Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia.
UNDERNEATH
CAPITOLO 2
WHEN EVERYTHING’S NOT FINE AND
I’M NOT OKAY
These are the things
That I need to pray
‘Cuz I can’t find peace any other way
I’m a mess underneath
And I’m just too scared to show it…
When I’m with you – Citizen
Way
Il
giorno del funerale pioveva.
Era
una vera e propria tempesta, di quelle che spesso flagellavano le coste
della
California, ma ciò non aveva fermato la processione che,
uscita in ordine
dall'edificio principale della Fondazione, aveva guidato fino al
cimitero
privato della stessa – nel cuore verde della città
– e aveva preso sulle
proprie spalle la bara bianca che spiccava vivida nel mare di vesti
nere e
ombrelli del medesimo colore.
In
fila, ciascuno accanto a un collega, a un amico, il gruppo percorse in
silenzio
i viali silenziosi e pieni di fiori, silenzio rotto di quando in quando
da
qualche singhiozzo impossibile da trattenere.
Quelle
persone lì riunite non avevano perso soltanto una persona
cara, avevano perso
un fratello, un compagno stretto, un amico.
L'amore
della propria vita.
Dietro
al feretro – che veniva portato a spalla dalla Prima Squadra
Tattica, con
Anderson in testa, - camminava la Direttrice Webber e, accanto a lei, i
suoi
agenti migliori: lei stessa, teneva con forza la mano di Jack Dalton e
lo
guidava – quasi fosse stato un bambino – in
quell'ultima, struggente marcia per
dare addio ad Angus MacGyver.
Accanto
a lei, l'ex Delta camminava come un automa, pallido in viso e con
l'espressione
vuota di chi non aveva più niente per cui vivere.
Dopotutto,
lui aveva smesso di vivere la settimana prima, quando Mac gli era morto
praticamente tra le braccia.
"MAC!"
"Agente
Dalton, si sposti! Prendete il defibrillatore!"
"LASCIATEMI
PASSARE!"
"No,
agente
Dalton, ora non può an-"
"STIAMO
PARLANDO DEL MIO PARTNER! PENSA CHE IO POSSA RESTARE QUI SENZA FAR
NIENTE?!"
"So
che è
sconvolto ma-"
"Mi
lasci
passare!"
Jack
spintonò
via l'infermiera e si precipitò attraverso le porte a vetri,
ignorando le grida
di Riley alle sue spalle, prima di gettarsi sul lettino dove Mac era
abbandonato, immobile e pallido: con infinita delicatezza, mentre le
lacrime
gli affollavano gli occhi e una supplica gli saliva alle labbra, lo
strinse
forte a sé come se, così facendo, la vita potesse
restare ancorata a lui.
"Combatti,
piccolo, ti prego…" sussurrò con voce strozzata
Jack mentre gli
accarezzava i capelli.
Un
suono
penetrante e continuo riempiva la stanza del triage mentre la
dottoressa
Castillo si affannava attorno alla barella su cui era disteso e
osservava con
gli occhi sgranati l'ECG piatto: "Non riusciamo a rianimarlo, portatemi
quell'epinefrina, SUBITO!"
Con
le orecchie
piene del rumore del macchinario, Jack non realizzò subito
che la voce tremante
della dottoressa si stava rivolgendo a lui e non voleva neppure
realizzare cosa
significasse quello sguardo addolorato.
Non
voleva…
Non
poteva.
"Ora
del
decesso, 19:45."
Al
loro fianco, Riley e Wilt dividevano un ombrello e si tenevano per mano
come a
voler cercare conforto nella presenza l'uno dell'altro: fratelli nati
al
fiorire dell'infanzia, amici fraterni che avevano condiviso tutto,
Riley sapeva
che la morte di Mac – se aveva avuto un tale effetto su Jack
da farlo
collassare – doveva essere stata altrettanto dolorosa per
Bozer, che lei
cercava di sorreggere come una brava sorella avrebbe fatto.
Anche
lei era distrutta, ma sentiva di dover essere forte.
Almeno
lei doveva esserlo.
Ricordava
fin troppo bene la telefonata che Wilt aveva fatto a casa, poche ore
dopo
l'annuncio della morte di Mac: era stata la telefonata di un figlio che
chiamava i genitori per avvertirli della morte del proprio fratello.
Con
la mano di
Riley che stringeva la sua, Bozer emise un singulto strozzato nel
sentire la
voce della madre che lo salutava con calore: "Wilt, amore, come
stai?"
La
ragazza al
suo fianco scandì senza voce, soltanto con le labbra, un "va
tutto
bene", spingendolo a continuare: "C-Ciao mamma…"
salutò il
ragazzo con una voce talmente piccola e dimessa che la donna dall'altro
capo
della linea si allarmò all'istante, "Wilt, che è
successo?" chiese
lei con tono affrettato, "Stai bene?"
Incapace
di
mantenere oltre la facciata, il ragazzo scoppiò in lacrime,
i suoi singhiozzi
risuonavano in tutta la stanza operativa mentre Riley si mordeva il
labbro
inferiore per non urlare: "M-Mamma… M-Mac… M-Mac
non c'è più…
Non
le sarebbe
servita una cimice per sentire la risposta della signora Bozer: il
grido di una
madre addolorata era inconfondibile.
Quando
arrivarono al palchetto che era stato approntato per l'occasione,
Matilda fece
passare la mano di Riley in quella del padre adottivo e si
avviò, tra due ali
di folla silenziosa, verso di esso mentre la squadra di Anderson posava
la bara
nella piccola buca già scavata per l'occasione.
"È
davvero
un addio?"
si chiese Jack con la testa ottenebrata dal dolore: era davvero la
fine? Non
avrebbe più visto il sorriso che Mac riservava soltanto a
lui? Non avrebbero
più dormito assieme, uno sopra l'altro, per il desiderio di
stare vicini e
recuperare il tempo prezioso che avevano perso prima di fare il grande
passo e
scoprirsi innamorati?
"È
davvero
la fine, Mac?"
mormorò Dalton con il cuore pesante mentre l'anello che
aveva regalato
all'altra metà della sua anima gli pesava nella tasca della
giacca come un
macigno: "Volevo sposarti davvero,
Angus MacGyver, volevo renderti felice… Perché
non me l'hai permesso?"
Non
ebbe alcuna risposta, soltanto un tuono furioso in lontananza.
§§§
Buio.
Mac
sentiva la coscienza riempire nuovamente il suo corpo e la sua mente ma
la
testa pulsava troppo per potersi concentrare e capire dove si trovasse,
la
bocca era riarsa e sentiva che gli mancava l'ossigeno, come se non ce
ne fosse
abbastanza.
Tentò
di parlare, Mac, ma la sua lingua era troppo gonfia e i muscoli, di
qualunque
tipo fossero, erano paralizzati, perfino muovere le dita dei piedi gli
risultava
difficoltoso; ciononostante, cercò di esaminare
ciò che lo circondava con
l'ausilio dei sensi che ancora gli rispondevano, nella speranza di
sentire un
qualunque suono o percepire qualsiasi cosa che gli facesse capire dove
si
trovasse e, soprattutto, con chi avesse a che fare.
Debole
come un bambino appena nato, riuscì a malapena a toccare con
le mani il cuscino
di raso su cui era disteso, tastò la presenza del legno e
poteva sentirne
l'odore anche sopra di sé: per un istante, il cuore gli
schizzò in gola mentre
un'ondata di adrenalina gli percorreva il corpo, l'aveva già
sentito quell'odore,
tanti anni prima, quando sua madre era morta.
Era
l'odore di una bara.
Era
l'odore dei fiori che venivano deposti attorno al corpo del defunto.
Era
l'odore di un funerale, nella fattispecie del suo funerale.
Preso
dal panico, e ancora confuso dall'accaduto, sentì il cuore
battergli
forsennatamente nelle orecchie, ma – seppur con
difficoltà – richiamò alla
mente la voce di Jack che gli imponeva di calmarsi, anche in quel
momento il
suo pensiero andava al suo partner e, in un certo senso, ciò
lo rincuorò:
sapeva che Jack doveva essere nei paraggi, se davvero quello era il suo
funerale, per qualsivoglia motivo l'avessero ritenuto morto, Jack
doveva essere
lì, poteva ancora uscirne.
Poteva
ancora salvarsi.
Doveva
solo stare calmo.
"Piccolo,
respira a fondo e ascolta quello che ti circonda."
Imponendosi
di obbedire al Jack che gli aveva insegnato alcuni trucchi di
sopravvivenza dei
tempi della Delta Force, Mac calmò il proprio battito
cardiaco e si concentrò
sui rumori attorno a sé: sentiva delle voci attutite dal
legno, il picchettare
della pioggia sul coperchio, gli pareva di sentire la voce di Matty,
potente e
ferma. Quello oppure la sua mente gli stava giocando strani scherzi.
Non
ricordava assolutamente niente di come fosse arrivato lì ma
poco gli importava
in quel momento: tenne a bada la paura, Mac, la imbrigliò e
ne sfruttò
l'energia incanalandola nelle proprie mani, l'unico strumento su cui
aveva
sempre potuto contare e che, in quel momento, era la sua sola
possibilità di
salvezza.
Iniziò
a bussare.
"Ti
prego,
Jack… Trovami…"
§§§
Toc...
Toc...
Toc...
Jack
poteva giurare di sentire un rumore ritmico e costante provenire da
qualche
parte attorno a sé, non era la pioggia, ne era sicuro, ma il
calmante che Matty
lo aveva costretto a prendere prima del funerale gli ottenebrava i
sensi
altrimenti in forma perfetta.
Scrollando
la testa, optò per concentrare il proprio sguardo sul
singolo fiore bianco come
la neve che aveva depositato lui stesso sulla bara, depositata nella
buca
scavata di fresco, che custodiva il corpo della sua anima gemella, del
ragazzo
che amava più della sua stessa vita.
Di
quello che avrebbe voluto che fosse suo marito.
Nel
tentativo di trattenere le lacrime, si morse il labbro inferiore ma il
rumore
continuava e sembrava farsi sempre più insistente, al punto
che quasi copriva
il sermone di Matty, in piedi accanto ad Anderson sul palchetto.
Toc...
Toc...
Toc...
Ancora
quel suono.
Non del tutto convinto
che fosse soltanto nella sua testa, Jack distolse lo sguardo e
cominciò a guardarsi
attorno con circospezione, per capire chi stesse disturbando un momento
così
solenne e importante e prenderlo a calci nel culo, con la disperazione
che
provava e che gli riempiva la gola di acido.
Me
nessuno attorno a lui si muoveva, tutti erano attenti al discorso della
Direttrice e, per un attimo, con il vento nelle orecchie, Dalton si
chiese se
non stesse impazzendo.
"Cosa
c'è, Jack?"
La
mano di Riley si posò sulla sua con fare affettuoso e la
ragazza la strinse con
forza, come a voler trarne energia e determinazione.
Ma
Jack non riusciva a calmarsi mentre un pensiero ansiogeno si faceva
sempre più
strada nella sua mente: che fosse...?
Il
rumore continuava ma sembrava che solo lui potesse sentirlo, come se
qualcuno gli
stesse sussurrando all'orecchio una richiesta di soccorso proveniente
dal mondo
dei morti.
Una
richiesta che solo lui sentiva e che soltanto lui poteva esaudire.
Con
il cuore che gli rimbombava nelle orecchie, l'ex Delta sciolse la presa
della
mano di Riley e tese maggiormente l'orecchio, tagliò fuori
tutti gli altri
rumori e si concentrò solo su quello.
Finalmente
identificò da dove provenisse e sentì il cuore
fermarsi nel petto quando si
accorse che proveniva dalla buca che rapidamente si stava riempiendo di
acqua e
fango sotto l'acquazzone torrenziale.
Dalla
bara.
Con
uno scatto che spaventò tutti i presenti e un grido
strozzato nella gola, Jack
si lanciò nella voragine e batté più
volte i pugni sul legno, chiamando a gran
voce il nome di Mac: "Mac! Mac! Sei tu, vero?! Aspettami, sto
arrivando,
piccolo."
Matty,
presa di sorpresa, restò senza parole per un attimo ma fu
tra i primi a
gettarsi sul bordo della buca: "Dalton! Esci subito di lì!"
gridò la
direttrice mentre, attorno a loro, si scatenava il panico, "Jack, ti
prego..." supplicò Riley cadendo in ginocchio, "N-Non
è una
missione... S-Se n'è davvero andato...".
Tuttavia,
Dalton non li ascoltò e continuò a battere sul
coperchio, gridando tra le
lacrime: "No, lo sento! È ancora vivo e mi sta chiamando!
Datemi un piede
di porco!"
Gli
altri agenti e operativi della Fondazione parlavano gli uni sopra gli
altri
mentre la squadra tattica di Jack si organizzava per calarsi nella buca
e
tirare fuori il loro comandante: non era in sé, dal loro
punto di vista, era
sconvolto per la morte dell'agente M e dovevano aiutarlo, prima che si
facesse
del male.
"Resisti
Mac, sto arrivando. Non vogliono aiutarmi, non importa. Tu
tirerò fuori, fosse
anche l'ultima cosa che faccio..." mormorò l'uomo,
accarezzando il legno
della cassa con un tale amore da essere quasi doloroso.
Dopo
aver posato le mani sui bordi della bara in corrispondenza delle
cerniere di
chiusura, Dalton iniziò a tirare: con i muscoli che gli
dolevano a ogni
strattone, le energie che rapidamente si esaurivano, non smetteva un
attimo di
sussurrare parole di conforto al vento nella speranza che Mac lo
sentisse e si
tranquillizzasse, stava arrivando e l'avrebbe portato a casa.
Dopo
qualche minuto, le cerniere iniziarono a cedere, lui sbuffava e
ansimava ma non
si sarebbe dato per vinto.
Avrebbe
tirato fuori Mac e l'avrebbe portato al sicuro, una volta di
più e questa volta
era quella più importante.
Quando
il coperchio cedette con uno schianto sordo, il team di Jack si stava
preparando a scendere ma venne bloccato dagli occhi azzurri come il
mare e
velati come una giornata di primavera che ricambiavano il loro sguardo.
Occhi
che, prima della chiusura della bara, erano chiusi.
Occhi
che si muovevano irregolarmente per focalizzarsi sul viso coperto di
lacrime di
Jack.
Mani
che, pallide, si muovevano appena sul cuscino bianco dell'interno.
Le
mani e gli occhi di chi era ancora innegabilmente vivo.
Mentre
le persone attorno alla buca erano paralizzate dallo stupore, Jack si
chinò sul
ragazzo disteso e gli posò un bacio sulla fronte e sulle
labbra con tutto
l'amore che gli eruttava dal petto prima di chiudere gli occhi e
abbandonarsi
al pianto che minacciava di strozzarlo.
Jack
cadde in ginocchio stringendo la mano di Mac come fosse stata la sua
ancora e
mormorando parole sconnesse, ringraziamenti e promesse.
"Ti
riporto a casa, piccolo... Questa volta davvero..." sussurrò
Dalton mentre
si rialzava in piedi, seppur barcollante; passandogli le braccia sotto
il corpo
magro, Jack lo sollevò e gli fece poggiare la testa sul
proprio petto, petto
che minacciava di esplodergli per l'emozione e il dolore, mischiati
insieme in
un mix letale e al contempo catartico.
Mac,
ancora paralizzato, chiuse gli occhi per un istante, rinfrancato dal
calore del
corpo del proprio partner e rassicurato dalla sua presenza: voleva
parlare,
dirgli un sacco di cose, dirgli che lo amava e che non sapeva come
ringraziarlo
per averlo salvato ma qualunque cosa lo avesse ridotto così
gli impediva di
emettere il minimo suono.
Esausto,
si limitò a restare immobile, affidandosi a Jack per
sopravvivere.
"Matty!
Un'ambulanza! E una corda per aiutarmi a uscire!"
I
suoi ordini abbaiati come quando erano sul campo riscossero la squadra
tattica
che, in pochi secondi, aveva calato uno dei membri con un'imbragatura
per il
comandante: "Dia a me l'agente MacGyver." disse lui, guadagnandosi
un'occhiata che, se avesse potuto uccidere, lo avrebbe lasciato
stecchito al
posto dello stesso Mac.
Con
un tremito, il soldato si affrettò a sistemare lui stesso
l'imbracatura attorno
alle gambe di Dalton e, pochi secondi dopo, erano di nuovo in
superficie, con
il corpo di Mac tra le braccia e circondati da numerosi agenti armati e
pronti
a difendersi, sotto la pioggia e il vento che ululava tra gli alberi.
Matty
si fece strada tra i suoi uomini seguita da Riley e Bozer, entrambi
scossi e
con gli occhi pieni di lacrime, e sfiorò con la punta del
dito la fronte
pallida del suo geniaccio preferito: "Biondino, fammi un altro scherzo
del
genere...".
“Matty...
Dobbiamo portarlo..." tentò di dire Jack ma la donna lo
interruppe con un
gesto della mano: "Sta arrivando una squadra dalla Fondazione per
portarlo
al Nido, e questa volta voglio che tu, Dalton, vada con loro e non
tornerai a
casa prima che lo abbiano dichiarato fuori pericolo e non abbiano
capito cosa
sia successo."
"Scherzi,
Matty? Io non mi muovo dal suo fianco finché non riprende a
camminare,
figuriamoci se lo lascio solo."
Cullando
Mac tra le braccia come un bambino, Jack gli mormorava qualcosa
all'orecchio,
del tutto isolatosi dal mondo esterno e unicamente concentrato sul
corpo tra le
sue braccia.
Poteva
essere simile alla scena che aveva preceduto la morte di Mac ma la
differenza
sostanziale era che lui fosse invece vivo e, Dalton tremò,
appena sopravvissuto
all'essere sepolto vivo: il responsabile avrebbe rimpianto il giorno in
cui era
stato messo al mondo.
"Ehi,
Mac... So che non puoi parlare, e solo Dio sa quanto vorrei sentire la
tua voce
saccente dirmi qualunque cosa, ma dobbiamo comunicare. Ti
farò delle domande,
devi solo rispondere sì o no. Sbatti le palpebre due volte
per il sì e una per
il no. Hai capito?"
Due
volte.
Aveva
capito.
"Ti
fa male da qualche parte?"
Una
volta.
"Hai
freddo?"
Due
volte.
Jack
lo strinse di più a sé e lo coprì con
la propria giacca da pinguino: qualcuno
sopra di loro li coprì con un ombrello, Anderson sorrideva
al suo Comandante e
al giovane agente con l'affetto di un amico, di un fratello.
"Va
meglio ora?"
Due
volte.
"Principino
viziato. Ok, ora resta sdraiato, tra poco ti portiamo via."
sussurrò Jack
tra le lacrime.
Mac
annuì e chiuse gli occhi, cercando di respirare
autonomamente ma il
paralizzante aveva ancora effetto e faticava a inalare ossigeno; Jill,
con i
capelli appiccicati alla fronte, lo avvicinò e si
inginocchiò al suo fianco con
una piccola bombola: "Una delle guardie l'aveva con sé. Me
la sono fatta
dare." spiegò lei allo sguardo interrogativo di Jack.
Con
mano leggera, posizionò la maschera sul viso dell'amico e
gli accarezzò la fronte,
"È bello vederti, Mac.", la sua voce era un sussurro tra le
lacrime,
nessuno dei presenti aveva gli occhi asciutti ed era difficile capire
dove
finissero i pianti e iniziasse la pioggia.
Jack
non si curò di asciugare le proprie lacrime e strinse di
più il suo partner,
senza smettere di mormorargli parole di conforto, di rassicurarlo del
fatto che
era lì con lui e che non l'avrebbe lasciato mentre Matty
organizzava la
sicurezza attorno a loro: non avrebbe permesso a nessuno di attentare
nuovamente alla vita del suo agente, del figlio che non aveva avuto.
La
donna guardò con infinita tenerezza i gesti d'amore che Jack
riservava a Mac e
rischiò di strozzarsi con la propria saliva: avevano davvero
rischiato grosso,
avevano rischiato di perderlo…
Quando
infine arrivò l'ambulanza, la donna era al fianco dei due
partner, con la
pistola in mano: "Portate l'agente MacGyver al Nido, immediatamente.
L'agente Dalton resterà con lui, perfino in sala operatoria
se necessario. So
che non è il protocollo." prevenne lei, "Ma l'agente
MacGyver ha
subito un attentato e l'abbiamo appena tirato fuori dalla sua stessa
bara,
prevenire è meglio che curare. Nella fattispecie, di
organizzare un altro
funerale.".
Le
guardie di sicurezza circondarono con le armi in pugno il mezzo e Jack
in
persona sollevò Mac con delicatezza per depositarlo sulla
barella; il ragazzo
rantolò e si aggrappò alla sua camicia,
guardandolo con sguardo vacuo e qualche
lacrima che gli scivolava dagli stessi occhi. Jack sentì il
cuore stringersi e,
con un dito, la asciugò: "Shh, Mac… va tutto
bene. Sei al sicuro, non… non
morirai." anche la voce di Jack era roca e rotta dall'emozione ma il
suo
pensiero era tutto per il suo partner tra le braccia.
"Non
se posso evitarlo…" pensò tra sé e
sé Jack, che prese una mano di Mac tra
le proprie: "Respira quell'ossigeno e resta vivo." aggiunse l'ex
Delta mentre lo depositava sulla barella in attesa, "E non
preoccuparti,
resto con te." disse, salendo a bordo a propria volta.
Quando
il portellone si chiuse con un tonfo, il mezzo si lanciò a
tutta velocità fuori
dal cimitero e diretto verso il Nido.
Fu
solo allora che Riley si lasciò cadere a terra tra le
lacrime; Bozer si
inginocchiò accanto a lei, entrambi incuranti del fango che
macchiava i loro
vestiti, e le massaggiò le spalle per calmarla: "Riles,
calmati."
disse il ragazzo con voce spezzata, anche lui in difficoltà,
"Matty ci
accompagnerà sicuramente da lui, vero?" chiese Wilt,
voltandosi verso la
direttrice.
Matty
gli lanciò un'occhiataccia: "Cosa credi, Bozer?" disse lei,
"Ho
già chiamato qualcuno che venga a prenderci." aggiunse
mentre Anderson aveva
spostato l'ombrello sopra di loro.
Restava
soltanto una domanda.
"P-Perché,
Matty? Perché farci questo? Perché fargli
questo?" domandò lo scienziato
balbettando, i pugni stretti attorno a un lembo del vestito dell'amica
al suo
fianco: "Chi è stato ad architettare tutto? S-Stavamo per
seppellirlo,
s-sarebbe morto lì dentro, d-da solo…"
rantolò ancora.
La
donna scosse la testa e gli sorrise con fare materno mentre accarezzava
la sua
guancia bagnata: "Non so darti una risposta, Bozer. Ma chiunque sia
stato
farà meglio a scappare prima che io arrivi a lui. Qualcuno
nella Fondazione
voleva morto Mac e voleva che noi soffrissimo, gli è andata
male e ora tocca a
noi fare la nostra mossa. Vi giuro sull'anima di mio padre che non
è finita
qui.".
La
pioggia, in quel momento, cessò.