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Autore: Blacky98    03/06/2019    1 recensioni
La guerra è dolorosa, non risparmia nessuno, sconvolge l'intera galassia.
Piccoli spezzoni di vita quotidiana di vari abitanti che cercano di reagire, di vivere, di non annegare nella guerra dei cloni dove nessuno è esente da colpe, da dolori e dubbi.
...Tra sé pensò che alla fine tutti loro avevano le mani sporche di sangue.
Già, alla fine, non è mai colpa di qualcuno...
[Unica partecipante contest indetto sul forum Star Wars - Capitoli Mancanti di Ghostmaker]
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anakin Skywalker/Darth Vader, Bail Organa, Palpatine/Darth Sidious
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Londra sta chiamando

LONDRA STA CHIAMANDO

«Vittoria? Vittoria tu la chiami, maestro Obi-Wan? No, non vittoria… su tutto l’ombra del Lato Oscuro è calata. Cominciata la Guerra dei Cloni è.»


 


London calling to the faraway towns
Now that war is declared and battle come down

[Londra sta chiamando le città sperdute
Ora che è stata dichiarata guerra e la battaglia è finita]

[22 BBY - Coruscant]

In lontananza, i nuovi incrociatori della Repubblica stavano imbarcando truppe e materiali. Come tante piccole formiche tutte uguali e sincronizzate, i cloni stavano sfilando sotto lo sguardo attento del cancelliere supremo, circondato dai suoi consiglieri.

Come erano arrivati a quel punto? A buttare millenni di storia, di anni di pace in una guerra nata per motivi risolvibili.

Vantarsi di essere un senatore antimilitarista, con grande influenza, per poi acconsentire a questo scempio, a questa campagna di pace che avrebbe portato solo morte, distruzione e dolore. Da quando il dialogo e la democrazia avevano ceduto il posto alla forza?

La verità è che tutto stava andando a rotoli, nessuno sapeva veramente cosa stava succedendo e forse era meglio non domandarselo. Sarebbero stati anni intensi quelli che li aspettavano, anni che avrebbero portato via ogni cosa, lasciando solo frantumi e persone troppo stanche solo per ricominciare.

Si girò a guardare il cancelliere affianco a lui e per un istante ebbe la sensazione che l’unico felice di vedere quello spettacolo fosse lui e aggrottò la fronte insicuro di dare un nome a questa percezione. Durò pochissimo perché Palpatine, con passo greve tornò dentro insieme al suo entourage lasciandolo solo con i suoi demoni, dubbi e senso di ineluttabilità.

[21 BBY - Coruscant]

Si sedette stancamente, dopo essere ritornato nel suo ufficio. Prese una bottiglia di wiskey corelliano e un bicchierino e se ne versò una dose generosa.

Che cazzo di vita! Si disse, mentre si stava riempendo di nuovo il bicchiere. Sospirò, ricordando troppo bene la delusione di altri suoi colleghi, alleati, amici, compagni da sempre quando aveva votato per la creazione di un’armata della Repubblica. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Opporsi e lasciare morire quei jedi? Opporsi e bruciarsi ogni possibilità di poter ritrattare? Se ci sarebbe stato un margine di trattativa in quei giorni veloci che stavano mangiando l’anima e reclamavano la loro coscienza, pensò amaramente.

Ma, non poteva permettersi di autocommiserarsi, anche se tutto quello che stava faticosamente costruendo rischiava di andare in mille pezzi. Chiamò Mon Mothma al comlik personale, non quello ufficiale perché avrebbe significato che stava per intraprendere una qualche iniziativa quando la verità era che brancolava nel buio.

«Non sapevo che bevessi» esordì la giovane donna, che dopo aver tentato di, capire qualcosa in più, di parlare con il cancelliere, sempre più irraggiungibile e di aver passato senza sentirsi in colpa quei primi mesi di guerra si era arresa a non sapere cosa fare. Poteva vederli, sentire urlare mentre dormiva, mentre camminava per il senato, tutti ad accusarli che la guerra non era mai la soluzione ai problemi e che loro non avevano fatto nulla per impedirlo.

«Ne vuoi un po’?» ribattè Bail ignorando lo sguardo curioso e un po' costernato della collega. Già lui era il senatore irreprensibile, saldo negli affetti come in senato; ora invece dava un’immagine totalmente diversa, sfatta, quasi sconfitta.

«Non sei preso bene; hai delle occhiaie spaventose e sicuramente non ti fa bene bere.» rispose imperterrita Mon, anche se una piccolissima parte di lei avrebbe voluto abbandonarsi a quella condotta poco discutibile e dimenticare la guerra.

«Bail per cosa, per chi stiamo combattendo?» la domanda arrivò all’improvviso catturando l’attenzione dell’uomo intento a fissare l’estensione dei fronti di combattimento in una mappa olografica.

«Tu per cosa vuoi combattere?» domandò di rimando, osservando il volto stanco della donna che aveva aiutato a muovere i primi passi in politica, che aveva portato sull’orlo del baratro assieme a lui.

«È giusto combattere. È giusto difendere tutto ciò che abbiamo di buono, tutto quello in cui crediamo. Se non smettessimo, ci arrendessimo, quelli che verranno dopo di noi ci odierebbero. Noi dobbiamo combattere, dobbiamo vincere.»

Bail sorrise sentendo le sue parole appassionate, non avrebbero mollato, ma non potè fare a meno di pensare «Mon, però cosa perderemo?»

The ice age is coming, the sun is zooming in

[L’era glaciale sta per arrivare, il sole sta precipitando]

 [21 BBY - Alderaan]

La regina con la camminata fiera che la contraddistingueva raggiunse la sala del Consiglio. Prima di farsi annunciare, si sistemò la corona che poggiava sulla complicata acconciatura che richiedava il cerimoniale. Ora come mai pesava come un macigno che stava esigendo da tutti loro un prezzo molto alto, rimanere impotenti mentre migliaia di vite venivano spazzate via come se non contassero nulla.

Con passo deciso entrò e prese posizione sul suo scranno. La guerra non aveva toccato direttamente Alderaan, ma qualsiasi atto che recava dolore ad un cittadino qualsiasi della loro Repubblica, anche lo schiavo nell’Orlo Esterno, era affare del loro pianeta.

«Grazie per esservi riuniti qui con poco preavviso. Come ben sapete, mio marito, il senatore e viceré di Alderaan ha proposto di alleggerire le nostre leggi sull’immigrazione per poter aiutare i rifugiati…»

«Scusatemi vostra altezza, ma come pensate di riuscire ad accogliere tutte queste persone, con usi e costumi diversi senza creare problemi, fraintendimenti?» la interruppe un consigliere anziano della casata dei Thul.

«Signori, abbiamo il dovere morale di fare qualcosa, non possiamo girarci dall’altra parte. Solo se siamo uniti, riusciremo a svolgere un efficiente politica. Vi chiedo di guardarvi attorno, signori. Se fossero i vostri cari? I Vostri amici ad essere minacciati da una guerra non voluta, cosa fareste? Cosa vorreste che gli altri facessero per voi e per loro?»

«Vostra Altezza, siamo tutti concordi nel dire che potremmo diventare dei bersagli o peggio, accogliere Separatisti infiltrati sotto spoglie di profughi. Come possiamo garantire la sicurezza?» ribatté per nulla convinto un altro consigliere. Gli altri si mossero pensierosi sui loro scranni. Alderaan era in pace da moltissimo tempo, ma fresche nella memoria erano ancora gli attentati che avevano decimato interamente la casa Panteer anche se accaduti secoli prima. Infatti, non era un mistero che molti pianeti della Galassia guardassero con simpatia il movimento Separatista anche se non erano formalmente coinvolti, e Alderaan, pianeta fedele alla Repubblica, poteva diventare facilmente un obiettivo militare svantaggiato per l’inesistenza di una forza armata permanente a protezione.

«Avete ragione, non pretendo che Alderaan, voi del Consiglio, né che i cittadini che hanno riposto la loro fiducia in me e in voi, di fare più di quello che possiamo offrire. Chiedo di combattere con le nostri armi questa battaglia, con i nostri principi e, se in questo dovessero sorgere dei problemi, di affrontarli assieme.» rispose la regina.

«Per questo propongo di renderci più attivi nel Movimento di Sostegno ai Rifugiati offrendo delle sistemazioni finché non si tornerà alla normalità.» Con questa ultima affermazione non era molto convinta, aveva il sentore, anche grazie alle informazioni provenienti direttamente da suo marito, che la Repubblica stava brancolando nel buio schiacciata dagli attacchi simultanei in più sistemi.

Le ritornarono in mente le parole di suo marito, poco dopo che era stato vittima di un attentato.

“Le uniche cose che non ci permettono di affondare sono l’amore, la famiglia, gli amici… solo se non ci disperiamo, troveremo la via, la luce in fondo al tunnel.”

Lei il suo faro lo aveva trovato, sarebbe stata abbastanza forte da esserlo per il suo popolo?

London calling, now don't look to us

[Londra sta chiamando, non guardateci ora]

[22 BBY - Naboo]

Il matrimonio era stato celebrato poche ore prima, ancora non ci credeva che il ragazzino che aveva conosciuto anni prima, era appena diventato suo marito. Lì disteso sul letto, sembrava ancora bisognoso di protezione, ma in realtà, con le sue braccia forti le dava un rifugio sicuro. 

Però in questo giorno di gioia qualcosa, qualcuno di molto importante era mancato. Avrebbe desiderato tutta la sua famiglia al suo fianco, a gioire con lei ed Anakin. Lo aveva notato, nella loro breve visita alla casa dei suoi genitori, di non molto tempo prima, che si erano affezionati subito al giovane jedi. Forse, la sua famiglia avrebbe capito. Come avrebbe fatto a nascondere questo amore? A non sentirsi in colpa verso di loro? Come avrebbero fatto a mantenere i loro ruoli senza intaccare il rapporto tra di loro?

Strinse il piccolo ciondolo di jaipor, che teneva sempre con sé, tra le dita e bisbigliò «Faremo in modo che funzioni.»

La mattina dopo, si svegliò da sola nel grande letto e per un istante pensò di essersi immaginata tutto. Si avvolse in una vestaglia bianca e uscì a cercare suo marito, che strano, dove lo aveva trovato qualche mese prima mentre si era rifugiata sul pianeta per scappare dai separatisti. Era bello, calmo come le acque del lago, ma pronto a mostrare la sua forza. Eccolo lì, nella stessa posizione.

Si avvicinò di soppiatto per fargli una sorpresa, ma Anakin percepita la sua presenza si girò giusto per prenderla tra le braccia e cullarla.

«Quando sei con me, non farmi svegliare più da sola, ti prego» chiese tra le pieghe della casacca, inspirando a fondo il suo profumo per imprimerselo nella mente.

«È un ordine?» rispose divertito il giovane.

«Si, ora sono tua moglie, potrei pure bandirti dal letto se volessi» disse con tono scherzoso e aggiunse in tono scherzoso «ma per ora non lo metterò in pratica, anzi perché non torniamo dentro?» e si girò per rientrare, ma si accorse che il suo amato non si era mosso.

«Ani?» domandò cercando di attirare la sua attenzione.

«Questo posto è perfetto. Tu lo sei. In questa terrazza piena di rose, baciata da sole con addosso questa vestaglia bianca. Sei un angelo, il mio» disse, come se stesse parlando a sé stesso per accertarsi di non essere in un sogno «sono qui solo da un giorno, eppure vorrei rimanere qui tutta la vita, con te.»

«Per ora mi basta che tu mi stringa forte.» rispose con un sorriso e prendendolo per mano si diresse verso l’interno, al riparo dalla calura estiva, da tutti gli occhi ostili, da tutta la galassia che avrebbe potuto reclamarlo indietro.

[21 BBY - Naboo]

La ragazza sorrise e lo abbracciò: era così bello vederlo. Prima di essere sua moglie era solo una senatrice, la senatrice di Naboo. Era stata la regina più giovane del suo pianeta. Tutti la rispettavano e l’ammiravano per le sue idee di pace, libertà e giustizia. Ma lei ora, era la moglie di Anakin Skywalker. Ma moglie era un termine, che non rispecchiava adeguatamente la sua condizione: era un termine troppo restrittivo, troppo comune, un termine che poteva avere echi sgradevoli e meschini. Per Padmè Amidala dire «Io sono la moglie di Anakin Skywalker» era come dire «Io sono viva» *

«Sei in ritardo.» gli disse allegramente.

«Scusami, ma avevo qualche Separatista da sistemare, sai come è, sono una persona impegnata!» rispose a metà tra il divertito e serio.

«Troppo impegnato per venire a trovare tua moglie, quindi? Vorrà dire che potrete andare a dormire da un’altra parte per questa notte» replicò a tono tirandogli un pugno sulla spalla e voltandosi con tutta l’intenzione di lasciarlo lì.

«Che permalosa che siete senatrice! Come posso farmi perdonare?» supplicò, mettendo su uno sguardo da cucciolo bastonato.

A quelle pozze azzurre come il cielo che la scrutavano adoranti, non riuscì a mantenere il gioco e si fiondò tra le sue braccia, pronte ad accoglierla.

«Ogni volta che vai via, mi sento male. Ho paura di perderti, ti prego fa attenzione e torna sempre da me. Promettimelo» disse, cingendolo con le sottili braccia senza lasciargli spazio di movimento.

«Guardami» e non appena attirata la sua attenzione continuò «sono qui e non ho alcuna intenzione di andarmene. Ti amo.» e la baciò, dimentico di ogni fatica e di ogni preoccupazione. La galassia sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro, ma in quell’istante e in quel posto esistevano solo loro.

London calling to the underworld

[Londra sta chiamando dall'oltretomba]

[21 BBY - Jabiim]

«Signore, siamo accerchiati, i Separatisti hanno preso il controllo dei sobborghi delle città.» urlò nel frastuono del campo base. Attorno la pioggia cadeva incessantemente, inzuppando gli abiti, la terra pregna di sangue. Oh, si una guerra era stata combattuta ferocemente poco prima e i soldati portavano ancora i segni, assieme allo sconforto e al logoramento.

Le strutture erano fatiscenti, aggiustate su più punti e il perimetro costellato di buche dovuti ai bombardamenti lanciati su vasta scala dall’esercito dei Separatisti, o erano quelli della Repubblica?

Quella che era stata una fiorente cittadina, si era trasformata in un’ecatombe dove ogni centimetro era guadagnato al prezzo di centinaia di vittime. Neppure i civili erano stati risparmiati dalla logica fredda della guerra, quelli che non erano riusciti a fuggire erano stati, in breve tempo, decimati dagli scontri e dall’aggravarsi della penuria dei rifornimenti.

Dove era la Repubblica? Li avevano lasciati lì a morire in una guerra civile, assurda e non voluta, eppure combattuta come se ne dipendesse la vita.

«Date l’ordine di evacuazione totale. Lasciate indietro i feriti, gli anziani e chiunque non riesca a muoversi velocemente; andremo verso le grotte dell’High Rock Canyon» disse con tono risoluto, in cui si poteva percepire tutta la disperazione, l’ormai stanco leader del gruppo di Lealisti rimasti.

La lunga fila di persone si mise in marcia al calar del sole sotto la stessa pioggia che si era riversata senza pietà per tutto il giorno. Le strade, le poche rimaste integre, si erano trasformate in torrenti in piena che assieme al fango rendevano la camminata ancora più difficile.

«Papà, dove sono i jedi?» chiese un bambino, che stava stringendo in mano un ewok giocattolo, guardandosi attorno, sicuro di vedere da un momento all’altro spuntare dal fitto della vegetazione i suoi eroi preferiti.

«Non verranno.» rispose incerto, sperando di chiudere la conversazione.

«Perché?» insistette il piccolo. Alla HoloNet del suo amico, aveva visto le gesta di questi leggendari guerrieri e sperava di poter conoscerli un giorno e poter brandire la spada laser.

«Perché non sono interessati a noi, come il resto della Repubblica. Persino il Corpo diplomatico di Alderaan non ci ha aiutato ad evitare la guerra. Non saranno quindi i tuoi eroi a salvarci, anzi non mi stupirebbe saperli al sicuro nel loro tempio a Coruscant» si intromise il leader, non lasciando spazio al padre di elaborare una risposta e aggiunse «gli unici su cui puoi contare li vedi qua, attorno a te. Quindi cammina e non pensare a chi ci ha abbandonato.»

Molti uomini sussultarono alla durezza delle parole e del tono usato con il bambino, ma di fronte all’amara verità neppure il padre protestò, anzi prese per mano suo figlio per aiutarlo a camminare più veloce, sollevandolo nei momenti in cui bisognava superare un ostacolo.

Cinque giorni più tardi, trovarono riparo nelle cavità naturali offerte dalla montagna nella speranza che nessuno li avesse avvistati e si accinsero a prepararsi a sopportare il lungo inverno, reso ancora più impervio dalle frequenti piogge torrenziali.

[20 BBY - Jabiim]

Era sera quando vennero sorpresi e stranamente non stava piovendo.

Nessuno riuscì a scappare, i Nazionalisti appoggiati dai Separatisti entrarono negli intricati cunicoli della montagna da più parti non lasciando via di fuga. I primi a morire furono i bambini, seguiti dalle donne. Per ultimi vennero gli uomini, a loro si riservò un trattamento speciale, nessun colpo di blaster, ma bruciati insieme ai corpi morti dei loro amici, familiari, compagni di sventura.

Quando le luci del mattino fecero capolino, gli eserciti della Repubblica, che nel frattempo si stavano avvicinando alla ricerca degli insorti, videro levarsi una sottile linea di fumo. A nulla valsero le ricerche di dispersi o feriti, la scena che si presentò loro fu sconvolgente: ossa di varie grandezze ammucchiate tra loro. Scampato miracolosamente al massacro era un piccolo peluche di un ewok.

Il comandante delle truppe, Cody, lo raccolse sospirando e ordinò «Proseguiamo nel settore F.»

Il giocattolo rimase lì abbandonato, insieme a tutti quelli che avevano cercato la salvezza in quella montagna. Il fango, provocato dalle intense piogge che avevano ricominciato a cadere, sommerse quell’ecatombe, cancellandone i resti.

[20 BBY - Alderaan]

L’esercito della Repubblica temeva ormai che fosse vicina la fine su Jabiim. Lo stesso cancelliere supremo ne aveva parlato con toni drammatici in senato, riuscendo a fare approvare nuovi emendamenti alla Costituzione, per avere, sosteneva, più libertà di agire e di difendere la Repubblica.

Ma ciò che aveva sconvolto di più l’opinione pubblica era stata la scoperta di quello che venne chiamato “Il massacro di High Rock Canyon”. Numerose furono le richieste provenienti da vari esponenti della politica di trovare una soluzione che non coinvolgesse, anzi salvaguardasse, la popolazione civile, ma purtroppo era troppo tardi.

«Cosa abbiamo sbagliato? Ogni cazzo di mossa che sto, stiamo, tentando, non sta risolvendo nulla.» disse sprofondando sulla sedia dietro la scrivania.

«Bail, non è colpa tua! Non potevi fare nulla.» rispose Breha dall’ufficio situato nell’appartamento reale sollevando il sopracciglio al sentire la parolaccia che raramente suo marito utilizzava.

«Se io non avessi sottovalutato tutto questo schifo, forse, ora…» cercò di ribattere stancamente.

«Cosa pensavi di riuscire a fare? Quel pianeta è sprofondato nella guerra civile e gli eserciti della Repubblica non riescono a fare molto neppur nel combattere contro i Separatisti.» replicò la donna, mentre l’immagine dell’olografica davanti a lei tremolò.

Sospirò, non era una giustificazione valida quella, ma forse avrebbe fatto sentire meglio suo marito e riprese «È vero, abbiamo ignorato tanti segnali, ma, molto probabilmente, si sarebbero scontrati anche senza di noi e il Corpo Diplomatico che abbiamo inviato era dello stesso avviso.»

«Noi dovremmo garantire la pace o quantomeno cercare di raggiungerla e invece qui, non solo abbiamo fallito nell’obiettivo, ma sono morte persone innocenti. Breha, ho visto le olografiche scattate sul posto, c’era un peluche di un bambino tra le ossa bruciate degli abitanti che stavano cercando di fuggire. Un bambino che non aveva nulla a che fare con questa maledetta guerra, che molto probabilmente sperava in un eroico salvataggio e noi tutti, la Repubblica, i jedi, lo abbiamo deluso. E lo so, che non è l’unica vittima trovatasi in mezzo ad un conflitto per puro caso, però fa male vederselo sbattere in faccia, immaginare quello che sarebbe potuto diventare se solo noi avessimo trovato una strada diversa, se avessimo avuto più polso.» ribattè dal suo ufficio illuminato dagli ultimi raggi di luce naturale prima di venire soppiantata da quella artificiale che illuminava quasi a giorno l’intero pianeta.

«Credi che ignori le conseguenze di questo conflitto? Lo sai benissimo che per noi, per Alderaan questa è una sconfitta e vorrei gridare alla Galassia scusa, vorrei chiudere gli occhi senza sentirmi complice di tutto, senza sentirmi in colpa perché io sono qui in un pianeta che continua la sua vita, mentre sull’Orlo Esterno c’è il caos; ma non possiamo controllare tutto, Bail. Oltre ad impegnarci a fondo con tutti i mezzi disponibili per far cessare questa guerra, possiamo solo pregare la Forza che ci guidi e ci sostenga, ma soprattutto sostenga le popolazioni colpite.» rispose la giovane donna cercando di calmare lei stessa e il marito.

Aggiunse, con poca convinzione, ma piena di speranza verso l’uomo che amava e che necessitava di essere rassicurato «Non è stata colpa tua… Se crolli, come farò io senza te?»

«Forse hai ragione, non ha senso adesso lasciarsi andare, ma non posso e non voglio dimenticare quello che è successo su Jabiim, né su altri sistemi» e con un sorriso carico di affetto continuò «Grazie Breha, sei tu la mia forza, non io per te; sto meglio ora. Buonanotte mia colomba.» e chiuse la conversazione.

Tra sé pensò che alla fine tutti loro avevano le mani sporche di sangue.                                                       

Già, alla fine, non è mai colpa di qualcuno.

London calling to the zombies of death

[Londra chiama gli zombi della morte]

[20 BBY - Coruscant]

«Non è importante che sia un maestro o un padawan, ma che sia potente e credo che nessuno di voi possa negare che il giovane Skywalker è il jedi più potente di tutti.» un sorriso soddisfatto apparve sul volto del giovane padawan, che mai come in quel momento si sentiva legato al cancelliere: quell’uomo non era come tutti gli altri politici, pensava, era un amico, un confidente, un padre. A lui poteva dire cose che non poteva confidare nemmeno alla sua Padmè: si sentiva libero. O almeno così credeva.

«Non mi fido del cancelliere, chi nominare è il nostro compito.» commentò piccato Mace Windu.

«Non credo sia un gesto sconvolgente, maestro Windu. Il cancelliere vede Anakin come un nipote, è ovvio che vorrebbe per lui il meglio. Anakin, stesso è molto legato a lui» rispose Obi-Wan, ansioso di andare a vedere il suo padawan poichè lo aveva sentito nervoso nell’ufficio di Palpatine.

«Anakin, non essere agitato, è una bella responsabilità vero, però sono convinto che tu possa riuscirci.» lo sorprese alle spalle mentre si stava dirigendo verso la piattaforma con gli speeder.

«Maestro, sembra che ogni cosa che faccia o ottenga non vada bene! Li hai visti pure tu quelli del Consiglio, mi ritengono un bambino, uno da controllare.» rispose arrabbiato.

«La decisione del cancelliere non si può ignorare e li ha colti di sorpresa. Abbi pazienza e vedrai che si sistemerà tutto. Anakin fa attenzione, sono in molti a non avere simpatie né per i jedi né per il cancelliere e tu sei doppiamente esposto.» cercò di rassicurarlo Obi-Wan.

«Tu verrai con me, così ci copriremo le spalle come sempre, non è vero?» rispose guardando con speranza il maestro.

«Mi dispiace, io sono stato assegnato ad un’altra missione; però non temere, appena avrò finito, verrò da te a darti una mano con il mio cervello.» tentò di rasserenare l’atmosfera, anche se era consapevole, forse una sensazione, che qualcosa si stava spezzando tra di loro; non erano più Skywalker e Kenobi che risolvevano qualsiasi situazione.

«Che la Forza sia con te, allora Obi-Wan.» replicò amareggiato.

Non appena il maestro se ne andò, ebbe il presentimento di essere era rimasto da solo.

[20 BBY - Cona]

«Maestro Kenobi, le truppe sono in orario con la tabella di marcia, presto arriveremo al campo base.»

«Ma siamo lentissimi Cody!» ribattè per nulla convinto e sospirando si avviò verso uno dei mezzi di trasporto pesante. Questa missione si era rivelata abbastanza semplice, portare armamenti e rifornimenti a questo pianeta minacciato dai Separatisti. Se la sarebbe cavato con poco perché la situazione era relativamente stabile e si trattava quindi di una misura preventiva.

I camminatori e i mezzi corazzati si rimisero in moto al segnale e iniziarono l’attraversata della foresta che occupava buona parte del territorio circostante la capitale.

Erano arrivati in una zona sperduta, lì ogni animale, pianta, tracciato sembrava avercela con loro, nonostante fossero i buoni. Molti convogli e uomini erano rimasti coinvolti in incidenti bizzarri che avevano, però, rallentato la marcia.

All’improvviso gli parve di vedere qualcosa muoversi nella fitta vegetazione e fu dato l’alt alla colonna.

«Speriamo non siano ancora quei lucertoloni enormi.» esclamò esasperato.

Da dietro le grandi foglie verdi macchiate di blu spuntò una grossa figura incappucciata da dove risaltavano gli occhi dorati.

«Signori, siamo un popolo pacifico noi.» disse la misteriosa figura con un Basic molto elementare e dall’accento ancoriano.

«Siamo della Repubblica, siamo venuti a supportarvi. Presto la Quarta Armata sarà qui sotto il comando del maestro jedi Ki-Adi-Mundi e non avrete nulla da temere.» rispose prontamente.

«Allora siate i benvenuti, amici della Repubblica.» replicò la figura scoprendosi il volto da rettile, facendo cenno di seguirlo.

Era alto più di una spanna rispetto ai cloni, marroncino e verde, con abiti primitivi e senza armi, ma a colpire era la testa che si ergeva fiera sul corpo sottile e lo sguardo che ipnotizzava se lo si incrociava per troppo tempo.

Arrivarono in questo villaggio sotterraneo e ad accoglierli c’erano solo le occhiate diffidenti di pochi nativi, non più di una decina.

«Quanto siamo distanti dalla capitale?» chiese Cody, perplesso per l’esiguo numero di abitanti.

«Nella capitale non abita più quasi nessuno, signore. Ci siamo spostati nelle zone limitrofe per evitare degli attacchi.» rispose quello che, molto probabilmente, era il capo.

«Ma allora» disse girandosi verso il jedi, preoccupato «chi ha lanciato l’allarme da Tylcarros

«Andiamo a scoprirlo.» ribatté quest’ultimo, senza pensarci due volte.

La strada che mancava verso il centro della foresta fu meno impervia del previsto, quasi troppo tranquilla e priva degli incidenti che avevano caratterizzato la prima parte. All’arrivo li accolse una atmosfera sospetta, le vie erano vuote e le case disabitate, ma non erano evidenti segni di combattimento, né di confusione tipica dovuta ad una fuga, come se gli Ancoriani si fossero smaterializzati all’improvviso senza lasciare traccia alcuna.

«Ho un gran brutto presentimento.» sussurrò Cody, facendo disporre nella maniera più silenziosa possibile, i vari squadroni pronti per un’eventuale imboscata.

Avanzarono sempre di più nel cuore della città fantasma, per terra solo le foglie mosse dal vento. I colori erano sbiaditi e gli ingressi alle parti sotterranee, dove gli Ancoriani abitavano per la maggior parte dell’anno, erano sbarrati, come se il pericolo provenisse dalle fondamenta. L’aria era densa e metteva in difficoltà i respiratori in dotazione all’esercito.

Nessuno seppe come e da dove cominciò la battaglia, solo che si ritrovarono nel bel mezzo del fuoco incrociato senza capire da dove venisse. Ripararono disordinatamente dentro a vari casolari grigi, disorientati e feriti.

«Come abbiamo fatto a non accorgerci di loro?» urlò in mezzo al frastuono Cody.

«Temo abbiano qualche dispositivo che blocchi le percezioni attraverso la Forza» rispose sconsolato Obi-Wan e aggiunse «è un interessante sviluppo, non lo credevamo possibile e invece si sono dimostrati più capaci. Li abbiamo sottovalutati.»

Da fuori provenivano le urla di chi attaccava selvaggiamente e di chi veniva ferito, mescolate al frastuono di cannoniere che martellavano senza sosta la città con i loro colpi. Erano riusciti a lanciare il segnale dall’allarme qualche ora prima e rapidamente, per quanto il terreno impervio lo permettesse, stavano giungendo anche la colonna degli armamenti corazzati che si erano momentaneamente fermati a qualche chilometro di distanza.

«Signore, la Quarta Armata sta arrivando.» disse un clone a Cody e al maestro jedi mentre questi ultimi cercavano di riorganizzare un contro attacco efficace da uno dei casolari centrali della città. I separatisti li stavano lentamente stringendo in una morsa accerchiandoli quasi completamente. Inoltre, non avendo informazioni utili sui numeri e armamenti dei nemici era difficile elaborare una strategia che non implicasse un alto dispendio di vite.

Il comlik di Obi-Wan suonò all’improvviso e dall’altra parte si materializzò la figura evanescente del maestro Ki-Adi-Mundi «Obi-Wan mi ricevi?»

«Sia ringraziata la Forza! Siamo nel settore C45, territorio della capitale, ci serve immediata assistenza, siamo circondati, non so quanto riusciremo a resistere!» e mentre stava dicendo questo l’immagine iniziò a tremolare.

«Stiamo arrivando, non muovetevi da lì.» rispose l’altro maestro con voce gracchiante.

La comunicazione si interruppe di colpo con un bip. Cody guardò l’uomo stupito.

«Ci hanno tagliato fuori!» constatò preoccupato Obi-Wan «Fa muovere gli uomini verso est, dobbiamo assolutamente uscire da questa città prima che tutte le vie di fuga vengano bloccate.»

I mezzi si rimisero lentamente in moto protetti da squadroni di cloni a caro prezzo, i Separatisti non volevano affatto lasciarsi sfuggire l’occasione di impossessarsi delle moderne cannoniere della Repubblica e di catturare qualche maestro jedi da poter utilizzare in un negoziato in posizione di forza, poiché convinti che il Gran Consiglio avrebbe fatto di tutto per riavere i suoi uomini.

La colonna era rallentata dalle cattive condizioni della strada e dalla necessità di controllare ogni singolo incrocio e svolta per accertarsi che fosse privo di pericoli.

«Ancora non capisco! Questo pianeta era considerato non a rischio e improvvisamente ci siamo trovati di fronte ad un massiccio schieramento di forze Separatiste. Come è stato possibile?» chiese Cody mentre controllava per l’ennesima volta il blaster, pronto a sparare.

«Sono riusciti ad aggirare i nostri sistemi di sicurezza e soprattutto, sembra che ci stessero aspettando.» rispose Obi-Wan. Il gelo calò su tutto il battaglione, erano parole pesanti e sentirle dire da un jedi significava che erano verosimili; significava che la loro missione era stata compromessa e chissà quante altre in giro per la galassia. A questo punto, nessuno di loro era escluso dal sospetto di tradimento.

«Ci conviene proseguire. Non risolveremo nulla stando qui a rimuginarci sopra. Stanno arrivando i rinforzi e dobbiamo essere pronti a lasciare questo posto.» ordinò Cody.

Obi-Wan si passò la mano tra i capelli e sospirò.

In quel momento avrebbe avuto bisogno del sorriso del suo ex padawan, dei suoi scherzi e del suo senso dell’umorismo. Sarebbero potuti ritornare ad essere Kenobi e Skywalker, gli eroi leggendari senza macchia e paura, invece stavano affogando tutti, in questa guerra, che metteva contro amici, familiari, pianeti alleati; nessuno veniva risparmiato.

[20 BBY – nave ammiraglia Quarta Armata]

«Siamo in orbita signore. Come procediamo?» chiese il tenente a Ki-Adi-Mundi.

«Localizzate le truppe di terra della Repubblica e procedute con l’opera di pacificazione nel settore.» rispose serio. Sapeva che con molta probabilità questa operazione avrebbe portato alla morte di civili, ma gli ordini, a malincuore, erano quelli di eliminare qualsiasi minaccia con qualsiasi mezzo. Si passò le mani sul mantello come a togliere il sangue di cui presto si sarebbe macchiato e rimase ad aspettare ad assistere al bombardamento su vasta scala.

Questa guerra era maledetta, sbagliata, sporca eppure era consapevole e credeva negli ideali per cui stava combattendo, per cui intere popolazioni soffrivano e morivano.

I caccia uscirono dagli hangar e in formazione di battaglia si diressero verso il settore indicato.

Sembrava quasi una danza, il volteggiare sopra a foreste secolari, villaggi disabitati, in mezzo a turbini di vento. Le fiamme delle bombe della Repubblica si alzarono rapidamente, divorando il paesaggio circostante.

Gli angeli della morte erano arrivati.

London calling, at the top of the dial
An’ after all this, won’t you give me a smile?

[Londra chiama al momento topico

dopo tutto questo, non mi farai un sorriso?]

[19 BBY - Coruscant]

La voce tonante di Mace Windu proveniente dalla radio della nave li fece sobbalzare.

«Maestro Windu che succede?» rispose Anakin.

«Il Cancelliere supremo… è stato rapito da Grievous!» disse immediatamente l’uomo con voce carica di preoccupazione.

I due giovani lo fissarono per qualche secondo ammutoliti

«Presto mettete in moto i propulsori e entriamo nell’iperspazio» urlò perentorio Anakin ai cloni.

La gente della Galassia fissava in preda al terrore la Holonet: aveva appena trasmesso la notizia che il cancelliere supremo era stato rapito. In ogni dove il terrore, Grievous, quel mostro terribile, aveva portato via il loro amato cancelliere. Questa volta i separatisti avrebbero vinto.

«No vi sbagliate!» replicarono i bimbi di ogni sistema.

«Presto arriveranno Anakin ed Obi-Wan e Grievous dovrà pentirsi di essere nato!»

Ogni genitore scuoteva la testa, incapace di trovare conforto in quelle parole. Kenobi e Skywalker erano sì degli eroi, ma non era invincibili, e forse, chissà, anche loro avevano ceduto.

I due caccia volteggiarono insieme superando varie navi, sembravano andare a ritmo, soltanto a loro conosciuto, che lasciava spiazzato ogni nemico che tentava di colpirli, quasi come se fosse una danza.

«Inquadralo R2. Maestro, la nave del generale Grievous è davanti a noi. Quella che brulica di droidi d’assalto» ordinò Anakin  e continuò «ah la vedo, sarà un gioco da ragazzi…»

«Falli passare in mezzo a noi» consigliò il maestro jedi.

In quell’istante una marea di droidi insetto assaltarono le due piccole navi; ma, mentre il giovane Skywalker riuscì quasi subito a liberarsi, Obi-Wan era letteralmente assediato.

«Sono dappertutto! Non vedo più niente!» gridò in preda al panico.

«Stai calmo ora ci penso io!» rispose tranquillo il più giovane cercando di pensare velocemente ad una soluzione.

«No tu vai a salvare il cancelliere.» ribattè il più anziano, mentre i droidi insetto cercavano di aprire il vetro che proteggeva la cabina di pilotaggio, mettendo fuori uso la sua unità astrodroide in dotazione.

«Non ti lascio maestro» e iniziò a sparare contro i droidi insetto posizionati sopra la calotta del caccia del compagno.

«Così fai anche peggio… Su Anakin vai, per me è finita.» replicò sconfortato Obi-Wan

«Ho detto che non ti lascio. Però hai ragione in effetti, sparare non serve. R2…» rifletté ad alta voce il ragazzo.

«Anakin cosa vuoi fare?» chiese un po' preoccupato Obi-Wan.

«Lo scoprirai!» rispose prontamente e sicuro di sé l’altro.

«Non è il momento di giochetti.» replicò il maestro, aveva un brutto presentimento e nonostante la bravura del suo ex allievo, non poteva che pensare anche alla sua avventatezza che in quel momento li avrebbe messi solo in difficoltà, o frose no.

«Ma non sto giocando» R2 salì sul caccia di Obi-Wan e in pochi secondi distrusse tutti i droidi insetti.

«Grazie Anakin!» disse e non senza ringraziare la Forza di avergli messo accanto Anakin proseguì «andiamo…»

I due caccia si avviarono verso l’Invisible Hand, la nave di Grievous, pronti ad atterrare nell’unico hangar ancora aperto quando Kenobi percepì qualcosa «Ma hai disattivato lo scudo?»

«Ops scusa maestro!» e subito una mitragliata di colpi, proveniente dal caccia del più giovane, distrusse il comando che teneva in piedi lo scudo deflettore.

«Sai Anakin, anche se un po’ brutale, devo ammettere che il tuo metodo di risolvere le cose è davvero efficace.»

«Che metodo maestro?» chiese di rimando il più giovane facendo finta non aver capito.

«Quello di demolire il problema alla radice!» rispose divertito l’altro. Nel frattempo, riuscirono ad atterrare nell’hangar senza particolari problemi ed entrarono in uno degli ascensori; ma non fecero in tempo a dire nulla che dietro di loro trovarono un battaglione di droidi che vennero distrutti con facilità in pochissimo tempo.

Con un brusco movimento l’ascensore si bloccò allarmando i due.

 «Che succede?» mormorò Anakin che tagliò parte del soffitto con la propria spada laser e quando cadde il pezzo di ferro, il ragazzo saltò fuori.

«Non sta fermo un attimo!» mormorò divertito Obi-Wan, come avrebbe fatto senza di lui…

 «R2 mi ricevi? Abbiamo un problema con gli ascensori.» disse prendendo il radiofaro in mano.

Il povero R2 non poteva rispondere perché stava cercando di nascondersi da alcune guardie droidi, ma dopo essersi liberato di loro, lentamente si avvicinò agli ascensori e provò a fare qualcosa.

 Solo che l’ascensore partì a razzo verso il basso ed Anakin che era sopra di esso, si aggrappò ad un piano ma una ventina di droidi lo minacciarono.

 Obi-Wan, a cui tutti questi sbalzi repentini stavano facendo venire i capelli bianchi, urlò al povero droide prigioniero «Non così!» e quando l’ascensore, finalmente, ripartì verso l’alto disse soddisfatto «Ecco così bravo.»

Quando Skywalker rientrò nell’abitacolo cercò di affermare «Sai Anakin, per me R2 ha qualche…» ma il ragazzo lo bloccò prontamente un po' stizzito «Non ha nessun circuito che non va.»

 «Non stavo dicendo niente.» replicò ben consapevole che il giovane era molto legato al droide.

La porta del turboascensore si aprì ma Obi-Wan bloccò il suo giovane allievo

«Anakin lo so che per te è anche una questione personale ma non cerchiamo vendetta, dobbiamo solo salvare il cancelliere.» fece in tono comprensivo lasciando interdetto il giovane che stava impugnando la spada laser accesa quasi stritolandola.

«Non preoccuparti non sono arrabbiato e non cerco vendetta. Non vedo l’ora di farla finita.» cercò di rassicurarlo anche se sentiva che una piccola parte di lui desiderava solo la vendetta.

«Anticipare…» continuò il più anziano consapevole che il suo ex allievo era molto impulsivo.

«È una distrazione. Lo so. E so che la speranza è ingannevole come la paura.» completò Anakin citando i suoi insegnamenti facendo nascere un piccolo sorriso che andò ad increspare il viso sempre serio del maestro.

«Suppongo che prima o poi, dovrò provare a smettere di addestrarti.» rispose a metà tra la tristezza e il divertito. A volte gli veniva da pensare che una volta, quando era solo un bambino, che tutto fosse più facile; invece l’allegria del ragazzo rendeva qualsiasi momento semplice da affrontare, non che Anakin non fosse maturo, ma aveva quel lato divertente che si sposava bene con il suo lato ironico.

Il sorriso di Anakin si trasformò in una risata soffocata e, non senza commozione, mascherata ad arte rispose «Credo sia la prima volta che lo ammetti…Sono pronto maestro.»

«Lo so… Anakin» la voce di Obi-Wan si era ammorbidita, e la sua mano era calda sul braccio del giovane e continuò «non vorrei nessun altro jedi al mio fianco in questo momento. Nessun altro uomo.»

Anakin si girò, e negli occhi di Obi-Wan scorse un sentimento profondo che raramente aveva visto in tutti quegli anni trascorsi insieme e l’amore semplice e puro che saliva al cuore sembrava la promessa stessa della Forza.

«Non…. non vorrei che fosse altrimenti Maestro.» sussurrò con un tremito.

«Credo» disse il suo ex-Maestro con un’espressione insieme divertita e stupita nell’udire quelle parole uscire dalle proprie labbra «che dovresti abituarti a chiamarmi Obi-Wan.»

«Obi-Wan» disse Anakin «Andiamo a prendere il cancelliere.» ed insieme entrarono nella sala comandi della prua.

Palpatine era legato alla poltrona; Anakin ed Obi-Wan si avvicinarono al cancelliere circospetti, c’era qualcosa di strano nell’aria, come se l’uomo più anziano si trovasse esattamente dove volesse stare in quel preciso istante. E per un momento il maestro jedi ebbe un fremito, c’era qualcosa che non andava, ma si diede dello stupido mentalmente, avevano trovato Palpatine, era inutile indugiare su pensieri oscuri che non avrebbero portato a nulla.

«State bene signore?» chiese preoccupato.

«Si…» fece con voce tremula l’anziano uomo «Ma c’è il Conte Dooku. State attenti.»

«Non temete Cancelliere: i sith sono la nostra specialità.» risposero cercando di sdrammatizzare e si avvicinarono al sith che era appena entrato nella stanza.

«Le vostre spade signori, non vorrei che il Cancelliere si sporcasse dei vostri brandelli di sangue.» chiese con finta gentilezza Dooku.

I due jedi non gli badarono e il generale sussurrò all’ex allievo.

«Stavolta lo attacchiamo insieme…» disse Obi-Wan a cui Anakin prontamente rispose «Era quello che stavo per dire.»

«I miei poteri si sono raddoppiati dal nostro ultimo incontro» non potè fare a meno di ringhiare Anakin al conte.

«Bene doppia superbia, doppia caduta.» rispose tranquillamente Dooku senza scomporsi minimamente. Le spade saettavano nello scontrarsi ripetutamente, ma nessuno pareva la meglio sull’altro. Finché Obi-Wan inciampò e involontariamente lasciò solo il ragazzo a combattere contro il sith.

«Sei pieno di odio, di paura ma ti trattieni. Ti chiamano l’Eroe senza Paura ma ne sei pieno: bugiardo, impostore!» lo schernì cercando di fargli perdere la concentrazione.

«Sta zitto sith!» urlò di rimando il giovane mentre, nel frattempo, il suo ex maestro stava salendo velocemente le scale per raggiungerlo, che si trovò di fronte due grossi droidi da guerra a sbarrargli la strada. Infuriato li tranciò in due riuscendo a ritornare vicino al conte Dooku.

Ma non ebbe nemmeno il tempo di esultare che la sua mano si mosse, per volere del sith, contro la propria gola: il Force Choke. Quello fu il suo ultimo pensiero prima di svenire, mentre Lord Tyranus lo scagliava contro una parete facendogliela finire addosso.

«Obi-Wan!» urlò il prescelto e il suo sguardo divenne vitreo: rabbia, dolore, odio! Il lato oscuro si stava di nuovo impossessando di lui velocemente. Con gli occhi iniettati di sangue fulminò il conte con lo sguardo e furioso gli si scagliò contro. Quest’ultimo provava a respingerlo ma era inutile, Anakin era annebbiato dall’odio e il pensare a tutte le persone molte per colpa sua, a quanta sofferenza aveva provocato non fece che triplicare la potenza dei suoi colpi. Come era possibile che lui fosse stato il maestro di Qui-Gon e senza nemmeno accorgersene gli tranciò entrambe le braccia e subito il sith cadde in ginocchio di fronte a lui.

«Bene Anakin, ora uccidilo.» sibilò la voce del cancelliere vicino a lui.

Tyranus guardò dritto negli occhi Palpatine, Darth Sidious, il suo maestro.

«Cancelliere mi avevate promesso salva la vita.» tentò di implorarlo, ancora incerto sul perché il suo mentore, quello che gli aveva aperto gli occhi sulla corruzione e menzogna dell’ordine jedi e della Repubblica, lo volesse morto.

«Io non faccio accordi con chi mi usa come merce di scambio contro i miei amici. Uccidilo Anakin!

È un traditore! È un nemico della Repubblica!» lo incalzò l’anziano.

Il giovane jedi lo fissò con occhi smarriti tenendo in mano due spade laser, la sua e quella di Dooku, blu e rosso, quella di un jedi e quella di un sith.

«Non dovrei…» bisbigliò sempre più in preda al dubbio, avvertiva chiaramente il conflitto dentro di lui lacerargli l’animo; la parte che voleva vendetta, che era rimasta nascosta, stava affiorando con prepotenza spazzando via tutti gli insegnamenti ricevuti.

«Uccidilo!» ripetè il cancelliere pregustando già la vittoria.

E come se nulla fosse decapitò Dooku che, inerme e indifeso, era completamente alla sua mercé, non certo un pericolo.

Un omicidio a sangue freddo.

Il primo di Anakin Skywalker.

Ma non certo l’ultimo.

 

 



Ciao a tutti. Eccomi ritornata con un’altra storia su Star Wars. È nata da un’idea datami dal contest indetto sul forum da Ghostmaker “Star Wars – Capitoli mancanti” in cui si chiedeva di raccontare quello che succede tra due film iniziando l’ultima scena e finendo con la prima scena del film successivo. Io ho preso in considerazione, ardua scelta, il periodo che intercorre tra “L’attacco dei Cloni” e “La Vendetta dei Sith” perché credo sia stato un periodo particolare e mi incuriosiva parecchio.

 Ho scelto la canzone London calling dei The Clash perché l’ho trovata in un sito di canzoni pacifiste ed insieme alla durezza della musica vera e propria mi ispiravano molto per questo periodo buio e un po' incasinato che va dall’inizio della guerra dei cloni alla caduta della Repubblica.  Proprio per questo anche la Repubblica e quasi tutti i personaggi sono descritti in maniera molto meno santa da come vengono fatti vedere esclusivamente nei film, perché personalmente ritengo improbabile che siano rimasti tutti tranquilli; ovviamente ho cercato di non stravolgere completamente il personaggio perché mi era richiesta la stretta attinenza ai film.

Ho scelto di descrivere vari momenti vissuti da più personaggi perché ho pensato fosse un po' riduttivo per l’enorme quantità di fatti accaduti. Il filo conduttore è costituito dai vari versetti della canzone che “anticipano” il tema centrale, la sensazione provata nell’episodio; mi rendo conto che essendo episodi a sé stanti può essere difficile seguire il tutto, ma mi sembrava brutto spezzare la canzone e l’atmosfera dividendo in capitoli la storia.

Mi sono ispirata, in maniera blanda, anche alla crudezza della guerra del Vietnam, perché secondo il Legends molti pianeti sono stati teatro di duri combattimenti e massacri verso la popolazione.

Riferimenti vari al Legends (starwarswikia.com):

  • ·         Pianeta di Jabiim dove si compì il Massacro di High Rock Canyon e le truppe della Repubblica persero clamorosamente.
  • ·         Pianeta di Cona e gli abitanti ancorani fedelmente descritti
  • ·         Quarta Armata a cui era a capo il maestro jedi Ki-Adi-Mundi
  • ·         *Tratto dal libro “La vendetta dei Sith”

La frase inziale appena sotto il titolo e le ultime battute sono riprese fedelmente dai due film in questione con qualche aggiunta mia. Il momento finale che riprende l’inizio del film La Vendetta Dei Sith ho deciso di narrarla dal punto di vista di Anakin e Obi-Wan e non di un personaggio minore perché, a parer mio, era troppo importante per essere affidata ad un altro personaggio anche se purtroppo non rispecchia fedelmente la consegna del contest.

Spero che vi piaccia e se vi va, lasciatemi un commentino.

A presto

Blacky98

 

  
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