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Autore: SusanTheGentle    16/06/2019    6 recensioni
Ricordo il periodo delle medie…
Nella mia scuola c’era un ragazzo che non parlava quasi con nessuno. Era diverso da tutti i miei compagni, privo di quell’aria anonima tipica degli studenti della Toho, la carnagione un po’ più scura di un comune giapponese, come se avesse passato tutta la vita sotto il sole. E, come il sole, brillava di luce propria. Fu per questo che attirò la mia attenzione.
Lui spiccava prepotente tra la folla, simile a un felino dentro un recinto di pecore tutte maledettamente uguali.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13. Invito



«Io non volevo dirtelo, Kira-chan, ma Milly era contenta quando tu e Lenders avete smesso di parlarvi»
L’affermazione di Jem mise Kira in agitazione. «Un momento, tu lo sapevi?! Sapevi che era contenta, che covava dei dubbi, e non mi hai detto niente?!» esclamò indignata, mentre afferrava la scatola con l’impasto per i pan-cake dall’armadietto sopra il ripiano della cucina. Jem stava tirando fuori dal cappello verità di cui era rimasta all’oscuro per un anno intero! Non si mise le mani nei capelli perché le aveva sporche, altrimenti se li sarebbe strappati dalla disperazione mentre la mente ricostruiva ad una velocità pazzesca pensieri e fatti passati e presenti.
«Non era mia intenzione tenertelo nascosto per tutto questo tempo» proseguì Jem dall’altro capo del telefono, «ma Milly mi fece promettere di non ditelo e, proprio quando decisi di farlo, voi due avevate già risolto le cose ed eravamo di nuovo tutte amiche. Lì per lì non mi sembrò più necessario dirti nulla»
Kira grugnì il suo dissenso, terminando di versare il composto nella terrina insieme a latte, burro e uova.
Jem sospirò, cercando di restare neutrale. «È stato solo un attimo di rabbia. Sono sicura che oggi ti abbia detto quelle cose solo perché era nervosa, perché vi ha visti insieme. Devi comprenderla: ha continuo bisogno di essere rassicurata»
«Lo so, lo so…ci sto provando a capirla ma…»
«Non sei riuscita a parlarle nemmeno oggi, dopo gli allenamenti?» proseguì Jem.
«Macché!» esclamò Kira, posando la scatola dell'impasto. «Hai visto anche tu come scappa via in tutta fretta e si rinchiude nelle docce finché non me ne sono andata. Mi evita, è chiaro come il sole». Incastrò il cordless tra l’orecchio e la spalla sinistra, afferrando un cucchiaio di legno dal cassetto delle posate. Dove diavolo aveva messo lo sbattitore elettrico? «Cos’altro c’è che non so?»
«Uhm, beh…Milly pensava fosse un po’ colpa tua se Lenders l’ha respinta…solo un po’!»
«Questo lo sospettavo». Kira mischiò con più energia, e un po’ del preparato si sparse fuori dalla terrina sopra il ripiano immacolato. «Quella ragazza non ragiona bene. Pensavo avessimo superato questa fase»
Doveva assolutamente prendere in mano la situazione, come aveva già fatto tempo addietro quando, ormai un anno prima, aveva rassicurato Milly che non le piacevano gli scimmioni, e che di ragazzi, oltre Mark Lenders, ce n’erano a bizzeffe.
«Non piangere per un tipo simile, Micchan. Non ti merita. Guardati attorno e stagli alla larga, a meno che tu non voglia avere le pulci…»
Milly aveva persino riso, ma dietro quel sorriso a Kira parso così sincero, era stato covato del risentimento. Anche se poteva comprenderlo non riusciva ad accettarlo. Certo, a Milly poi era passata, quindi avrebbe dovuto perdonarla a sua volta. Eppure, poche ore prima sulle scale sembrava tutt’altro che pentita… sembrava volesse veramente impedirle di vedere Mark.
«Sai, ci ho riflettuto spesso…» riprese Jem in tono pensoso.
«A cosa?»
«Non è che, in fondo, Micchan un po’ ci ha preso?»
Kira non capì. «Preso che?»
«Beh, che non sia poi lontana dalla verità»
«In sintesi?»
«Che un po’ Lenders ti piace davvero»
Kira si immobilizzò. Un grumo di impasto le colò dal cucchiaio dritto sulle ciabatte, ma non se ne accorse nemmeno tanto era il suo stupore. «Non parli sul serio…»
«Guarda che non ci sarebbe niente di male, anche se non salterei di gioia…»
«Ho capito, ma è no
«Mah… se posso dire la mia, la vostra è una strana amicizia» borbottò Jem per nulla convinta.
«Perché?»
«Prova a darmi torto: non avete mai smesso un giorno di bisticciare da quando vi siete conosciuti; lui ti affibbia nomignoli scortesissimi, tu dici che è maleducato e arrogante… sembra tutto fuorché un’amicizia. Se non lo sapessi, direi che vi detestate come all'inizio»
Kira rifletté, immaginando Jem elencare quelle cose sulle dita della mano. «Forse hai ragione, ma l’amicizia ha varie forme» Che frase profonda… «Comunque sia, mi serve il tuo aiuto J-chan: dobbiamo convincere Micchan che si sbaglia, una volta per tutte!»
«Farò tutto il possibile…»
Kira riattaccò poco dopo e terminò di preparare i pan-cake, apparecchiando la tavola solo per lei: Risa rientrava tardi e, come quasi tutte le sere, la ragazza mangiava da sola davanti alla tv. Avrebbe invitato nonna, necessitava dei suoi consigli, ma Kaori era già ospite dalla sua amica di Saitama – ovvero la nonna di Gary. Mise i piatti in lavastoviglie e lasciò in caldo la cena per la mamma insieme alla porzione più grande di pan-cake: l’avrebbe fatta felice, mamma adorava i dolci americani. Infine si trascinò di sopra a finire i compiti, si lavò, mise i panni sporchi nella cesta e tirò fuori la divisa di ricambio; tolse le lenti colorate, controllò le condizioni del taglio sul mento e, quando udì la pota di casa aprirsi, si era già infilata sotto le coperte.
Rimase sveglia ad ascoltare sua madre muoversi per casa e a pensare alle parole di Jem…
Cosa c’era di strano se un ragazzo e una ragazza erano amici? Perché era sicura fosse quello il problema, la parte più sconcertante e strana agli occhi degli altri. Jem per prima rientrava in quella fetta di persone assolutamente convinte che tra maschi e femmine non può esserci altro che amore. Luoghi comuni, pensava Kira.
Tutte le sue compagne del pattinaggio consideravano i ragazzi una sorta di entità equidistante, quasi aliena, unicamente un oggetto di interesse amoroso. Era quasi come se non fossero persone, ma appunto maschi. Una specie a parte.
Che assurdità!
Probabilmente c’erano ragazzi che pensavano la stessa cosa sulle femmine, ma per quanto riguardava lei, gli uomini rappresentavano il semplice equivalente delle donne, con tutte le differenze poste da Madre Natura.
Certo, alla loro età era normale iniziare a guardare all’altro sesso con occhi più consapevoli di queste differenze. Kira le vedeva bene in Mark: a quattordici anni possedeva un bel paio di muscoli ed era tanto alto e grande rispetto a lei, nonostante fosse la più alta tra le ragazze del club e della classe. Ma a parte l'altezza, Kira non poteva dire di essere totalmente sbocciata: aveva iniziato a portare il reggiseno solo lo scorso inverno e le sue gambe erano ancora troppo magre…
Corrugò la fronte ad occhi chiusi nel ripensare alle tristissime battute di Mark sulle sue forme. Come se lui potesse avere un metro di misura per catalogare la grandezza del suo seno!
Il suo cuore sussultò. Spavento e imbarazzo le fecero riaprire gli occhi mentre si alzava di scatto a sedere.
Non doveva preoccuparsi se lui faceva certe osservazioni, vero? Insomma, Mark scherzava, la prendeva in giro come sempre, anche su quello. Era questo. Però…se lo aveva notato significava che l’aveva guardata… Sì, ma sempre per scherzare. Non c’era stata della malizia nelle parole di Mark, e comunque era successo solo un paio di volte: la prima involontaria, e la seconda volta a farla arrabbiare.
Prese un respiro e si rimise sdraiata.
No, non c’era di che preoccuparsi. Lui aveva solo il calcio nella testa: nel centro un pallone e i suoi compagni che giravano in tondo come indiani attorno a un falò.
Sorrise. Già, lui non la guardava in quel senso, figurarsi! Dopotutto, era solo Mark.


***


«Mark! Mark, aspetta!» Judith Lenders fermò il figlio maggiore sulla soglia di casa, togliendo in fretta le ciabatte per infilarsi le scarpe da esterno.
Già sul vialetto d’ingresso, il ragazzo si voltò con sguardo curioso.
«Ieri sera mi sono dimenticata di darteli…ecco, tieni». La signora Lenders gli mise in mano tre rettangoli di cartoncino dai disegni multicolori. «Sono dei buoni per il Luna Park. Li hanno consegnati ieri al supermercato e sono andati a ruba. Questi sono gli ultimi»
Mark osservò il disegno di una ruota panoramica sovrapposta a quella di un ottovolante e un cavallo da giostra. «Fantastico! I piccoli ne andranno matti! Quando pensi che potremo andarci?»
«Oh, caro, pensavo preferissi andare con gli amici» sorrise Judith, intenerita. Il primo pensiero di Mark era sempre per lei e i fratellini. «Ogni biglietto vale per due persone, quindi puoi invitarne fino a cinque»
«Ma scusa, e voi?»
«Ci andremo lo stesso. Per i bambini posso pagare il ridotto, non costa molto»
«Sarebbe uno spreco, mamma. Abbiamo la possibilità di andarci gratis» replicò Mark, ben sapendo quanto anche solo uno yen fosse prezioso.
«Sì, ma noi siamo in cinque e se li usassimo tutti ci sarebbe posto per una sola persona in più. Credevo ti facesse piacere l’idea di invitare Ed e Danny, e la tua ragazza»
Mark contrasse così tanto la fronte che le sopracciglia scure andarono a formare un unico arco. «Non ce l’ho la ragazza, mamma»
La signora Lenders nascose il sorriso dietro una mano. «Ah, va bene…comunque pensaci. Io chiederò a qualche collega di procurarmi almeno un altro biglietto, e poi decideremo sul da farsi. Tu intanto prendili»
Mark tornò a guardare i tre rettangoli di carta, mentre sua madre glieli pigiava nel palmo della mano con insistenza. «Va bene. Grazie, mamma»
Incamminandosi verso la stazione, Mark continuò a fissarli, riflettendo come se dovesse decidere le sorti del mondo.
La signora Lenders rimase ad osservarlo allontanarsi, quel sorriso affettuoso sul viso dolce di mamma. Le sarebbe piaciuto che lui si aprisse con lei riguardo certi aspetti, che le esponesse i suoi dubbi, ma ogni volta che introduceva l’argomento, Mark scappava via in fretta e furia. Forse non prestava ancora assidua attenzione a certe cose, il che per lei era un sollievo. Potendo, lo avrebbe voluto bambino ancora per un po', ma Judith sapeva che a breve sarebbe stato necessario affrontare apertamente l'argomento. Ormai era tempo, anche se qualcosa le diceva che Mark sapeva già abbastanza su ciò che c’era da sapere. I giovani d’oggi affrontavano conversazioni di quel tipo prima a scuola con gli amici che a casa con i genitori, e suo figlio non doveva fare eccezione. Il fatto che non avesse ancora trovato riviste compromettenti nascoste sotto il letto la rinfrancava, ma era un sollievo momentaneo.
Già, strane riviste…
Judith ridacchiò da sola chiudendo la porta di casa, ripensando ai tempi dell’università: Sugimoto aveva nascosto delle foto imbarazzanti sotto il banco del povero John Lenders e per poco i professori non lo avevano scoperto. Era stata lei a salvare la situazione, infilandoli in fondo alla propria cartella come nulla fosse, mentre ribolliva di imbarazzo.
Sugimoto aveva avuto molte ammiratrici in gioventù, al contrario di John, la cui unica preoccupazione era il calcio, proprio come Mark.
Con malinconia, guardando il cielo, Judith ricordò gli svariati tentativi di Sugimoto di organizzare un appuntamento al suo grande amico John, il quale però aveva sempre rifiutato tutti gli inviti delle ragazze che gli presentava. Finché sulla sua strada non era comparsa quella giusta…



***


Kira arrivò a scuola con largo anticipo, aspettando nell’atrio vicino alle scarpiere di veder comparire Milly. La Benson arrivò insieme alla prima ondata di studenti, i ‘puntuali’. Alla Toho c’erano quattro categorie di alunni: ‘gli stakanovisti’, quelli che entravano a scuola quasi prima dei professori; ‘i puntuali’ delle otto del mattino; ‘i ritardatari’ delle otto e mezza passate, e infine ‘i senza speranza’, che raggiungevano margini di ritardo al limite delle possibilità umane. Una volta, Kira aveva fatto parte di questa categoria; ora riusciva a svegliarsi ad un orario decente, anche se qualche volta il suo ago della bilancia pendeva ancora dalla parte dei ritardatari.
Quando vide Milly entrare avanzò verso di lei con calma innaturale. L’amica si era fermata a cambiare le scarpe, ridendo con Erika e Fuyumi, due compagne del pattinaggio.
«Micchan, posso parlarti?»
Milly si voltò, spegnendo il sorriso. A disagio distolse lo sguardo, ignorandola. Kira ci rimase malissimo, ma in fondo cosa si aspettava? Un benvenuto con tanto di festoni?
«Per favore» riprovò. «È importante. Riguarda la nostra discussione di ieri»
Le altre ragazze schizzarono via per lasciarle sole, bisbigliando tra loro: «Te l’avevo detto che era successo qualcosa…»
Milly continuava a tenere ostinatamente lo sguardo sul pavimento. Kira rimase in piedi davanti a lei, immobile ad aspettare.
Milly sospirò. «E va bene. Parla, dai»
Muovendo un paio di passi in avanti, Kira l’abbracciò.
Milly si ritrovò controvoglia le sue braccia avvolte attorno al corpo. Fu colpita da quel gesto ma anche infastidita.
«Scusami, non avevo idea che fossi ancora innamorata di Mark» esordì Kira in tono accorato. «Capisco che il mio comportamento ti infastidisca, però non voglio che smettiamo di essere amiche e…ti prego, non chiedermi nemmeno di smettere di essere amica di Mark»
Milly sciolse l’abbraccio con un gesto di stizza. «È così che pensi di risolverla? Venendo a dettare le tue condizioni?»
«No, io…»
«Vedi come sei fatta? Sei egoista! Purtroppo, questa è la base dei tuoi difetti, Kira: tu non hai pensato a me quando hai cercato una soluzione, hai pensato solo a tuo vantaggio»
«Se sono qui è perché ci ho pensato a te, invece! Altrimenti me ne sarei fregata!» si infiammò Kira, le guance arrossate. No, decisamente non era così che aveva immaginato di parlare con Milly. Doveva cambiare atteggiamento. Era chiaro che Micchan fosse adirata e anche lei doveva placare la propria rabbia o sarebbe tornata punto e a capo.
«Puoi lasciarmi finire prima di trarre conclusioni? Per piacere»
Milly stava per andarsene ma decise di darle un’altra opportunità.
«Sì, forse sono un po’ egoista, non lo nego» ammise Kira, «ma prova a metterti nei miei panni»
«Non posso farlo. Io non sono te» rispose Milly, risoluta.
«Lui è mio amico, esattamente come lo sei tu!» specificò Kira in tono vivo. Milly metteva alla prova la sua pazienza. «Scusami per averti dato un’impressione sbagliata. Sei arrabbiata e lo comprendo, ma credimi quando ti dico che le tue paure sono infondate»
L'unica reazione di Milly fu rimanere ferma e in silenzio. Vagamente incoraggiata dal fatto che fosse disposta ad ascoltarla, Kira proseguì. «Il motivo per cui Mark mi ha accompagnata fuori da scuola è perché c’è un ragazzo che mi segue di continuo e io mi sono un po’ allarmata; così gli ho domandato di aspettarmi per fare la strada insieme»
Milly si portò una mano al mento, riflettendo. «Era questo il favore che gli avevi chiesto?»
«Sì». Kira si concesse un mezzo sospiro. «Solo questo»
«È stato gentile»
«Sì, beh… diciamo che gli scoccia ma lo fa perché lo obbligo». Kira tentò di ridimensionare la realtà, trascurando con tutte le forze il fatto che era stato Mark a chiederle, con aria preoccupata, di avvertirlo se Darren l’avesse infastidita di nuovo… Non c’era bisogno che Milly sapesse anche questo. «E poi sai, con quella faccia burbera, Lenders fa paura a tutti»
Milly stirò le labbra in un sorriso.
«Micchan…perché non mi hai detto prima come ti sentivi?»
Quando parlò, Milly lo fece meno freddamente. «Non credevo che il vostro legame fosse già così forte. Credevo non vi sareste più parlati. Ne ero assolutamente convinta»
“E ne avresti gioito” pensò Kira, ma si frenò da pronunciarlo.
«Mi sono sentita inadeguata quando lui mi ha cacciata via in quel modo brusco, ed ero arrabbiata con te perché non avevi fatto nulla per impedirlo» continuò Milly. «Nemmeno io vorrei essere costretta a questo, ma tu non capisci! L’ho osservato e ho ascoltato i suoi discorsi da lontano per un anno intero; sono andata a vederlo giocare tutte le partite, cercando di trovare il coraggio di farmi avanti una seconda volta però…non mi ha nemmeno notata. Per lui non esisto. Non esiste nessuna…ma ci sei tu»
«Oh, Milly, ti prego…»
«Davvero non lo hai capito?»
«Che cosa?». Kira mostrò le mani come a dire che no, non capiva.
«Tu gli piaci!»
«Ma non è vero!»
«Certo che è vero! Per questo non ti credo quando mi dici che tra voi non c’è nulla»
«Non da parte mia!»
«Ma dalla sua?» insisté Milly. «Ti ha mai sfiorato il pensiero che Lenders possa essere interessato a te?»
L’aveva mai sfiorata il pensiero?
No, si rispose Kira.
«Credo tu stia confondendo l’affetto con l’amore, Micchan». Era un concetto semplicissimo, come poteva non capire ancora?
«Tu mi giuri che non provi nulla per lui?»
Kira alzò le mani in un gesto esasperato, facendole ricadere lungo i fianchi. «L’altro giorno mi ha minacciata di gettarmi da una discesa! Secondo te potrebbe piacermi uno così? O piacere io a lui?»
Milly piegò il capo. «Allora mi scuso anch’io per averti aggredita, ieri»
Un ‘però’ aleggiò nell’aria, inespresso. Milly avrebbe voluto delle prove, Kira lo sapeva. Capì la necessità di doversi comportare diversamente d’ora in avanti: se si fosse presa meno confidenza con Mark, lei e Milly sarebbero rimaste amiche. Non era quello che desiderava, l'affetto per il capitano della Toho si opponeva alle sue decisioni, ma curarsi del prossimo era giusto e voler bene a una persona significava impegnarsi a far questo, rinunciando a qualcosa. Lei non si era curata di Milly, sottovalutando i suoi sentimenti e bisogni.
Quando suonò la campanella, Kira si trascinò su per le scale in cerca di Jem. Voleva aggiornarla subito sugli sviluppi. La incrociò sul pianerottolo, sul quale si fermarono per parlare con calma.
«Quindi siete tornate amiche?» chiese la Edogawa in tono poco convinto.
«Credo…boh, non lo so. Micchan ha detto di aver bisogno di un po’ di tempo»
«Per cosa?»
Kira mosse le spalle. «Più di questo non so che inventarmi». Forse Milly voleva che srotolasse uno striscione dal tetto della scuola con scritto ‘non mi piace Mark Lenders’?
No, non le piaceva Mark, le piaceva stare con Mark, erano due cose diverse.
La sua compagnia non era sempre delle migliori, ma averlo accanto ogni giorno la stava aiutando ad assimilare e accettare molte cose che prima aveva detestato. Ora capiva il motivo per cui lui stava sempre per conto suo: non perché fosse un asociale, ma solo perché era un ragazzo introverso. Non amava il caos, Mark, e benché lei fosse abbastanza socievole, talvolta condivideva questo bisogno di rifuggire la massa. Non badava più nemmeno al suo muso lungo, poiché aveva capito che certe persone non possono cambiare, sono fatte in un certo modo e basta; proprio come a lei era impossibile mutare il proprio aspetto.
Chissà se lui aveva imparato a capirla a sua volta?
Piena di buoni propositi, da quel giorno Kira si impose di iniziare a comportarsi come le altre ragazze: mantenendo le dovute distanze dai compagni maschi, quindi anche anche da Mark. Ciò andava contro la sua voglia di scherzare con lui, contro il proprio carattere e le propria indole. Ma doveva pur sacrificare qualcosa per riavere Milly.

***


«Non dev’essere male. Ci vuoi venire?» chiese Mark a Ed mostrandogli i biglietti del Luna Park, mentre aspettavano il suono della campanella davanti alla 2°A.
«Mi spiace, capitano, questa domenica ho in programma di uscire con i miei» si scusò Ed con aria dispiaciuta.
«Ah, va bene. Non importa…»
Warner incrociò le braccia e rifletté. «Potrei liberarmi prima e raggiungerti. Ovviamente pagherei il biglietto, ma non è un problema. Perché tu non lo domandi a Danny? O alla Brighton»
Mark annuì, rigirandosi il biglietto tra le dita. «Ci stavo pensando...no, aspetta, perché a Kira?»
«Così…»
«No» disse Mark, secco, fissando con più insistenza i biglietti che ancora teneva in mano. Avrebbe anche potuto, però…
«Hai ragione, meglio di no» convenne Ed. «Se la invitassi si saprebbe e tutti potrebbero pensare che avete un appuntamento»
Ecco… «Un momento: chi direbbe che abbiamo un…» Mark non riuscì a pronunciare l’ultima parola.
«Le tre fondatrici del nostro fanclub» rispose Ed come se fosse una cosa ovvia. «L’altro giorno vi hanno visti fare la strada insieme e ne è sorto un caso di stato»
Mark fece una faccia smarrita.
«Non lo sai?»
«Cosa?»
«Cavolo, capitano, ma dove vivi?»
«Cosa vuoi che me ne freghi di quello che fanno quelle galline!» esclamò Mark, infastidito dall’idea di essere stato spiato.
«Dovresti avere un po’ più di considerazione per le tue fans…» sospirò Ed, sconsolato.
«Sì, sì, va bene, ma cosa dicono? Si può sapere?»
«Le solite cose… fanno congetture sul se siete semplici amici o no. Roba così»
Roba così… ci poteva essere molta roba così nella testa della gente, soprattutto nella mente contorta di un trio di ragazzine in piena crisi ormonale. Mark sudò freddo: e se Kira avesse pensato male? Se avesse frainteso qualcosa? Forse era per quel motivo che l’altro giorno lo aveva lasciato a metà strada…
«L’hanno anche messo sul giornale della scuola…»
«COSA?!» Con uno sguardo omicida divampante, Mark afferrò il povero Ed per il colletto della giacca.
«Scherzo, capitano! Stavo solo scherzando…». Il portiere alzò le mani in segno di resa.
«Deficiente!» Mark lo lasciò andare, sbuffando come una belva inferocita. «Ci manca solo questo…»
«Warner, dobbiamo andare in aula» li interruppe Jem Edogawa arrivando dal corridoio. «Sei il capoclasse, devi tenere la riunione del mattino» (1)
«Vengo subito» ripose il portiere. «Intanto fammi un favore: vai avanti e inizia a scrivere alla lavagna i turni di pulizia di oggi»
«Va bene» Jem fece un inchino per salutare Lenders, poi entrò nella 2°B.
«Sei stato eletto capoclasse?» domandò Mark con l’aria di chi ha appena annusato un odore sgradevole.
«Non è la fine del mondo». Ed non sembrava dispiaciuto. Se l’era aspettato dopotutto, visti i suoi voti eccellenti.
«Non stai facendo un po’ troppe cose, nell’ultimo periodo? Gli allenamenti, il doposcuola, il capoclasse…»
«Mi hanno eletto a tradimento» spiegò il portiere con un sorriso disteso. «Comunque c’è la Edogawa a darmi man forte: è la mia vice e ha un ottimo senso dell’organizzazione»
Mark alzò un sopracciglio.
«Che c’è?» fece Ed.
«No, niente. Ma come farai quando inizierà il campionato?»
«Sì, ci ho pensato…» annuì il portiere. «Dovrò farmi sostituire. Tutto dipenderà da come riuscirò a gestirmi»
In fondo, Ed non aveva mai aspirato ad essere capoclasse. Non si era nemmeno candidato alle elezioni. Anche lo scorso anno gli era stato proposto, ma aveva sempre rifiutato per via degli impegni sportivi. Quando sarebbero cominciate le eliminatorie di campionato sarebbe stato sul campo praticamente da mane a sera. La seconda sconfitta consecutiva bruciava ancora, doveva impegnarsi a fondo…
Fortuna che c’era Jem Edogawa ad aiutarlo. Lei era veramente brava a coordinare la classe. Chissà, avrebbe potuto passare a lei il ruolo... no, meglio di no... anche Jem aveva il suo daffare con il club di pattinaggio. Eppure era convinto che lei potesse destreggiarsi tra le due cose molto meglio di lui.
«Credo che Lenders abbia ragione» esordì Jem quando Ed terminò di parlare alla classe, istruendoli sui nuovi turni di pulizia. «Sai, a proposito del tempo a tua disposizione»
Il portiere sollevò lo sguardo dal diario di classe che stava aggiornando, la penna a mezz’aria.
«Non volevo origliare, ma ero lì…» si scusò Jem.
«Già, non ha torto». Ed si adagiò sullo schienale della sedia. «Stavo pensando di passare le mie mansioni a qualcun altro, infatti»
«Ma sei stato eletto da pochissimo! Vuoi già lasciare?»
«Non ho detto che lascerò il ruolo di capoclasse, solo che ho intenzione di non occuparmene per un po’»
«Le eliminatorie più campionato durano circa tre mesi» osservò Jem.
«Sei un tipo attento» la lodò Ed, vedendola rispondere al suo sorriso compiaciuto.
«Abbastanza» rispose la ragazza. «Allora, come farai?»
«Beh, contando che a luglio inizieranno le vacanze estive, mi assenterò si e no per quattro settimane. Tu ce la faresti a sostituirmi fino alle vacanze?»
«Io?» chiese lei, sorpresa.
«So che hai gli allenamenti di pattinaggio e che vi state preparando per la festa dello sport, ma non saprei a chi altro chiederlo: penso tu sia la più adatta a ricoprire questo ruolo»
Jem ne fu lusingata, ma… «Siamo in venticinque in classe, c’è un mucchio di gente a cui chiedere. Ad esempio ad Aono: lei è il segretario, ma sono sicura che potrebbe essere un buon sostituto capoclasse e…» Jem celò una smorfietta fingendo di grattarsi il viso, «e sono più che convinta che non ti direbbe di no»
Ed non nascose il proprio compiacimento, passandosi una mano tra i lunghi capelli neri. «Non sarebbe giusto scegliere la Aono solo perché è una mia fan»
Jem arricciò il naso. Vanitoso…
«Potresti chiederle di affiancarti e assumere il tuo ruolo di vice», insisté Ed. «La verità è che non mi sento tagliato per questo ruolo» ammise con tranquillità.
«Sei il secondo miglior studente della Toho» replicò Jem, come se quello bastasse a renderlo idoneo. «Se rinunci, i professori potrebbero averne a male e non fidarsi più di te né del tuo giudizio. Lo stesso i nostri compagni»
Lui si accigliò. «Stai dicendo che dovrei fare qualcosa che non mi piace per far contenti gli altri?»
Jem gli posò sul banco un plico di compiti in classe da consegnare al professor Holland. «No, solo che non vorrei si pensasse questo se tu dovessi lasciare il ruolo a qualcun altro»
«Non mi interessa quello che dicono gli altri. Se non mi va di fare una cosa non la faccio»
Jem rimase molto colpita dalle sue parole. Poteva giurare che fosse in quel modo che ragionasse Lenders, ed era così che certe volte ragionava Kira. Ma se Kira era spesso costretta a cedere e abbassare il capo per via di sua madre, Ed e Mark si facevano seriamente un baffo del parere altrui. Jem non riusciva a concepire l’individualismo come qualcosa di positivo. C’era il rischio di venire etichettati, emarginati. I professori scoraggiavano quel tipo di atteggiamento.
Per questo che non riusciva ad andare d’accordo con quei ragazzi, mentre Kira si accordava perfettamente al loro pensiero. Ecco perché era diventata loro amica, ed ecco perché lei non ci sarebbe riuscita mai.
«Ti darò una mano» acconsentì ugualmente, «ma vedi di non gettare tutto il carico su di me»
«Ti ringrazio, Edogawa» esclamò Ed, alzandosi dal banco per andare a sistemare i compiti dentro il cassetto della cattedra.


***


Quando Mark entrò in aula, il banco di Kira era ancora vuoto.
Ritardataria…
Lei entrò dopo un paio di minuti a passo lento, gli occhi al pavimento come fosse assorta in gravi pensieri.
«Buongiorno» lo salutò senza sorridere.
«Buongiorno. Di umore nero anche stamani?»
«Ti prego non chiedermi niente» fece lei sedendosi.
«Ancora problemi con la tua amica?»
«Ti ho detto di non chiedere…»
Si fissarono un momento, entrambi con la medesima espressione: sopracciglia incurvate, fronte aggrottata.
«Piuttosto, come va la gamba?» domandò lei poco dopo.
«Bene. Non fa più male. La tua ferita?»
«Prude» fece Kira, strofinandosi il cerotto sul mento. «Non vedo l’ora di toglierlo»
«Peccato, sei carina con quella roba» scherzò lui.
«Uffa…»
Mark ci rimase quasi male. Non ribatteva? Doveva preoccuparla qualcosa di molto serio se non aveva nemmeno la voglia di rispondere. C’era la possibilità che si trattasse davvero di un grosso litigio.
«Oggi ti devo aspettare al cancello?»
«Ehm…» Kira ci pensò per un lungo istante. Cosa fare? «…no. Oggi vado via con Jem. Scusa». Non poteva farsi accompagnare, lo doveva a Milly.
«Okay, tranquilla. Non abbiamo un contratto». Se preferiva andare con le amiche, a lui cosa importava? Era giusto. «Quel tipo non ti ha più infastidito?»
«Negli ultimi giorni non l’ho visto. Comunque, se sono con qualcuno non mi parla»
«Ah, perfetto». Mark aprì il quaderno di giapponese, chinando il capo sugli esercizi.
Kira si morse il labbro inferiore. Non le era dispiaciuto dire di no a Mark…vero? Il piccolo buco allo stomaco non era niente, solo fame… Insomma, non significava troncare nuovamente ogni rapporto con lui, anche perché sarebbe stato impossibile dato che erano compagni di classe e di banco. Si sarebbe limitata ad essere semplicemente quello: la sua compagna di banco.
Però…
«Davvero non preferivi tornare con lui?» disse Jem mentre uscivano da scuola quel pomeriggio.
«Oggi volevo far felice Micchan» rispose Kira in sella alla sua bici, voltando appena la testa per rispondere a Jem seduta sul portapacchi dietro di lei.
Quand’era suonata la campanella alla fine delle attività di club, le tre amiche si erano fermate un momento a parlare all’uscita. Di lì a un attimo, Mark aveva risalito il cortile e l’aveva salutata con un breve sorriso dei suoi. Kira aveva risposto incerta al saluto, per poi ritrovarsi a incrociare lo sguardo implorante di una Milly dagli occhi lucidi. ‘Hai promesso’ sembravano dirle, così aveva distolto in fretta lo sguardo da lui per evitare che si scatenasse una lite sul posto. In quel momento, Milly era molto vulnerabile.
Ci aveva riflettuto tutto il giorno, continuando a cambiare idea, ma ora se ne stava convincendo: avrebbe dovuto fare una scelta. Non voleva rinunciare a nessuno eppure doveva mettere qualcuno al primo posto.
«Kira, sei sicura che giusto comportarsi in questo modo?»
«Non voglio più litigare con nessuno dei due, Jem» rispose Kira, stringendo le mani sul manubrio della sua bici.
«Lo so, ma non penso vada bene negarsi a ogni costo la compagnia di una persona solo per farne felice un’altra. Ci deve essere una soluzione alternativa»
«Sei fuori strada, J-chan, non mi sto negando a Mark. Sto solo cercando di ridimensionare le cose»
Jem prese un respiro, rilasciandolo lentamente mentre puntava lo sguardo sulle case che sfrecciavano davanti a loro.
Jem capiva il suo conflitto: Kira voleva bene a Lenders ma l’ultimatum di Milly era stato una pugnalata al petto. Non avrebbe mai tradito un’amica, anche se fosse stata pazzamente innamorata di Mark; piuttosto si sarebbe fatta del male per rispetto a Milly.


***


Da alcuni giorni, Kira si comportava in modo strano. C’era qualcosa che non andava, solo che Mark ancora non capiva cosa fosse.
Entrava in classe ogni mattina salutandolo come al solito, ma appena lui domandava come andavano le cose, lei si stringeva nelle spalle e diceva che era tutto a posto. Non gli aveva più chiesto di aspettarlo per accompagnarla; alla fine dei rispettivi allenamenti si incrociavano e salutavano, poi lei prendeva la scusa di dover tornare a casa prima o se ne andava di fretta insieme alla Edogawa e qualche volta anche alla Benson. Vedendole nuovamente tutte insieme, Mark intuì che le cose con ‘la sua amica’ dovevano essere risolte. Con chiunque delle due avesse litigato, ora sembravano andare d’amore e d’accordo.
A quel punto, il malumore di Kira doveva essere legato a qualcos’altro. Ma di qualunque cosa si trattasse, doveva essere colpa sua.
Se quella situazione si fosse presentata un anno addietro, Mark avrebbe reagito diversamente ma, ora come ora, era troppo turbato per incollerirsi. Lo fu soprattutto nel momento in cui Kira smise di rispondere a tono alle sue provocazioni.
«Sei riuscito a finire gli esercizi di scienze naturali?» chiese lei un giorno, aprendo il quaderno. «Perché io no»
«Sì, li ho finiti. Non erano difficili»
Kira lo fissò come fosse un mostro alieno. Rispetto a lei, Mark in quella materia era un genio.
«Se Shimada ci chiede di controllare i quaderni, sei fottuta» disse lui.
«Lo so…» Kira poggiò la fronte sul banco.
Mark sbuffò allungando una mano. «Che scocciatura! Dà qua».
Lei rialzò la testa. Aveva il disperato bisogno di finire quei dannati esercizi, però…
«Ehm, no, non fa niente», rifiutò con debole fermezza. «Sarà meglio che ci provi da sola». Aveva deciso solo pochi giorni prima di mantenere una certa distanza da lui, per Milly, non poteva già mandare all’aria i piani.
Kira mise il gomito sul banco, posando il viso alla mano destra e afferrando la penna con la sinistra. «Con lo studio non ho problemi, ma da quando abbiamo iniziato con le equazioni e i grafici non ci capisco niente. Non ti sembrano esercizi troppo difficili per noi di seconda?»
Mark l’ascoltò a metà. Allungò un braccio e lo posò sullo schienale della sua sedia. «Perché mi eviti, Kira?» domandò a bruciapelo.
La vide aggrottare la fronte, concentrata sui compiti arretrati. «Non ti sto evitando»
«Allora perché non vuoi che ti aiuti?»
«Perché voglio riuscirci da sola»
«Non parlo solo degli esercizi»
«E di cos’altro?» chiese ancora lei, cancellando il primo errore.
«Perché non mi dici cosa c’è che non va?»
Lui non era arrabbiato né seccato e questo spinse Kira ad allentare la corda. «Ci sono stati dei problemi con una mia amica, te l’ho detto. Sono un pochino in ansia per questo, ma ora va meglio»
Kira non voleva che Mark scoprisse. Che avrebbe potuto fare, lui? Nulla. Lei doveva continuare su quella strada almeno finché…
Già, fino a quando? Quand'è che Milly si sarebbe definitivamente convinta che erano solo amici?
«Non sei sincera» proseguì Mark, insistente.
«Come, scusa?»
Lui spinse la sedia verso di lei, la schiena piegata, un braccio sempre sullo schienale della sua sedia, l’altro sulle ginocchia. «La timidezza non fa parte di te. Sei un tipo diretto, fin troppo a volte, e sei l’unica ragazza che riesce a guardarmi dritto negli occhi quando mi parla. Non lo fai più. Perché?»
Kira posò la penna, prese un respiro e alzò gli occhi su di lui. «Ora ti guardo, sei contento?»
Dalla posizione assunta da Mark, lei lo sovrastava di pochi centimetri. La fissò, Kira fissò lui. Non un’ombra a scalfire lo sguardo d’intesa.
«Perché pensi che sia colpa tua?» gli chiese.
«Perché di solito sono io che ti faccio incazzare»
Lei alzò un sopracciglio. «Ti piace proprio questa parolaccia, eh?»
Mark piegò la testa sbuffando una risatina, risollevandola subito dopo. «Però è vero che il più delle volte la colpa è mia»
«Sì, è vero. Ma stavolta no». Inesatto, poiché la causa del malcontento comprendeva il tenerlo distante: una regola che si era autoimposta ma che rifletteva soltanto i desideri di Milly, non i suoi. «Dai, Mark, non ci pensare troppo. Non ho niente»
Lo credeva tanto ingenuo? «Non sei sincera quando dici che non hai niente» ripeté lui. Non era una brava attrice e il suo strano comportamento degli ultimi giorni parlava da sé.
«Non mi conosci così bene da capire se sono sincera o no» rispose tranquilla.
Ah, sì? «È un’ipotesi o un’ammonizione?» chiese Mark, altrettanto pacato.
«Un’ipotesi»
Era cosa rara sentirlo parlare così, un’ottava più bassa del normale. Non le si era mai rivolto con quella calma ponderata, Kira pensava non fosse nella sua indole. Era abituata a sentirlo alzare la voce, arrabbiarsi… Ma in quel momento sembrava davvero inquieto; non infastidito, proprio inquieto.
«Veramente ti preoccupi per me?»
Veramente devi essere sempre così dannatamente diretta?, pensò Mark. Crebbe l’imbarazzo ma riconobbe la veridicità della domanda. Spezzò il contatto visivo per primo, picchiettando le dita sullo schienale della sedia di Kira. Non rispose, non c’era bisogno.
«Beh, grazie» disse lei, posando la mano su quella di lui per un secondo soltanto.
Gli occhi di Mark si concentrarono in quel punto; troppo tardi, perché era già scivolata via. La guardò e incontrò un sorriso disteso, il calore di una mano estranea ancora sulla propria.
«Sei mia amica, Kira». Mark supero l’intoppo e riprese il solito sguardo accigliato. «Cerco solo di capire cos’hai»
«Va bene». Le aleggiò un altro sorriso sulle labbra. «Ora però torna a fare l’antipatico. Mi riusciva più facile parlare con la personalità burbera»
Mark emise uno sbuffo secco. Raddrizzò il busto di scatto e si mise a rovistare nella cartella, mentre lei lo osservava curiosa. Poi le allungò sul banco un biglietto spiegazzato. Lo portava a presso da giorni.
Kira lo prese tra le dita cercando di lisciarlo. «Che cos’è?»
«Un biglietto per il Luna Park, non lo vedi?»
«Sì, ma…perché lo dai a me?»
«Ecco…» Mark tossicchiò. «Li hanno dati a mia madre al lavoro, tre in tutto. Un biglietto vale per due persone»
«Oh, gentile da parte tua regalarmelo. Potrei invitare Jem»
Cos…? «Io sto invitando te, cretina! E metà di quel biglietto è mio!» Mark sbatté un pungo sul banco, facendo sobbalzare i due compagni davanti a loro.
Kira scoppiò in una risata. «Ti sto prendendo in giro! L’avevo capito!»
Mark si calmò, sentendo subito il bisogno di chiarire il punto. «Mi mancava una persona per arrivare a sei, per questo te l’ho dato»
«Non è granché carino invitarmi solo per arrivare al numero giusto» ribatté Kira facendo un finto broncio. Ma dentro si era già entusiasmata.
«Ci verresti?» le chiese Mark apertamente. Non gli aveva ancora risposto.
«Sì! Adoro i parchi a tema! Quando ci andiamo?»
«Questa domenica, se non hai impegni»
Kira scosse il capo. «Domenica va bene».
La preoccupazione stava quasi fuggendo via da lei, quando un’ondata di biasimo le invase lo stomaco. Non doveva accettare. Mark si stava preoccupando per lei ma lei non si stava preoccupando per Milly, di nuovo! Si stava disinteressando della sua amica e pensava solo a sé stessa.
Ma se non avesse accettato, anche Mark si sarebbe risentito. Era stato carino a preoccuparsi, a osservarla per capire cosa l’amareggiasse. Era stato…dolce.
«A chi hai dato gli altri due biglietti?»
«A nessuno. Li useranno mia madre e i miei fratelli» rispose lui in tono spiccio.
Kira fissò il cartoncino che aveva tra le mani. «Toglimi una curiosità»
Lui ascoltò.
«Perché non hai invitato Ed o Danny al mio posto?»
Ah… Mark si portò una mano sulla nuca. «In realtà l’ho fatto, ma nessuno dei due poteva»
«Quindi sarei un rimpiazzo?» Scemo. Poteva anche non dirglielo con tanta indifferenza.
«No, una degna sostituta» disse lui.
Sostituta? Però aveva detto ‘degna’… «Mm…»
«L’ho fatto per tirarti su di morale, stupida» sbuffò Mark, voltandosi verso la finestra. Che permalose scocciatrici le ragazze… non capivano mai niente!
«Ehm, senti...»
«Che vuoi?» La guardò. Lei aveva sollevato il quaderno all’altezza del viso e lo spiava da là dietro con occhi imploranti.
«Non è che mi aiuteresti a finire questi esercizi prima che arrivi il prof?»
«Rompiballe…» sbuffò ancora lui, strappandoglielo di mano. «Te li scrivo a matita. Poi ripassali a penna con la tua calligrafia e cancella tutto, altrimenti ti beccherà subito»
«Grazie! Mi sdebiterò, lo prometto» Kira unì le mani e chinò la testa.
Mark le lanciò uno sguardo. «Sdebitati tornando la Kira di sempre. Non ti si addice il ruolo dell’eroina triste. Non siamo in uno shojo manga»
«Che hai contro gli shojo manga? A me piacciono». Kira gli allungò un calcetto sotto il banco, osservandolo scrivere per alcuni secondi in silenzio. Sorrise.
Per quanto brusco, Mark Lenders era un bravo ragazzo.




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Note:
  1. In Giappone, ogni mattina viene tenuto un discorso dal capoclasse per decidere o ricordare le varie mansioni giornaliere. Ogni classe deve avere un capoclasse, un vice-capoclasse, un segretario, uno o due contabili, più altri vari ruoli organizzativi ricoperti da un membro della classe. Tutti gli studenti sono tenuti a far parete di un comitato: di pulizie, di disciplina, di biblioteca, di giornale ecc… Ogni capo delle ‘squadre-comitato’ di ogni classe compone il Comitato della scuola, del quale uno solo tra tutto gli studenti è il presidente, affiancato dal vice-presidente, uno o due segretari, uno o due contabili, che vengono scelti con elezione ogni anno. Sono tutte piccole responsabilità che aiutano i giovani a prepararsi alla vita. Il discorso vale a partire dalle medie, poiché alle elementari, tali compiti vengono svolti solo dagli studenti dal quarto anno in avanti.

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Avrei voluto intitolare questo capitolo ‘turbe mentali insensate di Kira che si incasina la via da sola’, ma non mi piaceva per niente xD Anche se, di fatto, è quello che fa. Ha una mente contorta ‘sta ragazza…se ci capite qualcosa voi, fatemelo sapere, ahahah!
Mi piace descrivere Mark in veste più ‘buona’ *^* Non avrei saputo come altro fargli invitare Kira, sotto sotto è timido, il ragazzo. Ah, perdonate certe uscite poco simpatiche del nostro capitano, come 'galline' XD Non è sua intenzione offendere nessuno, è solo Mark.
Immagino sarete già lì a gongolare al pensiero del primo appuntamento di Mark e Kira… furbette. Ho già in mente tutto per il Luna Park, ma non si anticipa niente. Tenete comunque presente che ci saranno anche mamma e fratellini Lenders, quindi non sarà un’uscita romantica (quando mai Mark fa qualcosa di romantico?) anche se un po’ di fluff sparso lo metterò lo stesso. E ricordate pure che in teoria – ma solo in teoria – Kira non avrebbe dovuto accettare. Sottigliezze… e altri casini in vista.
Vi avevo detto che avrei iniziato a parlare meglio anche di Ed ;) In questo capitolo vi è un altro piccolo assaggio. E Jem? Eehh, so che alcune di voi già li shippano, ma anche su questo non mi sbilancio.

E anche per questa volta vi devo lasciare. Grazie come sempre a tutte per ogni singolo momento e parola che spendete per me e la mia storia.

Un baciotto e a presto!
Susan
   
 
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