raccomandò.
«Allora come faccio?» domandò Chat Noir.
Wayzz lasciò la stanza per alcuni secondi, tornò da lui con un mucchio di fotocopie spillate e gliele fece cadere tra le mani. «Qui c’è tutto quello che può servirti.»
Chat Noir riconobbe la prima pagina, l’aveva vista nel libro che mesi prima aveva rubato a suo padre, e ringraziò il cielo che il Guardiano avesse inserito diversi appunti a bordo pagina o attorno alle figure, ma non era certo che sarebbe stato all’altezza. Da quando era iniziata la sua avventura, forse per la prima volta tutte le aspettative erano riposte su di lui invece che su Ladybug.
Le sirene erano sempre più vicine, Duusuu lo spinse verso il corridoio. «Non puoi farti trovare qui.» gli disse. «Wayzz, vai con lui.» disse il guardiano. Tese il proprio Miraculous perché lo afferrasse, Chat Noir lo fece. «Ma Maestro... Chi si occuperà di te?» domandò il Kwami.
«Tenervi al sicuro è la cosa più importante.» disse lui, poi chiuse gli occhi.
   
 
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