“Non sai, non sai che l’amore è una patologia?”
Ci Sono Molti Modi – Afterhours
Le lenzuola si gonfiavano al tramonto. Il vento sapeva di freddo.
E la ascoltava ridere a dirotto, nel vomito del temporale. E la guardava, mentre si spegneva lentamente, e consumava la sua vita nel rincorrere aquiloni colorati. Ma non sapeva come amare, e le moriva nelle mani, e la odiava, pieno di dolore sordo e gelido. Si spaccava il cuore, spremendolo, calpestandolo, bruciandolo, contro taglienti muri di vergogna e sonno artificiale. E soffiava lontano il male denso, e il fumo pallido della sigaretta, nella luce brutta dei lampioni. Che le lacrime puzzavano di bile e alcol, e gli ammazzavano i polmoni. Con la rabbia nelle dita, nelle unghie sporche. Con i denti digrignati, che stridevano e suonavano di singhiozzi soffocati. La voleva prendere nel buio, prenderle la carne, disegnarla sulla sua, bagnata e tiepida. E voleva la sua bocca, strapparla e maciullarla, e masticarne il sangue, il rosso della pelle. Parlava di partenze. Ed inseguiva a perdere la sua anima distratta, sfaldando polsi e sogni sulle pietre affilate del sentiero. Ma non riusciva ad afferrarla mai, e si chiudeva attorno ad un buio di pensieri e di parole mute. Dietro ai suoi occhi la spogliava, lento, e la uccideva, piano. Respirava il mondo nei suoi capelli, tra le sue gambe bianche.
Nella notte spessa, la malinconia di ciò che ha perso e che non torna. In un abbraccio, e nell’eco di lattine attaccate ad un cadavere. Ad avvizzire di remota solitudine.
E le lenzuola si gonfiano al tramonto. E il vento sa di freddo.
A D.