LONDRA
STA CHIAMANDO
«Vittoria?
Vittoria tu la chiami, maestro Obi-Wan? No, non vittoria… su tutto l’ombra del
Lato Oscuro è calata. Cominciata la Guerra dei Cloni è.»
London calling to the faraway towns
Now that war is declared and battle come down
[Londra sta chiamando
le città sperdute
Ora che è stata dichiarata guerra e la battaglia è finita]
In
lontananza, i nuovi incrociatori della Repubblica stavano imbarcando truppe e
materiali. Come tante piccole formiche tutte uguali e sincronizzate, i cloni
stavano sfilando sotto lo sguardo attento del cancelliere supremo, circondato
dai suoi consiglieri.
Come
erano arrivati a quel punto? A buttare millenni di storia, di anni di pace in
una guerra nata per motivi risolvibili.
Vantarsi
di essere un senatore antimilitarista, con grande influenza, per poi
acconsentire a questo scempio, a questa campagna di pace che avrebbe portato
solo morte, distruzione e dolore. Da quando il dialogo e la democrazia avevano ceduto
il posto alla forza?
La
verità è che tutto stava andando a rotoli, nessuno sapeva veramente cosa stava
succedendo e forse era meglio non domandarselo. Sarebbero stati anni intensi
quelli che li aspettavano, anni che avrebbero portato via ogni cosa, lasciando
solo frantumi e persone troppo stanche solo per ricominciare.
Si girò a guardare il cancelliere affianco a lui e per un istante ebbe la sensazione che l’unico felice di vedere quello spettacolo fosse lui e aggrottò la fronte insicuro di dare un nome a questa percezione. Durò pochissimo perché Palpatine, con passo greve tornò dentro insieme al suo entourage lasciandolo solo con i suoi demoni, dubbi e senso di ineluttabilità.
[21 BBY - Coruscant]
Si
sedette stancamente, dopo essere ritornato nel suo ufficio. Prese una bottiglia
di wiskey corelliano e un bicchierino e se ne versò una dose generosa.
Che
cazzo di vita! Si disse, mentre si stava riempendo di nuovo il bicchiere.
Sospirò, ricordando troppo bene la delusione di altri suoi colleghi, alleati,
amici, compagni da sempre quando aveva votato per la creazione di un’armata
della Repubblica. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Opporsi e lasciare morire quei
jedi? Opporsi e bruciarsi ogni possibilità di poter ritrattare? Se ci sarebbe
stato un margine di trattativa in quei giorni veloci che stavano mangiando
l’anima e reclamavano la loro coscienza, pensò amaramente.
Ma,
non poteva permettersi di autocommiserarsi, anche se tutto quello che stava
faticosamente costruendo rischiava di andare in mille pezzi. Chiamò Mon Mothma
al comlik personale, non quello ufficiale perché avrebbe significato che stava
per intraprendere una qualche iniziativa quando la verità era che brancolava
nel buio.
«Non
sapevo che bevessi» esordì la giovane donna, che dopo aver tentato di, capire
qualcosa in più, di parlare con il cancelliere, sempre più irraggiungibile e di
aver passato senza sentirsi in colpa quei primi mesi di guerra si era arresa a
non sapere cosa fare. Poteva vederli, sentire urlare mentre dormiva, mentre
camminava per il senato, tutti ad accusarli che la guerra non era mai la
soluzione ai problemi e che loro non avevano fatto nulla per impedirlo.
«Ne
vuoi un po’?» ribattè Bail ignorando lo sguardo curioso e un po' costernato
della collega. Già lui era il senatore irreprensibile, saldo negli affetti come
in senato; ora invece dava un’immagine totalmente diversa, sfatta, quasi
sconfitta.
«Non
sei preso bene; hai delle occhiaie spaventose e sicuramente non ti fa bene
bere.» rispose imperterrita Mon, anche se una piccolissima parte di lei avrebbe
voluto abbandonarsi a quella condotta poco discutibile e dimenticare la guerra.
«Bail
per cosa, per chi stiamo combattendo?» la domanda arrivò all’improvviso
catturando l’attenzione dell’uomo intento a fissare l’estensione dei fronti di
combattimento in una mappa olografica.
«Tu
per cosa vuoi combattere?» domandò di rimando, osservando il volto stanco della
donna che aveva aiutato a muovere i primi passi in politica, che aveva portato
sull’orlo del baratro assieme a lui.
«È
giusto combattere. È giusto difendere tutto ciò che abbiamo di buono, tutto
quello in cui crediamo. Se non smettessimo, ci arrendessimo, quelli che
verranno dopo di noi ci odierebbero. Noi dobbiamo combattere, dobbiamo
vincere.»
Bail
sorrise sentendo le sue parole appassionate, non avrebbero mollato, ma non potè
fare a meno di pensare «Mon, però cosa perderemo?»
The ice age is coming, the sun is
zooming in
[L’era glaciale sta per arrivare, il sole sta
precipitando]
[21 BBY - Alderaan]
La regina con la camminata fiera
che la contraddistingueva raggiunse la sala del Consiglio. Prima di farsi
annunciare, si sistemò la corona che poggiava sulla complicata acconciatura che
richiedava il cerimoniale. Ora come mai pesava come un macigno che stava
esigendo da tutti loro un prezzo molto alto, rimanere impotenti mentre migliaia
di vite venivano spazzate via come se non contassero nulla.
Con passo deciso entrò e prese
posizione sul suo scranno. La guerra non aveva toccato direttamente Alderaan,
ma qualsiasi atto che recava dolore ad un cittadino qualsiasi della loro
Repubblica, anche lo schiavo nell’Orlo Esterno, era affare del loro pianeta.
«Grazie
per esservi riuniti qui con poco preavviso. Come ben sapete, mio marito, il
senatore e viceré di Alderaan ha proposto di alleggerire le nostre leggi
sull’immigrazione per poter aiutare i rifugiati…»
«Scusatemi
vostra altezza, ma come pensate di riuscire ad accogliere tutte queste persone,
con usi e costumi diversi senza creare problemi, fraintendimenti?» la
interruppe un consigliere anziano della casata dei Thul.
«Signori,
abbiamo il dovere morale di fare qualcosa, non possiamo girarci dall’altra
parte. Solo se siamo uniti, riusciremo a svolgere un efficiente politica. Vi
chiedo di guardarvi attorno, signori. Se fossero i vostri cari? I Vostri amici
ad essere minacciati da una guerra non voluta, cosa fareste? Cosa vorreste che
gli altri facessero per voi e per loro?»
«Vostra
Altezza, siamo tutti concordi nel dire che potremmo diventare dei bersagli o
peggio, accogliere Separatisti infiltrati sotto spoglie di profughi. Come
possiamo garantire la sicurezza?» ribatté per nulla convinto un altro
consigliere. Gli altri si mossero pensierosi sui loro scranni. Alderaan era in
pace da moltissimo tempo, ma fresche nella memoria erano ancora gli attentati
che avevano decimato interamente la casa Panteer anche se accaduti secoli
prima. Infatti, non era un mistero che molti pianeti della Galassia guardassero
con simpatia il movimento Separatista anche se non erano formalmente coinvolti,
e Alderaan, pianeta fedele alla Repubblica, poteva diventare facilmente un
obiettivo militare svantaggiato per l’inesistenza di una forza armata permanente
a protezione.
«Avete
ragione, non pretendo che Alderaan, voi del Consiglio, né che i cittadini che
hanno riposto la loro fiducia in me e in voi, di fare più di quello che
possiamo offrire. Chiedo di combattere con le nostri armi questa battaglia, con
i nostri principi e, se in questo dovessero sorgere dei problemi, di
affrontarli assieme.» rispose la regina.
«Per
questo propongo di renderci più attivi nel Movimento di Sostegno ai Rifugiati
offrendo delle sistemazioni finché non si tornerà alla normalità.» Con questa
ultima affermazione non era molto convinta, aveva il sentore, anche grazie alle
informazioni provenienti direttamente da suo marito, che la Repubblica stava
brancolando nel buio schiacciata dagli attacchi simultanei in più sistemi.
Le
ritornarono in mente le parole di suo marito, poco dopo che era stato vittima
di un attentato.
“Le uniche cose che
non ci permettono di affondare sono l’amore, la famiglia, gli amici… solo se
non ci disperiamo, troveremo la via, la luce in fondo al tunnel.”
Lei
il suo faro lo aveva trovato, sarebbe stata abbastanza forte da esserlo per il
suo popolo?
London calling, now don't look to us
[Londra sta
chiamando, non guardateci ora]
[22 BBY - Naboo]
Il
matrimonio era stato celebrato poche ore prima, ancora non ci credeva che il
ragazzino che aveva conosciuto anni prima, era appena diventato suo marito. Lì
disteso sul letto, sembrava ancora bisognoso di protezione, ma in realtà, con
le sue braccia forti le dava un rifugio sicuro.
Però
in questo giorno di gioia qualcosa, qualcuno di molto importante era mancato.
Avrebbe desiderato tutta la sua famiglia al suo fianco, a gioire con lei ed
Anakin. Lo aveva notato, nella loro breve visita alla casa dei suoi genitori,
di non molto tempo prima, che si erano affezionati subito al giovane jedi.
Forse, la sua famiglia avrebbe capito. Come avrebbe fatto a nascondere questo
amore? A non sentirsi in colpa verso di loro? Come avrebbero fatto a mantenere
i loro ruoli senza intaccare il rapporto tra di loro?
Strinse
il piccolo ciondolo di jaipor, che teneva sempre con sé, tra le dita e
bisbigliò «Faremo in modo che funzioni.»
La
mattina dopo, si svegliò da sola nel grande letto e per un istante pensò di
essersi immaginata tutto. Si avvolse in una vestaglia bianca e uscì a cercare suo
marito, che strano, dove lo aveva trovato qualche mese prima mentre si era
rifugiata sul pianeta per scappare dai separatisti. Era bello, calmo come le
acque del lago, ma pronto a mostrare la sua forza. Eccolo lì, nella stessa
posizione.
Si
avvicinò di soppiatto per fargli una sorpresa, ma Anakin percepita la sua
presenza si girò giusto per prenderla tra le braccia e cullarla.
«Quando
sei con me, non farmi svegliare più da sola, ti prego» chiese tra le pieghe
della casacca, inspirando a fondo il suo profumo per imprimerselo nella mente.
«È
un ordine?» rispose divertito il giovane.
«Si,
ora sono tua moglie, potrei pure bandirti dal letto se volessi» disse con tono
scherzoso e aggiunse in tono scherzoso «ma per ora non lo metterò in pratica,
anzi perché non torniamo dentro?» e si girò per rientrare, ma si accorse che il
suo amato non si era mosso.
«Ani?»
domandò cercando di attirare la sua attenzione.
«Questo
posto è perfetto. Tu lo sei. In questa terrazza piena di rose, baciata da sole
con addosso questa vestaglia bianca. Sei un angelo, il mio» disse, come se
stesse parlando a sé stesso per accertarsi di non essere in un sogno «sono qui
solo da un giorno, eppure vorrei rimanere qui tutta la vita, con te.»
«Per ora mi basta che tu mi stringa forte.» rispose con un sorriso e prendendolo per mano si diresse verso l’interno, al riparo dalla calura estiva, da tutti gli occhi ostili, da tutta la galassia che avrebbe potuto reclamarlo indietro.
[21 BBY - Naboo]
La
ragazza sorrise e lo abbracciò: era così bello vederlo. Prima di essere sua
moglie era solo una senatrice, la senatrice di Naboo. Era stata la regina più
giovane del suo pianeta. Tutti la rispettavano e l’ammiravano per le sue idee
di pace, libertà e giustizia. Ma lei ora, era la moglie di Anakin Skywalker. Ma moglie era un termine, che non
rispecchiava adeguatamente la sua condizione: era un termine troppo
restrittivo, troppo comune, un termine che poteva avere echi sgradevoli e
meschini. Per Padmè Amidala dire «Io sono la moglie di Anakin Skywalker» era come
dire «Io sono viva» *
«Sei
in ritardo.» gli disse allegramente.
«Scusami,
ma avevo qualche Separatista da sistemare, sai come è, sono una persona
impegnata!» rispose a metà tra il divertito e serio.
«Troppo
impegnato per venire a trovare tua moglie, quindi? Vorrà dire che potrete
andare a dormire da un’altra parte per questa notte» replicò a tono tirandogli
un pugno sulla spalla e voltandosi con tutta l’intenzione di lasciarlo lì.
«Che
permalosa che siete senatrice! Come posso farmi perdonare?» supplicò, mettendo
su uno sguardo da cucciolo bastonato.
A
quelle pozze azzurre come il cielo che la scrutavano adoranti, non riuscì a
mantenere il gioco e si fiondò tra le sue braccia, pronte ad accoglierla.
«Ogni
volta che vai via, mi sento male. Ho paura di perderti, ti prego fa attenzione
e torna sempre da me. Promettimelo» disse, cingendolo con le sottili braccia
senza lasciargli spazio di movimento.
«Guardami»
e non appena attirata la sua attenzione continuò «sono qui e non ho alcuna
intenzione di andarmene. Ti amo.» e la baciò, dimentico di ogni fatica e di
ogni preoccupazione. La galassia sarebbe potuta esplodere da un momento
all’altro, ma in quell’istante e in quel posto esistevano solo loro.
London calling to the underworld
[Londra sta chiamando dall'oltretomba]
[21 BBY - Jabiim]
«Signore,
siamo accerchiati, i Separatisti hanno preso il controllo dei sobborghi delle
città.» urlò nel frastuono del campo base. Attorno la pioggia cadeva
incessantemente, inzuppando gli abiti, la terra pregna di sangue. Oh, si una
guerra era stata combattuta ferocemente poco prima e i soldati portavano ancora
i segni, assieme allo sconforto e al logoramento.
Le
strutture erano fatiscenti, aggiustate su più punti e il perimetro costellato
di buche dovuti ai bombardamenti lanciati su vasta scala dall’esercito dei Separatisti,
o erano quelli della Repubblica?
Quella che
era stata una fiorente cittadina, si era trasformata in un’ecatombe dove ogni
centimetro era guadagnato al prezzo di centinaia di vittime. Neppure i civili
erano stati risparmiati dalla logica fredda della guerra, quelli che non erano
riusciti a fuggire erano stati, in breve tempo, decimati dagli scontri e
dall’aggravarsi della penuria dei rifornimenti.
Dove era
la Repubblica? Li avevano lasciati lì a morire in una guerra civile, assurda e
non voluta, eppure combattuta come se ne dipendesse la vita.
«Date
l’ordine di evacuazione totale. Lasciate indietro i feriti, gli anziani e
chiunque non riesca a muoversi velocemente; andremo verso le grotte dell’High
Rock Canyon» disse con tono risoluto, in cui si poteva percepire tutta la
disperazione, l’ormai stanco leader del gruppo di Lealisti rimasti.
La lunga
fila di persone si mise in marcia al calar del sole sotto la stessa pioggia che
si era riversata senza pietà per tutto il giorno. Le strade, le poche rimaste
integre, si erano trasformate in torrenti in piena che assieme al fango
rendevano la camminata ancora più difficile.
«Papà,
dove sono i jedi?» chiese un bambino, che stava stringendo in mano un ewok
giocattolo, guardandosi attorno, sicuro di vedere da un momento all’altro
spuntare dal fitto della vegetazione i suoi eroi preferiti.
«Non
verranno.» rispose incerto, sperando di chiudere la conversazione.
«Perché?»
insistette il piccolo. Alla HoloNet del suo amico, aveva visto le gesta di
questi leggendari guerrieri e sperava di poter conoscerli un giorno e poter
brandire la spada laser.
«Perché
non sono interessati a noi, come il resto della Repubblica. Persino il Corpo
diplomatico di Alderaan non ci ha aiutato ad evitare la guerra. Non saranno
quindi i tuoi eroi a salvarci, anzi non mi stupirebbe saperli al sicuro nel
loro tempio a Coruscant» si intromise il leader, non lasciando spazio al padre
di elaborare una risposta e aggiunse «gli unici su cui puoi contare li vedi
qua, attorno a te. Quindi cammina e non pensare a chi ci ha abbandonato.»
Molti
uomini sussultarono alla durezza delle parole e del tono usato con il bambino,
ma di fronte all’amara verità neppure il padre protestò, anzi prese per mano
suo figlio per aiutarlo a camminare più veloce, sollevandolo nei momenti in cui
bisognava superare un ostacolo.
Cinque
giorni più tardi, trovarono riparo nelle cavità naturali offerte dalla montagna
nella speranza che nessuno li avesse avvistati e si accinsero a prepararsi a
sopportare il lungo inverno, reso ancora più impervio dalle frequenti piogge
torrenziali.
[20 BBY - Jabiim]
Era sera
quando vennero sorpresi e stranamente non stava piovendo.
Nessuno
riuscì a scappare, i Nazionalisti appoggiati dai Separatisti entrarono negli
intricati cunicoli della montagna da più parti non lasciando via di fuga. I
primi a morire furono i bambini, seguiti dalle donne. Per ultimi vennero gli
uomini, a loro si riservò un trattamento speciale, nessun colpo di blaster, ma
bruciati insieme ai corpi morti dei loro amici, familiari, compagni di
sventura.
Quando le
luci del mattino fecero capolino, gli eserciti della Repubblica, che nel
frattempo si stavano avvicinando alla ricerca degli insorti, videro levarsi una
sottile linea di fumo. A nulla valsero le ricerche di dispersi o feriti, la
scena che si presentò loro fu sconvolgente: ossa di varie grandezze ammucchiate
tra loro. Scampato miracolosamente al massacro era un piccolo peluche di un
ewok.
Il
comandante delle truppe, Cody, lo raccolse sospirando e ordinò «Proseguiamo nel
settore F.»
Il
giocattolo rimase lì abbandonato, insieme a tutti quelli che avevano cercato la
salvezza in quella montagna. Il fango, provocato dalle intense piogge che
avevano ricominciato a cadere, sommerse quell’ecatombe, cancellandone i resti.
[20 BBY - Alderaan]
L’esercito
della Repubblica temeva ormai che fosse vicina la fine su Jabiim. Lo stesso
cancelliere supremo ne aveva parlato con toni drammatici in senato, riuscendo a
fare approvare nuovi emendamenti alla Costituzione, per avere, sosteneva, più
libertà di agire e di difendere la Repubblica.
Ma ciò che
aveva sconvolto di più l’opinione pubblica era stata la scoperta di quello che
venne chiamato “Il massacro di High Rock Canyon”. Numerose furono le richieste
provenienti da vari esponenti della politica di trovare una soluzione che non
coinvolgesse, anzi salvaguardasse, la popolazione civile, ma purtroppo era
troppo tardi.
«Cosa
abbiamo sbagliato? Ogni cazzo di mossa che sto, stiamo, tentando, non sta
risolvendo nulla.» disse sprofondando sulla sedia dietro la scrivania.
«Bail, non
è colpa tua! Non potevi fare nulla.» rispose Breha dall’ufficio situato
nell’appartamento reale sollevando il sopracciglio al sentire la parolaccia che
raramente suo marito utilizzava.
«Se io non
avessi sottovalutato tutto questo schifo, forse, ora…» cercò di ribattere
stancamente.
«Cosa
pensavi di riuscire a fare? Quel pianeta è sprofondato nella guerra civile e
gli eserciti della Repubblica non riescono a fare molto neppur nel combattere
contro i Separatisti.» replicò la donna, mentre l’immagine dell’olografica
davanti a lei tremolò.
Sospirò,
non era una giustificazione valida quella, ma forse avrebbe fatto sentire
meglio suo marito e riprese «È vero, abbiamo ignorato tanti segnali, ma, molto
probabilmente, si sarebbero scontrati anche senza di noi e il Corpo Diplomatico
che abbiamo inviato era dello stesso avviso.»
«Noi
dovremmo garantire la pace o quantomeno cercare di raggiungerla e invece qui,
non solo abbiamo fallito nell’obiettivo, ma sono morte persone innocenti.
Breha, ho visto le olografiche scattate sul posto, c’era un peluche di un
bambino tra le ossa bruciate degli abitanti che stavano cercando di fuggire. Un
bambino che non aveva nulla a che fare con questa maledetta guerra, che molto
probabilmente sperava in un eroico salvataggio e noi tutti, la Repubblica, i
jedi, lo abbiamo deluso. E lo so, che non è l’unica vittima trovatasi in mezzo
ad un conflitto per puro caso, però fa male vederselo sbattere in faccia,
immaginare quello che sarebbe potuto diventare se solo noi avessimo trovato una
strada diversa, se avessimo avuto più polso.» ribattè dal suo ufficio
illuminato dagli ultimi raggi di luce naturale prima di venire soppiantata da
quella artificiale che illuminava quasi a giorno l’intero pianeta.
«Credi che
ignori le conseguenze di questo conflitto? Lo sai benissimo che per noi, per
Alderaan questa è una sconfitta e vorrei gridare alla Galassia scusa, vorrei
chiudere gli occhi senza sentirmi complice di tutto, senza sentirmi in colpa
perché io sono qui in un pianeta che continua la sua vita, mentre sull’Orlo
Esterno c’è il caos; ma non possiamo controllare tutto, Bail. Oltre ad
impegnarci a fondo con tutti i mezzi disponibili per far cessare questa guerra,
possiamo solo pregare la Forza che ci guidi e ci sostenga, ma soprattutto
sostenga le popolazioni colpite.» rispose la giovane donna cercando di calmare
lei stessa e il marito.
Aggiunse,
con poca convinzione, ma piena di speranza verso l’uomo che amava e che
necessitava di essere rassicurato «Non è stata colpa tua… Se crolli, come farò
io senza te?»
«Forse hai
ragione, non ha senso adesso lasciarsi andare, ma non posso e non voglio
dimenticare quello che è successo su Jabiim, né su altri sistemi» e con un
sorriso carico di affetto continuò «Grazie Breha, sei tu la mia forza, non io
per te; sto meglio ora. Buonanotte mia colomba.» e chiuse la conversazione.
Tra sé pensò che alla fine tutti loro avevano le mani sporche di sangue.
Già, alla fine, non è mai colpa di qualcuno.
London calling to the zombies of
death
[Londra chiama gli zombi della morte]
[20 BBY - Coruscant]
«Non
è importante che sia un maestro o un padawan, ma che sia potente e credo che
nessuno di voi possa negare che il giovane Skywalker è il jedi più potente di
tutti.» un sorriso soddisfatto apparve sul volto del giovane padawan, che mai
come in quel momento si sentiva legato al cancelliere: quell’uomo non era come
tutti gli altri politici, pensava, era un amico, un confidente, un padre. A lui
poteva dire cose che non poteva confidare nemmeno alla sua Padmè: si sentiva
libero. O almeno così credeva.
«Non
mi fido del cancelliere, chi nominare è il nostro compito.» commentò piccato
Mace Windu.
«Non
credo sia un gesto sconvolgente, maestro Windu. Il cancelliere vede Anakin come
un nipote, è ovvio che vorrebbe per lui il meglio. Anakin, stesso è molto
legato a lui» rispose Obi-Wan, ansioso di andare a vedere il suo padawan poichè
lo aveva sentito nervoso nell’ufficio di Palpatine.
«Anakin,
non essere agitato, è una bella responsabilità vero, però sono convinto che tu
possa riuscirci.» lo sorprese alle spalle mentre si stava dirigendo verso la
piattaforma con gli speeder.
«Maestro,
sembra che ogni cosa che faccia o ottenga non vada bene! Li hai visti pure tu
quelli del Consiglio, mi ritengono un bambino, uno da controllare.» rispose
arrabbiato.
«La
decisione del cancelliere non si può ignorare e li ha colti di sorpresa. Abbi
pazienza e vedrai che si sistemerà tutto. Anakin fa attenzione, sono in molti a
non avere simpatie né per i jedi né per il cancelliere e tu sei doppiamente
esposto.» cercò di rassicurarlo Obi-Wan.
«Tu
verrai con me, così ci copriremo le spalle come sempre, non è vero?» rispose
guardando con speranza il maestro.
«Mi
dispiace, io sono stato assegnato ad un’altra missione; però non temere, appena
avrò finito, verrò da te a darti una mano con il mio cervello.» tentò di
rasserenare l’atmosfera, anche se era consapevole, forse una sensazione, che
qualcosa si stava spezzando tra di loro; non erano più Skywalker e Kenobi che
risolvevano qualsiasi situazione.
«Che
la Forza sia con te, allora Obi-Wan.» replicò amareggiato.
Non appena il maestro se ne andò, ebbe il presentimento di essere era rimasto da solo.
[20 BBY - Cona]
«Maestro
Kenobi, le truppe sono in orario con la tabella di marcia, presto arriveremo al
campo base.»
«Ma
siamo lentissimi Cody!» ribattè per nulla convinto e sospirando si avviò verso
uno dei mezzi di trasporto pesante. Questa missione si era rivelata abbastanza
semplice, portare armamenti e rifornimenti a questo pianeta minacciato dai
Separatisti. Se la sarebbe cavato con poco perché la situazione era
relativamente stabile e si trattava quindi di una misura preventiva.
I
camminatori e i mezzi corazzati si rimisero in moto al segnale e iniziarono
l’attraversata della foresta che occupava buona parte del territorio
circostante la capitale.
Erano
arrivati in una zona sperduta, lì ogni animale, pianta, tracciato sembrava
avercela con loro, nonostante fossero i buoni. Molti convogli e uomini erano
rimasti coinvolti in incidenti bizzarri che avevano, però, rallentato la marcia.
All’improvviso
gli parve di vedere qualcosa muoversi nella fitta vegetazione e fu dato l’alt
alla colonna.
«Speriamo
non siano ancora quei lucertoloni enormi.» esclamò esasperato.
Da
dietro le grandi foglie verdi macchiate di blu spuntò una grossa figura
incappucciata da dove risaltavano gli occhi dorati.
«Signori,
siamo un popolo pacifico noi.» disse la misteriosa figura con un Basic molto elementare
e dall’accento ancoriano.
«Siamo
della Repubblica, siamo venuti a supportarvi. Presto la Quarta Armata sarà qui
sotto il comando del maestro jedi Ki-Adi-Mundi e non avrete nulla da temere.»
rispose prontamente.
«Allora
siate i benvenuti, amici della Repubblica.» replicò la figura scoprendosi il
volto da rettile, facendo cenno di seguirlo.
Era
alto più di una spanna rispetto ai cloni, marroncino e verde, con abiti
primitivi e senza armi, ma a colpire era la testa che si ergeva fiera sul corpo
sottile e lo sguardo che ipnotizzava se lo si incrociava per troppo tempo.
Arrivarono
in questo villaggio sotterraneo e ad accoglierli c’erano solo le occhiate
diffidenti di pochi nativi, non più di una decina.
«Quanto
siamo distanti dalla capitale?» chiese Cody, perplesso per l’esiguo numero di abitanti.
«Nella
capitale non abita più quasi nessuno, signore. Ci siamo spostati nelle zone
limitrofe per evitare degli attacchi.» rispose quello che, molto probabilmente,
era il capo.
«Ma
allora» disse girandosi verso il jedi, preoccupato «chi ha lanciato l’allarme
da Tylcarros?»
«Andiamo
a scoprirlo.» ribatté quest’ultimo, senza pensarci due volte.
La
strada che mancava verso il centro della foresta fu meno impervia del previsto,
quasi troppo tranquilla e priva degli incidenti che avevano caratterizzato la
prima parte. All’arrivo li accolse una atmosfera sospetta, le vie erano vuote e
le case disabitate, ma non erano evidenti segni di combattimento, né di
confusione tipica dovuta ad una fuga, come se gli Ancoriani si fossero
smaterializzati all’improvviso senza lasciare traccia alcuna.
«Ho
un gran brutto presentimento.» sussurrò Cody, facendo disporre nella maniera
più silenziosa possibile, i vari squadroni pronti per un’eventuale imboscata.
Avanzarono
sempre di più nel cuore della città fantasma, per terra solo le foglie mosse
dal vento. I colori erano sbiaditi e gli ingressi alle parti sotterranee, dove
gli Ancoriani abitavano per la maggior parte dell’anno, erano sbarrati, come se
il pericolo provenisse dalle fondamenta. L’aria era densa e metteva in
difficoltà i respiratori in dotazione all’esercito.
Nessuno
seppe come e da dove cominciò la battaglia, solo che si ritrovarono nel bel
mezzo del fuoco incrociato senza capire da dove venisse. Ripararono
disordinatamente dentro a vari casolari grigi, disorientati e feriti.
«Come
abbiamo fatto a non accorgerci di loro?» urlò in mezzo al frastuono Cody.
«Temo
abbiano qualche dispositivo che blocchi le percezioni attraverso la Forza»
rispose sconsolato Obi-Wan e aggiunse «è un interessante sviluppo, non lo credevamo
possibile e invece si sono dimostrati più capaci. Li abbiamo sottovalutati.»
Da
fuori provenivano le urla di chi attaccava selvaggiamente e di chi veniva
ferito, mescolate al frastuono di cannoniere che martellavano senza sosta la
città con i loro colpi. Erano riusciti a lanciare il segnale dall’allarme
qualche ora prima e rapidamente, per quanto il terreno impervio lo permettesse,
stavano giungendo anche la colonna degli armamenti corazzati che si erano
momentaneamente fermati a qualche chilometro di distanza.
«Signore,
la Quarta Armata sta arrivando.» disse un clone a Cody e al maestro jedi mentre
questi ultimi cercavano di riorganizzare un contro attacco efficace da uno dei
casolari centrali della città. I separatisti li stavano lentamente stringendo
in una morsa accerchiandoli quasi completamente. Inoltre, non avendo
informazioni utili sui numeri e armamenti dei nemici era difficile elaborare
una strategia che non implicasse un alto dispendio di vite.
Il
comlik di Obi-Wan suonò all’improvviso e dall’altra parte si materializzò la
figura evanescente del maestro Ki-Adi-Mundi «Obi-Wan mi ricevi?»
«Sia
ringraziata la Forza! Siamo nel settore C45, territorio della capitale, ci
serve immediata assistenza, siamo circondati, non so quanto riusciremo a
resistere!» e mentre stava dicendo questo l’immagine iniziò a tremolare.
«Stiamo
arrivando, non muovetevi da lì.» rispose l’altro maestro con voce gracchiante.
La
comunicazione si interruppe di colpo con un bip. Cody guardò l’uomo stupito.
«Ci
hanno tagliato fuori!» constatò preoccupato Obi-Wan «Fa muovere gli uomini
verso est, dobbiamo assolutamente uscire da questa città prima che tutte le vie
di fuga vengano bloccate.»
I
mezzi si rimisero lentamente in moto protetti da squadroni di cloni a caro
prezzo, i Separatisti non volevano affatto lasciarsi sfuggire l’occasione di
impossessarsi delle moderne cannoniere della Repubblica e di catturare qualche
maestro jedi da poter utilizzare in un negoziato in posizione di forza, poiché
convinti che il Gran Consiglio avrebbe fatto di tutto per riavere i suoi
uomini.
La
colonna era rallentata dalle cattive condizioni della strada e dalla necessità
di controllare ogni singolo incrocio e svolta per accertarsi che fosse privo di
pericoli.
«Ancora
non capisco! Questo pianeta era considerato non a rischio e improvvisamente ci
siamo trovati di fronte ad un massiccio schieramento di forze Separatiste. Come
è stato possibile?» chiese Cody mentre controllava per l’ennesima volta il
blaster, pronto a sparare.
«Sono
riusciti ad aggirare i nostri sistemi di sicurezza e soprattutto, sembra che ci
stessero aspettando.» rispose Obi-Wan. Il gelo calò su tutto il battaglione,
erano parole pesanti e sentirle dire da un jedi significava che erano
verosimili; significava che la loro missione era stata compromessa e chissà
quante altre in giro per la galassia. A questo punto, nessuno di loro era
escluso dal sospetto di tradimento.
«Ci
conviene proseguire. Non risolveremo nulla stando qui a rimuginarci sopra.
Stanno arrivando i rinforzi e dobbiamo essere pronti a lasciare questo posto.»
ordinò Cody.
Obi-Wan
si passò la mano tra i capelli e sospirò.
In
quel momento avrebbe avuto bisogno del sorriso del suo ex padawan, dei suoi
scherzi e del suo senso dell’umorismo. Sarebbero potuti ritornare ad essere
Kenobi e Skywalker, gli eroi leggendari senza macchia e paura, invece stavano
affogando tutti, in questa guerra, che metteva contro amici, familiari, pianeti
alleati; nessuno veniva risparmiato.
[20 BBY – nave ammiraglia Quarta Armata]
«Siamo
in orbita signore. Come procediamo?» chiese il tenente a Ki-Adi-Mundi.
«Localizzate
le truppe di terra della Repubblica e procedute con l’opera di pacificazione
nel settore.» rispose serio. Sapeva che con molta probabilità questa operazione
avrebbe portato alla morte di civili, ma gli ordini, a malincuore, erano quelli
di eliminare qualsiasi minaccia con qualsiasi mezzo. Si passò le mani sul
mantello come a togliere il sangue di cui presto si sarebbe macchiato e rimase
ad aspettare ad assistere al bombardamento su vasta scala.
Questa guerra era maledetta,
sbagliata, sporca eppure era consapevole e credeva negli ideali per cui stava
combattendo, per cui intere popolazioni soffrivano e morivano.
I caccia uscirono dagli hangar e
in formazione di battaglia si diressero verso il settore indicato.
Sembrava quasi una danza, il
volteggiare sopra a foreste secolari, villaggi disabitati, in mezzo a turbini
di vento. Le fiamme delle bombe della Repubblica si alzarono rapidamente,
divorando il paesaggio circostante.
Gli angeli della morte erano
arrivati.
London calling,
at the top of the dial
An’ after all this, won’t you give me a
smile?
[Londra chiama al
momento topico
dopo tutto questo,
non mi farai un sorriso?]
[19 BBY - Coruscant]
La
voce tonante di Mace Windu proveniente dalla radio della nave li fece
sobbalzare.
«Maestro
Windu che succede?» rispose Anakin.
«Il
Cancelliere supremo… è stato rapito da Grievous!» disse immediatamente l’uomo
con voce carica di preoccupazione.
I
due giovani lo fissarono per qualche secondo ammutoliti
«Presto
mettete in moto i propulsori e entriamo nell’iperspazio» urlò perentorio Anakin
ai cloni.
La
gente della Galassia fissava in preda al terrore la Holonet: aveva appena
trasmesso la notizia che il cancelliere supremo era stato rapito. In ogni dove
il terrore, Grievous, quel mostro terribile, aveva portato via il loro amato
cancelliere. Questa volta i separatisti avrebbero vinto.
«No
vi sbagliate!» replicarono i bimbi di ogni sistema.
«Presto
arriveranno Anakin ed Obi-Wan e Grievous dovrà pentirsi di essere nato!»
Ogni
genitore scuoteva la testa, incapace di trovare conforto in quelle parole. Kenobi
e Skywalker erano sì degli eroi, ma non era invincibili, e forse, chissà, anche
loro avevano ceduto.
I
due caccia volteggiarono insieme superando varie navi, sembravano andare a
ritmo, soltanto a loro conosciuto, che lasciava spiazzato ogni nemico che
tentava di colpirli, quasi come se fosse una danza.
«Inquadralo
R2. Maestro, la nave del generale Grievous è davanti a noi. Quella che brulica
di droidi d’assalto» ordinò Anakin e
continuò «ah la vedo, sarà un gioco da ragazzi…»
«Falli
passare in mezzo a noi» consigliò il maestro jedi.
In
quell’istante una marea di droidi insetto assaltarono le due piccole navi; ma,
mentre il giovane Skywalker riuscì quasi subito a liberarsi, Obi-Wan era
letteralmente assediato.
«Sono
dappertutto! Non vedo più niente!» gridò in preda al panico.
«Stai
calmo ora ci penso io!» rispose tranquillo il più giovane cercando di pensare
velocemente ad una soluzione.
«No
tu vai a salvare il cancelliere.» ribattè il più anziano, mentre i droidi
insetto cercavano di aprire il vetro che proteggeva la cabina di pilotaggio,
mettendo fuori uso la sua unità astrodroide in dotazione.
«Non
ti lascio maestro» e iniziò a sparare contro i droidi insetto posizionati sopra
la calotta del caccia del compagno.
«Così
fai anche peggio… Su Anakin vai, per me è finita.» replicò sconfortato Obi-Wan
«Ho
detto che non ti lascio. Però hai ragione in effetti, sparare non serve. R2…»
rifletté ad alta voce il ragazzo.
«Anakin
cosa vuoi fare?» chiese un po' preoccupato Obi-Wan.
«Lo
scoprirai!» rispose prontamente e sicuro di sé l’altro.
«Non
è il momento di giochetti.» replicò il maestro, aveva un brutto presentimento e
nonostante la bravura del suo ex allievo, non poteva che pensare anche alla sua
avventatezza che in quel momento li avrebbe messi solo in difficoltà, o frose
no.
«Ma
non sto giocando» R2 salì sul caccia di Obi-Wan e in pochi secondi distrusse
tutti i droidi insetti.
«Grazie
Anakin!» disse e non senza ringraziare la Forza di avergli messo accanto Anakin
proseguì «andiamo…»
I
due caccia si avviarono verso l’Invisible Hand, la nave di Grievous, pronti ad
atterrare nell’unico hangar ancora aperto quando Kenobi percepì qualcosa «Ma
hai disattivato lo scudo?»
«Ops
scusa maestro!» e subito una mitragliata di colpi, proveniente dal caccia del
più giovane, distrusse il comando che teneva in piedi lo scudo deflettore.
«Sai
Anakin, anche se un po’ brutale, devo ammettere che il tuo metodo di risolvere
le cose è davvero efficace.»
«Che
metodo maestro?» chiese di rimando il più giovane facendo finta non aver
capito.
«Quello
di demolire il problema alla radice!» rispose divertito l’altro. Nel frattempo,
riuscirono ad atterrare nell’hangar senza particolari problemi ed entrarono in
uno degli ascensori; ma non fecero in tempo a dire nulla che dietro di loro
trovarono un battaglione di droidi che vennero distrutti con facilità in
pochissimo tempo.
«Non
sta fermo un attimo!» mormorò divertito Obi-Wan, come avrebbe fatto senza di
lui…
«R2
mi ricevi? Abbiamo un problema con gli ascensori.» disse prendendo il radiofaro
in mano.
Il
povero R2 non poteva rispondere perché stava cercando di nascondersi da alcune
guardie droidi, ma dopo essersi liberato di loro, lentamente si avvicinò agli
ascensori e provò a fare qualcosa.
Solo
che l’ascensore partì a razzo verso il basso ed Anakin che era sopra di esso,
si aggrappò ad un piano ma una ventina di droidi lo minacciarono.
Obi-Wan,
a cui tutti questi sbalzi repentini stavano facendo venire i capelli bianchi,
urlò al povero droide prigioniero «Non così!» e quando l’ascensore, finalmente,
ripartì verso l’alto disse soddisfatto «Ecco così bravo.»
Quando
Skywalker rientrò nell’abitacolo cercò di affermare «Sai Anakin, per me R2 ha
qualche…» ma il ragazzo lo bloccò prontamente un po' stizzito «Non ha nessun
circuito che non va.»
«Non
stavo dicendo niente.» replicò ben consapevole che il giovane era molto legato
al droide.
«Anakin
lo so che per te è anche una questione personale ma non cerchiamo vendetta,
dobbiamo solo salvare il cancelliere.» fece in tono comprensivo lasciando
interdetto il giovane che stava impugnando la spada laser accesa quasi
stritolandola.
«Non
preoccuparti non sono arrabbiato e non cerco vendetta. Non vedo l’ora di farla
finita.» cercò di rassicurarlo anche se sentiva che una piccola parte di lui
desiderava solo la vendetta.
«Anticipare…»
continuò il più anziano consapevole che il suo ex allievo era molto impulsivo.
«È
una distrazione. Lo so. E so che la speranza è ingannevole come la paura.»
completò Anakin citando i suoi insegnamenti facendo nascere un piccolo sorriso
che andò ad increspare il viso sempre serio del maestro.
«Suppongo
che prima o poi, dovrò provare a smettere di addestrarti.» rispose a metà tra
la tristezza e il divertito. A volte gli veniva da pensare che una volta,
quando era solo un bambino, che tutto fosse più facile; invece l’allegria del
ragazzo rendeva qualsiasi momento semplice da affrontare, non che Anakin non
fosse maturo, ma aveva quel lato divertente che si sposava bene con il suo lato
ironico.
«Lo
so… Anakin» la voce di Obi-Wan si era ammorbidita, e la sua mano era calda sul
braccio del giovane e continuò «non vorrei nessun altro jedi al mio fianco in
questo momento. Nessun altro uomo.»
Anakin
si girò, e negli occhi di Obi-Wan scorse un sentimento profondo che raramente
aveva visto in tutti quegli anni trascorsi insieme e l’amore semplice e puro
che saliva al cuore sembrava la promessa stessa della Forza.
«Non….
non vorrei che fosse altrimenti Maestro.» sussurrò con un tremito.
«Credo»
disse il suo ex-Maestro con un’espressione insieme divertita e stupita
nell’udire quelle parole uscire dalle proprie labbra «che dovresti abituarti a
chiamarmi Obi-Wan.»
«Obi-Wan»
disse Anakin «Andiamo a prendere il cancelliere.» ed insieme entrarono nella
sala comandi della prua.
Palpatine
era legato alla poltrona; Anakin ed Obi-Wan si avvicinarono al cancelliere circospetti,
c’era qualcosa di strano nell’aria, come se l’uomo più anziano si trovasse
esattamente dove volesse stare in quel preciso istante. E per un momento il
maestro jedi ebbe un fremito, c’era qualcosa che non andava, ma si diede dello
stupido mentalmente, avevano trovato Palpatine, era inutile indugiare su
pensieri oscuri che non avrebbero portato a nulla.
«State
bene signore?» chiese preoccupato.
«Si…»
fece con voce tremula l’anziano uomo «Ma c’è il Conte Dooku. State attenti.»
«Non
temete Cancelliere: i sith sono la nostra specialità.» risposero cercando di
sdrammatizzare e si avvicinarono al sith che era appena entrato nella stanza.
«Le
vostre spade signori, non vorrei che il Cancelliere si sporcasse dei vostri
brandelli di sangue.» chiese con finta gentilezza Dooku.
I
due jedi non gli badarono e il generale sussurrò all’ex allievo.
«Stavolta
lo attacchiamo insieme…» disse Obi-Wan a cui Anakin prontamente rispose «Era
quello che stavo per dire.»
«I
miei poteri si sono raddoppiati dal nostro ultimo incontro» non potè fare a
meno di ringhiare Anakin al conte.
«Bene
doppia superbia, doppia caduta.» rispose tranquillamente Dooku senza scomporsi
minimamente. Le spade saettavano nello scontrarsi ripetutamente, ma nessuno
pareva la meglio sull’altro. Finché Obi-Wan inciampò e involontariamente lasciò
solo il ragazzo a combattere contro il sith.
«Sta
zitto sith!» urlò di rimando il giovane mentre, nel frattempo, il suo ex
maestro stava salendo velocemente le scale per raggiungerlo, che si trovò di
fronte due grossi droidi da guerra a sbarrargli la strada. Infuriato li tranciò
in due riuscendo a ritornare vicino al conte Dooku.
Ma
non ebbe nemmeno il tempo di esultare che la sua mano si mosse, per volere del
sith, contro la propria gola: il Force Choke. Quello fu il suo ultimo pensiero
prima di svenire, mentre Lord Tyranus lo scagliava contro una parete
facendogliela finire addosso.
«Bene
Anakin, ora uccidilo.» sibilò la voce del cancelliere vicino a lui.
Tyranus
guardò dritto negli occhi Palpatine, Darth Sidious, il suo maestro.
«Cancelliere
mi avevate promesso salva la vita.» tentò di implorarlo, ancora incerto sul
perché il suo mentore, quello che gli aveva aperto gli occhi sulla corruzione e
menzogna dell’ordine jedi e della Repubblica, lo volesse morto.
«Io
non faccio accordi con chi mi usa come merce di scambio contro i miei amici.
Uccidilo Anakin!
È
un traditore! È un nemico della Repubblica!» lo incalzò l’anziano.
Il
giovane jedi lo fissò con occhi smarriti tenendo in mano due spade laser,
la sua e quella di Dooku, blu e rosso, quella di un jedi e quella di un sith.
«Non
dovrei…» bisbigliò sempre più in preda al dubbio, avvertiva chiaramente il
conflitto dentro di lui lacerargli l’animo; la parte che voleva vendetta, che
era rimasta nascosta, stava affiorando con prepotenza spazzando via tutti gli
insegnamenti ricevuti.
«Uccidilo!»
ripetè il cancelliere pregustando già la vittoria.
E
come se nulla fosse decapitò Dooku che, inerme e indifeso, era completamente
alla sua mercé, non certo un pericolo.
Un
omicidio a sangue freddo.
Il
primo di Anakin Skywalker.
Ma
non certo l’ultimo.
Ciao a tutti. Eccomi ritornata con un’altra storia su Star Wars. È nata
da un’idea datami dal contest indetto sul forum da Ghostmaker “Star Wars –
Capitoli mancanti” in cui si chiedeva di raccontare quello che succede tra
due film iniziando l’ultima scena e finendo con la prima scena del film
successivo. Io ho preso in considerazione, ardua scelta, il periodo che
intercorre tra “L’attacco dei Cloni” e “La Vendetta dei Sith” perché credo sia
stato un periodo particolare e mi incuriosiva parecchio.
Ho scelto la canzone London
calling dei The Clash perché l’ho trovata in un sito di canzoni pacifiste ed
insieme alla durezza della musica vera e propria mi ispiravano molto per questo
periodo buio e un po' incasinato che va dall’inizio della guerra dei cloni alla
caduta della Repubblica. Proprio per
questo anche la Repubblica e quasi tutti i personaggi sono descritti in maniera
molto meno santa da come vengono fatti vedere esclusivamente nei film, perché
personalmente ritengo improbabile che siano rimasti tutti tranquilli;
ovviamente ho cercato di non stravolgere completamente il personaggio perché mi
era richiesta la stretta attinenza ai film.
Ho scelto di descrivere vari momenti vissuti da più personaggi perché
ho pensato fosse un po' riduttivo per l’enorme quantità di fatti accaduti. Il
filo conduttore è costituito dai vari versetti della canzone che “anticipano”
il tema centrale, la sensazione provata nell’episodio; mi rendo conto che
essendo episodi a sé stanti può essere difficile seguire il tutto, ma mi
sembrava brutto spezzare la canzone e l’atmosfera dividendo in capitoli la
storia.
Mi sono ispirata, in maniera blanda, anche alla crudezza della guerra
del Vietnam, perché secondo il Legends molti pianeti sono stati teatro di duri
combattimenti e massacri verso la popolazione.
Riferimenti vari al Legends (starwarswikia.com):
- ·
Pianeta di Jabiim dove si compì il Massacro
di High Rock Canyon e le truppe della Repubblica persero clamorosamente.
- ·
Pianeta di Cona e gli abitanti ancorani
fedelmente descritti
- ·
Quarta Armata a cui era a capo il maestro
jedi Ki-Adi-Mundi
- ·
*Tratto dal libro “La vendetta dei Sith”
La frase inziale appena sotto il titolo e le ultime battute sono
riprese fedelmente dai due film in questione con qualche aggiunta mia. Il
momento finale che riprende l’inizio del film La Vendetta Dei Sith ho deciso di
narrarla dal punto di vista di Anakin e Obi-Wan e non di un personaggio minore
perché, a parer mio, era troppo importante per essere affidata ad un altro
personaggio anche se purtroppo non rispecchia fedelmente la consegna del
contest.
Spero che vi piaccia e se vi va, lasciatemi un commentino.
A presto
Blacky98