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Autore: SusanTheGentle    01/06/2019    5 recensioni
Ricordo il periodo delle medie…
Nella mia scuola c’era un ragazzo che non parlava quasi con nessuno. Era diverso da tutti i miei compagni, privo di quell’aria anonima tipica degli studenti della Toho, la carnagione un po’ più scura di un comune giapponese, come se avesse passato tutta la vita sotto il sole. E, come il sole, brillava di luce propria. Fu per questo che attirò la mia attenzione.
Lui spiccava prepotente tra la folla, simile a un felino dentro un recinto di pecore tutte maledettamente uguali.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12. Comlpicazioni
 
 
Darren Grant era un tipo strano, o almeno così pensava Kira. Nelle ultime settimane lo incrociava un po’ troppo spesso per chiamarla coincidenza, anche se il più delle volte lui non faceva assolutamente nulla, se non limitarsi a salutarla o ad accennare un inchino da lontano. Kira non era il tipo da allarmismi ma trovava quel comportamento leggermente inquietante. Potendo scegliere, avrebbe preferito che lui le parlasse piuttosto che fissarla da lontano in silenzio.
Da principio tenne questa enigmatica conoscenza per sé: se l’avesse raccontato alle sue amiche, Milly si sarebbe portata le mani alla bocca con aria terrorizzata e Jem avrebbe iniziato a parlare con sospetto di pedinamenti; poteva immaginare le loro reazioni come fossero state lì di fronte a lei. Meno che mai l’avrebbe confidato a Mark, il quale avrebbe liquidato la faccenda con un ‘non me ne frega niente, peggio per te’, o una frase simile.
Darren non le risultava concretamente fastidioso, anzi non lo era affatto. La ragazza era curiosa di sapere qualcosa in più su di lui, ad esempio quale classe frequentasse, se fosse un senpai o avesse la sua età – lei lo salutava chiamandolo per cognome, in quel modo non sbagliava – di quale club facesse parte… Il suo nome, inoltre, le ricordava qualcosa, ma per quanti sforzi facesse non riusciva a collegarlo a niente. Eppure… Grant… dove lo aveva già sentito?
Un giorno, durante gli allenamenti, cadde in avanti sul ghiaccio dopo aver tentato un salto triplo – con scarso successo – senza riuscire a frenare la caduta con le mani e provocandosi così un vistoso taglio sul mento. La Fukushima la spedì di corsa in infermeria, e fu all’ora che Kira trovò la persona che poteva aiutarla a risolvere il mistero.
«Koike-san, lei che sa tutto…ha mai sentito il nome di Darren Grant?»
La donna smise per un attimo di tamponare la pelle della pattinatrice. «Grant….Grant…» mugugnò, mettendo ancora un po’ di disinfettante sul batuffolo di cotone. «Mi pare ci sia un Grant nella squadra di Hockey»
«No, non è lui» disse Kira, muovendo piano la bocca per non interferire con la medicazione. «Il club di Hockey si allena sull’altra pista nel nostro stesso palaghiaccio. Lo conosco di vista. Il tipo di cui parlo ha i capelli neri corti e una frangetta sul lato destro della fronte»
«Beh, ci sono molti ragazzi alla Toho pettinati in quel modo» osservò Koike con eloquenza. «Di solito sono una buona fisionomista, ma non così buona da ricordare i volti di ogni singolo studente; solo di quelli che passano da me». L’infermiera posò il cotone, controllando la fuoriuscita di sangue. «Stai ferma qui, prendo il cerotto. Fortuna che non devo metterti i punti»
«Oh, è una cosuccia da niente»
«Voi sportivi siete proprio incredibili». Koike si spostò verso l’armadietto dei medicinali, tornando con una garza e un cerotto piuttosto grande. «Vi ammaccate ma non fate una piega»
«Si vede che abbiamo un’alta soglia del dolore» si vantò Kira con un sorriso che si trasformò lentamente in una smorfia. La pelle sul mento tirava.
«Meglio se eviti di ridere per qualche ora»
La pattinatrice annuì.
«Tornando a quel ragazzo…sai se fa parte di qualche squadra sportiva? Hockey escluso»
Kira ripensò al suo aspetto ben curato. «No, non direi. Non ha mai un capello fuori posto e veste impeccabilmente. Uno così non correrebbe il rischio di spettinarsi correndo o di ferirsi cadendo»
«Per aver notato questi particolari, significa che lo conosci bene»
«Non proprio. Però da qualche giorno lo incontro spesso mentre arrivo o esco da scuola. Mi saluta sempre»
Koike notò una punta di apprensione nella voce della paziente. «Questo ti preoccupa?»
«Forse un po’». Kira rimase immobile mentre l’infermiera le aggiustava la garza. «Lei non lo trova strano? Voglio dire, sa esattamente dove trovarmi, quasi mi aspettasse»
Koike-san emise una risata corposa e bonaria. «Cara, fossi in te non starei in ansia. Il ragazzo ti vuole avvicinare, è evidente. Probabilmente è timido e non sa come attaccare bottone, così si fa trovare sempre nello stesso posto per farti capire che vorrebbe fossi tu a cominciare a parlargli»
«Non saprei che dirgli. Non lo conosco»
«Devi conoscere una persona per poterci parlare?»
Kira pensò immediatamente a Mark. Si erano conosciuti due volte e, in entrambi i casi, la bici era stata il collante per dare il via al loro singolare rapporto. Parlare con Mark le veniva facile, invece con quel ragazzo… Poteva tentare, anche se l’idea non la esaltava, ma almeno avrebbe capito cosa voleva da lei e perché sembrava pedinarla. 
Uscì dall’infermeria con il grande cerotto bianco che le copriva tutto il mento e le dava un'aria un po' buffa. Iniziò a correre verso la porta che dal corridoio dell’infermeria dava direttamente sul cortile, spalancandola. Non voleva perdere gli ultimi minuti di allenamento.

«Attenta!»
«Ops!» Kira fece un salto indietro, pronta a scusarsi con chi stava entrando. «Ciao, Mark»
«Non guardi mai dove vai, vero?»
«Sono di fretta. Che ci fai da queste parti?»
«Ah, nulla di grave». Lui indicò la macchia rossa sopra il calzettone bianco, che in seguito abbassò. «Un tackle troppo irruento»
Kira fece una smorfia alla vista del taglio trasversale lungo una decina di centimetri, poco sopra la caviglia sinistra. «Cavolo… Ti fa male?»
La porta alle loro spalle sbatté sui cardini per una frustata d’aria, soffocando leggermente il tono piuttosto preoccupato che usò per domandarlo.
«È successo altre volte e comunque avevo i parastinchi». Mark liquidò la faccenda con un’alzata di spalle. «Tu che hai fatto al mento?»
«Niente. Sono caduta»
«Sembri una col mal di denti»
Kira gonfiò le guance sbuffandogli contro. Si trattenne dal ribattere solo perché la loro amicizia era appena risorta dalle ceneri. Voleva essere buona con lui, per quanto possibile.
«Questa battuta te la restituisco domani, adesso devo finire di allenarmi»
Tra loro aleggiava ancora una sorta di imbarazzo. Durante quei primi giorni di seconda media erano stati molto attenti a non azzuffarsi più del dovuto, quasi a voler testare la loro nuova ‘convivenza’. Kira, in particolare, era divenuta molto più amichevole con lui. Mark non avrebbe saputo dire se lo facesse perché si sentisse attualmente in colpa, tuttavia pensava che provare un po’ di rimorso ancora non le avrebbe fatto male. Così imparava a trattare la gente a pesci in faccia.
A dirla tutta, Mark trovava inutili gli sforzi di lei per evitare i litigi. Sospettava che quelli avrebbero sempre fatto parte del loro rapporto. In fondo era divertente stuzzicarla, e poteva giurare che Kira pensasse lo stesso.
Lui fece un sorrisetto dei suoi prima di salutarla con un gesto della mano, zoppicando leggermente lungo il corridoio. Kira, invece, uscì di corsa dalla porta rimasta aperta e quasi investì Milly Benson.
«Micchan! Scusa». L’afferrò per un braccio per evitare che cadesse dopo lo scontro.
«Nulla, nulla»
Kira la squadrò da capo a piedi. «Non dirmi che ti sei infortunata anche tu!»
Milly sorrise rassicurante. «Oh, no. Il coach Kanagawa mi ha detto di venire a controllare se stavi bene. Ci stavi mettendo molto…»
«Colpa mia: mi sono trattenuta a chiacchierare un attimo con Koike-san» Kira unì i palmi delle mani come in preghiera. «Non lo dire a Kanagawa»
«No, sta tranquilla»
Camminarono a passo spedito verso il palazzetto del ghiaccio, in silenzio. Milly non possedeva la parlantina di Kira e spesso se ne stava ad ascoltarla facendo solo dei cenni con il capo, ma in quel momento erano entrambe assorte nei loro pensieri.
«Ti sei fermata a parlare solo con l’infermiera?» chiese Milly ad un tratto.
Quella domanda a Kira suonò ambigua. «Ehm…sì». Non voleva nominare Mark. Era ancora un tasto dolente per Milly.
«Non mentire» disse quest’ultima.
«Beh, ho incrociato Mark Lenders. Un attimo fa è entrato in infermeria. Sì è fatto un taglio alla gamba»
«Un taglio? Sta bene?» chiese Milly con apprensione.
«Sì, nulla di che»
«Capisco» Milly accennò un sorrisino. «Come ti trovi con lui?»
«Bene» ammise Kira. «Abbiamo fatto pace»
«Oh. Ciò significa che siete tornati a frequentarvi?» Il modo in cui Milly lo disse sembrò quasi un rimprovero, o un’accusa.
«Non ci frequentiamo, siamo solo compagni di banco» puntualizzò Kira. Non si erano più visti fuori dagli orari scolastici, e forse non sarebbe più successo.
«Ero convinta non sopportasse nessuno eccetto i suoi compagni di squadra» continuò Milly. «Però con te va d’accordo». Abbassò lo sguardo verso terra. I codini le ricaddero sui lati del viso nascondendo la sua espressione. «È una cosa abbastanza strana, non trovi?»
«Non saprei. No» Kira si grattò la punta del naso, imbarazzata. Avevano evitato di parlare di Mark per moltissimo tempo. Se ora Milly introduceva l’argomento significava che aveva qualcosa da dirle. Si trovò a disagio a quella prospettiva.
 «Mentirei dicendo che non provo più niente per lui, anche se mi ha rifiutata». Milly rialzò il capo facendo un sorriso affettato. «Ti invidio»
«Micchan…» Kira la prese per un braccio, facendola fermare. «Non devi. Tra me e lui c’è solo amicizia»
Il sorriso scomparve dal viso di Milly. «Perdonami. So che non posso impedirti di parlargli se vuoi farlo, anche se pensavo avessi deciso di ignorarlo». La sua voce tradì nuovamente quel tono di rimprovero ma subito dopo tornò a sorridere.
Kira, invece, si rabbuiò. «Come ti è venuto in mente di rivangare questa storia?»
«Perché vi ho visti parlare, prima. Scusami, non volevo spiarvi». La Benson scattò in avanti senza dare all'altra il tempo di aggiungere altro.
La situazione era tutt'altro che semplice. Non avevano mai litigato per quella faccenda e Milly non aveva veramente intenzione di farlo dopo tutto quel tempo. Ma il pensiero che la sua amica potesse godere della compagnia del ragazzo di cui era innamorata, e ancor più vederli insieme, suscitava in lei sentimenti contrastanti. Kira non poteva e non doveva essere un ostacolo, eppure lo era.
Con gli occhi dell’amore, Milly Benson era stata in grado di guardare oltre i modi bruschi del capitano della Toho, proprio come c’era riuscita Kira con gli occhi dell’amicizia. Ma, con gli occhi della gelosia, Milly aveva scrutato lontano, avvertendo una sorta di pericolo e capendo quel qualcosa di ancora oscuro agli altri: Mark e Kira si piacevano. Questa consapevolezza l’aveva impaurita al punto da incolpare l’amica per il rifiuto subito da Lenders. Era durato un momento e, in seguito, Milly si era scusata con Kira solo per averlo pensato. Da quel giorno in avanti avevano deciso di non parlarne più.
Kira non aveva mai preso sul serio la gelosia che Milly aveva nutrito nei suoi confronti per breve tempo, e che ancora nutriva ad ondate più o meno intense. Ma Kira non sapeva quante volte lei li aveva guardati litigare, beccarsi, deridersi, sfidarsi, desiderando di essere al suo posto anche solo per scambiarsi con Mark una battuta, un saluto. Milly credeva di non essere abbastanza per lui e così pensavano molte delle ammiratrici di Lenders. Il capitano sembrava inavvicinabile, eppure Kira era riuscita a smuovere qualcosa in lui. Anzi, Milly era sicura che l'amica riuscisse a smuovere quel qualcosa ancora adesso, altrimenti non sarebbero tornati ad essere amici come e, forse, più di prima. Kira aveva insistito molto per farle comprendere che tra lei e Lenders non c’era mai stato nessun interesse amoroso, ma Milly non era disposta a crederci fino in fondo. Se lo avesse detestato come spesso aveva affermato in passato, perché cercare di riallacciare i rapporti? No, Kira non lo detestava affatto, e di questo Milly aveva paura; paura che da un giorno all’altro potesse divenire sua rivale. Se fosse accaduto, non era certa di poter escludere una crepa sulla loro amicizia, perché non sapeva se poteva essere disposta a cederle Mark.
 
 
***
 
«Ehi, ragazzi, andate già via?» chiese Eddie Bright vedendo Lenders e Warner uscire dagli spogliatoi con la cartella in mano. «Non vi fermate a fare ancora due tiri con noi?»
«No, Eddie, mi spiace» rispose Warner. «Oggi ho il doposcuola»
«Ah, capisco…Mark?»
«Devo rientrare prima. Ho promesso a mia madre che sarei andato a prendere i miei fratelli a scuola. Scusami, Eddie»
«Va bene, non importa» rispose il numero nove. «Sarà per un altro giorno»
Portiere e centrocampista attraversarono il cortile disseminato di studenti in uscita da altri spogliatoi, altre palestre, laboratori, aule esterne... Il gruppo di teatro sbucò da una porta laterale trasportando tra le braccia pesanti stoffe colorate, tagliando la strada ai due calciatori.
Mark sbuffò quando due ragazze si voltarono a indicarlo. Udì Ed emettere una risatina. «Dì un po'...» disse Mark rivolto all'amico, ignorando le due ragazze. «Sei sempre stato il primo della classe. Perché i tuoi insistono che tu vada al doposcuola?»
«Sono solo due giorni a settimana» rispose Ed, «e se non mi porta via tempo per gli allenamenti, a me va bene»
Ed era sempre stato bravo a scuola e i suoi voti non erano mutati una volta approdato alla Toho. Lo scorso anno era partito in sordina, per poi scalare tranquillamente la graduatoria dei migliori studenti fino al secondo posto. Persino la Amada si era complimentata con lui e aveva quasi sorriso…quasi. Era bravo, oltre perché si impegnava, semplicemente perché gli veniva facile studiare.
«Non andrei se i miei genitori non insistessero tanto» continuò il portiere, «ma sai, com’è»
«Sì, credo di saperlo» rispose Mark, benché sua madre non avesse mai insistito perché lui portasse a casa tutti cento. Sarebbe stata contenta di qualcosa in più di una sufficienza, ma lei sapeva qual era la sua priorità, e non si trattava certamente dello studio.
«Tuo padre è sempre dell’idea di farti tornare a praticare il karate?» proseguì Mark con aria molto seria.
«Mmm…» Ed fece un lungo sospiro. «Non me ne ha più parlato, per cui immagino si sia rassegnato all’evidenza che ho scelto il calcio». Appoggiò una mano sulla spalla di Mark. «Tranquillo, capitano, non ti abbandonerò»
«Questo lo so» disse il numero dieci. Sì, lo sapeva, come sapeva che, da principio, il padre di Ed non aveva apprezzato la scelta sportiva del figlio minore.
Essendo nato in una famiglia tradizionalista, il signor Warner si aspettava che i suoi figli impugnassero le redini della scuola di karate proprio come aveva fatto lui, che a sua volta aveva preso il posto di suo padre nella gestione. Il loro dojo vantava una lunga linea di successione amministrativa in seno alla famiglia.
Era merito delle arti marziali apprese fin dalla tenera età se Ed riusciva a compiere quelle parate acrobatiche divenute il suo segno distintivo. Amava il karate, Ed, ma una volta provato il calcio se n’era letteralmente innamorato e non aveva più voluto fare altro. La madre lo aveva appoggiato, ma il padre e il fratello maggiore si opponevano ancora all’idea che vi rinunciasse definitivamente.
«Ehi, Mark!» Kira arrivò di corsa alle spalle dei due, sorridendo nel vedere Warner accompagnarlo.
«Buon pomeriggio, Kira-san» la salutò lui con un cenno non troppo profondo della testa e del busto. Vi era maggior confidenza fra loro, ma non tanta da sottrarsi ad un inchino.
«Ciao, Ed-kun. Tutto bene?»
«Sì, ti ringrazio. Ti sei fatta male agli allenamenti?»
Kira fece una breve risata, indicando il cerotto sul mento. «Non sono stata l’unica. Oggi è stata la giornata dei capitomboli, a quanto pare: anche Jem e altri due miei compagni sono fini in infermeria»
«In effetti mi chiedevo dove fosse. Di solito, tu e la Edogawa state sempre insieme»
«Tranquillo, si è solo sbucciata un ginocchio»
«Perché sei così preoccupato, Ed?» chiese Mark in tono sospettoso.
Il portiere si grattò la nuca nervosamente. «È una mia compagna di classe e mi sembrava giusto chiedere»
«Mmm…va beh. Non trattenerlo oltre, Kira, deve andare al doposcuola» disse Mark in tono sbrigativo.
«Oh, scusami Ed-kun» fece lei. «Magari ci vediamo un sabato pomeriggio da Gary-kun, che ne dici?»
«Mi piacerebbe, è tanto che non lo facciamo», Ed stava per aggiungere qualcos’altro, quando una voce lo interruppe.
«Ciao, Brighton»
I due calciatori e la pattinatrice si voltarono nello stesso istante.
Fu un attimo. Gli sguardi di Mark Lenders e Darren Grant si incrociarono. I volti di entrambi esibirono la medesima espressione: sospetto. E antipatia.
«Ciao, Grant» salutò lei, titubante. Accidenti, aveva sperato di evitarlo, quel giorno.
Darren le sorrise, poi spostò l’attenzione sul ragazzo più vicino a lei.
Mark ricambiò lo sguardo compassato dell’altro, sentendosi sotto esame, valutato. Passarono lunghi istanti, ma quel tipo rimaneva immobile a scrutare lui e Warner senza il minimo disagio.
«Salve» disse finalmente Darren, rompendo il breve silenzio carico di ostilità con un inchino composto e perfetto.
Ed ripeté educatamente il saluto. Mark, al contrario, non rispose né ricambiò l’inchino di Grant. Una qualunque reazione diversa dall'indifferenza sarebbe parsa una debolezza, perciò rimase immobile, le mani in tasca.
«È un tuo amico, Kira?» chiese.
«Non proprio». Lei si trovò in difficoltà. Di fatto non lo era, ma preferì optare per una risposta più neutra. «Ci incontriamo spesso all’uscita da scuola»
«In verità ci conosciamo a malapena» ammise Darren con un sorriso pacato.
«Se non la conosci, non dovresti parlare con tanta confidenza». Il tono di Mark andò oltre l’avvertimento. Chi era quel damerino sbucato dal nulla, e cosa voleva dalla sua amica?
«Non era mia intenzione mancare di rispetto». Darren spostò lo sguardo sulla ragazza. «Mi scuso se ti ho dato fastidio»
«M-ma no… Mark, non esagerare». Kira ebbe un fremito d’incertezza. Avrebbe voluto dire a Grant che sì, forse si prendeva un po’ troppa confidenza per essere solo un conoscente. E se voleva qualcosa da lei, che glielo dicesse! Oh, quanto avrebbe desiderato mandare al diavolo le buone maniere, per una volta! Ma non lo fece, si limitò a negare, così che il sostegno di Mark risultò nullo e privo di valore.
Gli occhi neri e sottili di Darren vagarono nuovamente su Lenders e Warner, continuando a sfoderare un sorriso contro i loro sguardi diffidenti. «Sarebbe educato presentarsi, ma non c’è bisogno che lo facciate, in fondo; so perfettamente chi siete»
«Io però non so chi sei tu» sbottò Mark. Con che diritto rivendicava una presentazione quando nemmeno lui l’aveva fatto?
Come rendendosene conto a sua volta, Darren fece un altro inchino. «Il mio nome è Darren Grant. Sono il presidente del comitato organizzativo delle medie. E tu sei Mark Lenders: indiscusso centravanti nonché capitano della squadra di calcio; e tu Ed Warner: portiere dalle doti impareggiabili, e secondo nella classifica dei migliori studenti. Appena dopo di me»
Il portiere avvertì disagio. Quel Grant aveva un modo di fissare le persone che metteva soggezione. «Mi ricordo di te» disse Ed, rammentando all’improvviso. «Ci siamo visti nell’ufficio della Amada lo scorso febbraio, quando ha convocato i migliori dieci alla fine dell’anno»
«Esatto. Credo sia stata l’unica volta che ci siamo parlati, eccetto oggi». Dietro la postura altera dello studente modello era intravisibile una sottile punta d’acredine. «Beh, non posso trattenermi oltre. Ho il doposcuola». Un altro inchino per Mark e Ed, un altro sorriso solo per Kira. «Ero intenzionato a chiederti una cosa quest’oggi ma, visto che sei in compagnia, aspetterò un altro momento. Arrivederci».
Darren si allontanò lentamente, accarezzando la strada con passo misurato.
«Mette i brividi» fu il commento di Ed.
«Lo penso anch’io» disse Kira. «È così perfetto da sembrare quasi finto». Già, era proprio quello: il suo modo di parlare, di muoversi, di sorridere… tutto studiato nei minimi dettagli, come un attore su un palcoscenico chiamato scuola.
«Oh cavolo, io devo andare!» esclamò Ed all’improvviso, congedando in fretta e furia i due amici e attraversando lo spiazzo anteriore del cortile con grandi falcate.
Kira e Mark si incamminarono fianco a fianco, in silenzio, lei trasportando la sua bici a mano lungo la strada. Molto presto, il cicaleccio degli studenti divenne un brusio lontano, sostituito gradualmente dallo scrosciare del canale e dal ronzio di qualche insetto. Un’ape a caccia di polline passò davanti al viso di Kira, che l’allontanò con una mano.
«Ecco dove avevo già sentito il nome Grant» rifletté la ragazza ad alta voce, «lo avrò sicuramente letto sui tabelloni delle classifiche scolastiche»
«È un idiota» disse Mark sbuffando.
«Non direi...»
«Si può sapere che cazzo aveva da fissare?»
«Non dire le parolacce!» lo rimproverò Kira, tirandogli un pugno su una spalla che lasciò il ragazzo impassibile.
«Non fare la finta scandalizzata. Come se tu non le dicessi»
«Io non le dico mai» affermò lei con aria fiera. «È un tipo veramente strano» disse poi, tornando seria.
«Ma lo conoscevi?»
Lei scosse il capo. «No, per niente. Ha iniziato a salutarmi e io ricambiavo per gentilezza. Poi ha cominciato a fermarmi sempre più spesso, tranne quando ero con le amiche; in quel caso mi faceva solo un cenno da lontano»
«Mmm»
«Trovi sia un comportamento preoccupante?» chiese Kira, ansiosa. «Perché io sì»
«Dipende» Mark si inumidì le labbra. «Di cosa parlate?»
«Di niente, in verità. Ogni tanto mi chiede qualcosa riguardo la scuola, ma sono per lo più domande sparse, di convenienza»
«Ti infastidisce?»
Il sì fu sulle labbra di Kira, ma riconsiderando la situazione optò per il no. «Non fa nulla di male, però mi urta il fatto di essere tampinata senza che mi dica mai nulla. Se capissi cosa vuole da me, non mi darebbe i brividi». Staccò una mano dalla bici e prese a giocherellare nervosamente con il fiocco della divisa. «Non mi fido della gente dagli atteggiamenti ambigui. A me piacciono le persone trasparenti»
Mark accennò un sorrisetto. «Io sarei trasparente?». Fu bizzarro sentirle affermare certe cose, dal momento che lui era tutto fuorché quello.
«Ho detto che mi piacciono le persone trasparenti. Tu non sei una persona. Sei uno scimmione»
«Cretina...»
Lei ridacchiò. Anche se non era ancora riuscita a capire tutto di Mark, pur coi suoi modi bruschi e non sempre piacevoli, lo trovava genuino e questo lo apprezzava. Ma non si sarebbe mai azzardata a dirglielo.
«Da quanto tempo va avanti questa cosa?»
«Da quando è iniziata la scuola»
Il viso di lui si rabbuiò. «Tutti i giorni?»
«Ehm…sì. Quasi». Anche lei tornò seria.
«Quasi o tutti?»
Kira alzò gli occhi al cielo. «Come sei fiscale… Quasi tutti»
«Ho capito». Mark si fermò al bivio che dava sul viale alberato e una strada leggermente in salita. Non era il caso di trarre conclusioni che al momento avrebbero dato solo preoccupazioni senza possibilità di risposta.
«Ora devo andare, altrimenti perdo il treno. Senti…» Le si avvicinò di un passo. «Se quel tipo dovesse iniziare a infastidirti sul serio, dimmelo, d’accordo?»
La richiesta aleggiò nell’aria per parecchi secondi prima che Kira dicesse un «Okay» striminzito. «Non ti devi preoccupare» aggiunse, prendendo la distanza di quel passo con cui lui si era accostato.
«Non sono preoccupato. Ma smetti di tormentare quel povero fiocco, o lo sarò»
La ragazza lasciò immediatamente la stoffa rossa. Si era accorto della sua inquietudine.
Kira era fin troppo trasparente a volte, o forse era lui che riusciva a capirla.
Mark continuò a guardarla in silenzio, capendo che stava per dire qualcos'altro.
«Mark...». Kira pronunciò il suo nome con leggera incertezza. Un formicolio le solleticò lo stomaco, propagandosi dalle parti della schiena. «Puoi fare la strada con me anche domani?»
Vergogna. Quella sensazione era pura e semplice vergogna.
 
 
***
 
Milly cercava con tutta se stessa di essere quella di sempre. Si sforzava di sorridere, e ancor più reprimere i sentimenti di antagonismo nati in lei dopo aver sentito in giro che Kira era uscita da con Mark Lenders. Poteva non significare nulla, non era detto che lui l'avesse per forza accompagnata a casa. Forse erano solo usciti dal cancello insieme e poi ognuno per la sua strada.
Milly era consapevole di non poter rivendicare nulla come suo: Mark non aveva mai neppure contemplato l’idea di impegnarsi con qualcuna, tanto meno con lei. Il punto era che, se si fosse trattato di un’altra ragazza, avrebbe potuto sopportarlo, ma non se a stargli vicino era una sua amica. Probabilmente avrebbe dovuto essere il contrario: di Kira si sarebbe dovuta fidare, poiché una persona a lei affezionata non avrebbe mai fatto nulla per farla soffrire; ed era altrettanto sbagliato incolparla per quelle voci che circolavano da un giorno soltanto.
Chi avesse effettivamente visto Mark e Kira insieme non era dato sapere. Milly sospettava di almeno una delle tre fondatrici del fan club della squadra di calcio, nonché sue nuove compagne di classe. Che a quelle tre sfuggisse qualcosa sui giocatori era praticamente impossibile. Conoscevano tutto di tutti in ogni minimo particolare, quasi avessero piazzato delle cimici addosso ai ragazzi. Non ci si sarebbe stupiti se avessero saputo anche quante volte andavano al bagno…
«Ieri l’ha accompagnata di nuovo a casa, vi dico»
«Ma, no, si sono fermati all’angolo»
«Lei dove abita, lo sapete?»
«E chi è, soprattutto!»
«Ma sì, quella che lo ha sfidato numerose volte. Credo faccia pallavolo, è piuttosto alta...»
«No, è del club di pattinaggio artistico. L’anno scorso è arrivata quinta al torneo scolastico»
«Beh, ma se anche lui l’avesse accompagnata che ci sarebbe di strano? È stato gentile»
«Oh, ma dai! Non accompagni a casa una ragazza per gentilezza...»
Le congetture delle tre ragazze continuarono per tutta la mattinata, proprio alle spalle di Milly. Stanca di ascoltarle, la Benson si alzò dal banco e andò a sgranchirsi le gambe fuori dalla classe. Doveva ripassare storia per la prossima lezione, ma non riusciva a concentrarsi con i pettegolezzi di quelle tre nelle orecchie. Si affacciò a una delle grandi finestre del corridoio, quando un ragazzo le si avvicinò.
«Un penny per i tuoi pensieri, Milly-san»
«Oh! Ciao, Grant»
Gli occhi sottili di Darren Grant scrutarono attentamente la ragazza con i codini. «Qualcosa non va?»
Milly annuì una volta, sconsolata.
«Se hai bisogno, non farti scrupoli»
«È molto carino da parte tua» sorrise Milly.
«Sei la mia compagna di banco»
Lui era un ragazzo gentile, il più gentile della loro classe, e il più intelligente. Si conoscevano da poco ma avevano in comune molte cose, primo fra tutti l’amore per lo studio.
«In effetti avrei bisogno di qualcuno che mi ascoltasse»
«Sono un bravo ascoltatore». Darren si appoggiò al davanzale con la parte bassa della schiena, concentrando tutta la sua attenzione su di lei.
«Mi piace un ragazzo, ma io non piaccio a lui». Milly provò molta vergogna nel confessare i suoi problemi di cuore ad un maschio, per questo distolse lo sguardo parlando. «Non è un tipo dal carattere docile, ma non è cattivo. Sono sicura che se mi desse una possibilità potrei dimostrargli quanto tengo a lui, dargli una prova dei miei sentimenti. Il vero problema è che sono convinta che a lui piaccia una delle mie migliori amiche»
«Capisco…» Darren parlò a sua volta senza guardarla, per non metterla in ulteriore difficoltà. «E a lei piace lui?»
«Lei ha sempre negato. Ha anche tentato di aiutarmi a conquistarlo, una volta, ma hanno finito col litigare per una serie di motivi e io… io ero contenta». Milly strinse il davanzale con tutte e due le mani. «Quest’anno sono finiti in classe insieme e sono tornati amici. Avrei preferito che si detestassero». Non avrebbe voluto pensarlo, ma lo pensava. Gli occhi le si inumidirono.
«Non fare così» disse Darren, posandole le mani sulle spalle in un gesto affettuoso. «Ne hai parlato apertamente con la tua amica?»
Milly rialzò il capo. «Sì, ma non so come gestire la cosa. Mi sento sbagliata per la gelosia che provo nei confronti di Kira, ma vederli insieme mi fa male. Non posso nemmeno confidarmi con l’altra mia migliore amica: a Jem non piacerebbe quello che penso, e poi sono molto legate; Kira lo saprebbe e mi odierebbe. L’unica cosa che posso fare è starmene in un angolo in silenzio. Tanto, non ho speranze»
Darren le tolse le mani dalle spalle. «Non dire così. Se la tua amica non prova nulla per questo ragazzo, niente ti impedisce di farti avanti»
«Ci ho già provato, te l'ho detto»
«Ritenta. Quel tipo doveva essere cieco per non accorgersi di te»
Milly arrossì vistosamente. Nessuno le aveva mai detto una frase così esplicita.
«Lui ha un nome?» domandò poi Darren.
«Lui è Mark Lenders, il capitano della…»
«Ah, sì…» Grant abbandonò il tono cordiale. «Sì, so chi è. Ma se lui è Lenders, lei deve essere una certa Kira Brighton»
Milly lo fissò con stupore. «Conosci Kira?»
«La vedo tutti i giorni al cancello. Ci siamo presentati. L’ho notata, sai, è piuttosto carina»
Milly arrossì. «Per caso, lei ti interessa?» «Mi piacerebbe avvicinarla ma non è quasi mai sola. Anzi, credo di averle messo paura continuando a pedinarla». Darren sorrise per le proprie parole, ignaro della bomba che aveva appena innescato.
Le labbra di Milly tremarono leggermente. Kira usciva spesso accompagnata da Jem, ma poteva essere che Grant l’avesse vista anche con…
«Tu…tu li hai visti insieme?»
La risposta fu prima nello sguardo che nelle parole di Darren. «Per la verità, sì. Ieri li ho visti insieme. Non so se fosse la prima volta»
Qualsiasi altra parola sarebbe stata superflua. Milly provò un senso di smarrimento al pensiero che Kira le avesse mentito. Continuava a intensificare le sue negazioni, assicurandola che tra lei e Mark non vi fosse niente, ma era evidente che le cose non stavano così.
«Se fosse vero, come dovrei comportarmi con lei?» continuò Milly sforzandosi di non piangere. «Se un tuo amico iniziasse a frequentare la ragazza che ti piace, che faresti al posto mio?»
Darren irrigidì il viso e tutto il corpo. «Gli direi di farsi da parte, se tiene alla mia amicizia»
«Non potrei mai dire a Kira-chan una cosa del genere!»
Darren sciolse i nervi. «Quasi certamente non lo direi davvero, lo penserei soltanto. Certe volte, però, non si dovrebbe rinunciare a qualcosa per riguardo a una persona che per te non ha premura». La mano del ragazzo si chiuse di nuovo sulla spalla di Milly. «Però sono sicuro che non è il tuo caso. Perché non provi a fare chiarezza? Aprirsi con un’amica è sempre la cosa migliore. Prova di nuovo a parlare e falle capire quanto ci stai male. Non nasconderle ciò che provi. Sono sicuro che vi capirete e risolverete la questione».
Le parole di Grant l’aiutarono a capire cosa doveva fare.
Ogni volta che Milly aveva chiesto a Kira di spiegarle perché lei e Lenders avessero litigato, la Brighton le aveva risposto senza mezzi termini quanto lui fosse rozzo e antipatico, e che di ragazzi al mondo ce n’erano altre migliaia, affermando che anche lei, Milly, non aveva perso nulla. Avevano anche riso insieme quando la Benson si era convinta dell'infondatezza delle proprie gelosie. Poi, però, Kira si tradiva con affermazioni troppo forti, quasi a mascherare l’incomoda sensazione di mancanza che l’assenza di Mark aveva suscitato in lei. Milly lo sapeva ma non aveva speso una parola per consolarla. Non aveva avuto riguardo della sua amica, ma nemmeno Kira ne aveva avuto per lei quando era tornata a frequentare Mark come nulla fosse; come se non le importasse approcciarsi con il ragazzo che aveva respinto e umiliato lei, Milly, una delle sue migliori amiche. Kira era stata insensibile.
Ciò che la Benson decise di fare ora fu una battaglia contro l’affetto che provava per lei, ma quando all’ora di pranzo si arrestò sulla scala che portava dal secondo al terzo piano, e guardò in basso udendo le voci dell’amica e di Lenders levarsi al di sopra delle altre, provò un moto di fastidio. Stavano bisticciando per qualcosa ma non era un vero e proprio litigio – non lo era mai – soltanto quel giocare a prendersi in giro a cui ormai tutti i loro amici avevano fatto l’abitudine. Qualcuno lo trovava divertente, come Ed Warner; qualcuno non riusciva a capire come due persone potessero andare d’accordo nonostante quella maniera di approcciarsi, come Jem. Milly lo aveva trovato buffo per un certo periodo, ma in quel momento detestò tutto di loro.
«Kira-chan, ti posso parlare?»
Kira si voltò e fece un gran sorriso vedendo Milly a metà della scala del terzo piano. Le mancava avere le sue amiche nella stessa classe.
«Ciao, Micchan! Vieni a pranzare con me e Jem, oggi?»
«Non posso, ho già un impegno» mentì la Benson, sperando di essere convincente. Evidentemente fu così, perché Kira assunse un tono dispiaciuto.
«Che peccato…non ci vediamo mai»
«Ci vediamo tutti i giorni al club di pattinaggio» fu la laconica risposta di Milly.
«Sì, ma non è la stessa cosa. Mi manchi» Kira l’abbracciò di slancio. L'altra ricambiò l’abbraccio per metà. «Cosa c’è, Micchan? Sembri preoccupata»
Le due ragazze rimasero a fissarsi per qualche istante, ferme sui gradini, mentre gli studenti scendevano per pranzare. La primavera era calda come era stata quella dell'anno precedente e invogliava a godersi l’intervallo del pomeriggio fuori in cortile. Ma a Kira sembrò che il sole venisse offuscato da nubi temporalesche.
«Milly?»
«Devo chiederti una cosa. Una cosa molto importante»
«Certo, dimmi pure» Kira salì un gradino, prendendole una mano e sorridendole. «Sai che per le mie amiche ci sono sempre»
Il sorriso di lei fece tremare Milly di rabbia.
Bugiarda.
«Io… io non voglio più che tu rivolga la parola a Mark Lenders»
Per un attimo, Kira non sembrò capire di cosa stesse parlando. «Che sciocchezza è questa?»
«Non è una sciocchezza, per me»
Kira smise di sorridere, aggrottando la fronte. Non era da Milly parlare in quel modo.
«Nella mia classe, alcune ragazze hanno detto di averti vista uscire da scuola insieme a lui»
Kira prese un profondo respiro, lasciando la mano dell’altra. Jem lo aveva detto che sarebbero girate chiacchiere sul suo conto.
«Sì, Mark mi ha accompagnata a casa. Gliel’ho chiesto io» ammise senza sensi di colpa, senza immaginare quanto l’affermazione potesse smuovere ancor più dubbi nell’altra.
«Se tenessi alla nostra amicizia, non continueresti a giocare con Lenders alle mie spalle» l’accusò Milly, i pungi serrati sulle pieghe della gonna.
«Santo cielo, Micchan, slegati dal dito questa ossessione e smetti di essere gelosa! Tra me e Mark non c’è niente di niente!». Kira iniziava a stancarsi di ripetere le stesse cose e rivivere la stessa scena.
«Oh, allora tu gli dici di fare una cosa e lui la fa senza replicare, vero? Solo perché sei tu a dirglielo!»
«No, mi ha semplicemente fatto un favore!»
«Tu ti disinteressi dei me e dei miei sentimenti, Kira-chan. Anzi, inizio a pensare che tu lo faccia apposta»
«Fare cosa?»
«Indispettirmi con il tuo comportamento». La voce di Milly tremò. «A te non importa se io sono ancora innamorata di lui»
«Certo che mi importa, e mi dispiace che tu stia soffrendo, ma io cosa… come dovrei comportarmi?! Non posso ricominciare ad ignorarlo!» Kira non voleva. Non più. Non dopo che erano riusciti a dimenticare quella brutta litigata.
«Allora non sei mia amica»
Il battito di Kira accelerò, furioso. «Non puoi chiedermi di barattare la tua amicizia con la sua!»
«Mi dispiace, ma devi decidere. Se continuerai a parlargli, sarò io a non rivolgerti più la parola»
Kira si pietrificò, tenendo le pupille fisse sulla figura di Milly. Non comprese il dilemma. Non comprese nulla, ferita da calunnie del tutto soggettive. Chiuse gli occhi e li riaprì, trovando una dolorosa conferma di quell’assurdità nello sguardo ostile di Milly.
 
 
Non si parlarono durante le ore del club, e Kira fece di tutto per non cedere alle insistenze di Jem, la quale, conoscendo bene entrambe le amiche, intuì subito che qualcosa non andava. Ma Kira era brava a mascherare ciò che la impensieriva. Usava la stessa tattica da sempre per non far arrabbiare mamma. Il più delle volte funzionava. Non era pronta a parlarne con Jem, più per paura che quest’ultima prendesse le parti di Milly e l’appoggiasse in quella patetica battaglia a suon di gelosie inesistenti. Sì, proprio patetica.
Promise a Jem che ne avrebbero parlato più tardi al telefono, uscendo dal palaghiaccio nel modo più disinvolto possibile. Di Milly non v’era già più traccia: doveva essersi lavata e cambiata in fretta e furia per non incontrarla. Meglio così, pensò Kira, perché se le fosse ricapitata davanti ci avrebbe litigato.
Trascinandosi verso il cancello in uno stato di malumore e agitazione, camminò a capo chino tenendo la cartella con due mani, senza avvedersi di chi le passasse accanto. Si fermò a pochi metri dall’uscita, rialzando la testa e voltandosi rapida.
Mark la fissava perplesso e un po’ scocciato appoggiato alle rastrelliere delle biciclette, le braccia conserte. «Mi chiedevo quando ti saresti ricordata di me»
«Scusa, ero sovrappensiero». Kira tornò sui suoi passi.
«Se hai cambiato idea e oggi vuoi tornare da sola, basta che lo dici. Solo che…» lui posò una mano sul manubrio della bici bianca, «non credo tu voglia lasciarla qui»
Kira si grattò una guancia. «Ehm…no, infatti»
«Mi domando dove hai la testa»
«Uffa, non mi scocciare». Kira sganciò la catena e la ripose nel cestino di vimini, trasportando la bicicletta a mano per tenere il passo con Mark. Lui le camminò a fianco in silenzio.
«Ho avuto una discussione con un’amica» spiegò Kira, e li si fermò. Non aveva intenzione di raccontare proprio a lui perché si sentiva giù. Santo cielo, se Milly li avesse visti tornare insieme…
«Ti deprimi sempre così quando discuti con le amiche?» chiese Mark. «Hai una faccia…»
«No, è che…». La pattinatrice si arrestò un istante. Darren Grant la fissava da lontano. Le sorrise facendo un cenno con la mano al quale lei rispose, titubante. «Uh, anche oggi l’ho scampata»
«Credo abbia paura di me» disse Mark, voltandosi una volta per guardarlo.
«Sì, lo penso anch’io». Lei sapeva di aver fatto bene a chiedergli di accompagnarla, e comunque era stato Mark a offrirsi.
Varcarono la soglia del cancello, cominciando a percorrere il primo tratto di strada.
Il calciatore sbuffò. «Non pensavo avessi bisogno di me per affrontare una situazione tanto semplice»
…avessi bisogno di me…
Kira ebbe un sussulto. «Non ti ho usato per evitarlo! Pensavo soltanto che se mi avesse visto in compagnia non si sarebbe avvicinato, tutto qui»
«Ehi, calma» Mark la fermò e posò una mano sul manubrio, accanto a quella di lei. «Non insinuavo niente». La guardò a disagio. Si era preoccupata di…ferirlo? «Coda di paglia?» la prese in giro.
Per risposta, lei gli fece una breve linguaccia ma non aggiunse niente. Le sfuggì un sospirò triste.
«Non puoi dirmi cosa ti preoccupa tanto?»
Lei scosse il capo. «Per ora no»
«Kira?» Mark spostò la mano dal manubrio e la posò sotto il suo mento, dove un cerotto più piccolo rispetto al precedente copriva i residui del taglio. «Va tutto bene?»
Lei si immobilizzò e gli occhi scattarono verso quelli di lui. «Sì. Tutto bene»
Il fruscio delle foglie al vento fu l’unico rumore per lunghi secondi. L'aria si fece più fresca, rendendo Kira conscia del lieve calore che le aveva solleticato le guance. Si accorse di stare trattenendo il fiato. Se ne accorse anche lui.
La mano di Mark indugiò un secondo ancora dalle parti del suo collo, poi la ritrasse di scatto, infilandola in tasca. Seppe di aver sbagliato qualcosa. Toccarla solamente fu sbagliato. (1)
«Devo solo…» Kira abbassò il capo, confusa. Tornò a guardarlo. «Devo solo risolvere le cose con la mia amica. Ma sto bene»
Non c’era convinzione nelle sue parole, lo dicevano soprattutto i suoi occhi. Occhi grandi che Mark si ritrovò a fissare – questa volta fu lui – allungati ai lati esterni, ma non della tipica forma a mandorla. Tondi, non obliqui, totalmente speculari al naso dritto e sottile. Capì di avere osato ancora e di averla fissata troppo a lungo quando lei distolse lo sguardo per prima.
«Forse è meglio se oggi vado da sola»
«Eh?» Perché?
Kira sistemò meglio la cartella nel cestino. «Ho bisogno di riflettere su un paio di cose. Scusa, non è colpa tua, è solo…»
«Okay». Mark fece un passo indietro.
«Ci vediamo domani». Assomigliava a una domanda. Kira sorrise lentamente, in maniera quasi impercettibile.
Lui capì. Non gli stava dicendo ‘ci vediamo a scuola’, stava rinnovando il loro appuntamento all’uscita. Volle confermarlo anche lui.
«A domani»
Poi lei saltò sulla bici e in pochi metri fu lontana.
Mark rimase fermo dov’era.
L’aveva già vista così abbattuta, una volta. Aveva scoperto che non gli piaceva.
Da quando aveva incontrato Kira erano accadute un mucchio di cose diverse, alcune strane, altre spiacevoli, altre belle. Ogni giorno acquistava un sapore diverso, migliore. Non discorrevano di cose immensamente interessanti, anzi, in verità non sapevano ancora quasi nulla l’uno dell’altra. Tutto considerato, i momenti in cui rimanevo in silenzio durante le lezioni erano molti di più di quelli in cui parlavano. Passavano semplicemente del tempo insieme. Ma ogni giorno che veniva era condivisione, affiatamento, confidenza e affetto in piccole gocce.
Generalmente, Mark non si impicciava di ciò che riguardava persone non comprese nella sua ristretta cerchia di conoscenze, meno che mai di una compagna di classe. Quindi non avrebbe dovuto interessarsi nemmeno di lei, solo che il concetto rivaleggiava contro il suo attuale stato d’animo.
Mark non si affeziona facilmente. Non si affeziona quasi mai. Ma lei era diversa. Lei era Kira.
Gli sarebbe bastato comprendere il motivo, non doveva per forza fare chissà quale gesto plateale; capire cosa non andava e cercare un modo per farla stare bene.



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Note:
 
1. In Giappone non sta bene scambiarsi effusioni in pubblico, di qualsiasi tipo. E' veramente raro vedere due fidanzati tenersi per mano, scambaiarsi un bacio o persino un abbraccio (!) anche solo per salutarsi; al massimo si tengono a braccetto. Potete ben capire, quindi, che il gesto di Mark nei confronti di Kira sia stato abbastanza audace, considerata la loro cultura. 

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Carissime, come state?
Io sono stranamente soddisfatta di questo capitolo che spero abbiate apprezzato. Iniziano gli intrighi alla Toho, aka inciuci! Ho dedicato una parte di capitolo agli antagonisti, Darren e Milly; lei già so che non l’apprezzate molto, ma è giusto che sia così in fondo ;) Mi raccomando, NON saltate le parti dove non ci sono Mark e Kira! Con una vecchia fanfiction era capitato che un paio di lettrici non leggessero l’intero capitolo e c’ero rimasta un po’ male. Anche queste parti hanno la loro importanza, e dato che e io non narro dal solo punto di vista dei protagonisti, leggete tutto, se no poi non capite.  
Okay, dopo questo preambolo… mi rivolgo a voi, fan di Ed Warner! Non disperate, arriverà prestissimo un capitolo dove parlerò largamente di lui. Proprio in questo abbiamo aperto una questione che lo riguarderà da vicino… chi ha visto/letto Captain Tsubasa penso ricorderà di che si tratta…
E anche stavolta c’è stato un po’ di fluff *^* perché sì xD Vorrei disegnare Kira e Mark in una scena fluffosa, ma non ho mai tempo…sigh.
Cosa succederà adesso? Lo scoprirete tra circa due settimane (io spero sempre di aggiornare prima!!!)
Ringrazio tutte voi che avete recensito, inserito la storia in qualche sezione o anche solo letto.
Siete tutte preziose, vi voglio bene <3
 
Susan
   
 
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