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Autore: AleeraRedwoods    04/06/2019    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Sillen-

 


    La stanza era più buia del solito e il fuoco nel camino si stava lentamente spegnendo, senza che nessuno si apprestasse ad alimentarlo. Il pungente freddo della notte primaverile cominciò ad invadere la stanza ma la giovane non si svegliò. Rimase immobile tra le coperte, il petto che si alzava e si abbassava lentamente.
    Poi un sussulto, poi un altro.
    Stava sognando?
    Non avrebbe nemmeno saputo dire se stesse effettivamente dormendo.

    “Immagini distorte le scivolarono davanti. Una voce melodiosa e glaciale intonava una litania incomprensibile, che rimbombava attorno a lei da tutte le direzioni.
    Ancora e ancora.
    Improvvisamente, si ritrovò ad ammirare un grande paesaggio, ricco di boschi, valli e montagne e lo guardò dall’alto, abbracciandolo completamente con lo sguardo.
    Con dolcezza, si accorse di amarlo moltissimo.
    Si avvicinò ad esso, sempre più velocemente, cogliendone mutevoli dettagli. Vide una torre bianchissima, alta, che svettava su una città altrettanto bianca.
    La pace durò un attimo, poi tutto iniziò a sfumare.
    Le scene pacifiche di quei luoghi si alternarono a orribili visioni, dove il fuoco divampava e il sangue bagnava la terra: ad un tratto, la torre bianca crollò sulla città, ormai tinta di un terribile rosso cremisi.
    Vide poi un bosco farsi sempre più vicino, ad una velocità impressionante. La voce attorno a lei si fece vicinissima, metallica e disincarnata e poche, semplici parole si impressero a fuoco nella sua mente: 
stella, battaglia, popoli liberi.
    Il sangue e il fuoco tra le fronde la accolsero e lei gemette dal dolore quando un assordante fischio le dilaniò i timpani.
    Non riuscì ad opporsi, a muoversi: l’impatto con il terreno fu violento
.”

    Poi si svegliò, urlando. Si tirò a sedere e i capelli scompigliati le si appiccicarono al viso. Era madida di sudore.
    Stravolta, strinse le braccia al petto, singhiozzando. Gocce calde caddero sulle coperte e lei si portò le mani agli occhi, asciugandoli frettolosamente.
    Erano lacrime? Era troppo scossa per stupirsene.
    I suoi singhiozzi erano talmente forti da farle dolere il petto e brividi di freddo le percorsero il corpo come scariche elettriche.
    Il suo grido improvviso, intanto, aveva richiamato l’attenzione delle guardie elfiche, che accorsero velocemente nella stanza. L’elfo gentile che l’aveva accompagnata in quelle sale la prima volta si avvicinò cautamente, una mano sull’elsa della spada.
    Dopo aver constatato che nella stanza non vi fosse assolutamente nulla di sospetto, raggiunse il capezzale della giovane, sedendosi al suo fianco e prendendola per le spalle con delicatezza: -Mani marte? (cosa è successo?)-
    Lei sollevò lo sguardo su di lui: -Io non… Non lo so. Credevo fosse un incubo ma…- Si portò le mani alle tempie, che adesso avevano ripreso a pulsare terribilmente: -No. Non era un semplice incubo...- Fissò i suoi occhi in quelli dell’elfo gentile, con decisione: -Devo vedere il Re. Subito.-

    La guardia scortò la giovane fino agli appartamenti privati del Re, lanciandole occhiate preoccupate lungo tutto il tragitto.
    Lei fece del suo meglio per non apparire troppo sconvolta ma sapeva che il suo aspetto non era dei più rassicuranti. Pregò che il Re accettasse di vederla, nonostante fosse notte fonda.
    Si fermarono nel corridoio davanti alle stanze di Thranduil e la guardia scrutò la porta con apprensione, indeciso se avanzare o meno fino all’ingresso. Fece un passo e subito i due elfi a guardia della porta rossa gli sbarrarono la strada.
    Lui spiegò brevemente la situazione, con voce alta e sicura ma la giovane vide la sua fronte imperlarsi. Ancora non si spiegava tutta quella radicata paura nei confronti di Thranduil e si ritrovò a chiedersi cosa mai lui avesse fatto per incutere quel reverenziale timore nei suoi stessi sudditi.
    Subito, uno degli elfi alla porta si voltò e la aprì, richiudendosela alle sue spalle, una volta entrato.
    Passò appena qualche minuto, poi la porta si spalancò nuovamente. La stessa guardia avanzò verso di loro, facendo segno alla giovane: -Entra.-
    Quando vide l’elfo gentile impallidire e fissarla preoccupato, la ragazza strinse la sua mano sottile tra le sue, a mo’ di conforto. Sorrise e, precedendolo, si diresse verso la porta di legno rossastro che portava alle stanze del Re.
    Trovò in fretta Thranduil, che se ne stava seduto su una poltrona dallo schienale alto, al centro di uno studiolo, intento a leggere alcuni fogli.
    Senza corona, pareva quasi rilassato.
    Un vero peccato turbare tanta tranquillità, pensò distrattamente la giovane, fermandosi sulla soglia con lo stomaco in subbuglio.
    Quando la sentì entrare, il Re sollevò lo sguardo su di lei e sgranò gli occhi: la ragazza aveva il volto rigato di lacrime, i capelli scompigliati e inumiditi, incollati al collo, e la leggera veste bianca maldestramente stropicciata sul busto tremante.
    Il Sindar si alzò in piedi, lasciando malamente i fogli sul bracciolo della poltrona: -Cos’è successo?-
    Lei inspirò profondamente, prima di parlare, come se l’azione le costasse uno sforzo non indifferente: -Ho avuto una visione.-
    Lui dischiuse le labbra, interdetto. La sua mente impiegò qualche tempo per processare l’informazione.
    Lei aveva avuto una visone?
    Forse era un modo per dire che aveva appena sognato.
    O che aveva avuto un incubo e non sapeva come spiegarlo.
    La vide rabbrividire e stringere le braccia al petto e, ignorando il perché, sentì una sorta di urgenza spingerlo ad agire.
    Fece segno alla guardia di lasciarli soli e questa, invece che scattare al suo comando, rivolse uno sguardo apprensivo alla ragazza, che annuì con fare rassicurante.
    Thranduil lo guardò uscire con espressione accigliata ma scosse la testa, concentrandosi sulla giovane. Non era il momento giusto per rimettere in riga una guardia indisciplinata.
    Attraversò lo studio con lunghi passi, diretto nella stanza adiacente e lei lo seguì senza bisogno di un esplicito invito.
    Si ritrovarono nella vera e propria camera da letto reale, arredata con grossi mobili di legno massello intarsiati d’argento.
Thranduil afferrò il primo indumento che trovò sottomano, disordinatamente gettato sull’imponente letto e glielo porse velocemente.
    Lei rimase un attimo immobile, squadrando la veste tra le mani del Re: era la prima volta che lo vedeva compiere un gesto tanto… cortese. Accettò con un cenno del capo e infilò l’indumento, che si rivelò essere una grande vestaglia verde scuro. Suo malgrado, il calore della veste la confortò all’istante, così come il piacevole profumo silvestre che sprigionava.
    Lui si voltò finalmente verso di lei, serio in volto: -Cosa vuol dire “ho avuto una visione”?-
    A lei parve una domanda stupida: -Vuol dire esattamente quello che ho detto.- Erano parole sin troppo sfacciate ma Thranduil cercò di non spazientirsi: -Hai fatto un brutto sogno, un incubo, qualcosa che ti ha spaventata. È normale avere paura.-
    Lei s’irrigidì, infastidita dal tono accondiscendente del Re: -Non ho bisogno di essere consolata come una bambina, mio signore. So cosa ho visto. Non ho avuto un semplice incubo, o non sarei qui.- Lui rimase lì, fermo in mezzo alla stanza, turbato.
    La ragazza chiuse gli occhi per qualche secondo, raccogliendo le proprie forze, e raccontò ciò che aveva visto poco prima. Fu precisa e dettagliata, non diede nulla per scontato. Ripeté le parole che aveva udito con voce sicura e descrisse ogni sensazione provata, con quanta più sincerità possibile.
    Il Re rimase a fissarla con cipiglio severo, concentrato e, incredibilmente, non provò ad interromperla neppure una volta.
    Quando terminò di parlare, la ragazza si appoggiò alla parete dietro di sé, respirando profondamente. Il ricordo era particolarmente vivido e parlarne aveva reso quella visione ancora più reale.
    Aveva disperatamente pregato che, prima o poi, qualche ricordo del passato riaffiorasse nella sua mente e, invece, si era trovata a prevedere un terribile futuro.
    Lanciò un’occhiata frettolosa a Thranduil, attendendo una qualsiasi reazione che non fosse quell’ostinato silenzio.
    Infine, dopo un tempo che le parve infinito, questi sollevò il mento con fare sbrigativo: -Era chiaramente un incubo.-
    Lei sentì il sangue ribollirle nelle vene con un’intensità bruciante: -Prima m’imprigioni qui dentro, poi mi etichetti come una tua proprietà, impedendomi di fare qualsiasi cosa. Non sai darmi le risposte di cui necessito e ti rifiuti di lasciarmi tentare altrove. Adesso vuoi farmi credere che quello che ho visto era solo un dannatissimo incubo.- Parlò con voce forse troppo alta ma la sua rabbia era palpabile e tutto il suo corpo sembrava fremere.
    Poco male: non aveva la lucidità -tantomeno la voglia- per badare ai propri modi, adesso.
    A quelle parole, però, Thranduil strinse gli occhi a due fessure, sentendo il proprio corpo tendersi nervosamente.
    Improvvisamente, nella stanza calarono un gelo e un silenzio innaturali e la ragazza vide il bel volto del Re adombrarsi: -Fa’ silenzio. Non permetterti di usare quel tono con me.-
    Per un secondo, ella intravide il Re di cui tutti in quel luogo avevano paura: potente, freddo, spietato e selvaggio come il Bosco su cui regnava.
    Rabbrividì e indietreggiò involontariamente.
    Era anche così confusa, avrebbe voluto urlare, rompere qualcosa, prendere a pugni i muri. Invece rimase immobile, gli occhi sgranati fissi in quelli glaciali del Re. Si sentiva impotente e avvertiva addosso tutto il peso e la forza brutale di quello sguardo adamantino ma volle a tutti i costi mantenere quel contatto distruttivo, troppo testarda ed orgogliosa per cedere. Alzò caparbiamente il mento, stringendo le labbra in una chiara espressione di disappunto.
    Thranduil s’impose di rilassarsi, lentamente, grato che, perlomeno, lei non avesse ribattuto. Poco dopo, la stanza tornò accogliente come prima e le ombre -prima così dense ed innaturali- si ritirarono al loro giusto posto.
    -Come fai ad essere sicura che il tuo non fosse un sogno?-
    La voce del Sindar si era fatta nuovamente atona e la giovane prigioniera si riscosse, quasi sollevata. Si morse le labbra, trattenendo le lacrime traditrici che minacciavano di nuovo di scenderle sulle guance dorate: -Non riesci proprio a fidarti di me? Non era un incubo. Era il nostro futuro.- Le s’incrinò la voce.
    In quel momento, il Re degli Elfi capì che la giovane non era solo arrabbiata: aveva paura.
    Era spaventata, di una paura che, a tutti gli effetti, non poteva nascere da un semplice incubo. La guardò negli occhi e avvertì la tensione della ragazza far vibrare l’aria attorno a loro.
    Nessun essere umano possedeva un’energia tanto forte da essere percepita così chiaramente, frizzante sulla pelle. Tutto si fece più chiaro, a quel pensiero.
    Lei non era una semplice donna umana.
    Qualsiasi cosa fosse, chiunque fosse, era molto di più.
    Consapevole di questo, suo malgrado, la visione della ragazzina non avrebbe dovuto sorprenderlo poi molto.
    –Undici giorni fa ti ho portata qui. Undici giorni fa ti ho trovata laddove una stella è precipitata al suolo.- Scandì ogni parola, con voce profonda e grave, ammettendo finalmente a sé stesso che ciò che aveva intuito era reale.
    La giovane ricordò con precisione il cratere dove si era risvegliata, la terra bruciata che aveva visto tutt’attorno e deglutì, turbata.
    -Hai detto di non avere ricordi risalenti a prima del giorno in cui ci siamo incontrati. Non sei umana, non sei un elfo e nemmeno appartieni a una razza qui conosciuta. Sei diversa da qualsiasi altra cosa presente qui, nella Terra di Mezzo.-
    Lei lo aveva già capito, anzi, l’aveva sempre saputo ma a quelle parole il suo cuore mancò un battito.
    Il Re continuò, avanzando di un passo per farsi più vicino, sottolineando così la sconvolgente portata di quella rivelazione:
-L’unica conclusione a cui sono giunto in questi pochi giorni è che tu sei la stella. La stella che nell’Ithilien chiamano Sillen. Per qualche ragione sei caduta qui, nel Reame Boscoso.-
    Lei sussultò, fissando l’elfo con sgomento. 
    Sillen. Era quello il suo nome?
    Una stella.
    Dunque, lei veniva dalla volta celeste che ogni notte ammirava dai lucernai delle Sale d’Opale? Si portò una mano alla testa, rivivendo la rapida caduta della sua visione.
    Non era solo una premonizione del futuro ma anche un ricordo.
    Il ricordo del suo stesso arrivo su quella terra.
    Quella consapevolezza le diede le vertigini e fu costretta ad appoggiarsi al muro, con le mani tremanti.
    Era una stella. Era una stella caduta.
    Perché?
    Il Re elfico catturò il suo sguardo con occhi taglienti e, in lui, lei lesse la sua stessa domanda.
    Thranduil si voltò verso il cielo stellato al di là delle finestre: -Stella, battaglia e popoli liberi. In ogni caso, non promette nulla di buono.-
    La testa della giovane pulsava dolorosamente e cercò di non svenire, respirando profondamente più e più volte.
    Cacciò a forza quell’eco insolente, insinuatasi di nuovo tra le sue tempie come un sordo bisbiglio. Non aveva tempo per dare ascolto a un criptico richiamo privo di utilità, ora come ora.
    Stettero a lungo in silenzio ed entrambi si presero il tempo necessario per assimilare quella nuova situazione.
    Fu Thranduil a parlare per primo e, per farlo, si erse in tutta la sua altezza: -Sono stato molto chiaro quando ho detto che saresti diventata una mia proprietà. Perciò non credere che le mie parole non abbiano peso.- Sillen non comprese subito a cosa si riferisse ma lui continuò: -Non lascerai comunque questo posto. Così ho deciso.-
    Lei sbatté le palpebre, sconvolta: -Ho appena avuto una visione di morte e distruzione e tu vuoi tenermi rinchiusa qui?-
    Il Re sollevò un sopracciglio: -Finché non avrò motivo di farlo, non mi preoccuperò delle sorti del mondo. La tua visione non ha spiegato come o quando tutto questo accadrà e, fino ad allora, le cose non cambieranno.- Lei cercò un modo per ribattere, per spiegargli che sarebbe stato un grave errore rimanere semplicemente in attesa.
    Un pensiero angosciante, le attraversò la mente. 
    Era stata lei ad avere quella grave premonizione.
    Forse era quello il suo destino.
    Che fosse quello il suo scopo, il motivo per il quale era caduta.
    Che fosse proprio suo il compito di preparare uomini, elfi, nani e ogni popolo sul quella terra contro il pericolo imminente.
    Doveva per forza essere così o ancora una volta non avrebbe avuto pace nel sapersi smarrita, senza un posto nel mondo.
    Lanciò uno sguardo penetrante al Re, riacquistando sicurezza:
-Dobbiamo avvertire tutti. Questo è il mio compito. È sempre stato questo, ne sono certa.-
    Lui la guardò in tralice, senza battere ciglio: -Non m’interessa.-
    Sillen strinse i pugni, avvicinandosi di un passo: -Dovrebbe! Riguarda tutti, anche gli elfi. Eryn Lasgalen fa parte della Terra di Mezzo, lo hai dimenticato?-
    Thranduil soppesò quelle parole: non poteva, non voleva lasciarla andare. Certo, il pericolo sarebbe anche potuto essere reale -e lui non avrebbe saputo come sostenere il contrario- ma non voleva separarsi da quella straniera che aveva reso sua prigioniera, soprattutto ora che si era rivelata così interessante.
    Tutta la Terra di Mezzo poi, aveva visto la stella cadere: si chiese piuttosto quanto tempo avrebbe impiegato il Re degli Uomini per venirla a cercare. La mascella del Re si contrasse, a quel pensiero: -Se quello che dici è vero, dov’è il nostro nemico? Chi è?-
    Lei aprì la bocca per ribattere ma, nonostante tutta la sua veemenza, tentennò: -Io questo non lo so.-
    Thranduil sorrise, soddisfatto: -Allora è deciso. Possiamo attendere.- Vide il volto della stella farsi livido, poi lei abbassò le spalle, sconfitta: -Ti sbagli, Re degli Elfi. E mi dispiace davvero.-
    Suo malgrado, la giovane non riuscì a celare il tremore delle sue labbra piene: -Io… io credevo di aver visto del buono in te.-
    Poco prima di scoppiare nuovamente in lacrime, girò sui tacchi e uscì dalla stanza di corsa, lasciandolo lì.
    Non avrebbe sopportato la sua vista un secondo di più.
    Thranduil la seguì con lo sguardo, senza ribattere. Con un gesto lento, sedette sul bordo del grande letto, respirando profondamente.
    Stella, battaglia e popoli liberi. 
    Battaglia.
    Sollevò lo sguardo, stringendo i pugni: -Non questa volta.- 



 
 
   
 
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