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Autore: AidenGKHolmes    05/06/2019    4 recensioni
“Ficcare il naso?” Ripeté Judy, fissandolo in un misto di sgomento e incredulità: davvero si trattava dello stesso Nick con cui fino a poco prima aveva riso e scherzato come se nulla fosse?
“Nick, io sto cercando di aiutarti, tutto qui”
“E io ti ringrazio, Carotina... ma magari sono io a non voler essere aiutato. Ci hai mai pensato, a questa eventualità? Oppure, secondo il tuo punto di vista, ogni abitante di questa città deve accettare a prescindere qualunque aiuto non gradito?”
[Tematiche delicate | Violenza]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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WHAT'S LEFT BEHIND

Capitolo 3 - Letter from the lost days

***


 

Il cuore di un coniglio, in condizioni ordinarie, batte per circa duecento volte al minuto, cifra ben al di sopra della media di molti mammiferi. Nonostante non sia la frequenza cardiaca più elevata, si assesta comunque tra le prime posizioni.

Quella sera, il piccolo cuoricino di Judy sembrava intenzionato ad infrangere ogni record della sua specie e se avesse continuato in quel modo, ne era certa, avrebbe stirato le zampe prima che il sole tramontasse del tutto.

Lo stato d’ansia persistente con cui aveva dovuto fare i conti per tutta la giornata si rivelò un temibile nemico e spesso fu sul punto di sopraffarla.

Il motivo era ben chiaro a tutti.

Nick non si era mai assentato dal lavoro sin da quando era stato integrato nel distretto: neanche la più aggressiva delle allergie o la più subdola influenza sembravano in grado di costringerlo a letto.

Di ora in ora, una strana sensazione cominciò ad insinuarsi in Judy. Aveva cercato di chiamarlo per un paio di volte, durante le piccole pause tra una pattuglia e l’altra, ma il cellulare del suo amico non aveva dato alcun segno di vita. Un mutismo assoluto si manifestò anche sulle chat. E circa un’ora prima della fine del suo turno, decise di averne abbastanza. Era ancora infuriata con lui, ma aveva anche a cuore il benessere di Nick e avrebbe fatto qualsiasi cosa per riaggiustare le cose tra di loro.

***

Il grido delle sirene della pattuglia Z240 riecheggiò lungo tutto il quartiere, rimbalzando sulle pareti di cemento che circondavano la via come una specie di muraglia colorata ed impenetrabile. Non che ci fosse alcuna emergenza in atto, anzi… non secondo il protocollo, almeno.

Il caso che Judy si era autoassegnata avrebbe ricevuto verosimilmente una “priorità 3”, la più bassa di tutte, ma d’altro canto stava infrangendo le regole per una buona causa: la sua. E chi mai avrebbe potuto impedirglielo, oltretutto? Fangmeyer, in quel momento stravaccato beatamente sul sedile del passeggero? Quel felino non sembrava rendersi conto della situazione, dati i commenti d’apprezzamento su quello stile di guida così “sportivo” che dedicò alla sua collega.

“Un altro paio di svolte e ci siamo…” Si ripeteva Judy, che ad ogni metro percorso faticava sempre di più a destreggiarsi tra professionalità ed impulsività, tra sentimenti e lavoro o, più semplicemente, tra lucidità e completo panico.
L’arrivo di fronte all’edificio dove abitava il suo migliore amico fu, se possibile, anche più irruento di tutta la folle corsa che lo aveva preceduto: con una brusca sterzata, Judy invase la corsia opposta, rischiando un frontale con un’auto a cui tagliò inevitabilmente la strada.

Non si disturbò neppure a spegnere il motore o di estrarre le chiavi dal cruscotto: con un balzo degno della miglior atleta, Judy balzò fuori dal finestrino e si fiondò verso il portone, seguita a ruota dalla tigre. In quel preciso istante, la coniglietta temette che il cuore volesse balzarle direttamente in gola e dovette ricorrere ad ogni sforzo in suo potere per rimanere calma.

Il piccolo rialzo che Nick aveva costruito appositamente per lei, in maniera tale che potesse raggiungere il campanello senza dover saltare, era ancora lì al suo posto e Judy non perse neppure un istante: dopo essersi fiondata sulla sua sommità, schiacciò il pulsante e lo mantenne premuto per circa una decina di secondi.
Il ronzio del campanello proveniente dall’altro lato della porta era ben udibile, ma al di là di quello…

Silenzio totale.

La coniglietta cominciò a sudare freddo: ritornando coi piedi sul pianerottolo, fece qualche passo indietro e pregò che, da un momento all’altro, Nick facesse la sua apparizione. Non cercava neanche più di nasconderlo, era preoccupata a morte e non le importava quanto tremendo fosse stato il loro litigio. L’unica cosa che desiderava era che il suo migliore amico stesse bene.

Dopo qualche istante, Judy fece un altro tentativo. Il risultato, oltre al procurarsi una zampa indolenzita, fu il medesimo.

“Nick! Apri la porta! So che sei lì dentro, dai!”

Con la mano stretta a pugno, Judy batté con irruenza contro l’uscio, facendo rimbombare il legno e catturando l’attenzione di un paio di passanti dall’alto lato della strada.
 
D’un tratto, uno spettro si mostrò per una frazione di secondo tra i pensieri dell’agente. Era un’eventualità che non aveva considerato, in quanto al di là di ogni immaginazione: lo conosceva bene e non sarebbe mai arrivato a tanto, ma a quel punto non poteva escludere nessuna ipotesi.

Non c’era tempo per ulteriori avvisi verbali.

“Buttala giù” Sentenziò, facendosi da parte e lasciando campo ibero a Fangmeyer. In un certo senso si ritenne fortunata di aver avuto un felide così robusto come assegnazione sostitutiva: richiedere rinforzi alla centrale le avrebbe fatto perdere del tempo che, in quelle circostanze, valeva più dell’oro.

“Sissignora. Stia indietro” Mormorò, sistemandosi il cinturone per poi sferrare un calcio contro la porta, nell’area al di sotto della maniglia. Il risultato fu tanto plateale quanto efficace: la serratura non poté resistere ad un singolo colpo così ben assestato.

Il boato del metallo caduto al suolo si mischiò con quello dell’esplosione del legno, che scagliò schegge in ogni dove e riempì per un attimo l’atmosfera tombale dell’appartamento a cui Judy e Fangmeyer ebbero finalmente libero accesso.

“Nick?” Chiamò la coniglietta a gran voce, estraendo la torcia e puntandola di fronte a sé: le veneziane erano abbassate, il che non permetteva alla luce diurna d’illuminare al meglio tutto l’ambiente: solo qualche spiraglio giallognolo si faceva pigramente largo tra di esse, infrangendosi contro la carta da parati verdastra.

Il corridoio su cui dava l’ingresso principale non presentava alcuna anormalità. I pochi mobili con cui era arredato erano ancora là al loro posto e in perfetto ordine, così come i quadri appesi alle pareti, compreso il diploma dell’Accademia di Polizia conseguito alcuni mesi prima… ma di Nick nessuna traccia.

L’abitazione non vantava certo dimensioni mastodontiche; essendo composta soltanto da due stanze, al di fuori di quel piccolo androne, trovarlo sarebbe stato uno scherzo.
Muovendosi in avanti con passo felpato e degno del miglior predatore, Judy indicò la porta del bagno al suo partner, mantenendo le orecchie alzate e pronte a captare anche il minimo rumore: a lei sarebbe spettata la zona più delicata, quella capace di risvegliare ricordi tanto piacevoli e commoventi quanto letali, in una situazione d’emergenza.

La porta della sala principale si aprì con un sinistro scricchiolio sufficiente a farle arruffare il pelo. I battiti cardiaci della leporide crollarono da qualche centinaio a zero nel giro di un paio di secondi, o per lo meno questa fu l’impressione che Judy ebbe lì per lì. Senza accorgersene, si ritrovò ad implorare ogni entità divina. Il timore d’imbattersi nel cadavere del suo migliore amico la stava corrodendo come acido.

Le sue preghiere furono in parte ascoltate: di Nick non vi era alcuna traccia.

Judy non sapeva tuttavia se prenderla come una svolta positiva o negativa: certo, si sentiva sollevata dal fatto che la volpe non si fosse fatta del male, ma d’altro canto si ritrovava al punto di partenza e con un’emergenza ancora più grave da gestire.

Portandosi la ricetrasmittente vicino alla bocca e tentando di controllare il tremolio alle mani, Judy prese un paio di respiri profondi prima di schiacciare quel maledetto pulsante, cercando di sciogliere il nodo che strinse la sua gola, in modo da recuperare un po’ di apparente sicurezza, almeno nella propria voce. Scoppiare a piangere durante una comunicazione con la centrale era l’ultima cosa che voleva e dovette trattenersi ad ogni costo, nonostante i suoi occhi color ametista fossero già lucidi.

“C-Clawhauser, qui Z240, abbiamo un 10-57 al 1955 di Cypress Grove Lane, mandaci rinforzi, passo”.

All’ansia si sostituì ben presto il senso di colpa, un sentimento dalla diffusione ben più rapida e che fu in grado d’impadronirsi dei pensieri della coniglietta nel giro di qualche minuto.
Non avrebbe dovuto essere così dura con lui, specialmente per un solo ed unico errore commesso sul campo…

Dopo qualche istante d’attesa, la radio emise un rumore statico e un “Z240, qui centrale, una pattuglia in arrivo, tempo stimato cinque minuti. Avete bisogno della scientifica? Passo.” Infranse quell’atmosfera solenne per la seconda volta.

“Qui Z240, affermativo. Non credo ci sia molto da trovare, ma meglio far esaminare l’appartamento anche da loro, passo”

“10-4, teneteci informati. Chiudo”

Si rimproverava perfino di aver agito con insistenza, cercando di spingerlo ad aprirsi con lei sul suo passato e su tutte le situazioni orribili vissute durante l’infanzia. Se solo fosse stata in grado di percepire quel suo malessere con un minimo d’anticipo, forse Nick non avrebbe dato di matto durante l’arresto di quella zebra e non avrebbero quindi finito col litigare.

Numerose bottiglie dalle etichette inequivocabili – proprio come l’odore che impregnava l’aria dell’appartamento e che si mischiava con quello di chiuso e stantio – giacevano accumulate sul bancone della cucina: vodka, rum, maraschino, tequila… una prova tangibile su cosa fosse successo tra quelle mura, alcune ore prima.

Sul pavimento erano invece disseminate molteplici macchie di vario colore, alcune trasparenti e simili ad acqua ed altre dai colori più scuri.
Judy cominciò a sospettare che il suo migliore amico potesse averle nascosto un problema di alcolismo per tutto quel tempo, ma ciò le parve impossibile: tale dipendenza presentava infatti una moltitudine di sintomi difficilmente occultabili, specie per una attenta ai dettagli come lei.

Eccezion fatta per la quantità di superalcolici che Nick doveva essersi scolato, non sembrava esserci nulla di anormale, almeno a prima vista.
Lo sguardo dell’agente Hopps, dopo qualche minuto d’ispezione di mensole e mobiletti, cadde su un piccolo dettaglio a prima vista insignificante ma che in realtà risultava alquanto fuori posto, a chi come lei conosceva bene la volpe scomparsa.

Il cestino era ricolmo di fogli di carta stropicciati.

Durante le numerose serate trascorse a casa di Nick, Judy si era trovata a scherzare più e più volte su come quell’oggetto fosse inutile per uno come lui, per nulla incline alla scrittura o alla composizione creativa e la volpe, in effetti, non lo utilizzò mai.

Senza perdere tempo e sotto lo sguardo confuso della tigre di fianco a lei, Judy ne rovesciò il contenuto sull’unico tavolo della stanza. Non avrebbe dovuto farlo, si trattava di inquinamento di prove e avrebbe rischiato il posto, ma arrivata a quel punto non le importava granché: l’unica cosa che desiderava era capire cosa fosse accaduto al suo amico e non si sarebbe fermata di fronte a nulla.

Quello che era nato come un semplice sospetto, si rivelò ben presto una certezza: tutti quei fogli stropicciati erano in realtà brevi lettere che Nick aveva scritto ad ognuno dei suoi cari. Sulla cima di ognuna di esse era riportato il nome del destinatario: Finnick, Bogo, Clawhauser, Flash… e alla stessa Judy.

Quest’ultima si trovava sul fondo del recipiente metallico; significava forse che fosse stata scritta per prima e subito scartata?
Ma perché iniziare un lavoro del genere per poi scartarlo in quel modo? Che l’avesse ritenuta non degna di un ultimo commiato? La sola idea parve sufficiente per spingerla nuovamente sull’orlo delle lacrime, ma cercò di darsi un contegno.

“Cara Judy.

Non so perché ti stia scrivendo queste parole… anzi, a dire il vero non so neppure se le leggerai mai. Se così fosse non ti biasimerei affatto. Neppure io farei, al tuo posto, non per uno come me almeno.

Nel caso tu stia ancora leggendo, beh, volevo iniziare questa breve lettera con uno ‘scusami’ ”


Seguivano interi paragrafi cancellati in malo modo, ognuno composto da non più di tre o quattro righe impossibili da decifrare così su due piedi. Il testo, comunque, riprendeva poco più in basso.

“E mi dispiace veramente tanto di averti ferita in quel modo. Tu eri, sei e sarai per sempre la mia Carotina, ma non posso avvelenare o mettere in pericolo la tua vita in questo modo, non più. Ho cercato di essere una volpe diversa dai pregiudizi che molti ancora hanno nei miei confronti, ma più passa il tempo più mi rendo conto di non meritare una come te… e tu non ti meriti tutto il male che ti sto facendo e che ti ho fatto.

Perché sei stupenda. E ti voglio bene.

E proprio perché ti voglio bene, devo lasciarti andare e tenerti al sicuro.

Tuo per sempre.

Una volpe ottusa”


Un paio di lacrime gocciolarono sulla carta spiegazzata del foglio stretto tra le mani di Judy. Non voleva singhiozzare, non lì e non in compagnia di Fangmeyer. Nonostante non lo conoscesse quasi per nulla, comunque, egli percepì il malessere della collega e spontaneamente le appoggiò una delle sue gigantesche zampe sulla spalla in segno di conforto.

Nella testa di Judy, però, quattro parole cominciarono a ripetersi come un tremendo eco diabolico.

“Che cosa ho fatto…”
 

***


Note dell'autoreSono tornato! Abbastanza rapidamente, a dire il vero, dato che questo capitolo è stato scritto già mooolti giorni fa, ma ha comunque richiesto una scrupolosa revisione che - spero - abbia dato i suoi frutti. Probabilmente (Ma non ne sono certo, quindi prendete sempre il tutto con le pinze xD) sarà il capitolo più lungo di tutta la Fan Fiction, anche perchè generalmente i capitoli più lunghi di millecinquecento parole tendo a dividerli in due. Questo raggiunge le 2100, ma non mi pare sensato separare un capitolo del genere quindi... boh, enjoy! Non credo ci siano errori di battitura o frasi tagliate (Sì, quando revisiono capitoli per giorni interi capita che ogni tanto vada a modificare una frase talmente tanto dal tagliarla a metà senza completarla -.-"), se così non fosse segnalatemi pure nei commenti i vari casi, li correggerò il prima possibile.

Spero di aver mantenuto gli stessi standard qualitativi precedenti, in caso come sempre i badili per spaccarmi il cranio sono a disposizione alla vostra destra.

Ci vediamo al prossimo capitolo! 

GK




PS: nel caso non abbiate voglia di andare a cercare su internet, 10-57 è il codice utilizzato dalla polizia statunitense per riferire un caso di persona scomparsa. Per i posteri xD


 
   
 
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