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Autore: meggie681    04/06/2019    0 recensioni
Il pov di Norman Reedus, prosegue il racconto della sua vita segreta, dei suoi amori impossibili, di una vita, per la quale non riesce ad essere felice.
Grazie per la lettura e, in anticipo, un abbraccio a chi recensirà.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LEVITESBAGPARTE2

One shot - Le vite sbagliate - Parte II







Le vite sbagliate – Parte II


Pov Norman Reedus
NYC . in may 2019


Robert è già arrivato.
Ho le chiavi, ma questa è casa sua, una delle tante.
Un loft, vista su Central Park, uno spettacolo.
E lo sarebbe anche lui, se non avesse quello sguardo perso nel vuoto, seduto sul parquet, davanti a delle vetrate enormi e pulite maniacalmente, come tutto il resto.

Ci sono dei divani, disposti a ferro di cavallo; su quello centrale, la sua giacca, gli occhiali da sole, un giornale spiegazzato sulla pagina del gossip.
Su questa, spicca la foto di un tizio, intento a salutare i paparazzi, tenendo per mano una bionda, che stringe con quella libera, un mazzolino di fiori di campo.
E’ una sposa, una donna, che, secondo il cronista, è riuscita dove molte altre hanno fallito:
… farsi sposare da Jude Law! Scapolo e donnaiolo impenitente, al suo secondo matrimonio e …” – e bla, bla, bla.

Scruto per poco la sequenza di pettegolezzi e poi mi concentro su Robert, che non si è mosso di un millimetro.
Sbuffo, liberandomi dal giubbotto in pelle e dell’orologio d’oro, comprato insieme a JD, che ne ha uno identico.
Il nostro anello di nozze?

Tossisco, imbarazzato, le mani nei jeans logori, come i miei stivaletti da biker.
Ci sono venuto in moto, abitando fuori città, in campagna, vicino al ranch di JD.
I suoi occhi, nei miei, anche adesso, dopo avere fatto l’amore stamattina, prima che ci salutassimo.
Eravamo da me, Diane e la bimba in visita dai parenti, per tutto il week end, mentre io, assente giustificato per i suoceri, perché impegnato in interviste ed incontri di lavoro.
Anche questo con Downey Jr, ufficialmente, dovrebbe esserlo; peccato non siano presenti la moglie, co produttrice e socia, nonché altri nomi grossi dello showbiz di Hollywood, entusiasti di sottopormi un nuovo fantomatico progetto Marvel.

Certo che sono bravo a raccontare balle.
JD fa finta persino di credermi.
Lui pensa di dovermi sempre qualcosa, di essere in debito, soprattutto da quando mi sono trasferito a pochi metri dalla sua nuova famiglia.

Siamo persino diventati di nuovo padri e di due splendide bimbe.
Il destino ci accomuna in coincidenze spiazzanti.
Gioia immensa e profonda amarezza, perché entrambi avevamo altri sogni.
Inutile negarlo.
E prenderci in giro.

Certo che JD mai immaginerebbe che io lo tradisca con un altro.
Ne morirebbe.
Così io.
Lui, in compenso, ha un’idea di famiglia allargata, dove io sono parte integrante e per tutti va bene così.
Posso cercarlo a qualsiasi ora, come farebbe un figlio in realtà, non do mai fastidio, anzi, sono lo zio preferito, l’amico del cuore, il fratello mancato, il collega di set, ho persino la mia stanza, da dividere con i miei, ovvio, nella residenza padronale di Jeffrey Dean Morgan ed Hilarie Burton.
I suoi pargoli sono anche i miei, i miei diventano i suoi, insomma cosa c’è di sbagliato?
Un olio su tela di pregio, faticosamente conquistato, che, visto da lontano, si direbbe un capolavoro, ma poi, avvicinandosi, chiunque sano di mente, vi noterebbe delle imprecisioni, delle sbavature.
JD la razionalità l’ha plasmata, senza cattiveria, alle sue esigenze.
Ha bisogno di tutti.
Della compagna, dei cuccioli, a quattro zampe o meno, ha persino bisogno di me.

Stringo i pugni, assottiglio le palpebre, la luce sta aumentando, è quasi l’una, ma, come una magia, i cristalli iniziano ad oscurarsi, in un tono ambrato.
Robert si alza, mi guarda, mette le mani in tasca anche lui.

“Ciao Norman”
“Ciao”
“Hai già mangiato?”
“No”

Si avvicina.
Mi fissa.
“Potevi almeno farti una doccia” – sorride triste – “… il tuo JD usa un dopobarba molto buono, però si sente ad un chilometro”
Come l’odore del sesso, vero?, però Rob non lo dice, lo pensa, ma non lo dice, è troppo educato.
“Scusa” – mi manca l’aria – “è che sono partito subito per arrivare prima possibile”
Quel dannato inchiostro, che Robert ha negli occhi, si inumidisce, anche di un minimo stupore.
Mi abbraccia.
Forte.
“Scusami tu, sono uno stronzo”.
Lo avvolgo – “Non dire scemenze” – e gli sorrido nel collo.
Anche lui sa di buono.
Robert Downey Jr è un uomo bellissimo.
Mi bacia, con una foga, che solo i disperati in amore possiedono.
E’ come un marchio, che ci si porta dietro, dopo l’ennesima delusione.
Ne ha tutto il diritto.
Può fare ciò che vuole.
Può farmi ciò che vuole.

Dieci anni buttati via con quel dandy alcolizzato ed inseminatore a casaccio, varrebbero qualsiasi sfogo.
E poi penso ai social, dove Jude Law non appare ufficialmente, ma, secondo me, un profilo ce l’ha e spia Robert, che, ogni tanto, facendomi tenerezza e rabbia, lo cita, ne parla, lo ricorda, gli fa persino gli auguri di compleanno.
Certo, ora potremmo sembrare ragazzine in crisi ormonale, tra chat, post e faccine; anche con JD, non conosciamo limiti, lo ammetto, con selfie e dediche mielose.

Ritorno nella stanza, perdendomi nella bocca del mio amante.
Questo siamo.

Si stacca, appoggia la fronte alle mie labbra, che uso per dargli dei baci più leggeri, sino alle tempie sudate.
“Norman ti … Ti dispiace se oggi non”
“Figurati” – lo interrompo deciso.
Detesto pensare ai nostri incontri solo per farci una scopata e poi tornare in mondi, così distanti, dove ci siamo condannati a vivere, senza mai deciderci a cambiare le cose.

Si allontana, ossigenandosi.
E’ accaldato, nonostante l’aria climatizzata e gradevole.

“Non stai bene Rob?” – chiedo apprensivo e riguadagno terreno.
Voglio tenerlo stretto, consolarlo.
Lo facciamo da troppo tempo.

“Ho bevuto una tonica ghiacciata, sta facendo effetto, tutto qui” – ride tirato, cercandosi poi un pullover, in una cassapanca, piena zeppa di riviste e plaid verdi, arancio e rosa, uno dei colori preferiti da Robert.

“Vuoi anche una boule dell’acqua calda?” – scherzo, per riportare il livello del nostro appuntamento, su livelli più giocosi, anche se non sarebbe il caso.

Viste le circostanze.

Poi rifletto.

“In fondo che ti frega, se quel coglione si è sposato, eh?”
Mi mordo la lingua un secondo dopo, per come mi punta Rob.

“Mi frega che avrei voluto farlo io” – risponde calmo, sedendosi, dopo avere spostato giacca, occhiali da sole e gettato nella cassapanca quel tabloid spazzatura.

“Ti capisco” – mi siedo anch’io, appiccicandomi a lui.

Si allunga, la testa sulle mie gambe.
Si lascia coccolare.
Gli massaggio l’addome e poi ci inabissiamo sotto una di quelle coperte multicolore.
Siamo nudi dopo pochi secondi – “Se no ci moriamo qui sotto Rob, cazzo” – e lo abbraccio più convinto.
Ride divertito.
Nei miei modi sono rozzo, lo so, me lo ripete di continuo ed a lui piaccio così.
Ci baciamo.
Ora è più tranquillo, la reazione alla bibita è passata.

Sono eccitato, da morire, però resisto.
Forse potrei azzardare qualche carezza, ma sono dannatamente timido, trattandosi di Robert.
In fondo decide sempre lui ed io mi lascio trasportare dove vuole.

Scende, con quella sua bocca, capace di farmi urlare le peggio cose, perché in questo non mi vergogno affatto.
Il contatto è umido, poi bollente, mi sale sino allo stomaco, la sensazione magnifica e vigorosa, che Robert sa regalarmi.
Ogni fottuta volta.

“Ma perché non stiamo insieme?!”
Penso o almeno ci provo, mentre le dita dei miei piedi si arricciano come se avessi preso una scossa ad alto voltaggio.

Vengo senza ritegno, direbbe Rob.
Se solo riuscisse a parlare, adesso.
Rido, risucchiandomi guance e labbra, cercando poi aria, provando a spostarlo, ma lui, questo viaggio, lo vuole fare sino in fondo.

Torna da me, ai miei occhi, dove restano ancora impressi quelli di JD, senza che Rob possa vederli.
Ho fatto l’amore con tutti e due, oggi.
Robert sta per farmelo, dopo avermi girato a pancia in giù.
Mi prepara, lubrificandosi, mordendo la mia nuca, come un animale, che non può più aspettare.
Anch’io mordo qualcosa, credo un cuscino, la mia vista si è appannata dopo le prime spinte e poi non so come, l’ambiente è più in ombra adesso: diavolerie domotiche, suppongo.

Intreccia le nostre dita madide, è sconvolgente come sa amarmi.
Peccato che lui sia venuto al mondo, per rendere felici le persone sbagliate.
Quanto le nostre vite, come Rob dice spesso.
Ha ragione.

Arriviamo all’apice insieme ed insieme crolliamo su noi stessi, appena l’orgasmo si esaurisce.

Mi volto lento, stringo Rob, lui inizia a singhiozzare.
“Maledetto inglese” – penso livido, vedendo come Law lo ha ridotto.

Robert si è sempre addossato varie colpe e responsabilità, per una relazione discontinua, fatta di alti e bassi, litigi epici, riappacificazioni con scenari da soap opera, i suoi racconti tornano vividi nella mia mente, come se fosse necessario un riassunto delle puntate precedenti, per comprendere a fondo l’epilogo di un fallimento annunciato.

“Calmati … Avanti, calmati adesso” – e la mia voce è così flebile, perché ho paura di fargli male, anche con le parole.
“Se almeno fosse felice” – sussurra appena, senza guardarmi.
Resta incollato al mio sterno, nel mezzo di me, che vorrei baciarlo e dirgli quanto lo amo.
Eppure non ci sono mai riuscito.
Nessuno di noi, ci ha mai davvero provato a dirlo, ecco.

Jude lo sembra, felice intendo, dagli scatti di molti curiosi, non solo di chi lo fa per mestiere, di appostarsi, spiarti, Diane non li regge e si incazza sui social, chiedendosi, nel privato, come mai JD non preservi la privacy della sua bimba, anziché pubblicare foto e video di lei e del fratellino.
A me è vietato.
Una sera, durante una cena della nostra “grande famiglia”, JD aveva ripreso il tavolo dei piccoli e voleva mettere online il tutto, ma Diane gli ha fatto una scenata.
E’ stata la prima ed unica volta.
JD, bonario e senza alzare i toni, al contrario di lei, ha subito cancellato la clip, mentre io sprofondavo, senza sapere se prendere la parte di una o dell’altro.
Mi sono eclissato e poi, in momenti diversi, mi sono pure sorbito i rispettivi rimproveri.
Che situazione del cazzo …

Penso e non parlo, credo sia meglio così per Robert, che si è quasi addormentato.
E’ sfinito, merita di stare tranquillo.
Anch’io quasi mi assopisco, quando il campanello mi fa sobbalzare.
Rob scivola di lato, rannicchiandosi, senza svegliarsi.

Mi alzo, cercando di non disturbarlo e mi precipito alla blindata.
Dallo spioncino vedo bene chi sta dall’altra parte.
Ho indossato i boxer al volo e penso sia un mio problema, quello arrivato oltre quella barriera: tocca a me affrontarlo, prima che risuoni, importunando Robert.

Saprò gestire la cosa, me ne convinco aprendo, senza sapere invece, che sto per creare problemi ad entrambi.

“Ciao JD. Come mi hai trovato?”
Lui ha la faccia di chi non poteva crederci, che io fossi davvero lì.
Lui non poteva credere, a chi ce lo aveva portato e se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, “… in un outfit modaiolo ed elegante”, scriverebbe uno di quei giornali da quattro soldi.

Jude Law, il rubacuori.

Ovvio che conosca questo posto.

“Ciao Norman. Possiamo entrare?”
Me lo chiede gentile, ma scioccato.
JD è sempre stato per il dialogo, mai una sfuriata: è come se avesse raggiunto che so, un livello zen, un qualcosa, negli anni, che lo porta a ringraziare Dio ogni mattina, per avere un oceano di amore intorno, di affetti concreti, una bella carriera e tanti soldi in banca.
Un mondo perfetto.
E se mai c’è stata una discussione, tra noi, lui ha sempre riportato ogni frase sui binari della serenità, perché siamo dei privilegiati, per tante e troppe ragioni, quindi perché rovinare tutto?

“Certo che potete”
E’ Robert a dirlo, appena arrivato alle mie spalle e molto più vestito del sottoscritto.
E sa che c’è anche Jude, lo percepisce, senza neppure averlo ancora visto.

Law non mi guarda volutamente, passando oltre, quasi strattonando JD, che chiude la porta.

“Ciao Robert, perché non rispondi ai miei messaggi?” – domanda brusco.
Rob resta zitto e così Jude mi guarda, ora.
“Forse avevi di meglio da fare, giusto?” – e si infervora un minimo.
JD fa un passo, mi si pone davanti.
Mi difende, anche adesso, è come un istinto.

“Guarda che non voglio azzuffarmi con lui” – precisa – “Con nessuno” – e torna a fissare Robert.
“Non sarebbe la prima volta” – polemizzo, memore di una confidenza di quest’ultimo.
“Non sono affari tuoi” – sbotta piccato, il biondo venuto da Londra.
E la sposina dove l’avrà lasciata?
In qualche pub, dove anche lui tornerà ad ubriacarsi presto?
Vorrei dirglielo, ma non è proprio il caso.
JD mi sta come analizzando, con quelle iridi innamorate e sconvolte, capaci di farmi morire e rinascere.
Ogni volta.
“Norman possiamo parlare da soli?”
Sembra una supplica: JD Morgan, la roccia, ha perso ogni punto di riferimento ed io mi spaccherei la faccia da solo, per averlo ridotto così; non sono migliore di Jude in effetti.
“Sì, vieni” – e lo prendo per mano, come Jude la sua fortunata consorte.
È uno schema in parallelo, creatosi tra vittime e carnefici.

E non sono più riuscito a guardare Robert, in compenso.

Ci isoliamo in una stanza, che non è nulla di preciso.
Come JD e me.
Cuscini sulla moquette tinta pastello, un tavolino basso, un paio di quadri con la foto di tante caramelle ed infine lampadine giganti, penzolanti dal soffitto, a lunghezze diverse.

Se ci aggiungessimo un paio di peluche, potrebbe essere una nursery.
Forse lì ci volevano vivere Jude e Rob, con dei bimbi, quindi?
Il loro covo è in Inghilterra, da quanto ne so, ma anche qui, nella più moderna e tollerante grande mela, ci avrebbero vissuto volentieri, immagino, dopo un clamoroso coming out.

Sogni.
Illusioni.

Detesto mentire.
“Ci frequentiamo da mesi, con Rob e non è solo sesso, io ci tengo a lui, ma il romanticismo non fa parte di noi” – esordisco e non so se si tratta di una buona idea.
Arrivo persino ad immaginare, che se avessi detto “Dopo la riunione, abbiamo mangiato qualcosa qui da Robert e poi mi sono fatto una doccia, mentre lui schiacciava un pisolino, sai?”
E JD mi avrebbe creduto.
Come sempre.
“Di voi?”
Annuisco, mentre JD mi avvolge in un plaid, arrotolato tra i cuscini, che neppure avevo notato.
“Ok Norman … Ok. Forse me lo merito”
“Non dirlo neanche per scherzo!”
“Infatti non sto scherzando, amore” – e mi sorride, le lacrime pronte a bagnargli le gote vermiglie per la tensione.
“Sono stato un bastardo, solo questo”
JD mi accarezza le spalle, sistema meglio il bozzolo di lana violacea, poi mi abbraccia.
Caldissimo e perduto, in chissà quali dubbi, senza soluzione apparente.

“Non voglio perderti Norman: ora dimmi cosa posso fare per fartelo dimenticare, per farti tornare a casa”
“La nostra casa?”  - domando irritato.
Non ne posso più e, dopo tante menzogne, meglio essere sinceri, perché glielo devo, per mille ragioni.

JD lascia un minimo spazio, ma non mi nega il suo abbraccio, non ancora.

“Certo Norman, abbiamo così tanto di nostro”
“Eppure io non sono felice, questo è il punto”
“E con Robert sei felice, dunque?”

Adesso sono io a mettere della distanza tra noi, andando al davanzale, anche se vorrei sparire.

“Con Rob io ci sto bene”
“Avete dei progetti?”
“Noi ne abbiamo, JD?”
“E’ questo che vuoi?”
“No, perché renderebbero troppe persone infelici e tu lo sai, cazzo! E non se ne esce!”

C’era poco da dire, in fondo, se non la verità.

“Allora perché hai preso casa vicino a me, perché non mi hai lasciato prima, perché hai deciso di farmi così male, posso saperlo?!” – il suo tono si ravviva, sono riuscito a ferirlo, dopo tutto il bene che mi ha voluto.
Quali torti mi avrebbe dunque fatto?
Lui, Jeffrey Dean Morgan, che mi abbraccia in mezzo alla strada, davanti agli obiettivi, che dice al mondo quanto mi ama ed adora, che ripete quanto non gli importi di cosa la gente possa pensarne, di un legame come il nostro, che sono “famiglia”, per lui e chi lo circonda, il suo clan, il suo mondo, dove io non posso e non devo mancare, indicandomi, davanti ai nostri fans, che sono il suo ragazzo.

Ecco sì, peccato che questo sia tutto un grande gioco, che il pubblico, nostro o meno, viva qualcosa che, ufficialmente, non c’è, qualcosa che non esiste per davvero.

Un “bromance”, una “ship”?
Mi sono documentato, mio malgrado; è stata Diane, a parlarmene, senza alcun astio, anzi; per poi inserire, nei suoi social, foto di noi, con dediche romantiche.

Perché mi sono sentito sballottato in mille direzioni?
Ne ho parlato con Robert e lui non ha criticato nessuno dei due contendenti, seppure definendoli in quel modo, più che esauriente.


JD guadagna terreno, con la sua voce calda ed i palmi gelidi.
Li posa sui miei zigomi, trascinandomi in un bacio, senza una fine apparente.

Invece una fine c’è sempre, là fuori, da qualche parte.

“Ti chiedo perdono, Norman, per averti deluso, mentre credevo di fare la cosa giusta”
L’ultima frase, prima di andarsene, senza girarsi indietro.


Jude se ne è già andato da un pezzo.
Robert è tornato a sedersi davanti alle finestre.
Sembra sereno.
Mi riunisco a lui, è quasi un rito, quando vogliamo parlare un po’.
Oggi non c’è niente da dire.
Abbiamo chiuso con i nostri compagni segreti.
Che bugia …
Con gli uomini, che amiamo.
E non riusciremo a smettere.


Due giorni dopo.

JD sta girando tra i recinti e le stalle, con una carriola colma di biada.
C’è molto da fare e raramente chiede aiuto a qualcuno, perché sono mansioni, dice, che lo fanno sentire utile e normale.
La vita di attori, non la è affatto.

Cammina più lento del solito, sembra affaticato: si appoggia alla staccionata, toglie il berretto, uno dei miei, per tamponarsi il sudore e riprendere fiato.
Accelero il passo, mi sembra ulteriormente smagrito e, ogni tanto, leggo online, che qualcuno si chiede come mai abbia perso tanto peso.

Afferro una bottiglietta d’acqua da un secchiello e gliela porto svelto.
Lui mi guarda stranito, poi mi abbraccia forte.
Sembra non crederci, una volta tanto.

“Ciao piccolo” e mi culla.
“JD cosa cazzo combini?!” – e sono in ansia, mi sento come soffocare.

Lui beve e poi ride – “Mi ero perso, tra Paxton e Diane”
“Per un asino ed uno struzzo, muori di sete?” – sbotto.

JD torna a fissarmi, poi mi bacia.

Il mio cuore, si risintonizza con il suo.

Qualcuno potrebbe vederci, penso, ma è solo un attimo.
E poi non c’è nessuno.

“Ho parlato con Hilarie, di noi e di Robert” – fa una pausa, ma è solo per darmi il tempo di dire qualche cosa, ma io non reagisco – “Mi ha visto così devastato, non riuscivo a nascondere nulla, non volevo più farlo a dire il vero”
“Ok … L’ha presa male?”
“No, però ha preferito andare qualche giorno da sua sorella Natalie, te la ricordi? L’hai conosciuta a Natale”
“Come dimenticarla, una tale logorroica” – borbotto, quasi sorridendo.
“Ti sarai sentito a disagio, in mezzo a quella confusione, tra i miei suoceri, tre cognati e poi Natalie, tutti i nipoti, vero Norman?”

Lo sto osservando, analizzo il tono, che suona di pensieri a voce alta, non certo di retorica o, peggio, di biasimo.

“Mi sentivo come ti sentivi tu, che avevi già programmato una nostra fuga in moto, per il ventisette” – la mia replica è schietta.
A JD piaccio così.

“Temo esista una differenza, Norman: io non volevo scappare da quella situazione, perché mi rendeva appagato; semmai desideravo completare, anzi, sublimare il tutto, andandomene con te qualche giorno, pensandolo come un nostro diritto” – puntualizza agrodolce.

“E’ di questo, che ti sei scusato, a New York?”

“Di viaggiare a senso unico? Suppongo di sì” – si rimette il berretto – “Grazie per la bibita, ne avevo davvero bisogno” – e torna a ciò che stava facendo, prima del mio arrivo.
  
Resto da solo, tra i ragli di Paxton ed il silenzio di quel paradiso.

Penso a Rob.
Al suo suicidio emotivo.
E’ volato a Londra, in visita agli sposini, per vedere la loro nuova casa ed iniziare a studiare il copione di Holmes numero tre.
“Jude mi ha detto che non è cambiato niente, tra di noi. E non cambierà mai niente.”
Ed il suo tono, era di rassegnazione.
Totale.

Diane sta arrivando, spingendo il passeggino con la mia principessa, che sgambetta, reclamandomi; non ci siamo ancora visti.
Pochi metri e dovrò decidere cosa dirle.
Arriva un taxi, lei si ferma, perché qualcuno la sta chiamando, dopo avere abbassato il finestrino.
Scende l’autista, per scaricare i bagagli, quindi Hilarie, con la cucciola di JD, in un ovetto da viaggio, portato dal loto primogenito, di nove anni.
Le madri dei nostri figli si abbracciano e poi mi salutano a distanza.
Ci salutano.
JD è tornato vicino a me.

Ci siamo tutti, ora.

Mi attira a sé e mi bacia.
All’improvviso.

Come un temporale, che ha fatto imbizzarrire il vento tra le piante, intossicato l’aria di terra ed acqua, girato le foglie ad est, mescolato la luce del giorno al buio delle nuvole, pronte a scaricarsi, ad esplodere …
E, a vivere.


                                               Tbc (…?)








   
 
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