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Autore: AleeraRedwoods    04/06/2019    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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-Fantasmi-

 


    Re Elessar e Legolas cavalcavano nel Mark ormai da giorni.
    Si erano fermati solo durante la notte, per concedere anche alle loro cavalcature un po’ di riposo e avevano attraversato l’Estfalda indisturbati.
    La loro partenza da Minas Tirith aveva inquietato gli animi della popolazione e in molti si erano opposti all’idea di lasciare solo il Re. Tuttavia, Elessar aveva insistito. Se fossero giunti ai confini del Reame Boscoso con un seguito di guardie armate, non avrebbero potuti aspettarsi un caldo benvenuto.
    Finalmente, giunsero in vista di Edoras, la quale spiccava maestosa sullo sfondo creato dai Monti Bianchi ad Est.
    Poco distante, un branco di cavalli galoppavano sulle colline brune del Mark e con loro un Mearas dal manto argenteo, eccelsa cavalcatura dei Signori del luogo.
    Con il sorgere del sole, Legolas e il Re degli Uomini fecero il loro ingresso nel Palazzo d’Oro di Meduseld, accolti da Re Éomer in persona. -Mio Signore Aragorn e Legolas Verdefoglia, è una gioia rivedervi.- Chinò rispettosamente la testa egli, dinanzi al Re di Gondor e Arnor, e i suoi occhi tradirono un sincero affetto. Gli anni avevano scavato rughe profonde sul volto fiero del Rohirrim ma nel corpo e nella volontà era ancora saldo e forte.
    -Anche per me, amico mio.- Lo imitò Elessar.
    Una volta puliti e rifocillati, i due viaggiatori si accomodarono nella Sala del Trono e sire Éomer con loro. Si fece serio, avvicinandosi con fare complice ai due ospiti: –Ho ricevuto il tuo messaggio Aragorn, e ho assistito all’avvenimento di quel giorno. Non so dove sia finita la stella ma Rohan affronterebbe con te qualunque pericolo a costo di trovarla.- Elessar scosse la testa, intimandogli di rilassarsi: -Ti ringrazio per la tua lealtà ma per ora non ve n’è bisogno. Saremo io e Legolas a indagare, poiché già conosciamo il luogo dove la stella è caduta. Gli elfi la chiamano Sillen ed ha toccato terra a Nord di Bosco Atro.-
    Il Re del Mark spostò lo sguardo sull’elfo biondo, sollevando un sopracciglio: -Ormai Bosco Atro viene chiamato Bosco Foglieverdi. Non c’è alcun pericolo lì, da quando Celeborn e Thranduil l’hanno bonificato. Inoltre, sei il Principe di quel luogo, sarà facile trovare la stella, lasciando agli elfi del Reame Boscoso il compito di perlustrare l’intera area.-
    Legolas non parve dello stesso avviso: -Mio padre regna con dedizione su quelle terre ma certamente non è un Re propenso a trattare. È molto probabile che abbia già trovato Sillen ed anche che la stia studiando.-
    L’uomo non capì il motivo di tutta quella ritrosia: -Non è un bene? Gli elfi hanno conoscenze ed esperienza superiori a noi uomini e ora che Lórien e Gran Burrone sono stati quasi del tutto abbandonati, il Reame Boscoso è l’ultimo regno degli elfi ancora autorevole e potente.-
    Fu Elessar a rispondere, posando una mano sulla spalla dell’elfo che, dispiaciuto, guardava in basso: -A Re Thranduil non interessa dividere con altri ciò che è suo. Qualsiasi cosa sia, Sillen apparterrebbe solo a lui e al suo Regno.-
    Éomer alzò le spalle, risoluto: -Che se la tenga pure. Se fosse un pericolo sarebbe il primo ad averci a che fare! Non dovremmo curarcene.-
    Elessar cercò di accendere la propria pipa, con le mani ancora dannatamente tremanti: la sensazione di pericolo non l’aveva abbandonato nemmeno un secondo e la sua preoccupazione andava via via intensificandosi. –Se fosse un pericolo, avresti ragione, amico mio. E se in vero Sillen fosse qualcosa di diverso?- Cercò di spiegarsi meglio, notando l’occhiata confusa del Re di Rohan: -Le stelle sono il dominio di Varda, come sai. Sillen potrebbe essere buona, benevola e chiarificatrice. Potrebbe essere stata mandata dai Valar per qualche motivo a noi ancora sconosciuto.- I tre si guardarono, rimanendo in silenzio a riflettere su quelle parole. Fu Éomer a parlare per primo: -Cosa intendi fare allora, Aragorn?-
    Quello tirò una boccata di fumo e sospirò: -Per ora, possiamo solo trovare Sillen. È l’unico modo per venire a capo di questa situazione. Rohan si tenga sempre pronta e state all’erta. Se Thranduil non sarà disposto a collaborare, non so a che destino potremmo andare incontro.-
    Il Rohirrim annuì. Il loro futuro era probabilmente nelle mani del Re elfico e pregò che fosse meno ostinato di come gli era stato presentato.
    I tre amici furono improvvisamente distratti dal suono chiaro di passi frettolosi, dietro di loro, e una soave voce femminile li raggiunse. –Mio Signore, non sapevo avessimo ospiti.- Nella Sala del Trono avanzò una dama dalla lunga treccia scura e dalla ricca veste rossa e verde, in onore dei colori del vessillo di Rohan.
    Legolas si alzò per primo, inchinandosi: -Vanimle sila tiri, (la tua bellezza risplende) Lothíriel di Dol Amroth.-
    La Regina del Mark era infatti un elfo[1] e fu ben lieta di sentir pronunciare quelle parole nella sua lingua madre. Sorrise, affiancando il marito: -Hannon le, (grazie) Legolas del Reame Boscoso. Dò il benvenuto ad entrambi.- S’inchinò a Re Elessar poi si rivolse ad Éomer, visibilmente irritata, senza curarsi di avere degli spettatori: -Sono sempre l’ultima a sapere le cose. Se mi avessi informata, avrei accolto molto più degnamente il Re di Gondor, non credi?- 
    L’uomo tossicchiò per dissimulare una risata e indicò i loro ospiti con uno sguardo. Lei si ricompose, lisciandosi la veste e sfoderando nuovamente un sorriso affascinante: -Perdonatemi, che sbadata, vi ho interrotti. Di cosa parlavate, se posso chiedere?-
    Elessar e Legolas puntarono gli occhi sul Rohirrim che si limitò a guardare con tenerezza la bella dama e a sollevare le spalle, tentando di sviare il discorso. Non servì, perché il giovane principino di Rohan era entrato a sua volta nella sala e si era inchinato con garbo di fronte a Elessar e Legolas, attirando l’attenzione su di sé: -Buon giorno, mio signore Aragorn. E anche a te, mio signore Legolas.- Loro chinarono il capo, colpiti dal vedere tanta compostezza in un ragazzino.
    La madre lo guardò orgogliosamente: -Molto bene. Proprio come si dovrebbe comportare un principe, Elfwine. Dovresti insegnare le buone maniere anche a tuo padre.- Sibilò, lanciando occhiatacce al marito.
    Elfwine soffocò una risata e scambiò dei rapidi ed eloquenti sguardi con il padre, che s’inchinò brevemente ai suoi ospiti: -Vi lasciamo riposare, il viaggio è stato lungo e faticoso. A partire da domani vi scorterò personalmente ai confini con Lothlórien, se lo desiderate.-
    Quelli annuirono e lui uscì in compagnia di Lothíriel, che ancora cercava di estorcergli qualche informazione: -Dimmi cosa vi siete detti Éomer, o giuro che non ti rivolgerò la parola per i prossimi cento anni!-
    Elfwine sollevò le spalle e sorrise a mo’ di saluto, quasi a volersi scusare dei modi poco ortodossi dei suoi genitori e i due viaggiatori lo guardarono allontanarsi, ridendo per l’intera scenetta.
    –Re Theoden sarebbe felice di vedere tutto questo. Deve essere fiero di suo nipote.- Commentò Legolas.
    –Lo vede. Lui e tutti i suoi antenati assistono allo splendore di Rohan.- Rispose Elessar, ricordando con nostalgia il precedente Re del Mark, con cui aveva combattuto molte volte e che aveva perso la vita al suo fianco, sul campo di battaglia.
    Era stato un matrimonio insolito, quello tra Éomer e Lothíriel, la figlia del principe elfico Imrahil di Dol Amroth, ma gli abitanti di Rohan avevano amato e sostenuto i due regnanti sin dal principio. Ella era discendente di Galador il Mezzelfo e, inoltre, la sua natura immortale rendeva suo figlio Elfwine il primo erede di sangue elfico nella stirpe reale di Rohan. Era ancora un ragazzino ma Elessar aveva intuito la sua natura benevola ed era certo che, d’ora in avanti, le terre del Mark sarebbero state sempre più prospere e pacifiche.

    La mattina dopo, riposati, in forze e ricchi di provviste, Legolas e Re Elessar montarono nuovamente a cavallo, raggiungendo un manipolo di Rohirrim pronti a partire.
    Éomer fece altrettanto, richiamando a sé il Mearas che i due amici avevano scorto il giorno prima. -Lui è Lampoargenteo, figlio di Nevecrino, il destriero di mio zio.- Lo presentò.
    I due amici guardarono con riverenza quella magnifica cavalcatura, che superava in bellezza, intelligenza e forza ogni altro cavallo.
    Salutarono con un cenno la regina e Elfwine, entrambi solennemente in piedi difronte al palazzo di Meduseld e si diressero senza indugio verso Nord, seguendo a ritroso il corso dell’Entalluvio.
    Per giorni, il viaggio della piccola compagnia fu tranquillo e godettero del paesaggio rigoglioso ed assolato.

    Una notte, mentre erano accampati poco distante dalla foresta di Fangorn, Legolas si allontanò con lunghe falcate, lo sguardo sin troppo serio per il suo temperamento gioviale.
    Elessar lo seguì senza interrogarlo, abituato ai modi riservati dell’amico e si limitò a sedersi accanto a lui, sotto il cielo stellato.
    Legolas teneva lo sguardo puntato verso Nord dove, a molte miglia di distanza, si estendeva Bosco Atro. Dopo un po’, parlò, senza guardare il Re negli occhi: -Sono preoccupato, Aragorn. Mio padre non si è fatto vivo per tutto questo tempo. Ho paura che i miei timori siano fondati, non ci darà ascolto. Terrà la stella con sé e io mi troverò costretto a…-
    Elessar gli posò una mano sulla spalla: -Non ti chiederei mai di metterti contro tuo padre e il tuo regno, Legolas.-
    L’elfo gli rivolse uno sguardo grato ma non per questo meno triste: -Lo so, mellon nîn.- Ma non accettava il comportamento del padre e si sentiva responsabile delle sue azioni, quasi come se fosse lui stesso a compierle.
    Elessar riusciva a intuire che genere di pensieri turbassero l’elfo e cercò di rassicurarlo: -Re Thranduil è molte cose, Legolas ma di certo non è uno sprovveduto. Non agirà mai senza la certezza che sia assolutamente necessario ed è un giusto proposito. Protegge il suo regno e i suoi sudditi, non puoi biasimarlo per questo.-
    Legolas assorbì quelle parole. Era così che aveva sempre visto suo padre: protettivo, quasi ossessionato dall’idea che ogni vita elfica fosse infinitamente importante e possessivo nei confronti di quello che riteneva parte del suo dominio. Dopotutto, egli era reduce della distruzione del Doriath, la sua terra natia, e aveva lungamente sofferto e combattuto nelle Ere successive, per proteggere ciò che amava.
    Era sopravvissuto alla sua famiglia, ai suoi compagni, persino alla sua amata moglie. Legolas non poteva nemmeno lontanamente comprendere il suo dolore.
    Strinse i pugni: però non poteva giustificare il suo comportamento ogni volta.
    Elessar lo lasciò solo, rispettando i suoi sentimenti e tornò dagli altri. Éomer lo vide avvicinarsi e gli fece spazio accanto al fuoco.
–Legolas è troppo duro con sé stesso. Non deve tediarsi per gli sbagli di suo padre.- Commentò il Rohirrim, intuendo al volo la situazione.
    Elessar annuì e accese la sua fidata pipa, volgendo lo sguardo alle stelle. Le sue mani erano ormai un continuo tremore e il suo sangue di Dunadan correva rapido e incessante, dentro di lui.
    Dovevano sbrigarsi.

    Giunsero ai confini con Lothlórien in meno di una settimana.
    I Rohirrim dovevano tornare indietro ma Éomer si era fatto titubante, con un grande peso sul cuore all’idea di lasciare andare avanti i due amici da soli.
    –Non temere, mio signore. Conosciamo bene questi boschi e arriveremo sani e salvi dall’altra parte. Torna pure dalla tua famiglia e racconta tutto a tua moglie, per favore.- Sorrise Legolas, lanciando un’occhiata divertita ad Elessar, che ricambiò con complicità.
    Éomer sospirò, troppo turbato per rispondere alla scomoda frecciatina: -Allora i nostri cammini si separano qui. Ma state attenti.- Scrutò gli alberi del limitare boschivo, con apprensione.
-Gira voce che da qualche tempo ci sia qualcuno di strano che si aggira per queste terre, fino in questo luogo abbandonato. Un fantasma, uno spirito sconosciuto. Qualsiasi cosa sia, non abbassate la guardia.- Poi si congedò, lasciando i due viaggiatori al loro destino.
    Elessar volse lo sguardo alla fitta boscaglia, tirando indietro i capelli scuri: -Rassicurante.-
    Legolas, dal canto suo, non si lasciò impressionare, e spronò il proprio destriero ad avanzare. -Questa è Lórien. Da quando non c’è qualcosa di strano qui?-
    Tuttavia, attraversare quel bosco fu difficile.
    Non fisicamente, fu piuttosto lo spirito ad esserne turbato.
    Laddove i Galadhrim, gli abitanti del bosco, avevano eretto le loro case sospese tra i rami, ora c’erano solo fronde scomposte, e della luminosa città di Caras Galadhon non erano rimaste che rovine. La partenza di Galadriel e, in seguito, di Celeborn, aveva restituito a quel luogo il suo aspetto originario, nient’altro che un semplice bosco di mellyrn[2].
    I due viaggiatori fecero il giro della città-albero abbandonata, accompagnati dai ricordi che quei luoghi rievocavano inevitabilmente nelle loro menti.

    Pochi giorni dopo essere entrati a Lórien però, i due cominciarono a notare davvero qualcosa di strano.
    Dapprima fu Legolas ad avvertirlo e i suoi dubbi trovarono conferma in breve, quando Elessar trovò le tracce di un piccolo fuoco, spento da poco, pochissimo tempo, e impronte di zoccoli sul terreno umido.
    –Qualcuno viaggia con noi, sebbene ne ignoriamo l’identità.- Commentò il Re, passando una mano sulla cenere leggera del focolare.
    –Per lo meno sappiamo che è umano. Non si tratta del fantasma di cui parlava Éomer.- Lo informò Legolas ironicamente, mostrandogli le impronte di uno stivale, ben visibili nel manto erboso.
    Non potevano permettersi degli intoppi e dovevano risolvere il problema alla svelta. Si guardarono negli occhi, senza bisogno di parlare: avrebbero agito quella notte.
    Appostati sui rami spessi dei mellyrn, i due viaggiatori attesero il loro inseguitore. Non passò molto tempo prima che l’acuto udito di Legolas percepisse del movimento e, in breve, una figura a cavallo apparve sul sentiero buio, illuminata solo dalla pallida luce lunare. Si guardò attorno con circospezione, poi smontò di sella, accovacciandosi di tanto in tanto per osservare il terreno umido. Elessar strinse la mano attorno all’elsa di Andúril: chiunque fosse, li stava decisamente seguendo.
    Piantò i suoi occhi in quelli chiari dell’elfo e, con un cenno del capo, gli diede il segnale.
    Saltarono a terra contemporaneamente, uno con la spada in pugno e l’altro con l’arco teso, pronti a colpire la figura misteriosa. Non fecero in tempo ad agire che quest’ultima balzò indietro, con un’agilità inaspettata.
    Elessar avanzò, fendendo l’aria con la spada affilata ma si sbilanciò in avanti quando incontrò solo il vuoto.
    Legolas scagliò una freccia, che sibilò senza andare a segno, impiantandosi poi nel legno spesso di un tronco.
    La figura incappucciata si voltò velocemente e scostò il mantello, rivelando un lungo bastone dalla cima ricurva: con esso spazzò il terreno, sprigionando una forte corrente che mandò i due viaggiatori a gambe all’aria.
    Quel poco tempo bastò alla figura per parlare: -Fermati, Re di Gondor e di Arnor. Io non sono un tuo nemico.-
    La sua voce era tonante ma pacifica e Elessar si irrigidì: quel bastone, quella voce.
    Per un attimo, l’immagine di Gandalf irruppe prepotentemente nella sua mente. –Non può essere… tu sei…-
    La luce della luna filtrava tra le fronde, rendendo meno difficile scorgere la figura misteriosa. Sembrava un uomo, alto, ben piazzato, totalmente avvolto in un mantello scuro.
    Elessar si alzò lentamente e si avvicinò di un passo, la spada abbassata, cercando di decifrare i lineamenti di quel viso nascosto dall’ampio cappuccio.
    Non era Gandalf.
    Quella constatazione provocò una fitta al petto del Re, che comunque si costrinse a non abbassare la guardia.
    L’uomo incappucciato sollevò lo sguardo, lasciando che i due viaggiatori lo studiassero attentamente: non sembrava avere più di una cinquantina di anni, il viso dalla pelle olivastra, tesa sugli zigomi sporgenti. Due occhi, antichi e severi, si nascondevano sotto le folte sopracciglia scure e il naso dritto sovrastava le labbra sottili. Si tolse il cappuccio, rivelando una corta ma disordinata chioma, brizzolata quanto l’accenno di barba che gli rendeva ispidi il mento e le guance.
    –Vi state dirigendo a Bosco Atro e io sto facendo altrettanto. Non abbiatevene a male se mi intrometto: dopotutto è lo stesso motivo a spingerci lì.-
    Elessar strinse gli occhi a due fessure, confuso: -Chi sei tu?-
    Quello aggrottò le sopracciglia: -Non sai davvero chi sono, Re Elessar? Eppure dovrei essere abbastanza riconoscibile.- Commentò, quasi offeso.
    Legolas, all’improvviso, sussultò: -Quel bastone lo riconosco. Le leggende ne hanno narrato l’aspetto. Ma non può essere!-
    L’uomo si voltò verso di lui, accompagnando il suo movimento con uno svolazzo del mantello blu: -“Non può essere” l’avete deciso voi. Chi vi ha detto che ero morto? Solo perché sono sparito per un po’, non significa per forza che dovrei essere morto e sepolto, dannazione!-
    Elessar sgranò gli occhi quando, infine, comprese.
    –Ad ogni modo, sì: io sono Alatar, Morinehtar, l’Assassino dell’oscurità o, semplicemente, lo Stregone Blu.-



 
[1] Secondo la versione originale, ella è discendente della stirpe dei Dúnedain, come suo padre, il Principe Imrahil di Dol Amroth. Ho preferito renderli Elfi per puro diletto.
 
[2] Il mallorn (plurale: mellyrn, in Sindarin) è un tipo di grande albero, descritto come simile a una betulla, con corteccia liscia ed argentea. Le foglie sono grandi, verdi sul lato superiore e d'argento su quello inferiore. D'autunno, le fronde dei mellyrn diventano dorate e cadono solo in primavera, quando fioriscono dei grossi grappoli di boccioli dorati. Essi diedero a Lothlórien il nome di Foresta Dorata.

 




N.D.A

Anche questa settimana sono riuscita a pubblicare due capitoli anziché uno solo. Spero di mantenere questo ritmo fino alla fine!
Sillen e Thranduil sono due teste calde e forse è meglio lasciare che calmino i bollenti spiriti per conto loro… Piuttosto, eccoci tornati dal nostro inseparabile duo e stavolta c’è addirittura il colpo di scena XD

Come avrete intuito, la storia è ancora all’inizio ma spero di non annoiarvi!

Aspetto sempre i vostri giudizi, a presto
Aleera 

 
   
 
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