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Autore: TheDoctor81    05/06/2019    1 recensioni
Albus Silente è un brillante mago fresco di studi e appena diplomato ad Hogwarts. Ma eventi della sua vita, lo costringono a restare imprigionato a casa per prendersi cura della sorella Ariana, una strega totalmente instabile e di suo fratello Aberforth.
Ormai dopo aver rinunciato ai sogni di gloria e ai viaggi alla scoperta di siti magici, Albus si rassegna alla sua vita tra le quattro mura della sua casa a Godric's Hollow.
Ma l'incontro con un giovane mago di nome Gellert Grindelwald, porterà Albus su un pericoloso sentiero della sua vita, ma allo stesso tempo, alla scoperta di un sentimento forte, che lo porterà su sentieri sconosciuti ed oscuri.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aberforth Silente, Albus Silente, Ariana Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Godric's Hollow 17 luglio 1899

 

Era una bella giornata estiva e il sole splendeva alto e caldo. I suoi raggi penetravano nei vetri polverosi di casa Silente, illuminandola a tal punto che tutte le torce all'interno della casa che solitamente erano illuminate da un tenue fuoco celestino, erano spente.
C'era silenzio in casa, Ariana era a letto addormentata, per il consueto sonnellino pomeridiano e Aberforth era sicuramente a prendersi cura delle sue capre, o almeno era così che stava pensando Albus.
Era rannicchiato nel piccolo divano nella sua camera, un divano piuttosto antico e che odorava di polvere.
Da quando Kendra era morta e lui aveva preso le redini della famiglia, quella casa stava cadendo sempre di più nel totale abbandono.
Era un mago, un mago decisamente dotato. Un mago fresco di studi e di diploma.
Aveva frequentato Hogwarts per sette anni, nella casa di Grifondoro. La sua casa di appartenenza, era anche affissa sui muri della camera.
Sulla carta da parati che andava via via sempre più staccandosi dalla parete, c'erano piccoli stendardi e bandiere rosse e oro, con un leone rampante affisso sopra.
Ma Albus era tutto, tranne che gioioso. Fissava l'esterno della finestra con aria assai malinconica. Nella mano destra, stringeva una lettera che aveva appena finito di leggere.
Evidentemente chi l'aveva scritta, pensava di tirarlo su di morale, ma l'effetto che quelle poche righe recapitate da un grosso e grasso barbagianni bruno ebbero sul ragazzo, era stato se possibile, quello di gettare il suo umore ancora più in basso.

Caro Albus,

come stai? Qui a Mykonos, tutto bene.
Sapessi le cose che ho visto Albus, i greci non erano solo dei filosofi straordinari, ma anche dei maghi davvero ingegnosi.
Ho trovato anche resti di magia egiziana e, in uno dei mulini dell'isola, addirittura ho rischiato di beccarmi una maledizione.
Non preoccuparti, sto benissimo.
Spero che Ariana si stia riprendendo e che Aberforth non stia ancora sperimentando cose strane sulle capre, soprattutto dopo quello che è successo con tuo padre, non è il caso che un altro membro della famiglia finisca ad Azkaban.
Qui manchi solo tu e spero che Ariana si riprenda presto, in modo che tu possa raggiungermi.

Il tuo carissimo amico

Elphias Dodge

 

 

Quasi d'istinto, Albus strinse il foglio nella mano, accartocciando la sottile pergamena, poi afferrò il foglio con l'altra mano, cercando di stendere la lettera, quasi come se si fosse pentito del gesto appena fatto.
“Qui manchi solo tu...” rilesse quelle parole, storcendo poi le labbra in una smorfia.
Già, perchè lui doveva partire con Elphias, dovevano girare il mondo, scoprire siti magici mai esplorati, accrescere la loro conoscenza della magia.
Ma tutto, tutto era andato in malora, nel momento in cui sua madre Kendra, morì.
“...non è il caso che un altro membro della famiglia finisca ad Azkaban.” perchè suo padre era rinchiuso nella prigione dei maghi per aver aggredito tre babbani. Ma non ce l'aveva con suo padre, perchè conosceva la motivazione di quell'aggressione.
Quando sua sorella Ariana aveva sei anni, mentre giocava in giardino, ebbe una manifestazione magica. Fece levitare la sua palla fatta di stracci e tre babbani che l'avevano vista, credendo che fosse pericolosa, l'avevano aggredita.
Percival, suo padre, cercò i tre babbani e li aggredì con la magia. Quando venne arrestato, non tentò nemmeno di scagionarsi, per paura che sua figlia che a seguito di quell'aggressione non riuscì più a tenere a bada i propri poteri magici, i quali si manifestavano improvvisamente in violenti attacchi, finisse al San Mungo, l'ospedale per malattie e ferite magiche.
Quindi quando Kendra morì proprio per via di questi attacchi, toccò a lui il figlio maggiore, prendere le redini della famiglia.
Nonostante suo fratello Aberforth si fosse fatto avanti per badare ad Ariana, Albus insistette affinché il fratello finisse i suoi studi ad Hogwarts.
Quindi era li, incastrato in quella casa, quando il suo unico desiderio era quello di essere al fianco di Elphias, nei suoi viaggi e nelle sue grandi scoperte.
Sprecato, ecco come si sentiva. Lui che ad Hogwarts era stato prefetto e poi caposcuola, lui che aveva vinto tutti i premi messi in palio come studente modello. Lui che era membro giovanile del Wizengamot.
Perso nei suoi pensieri, quasi sussultò quando il forte bussare alla porta arrivò fino alla sua camera. Non si alzò subito, ma rimase a fissare l'uscio con le sopracciglia aggrottate, chiedendosi chi fosse. Alla fine scivolò giù dal divano.
Albus era un ragazzo di diciotto anni, molto alto dalla corporatura esile e slanciata. Aveva capelli rossicci lunghi fino alle spalle che ricadevano su queste in leggere onde. Gli occhi erano penetranti e di una straordinaria sfumatura di azzurro. L'espressione intelligente e i lineamenti classici di chi è ancora tanto giovane. Ma era appunto lo sguardo a tradirlo. Uno sguardo da vecchio, come qualcuno che ha vissuto troppo per i suoi pochi anni di vita.
Uscì dalla sua camera e si avviò a passo lento verso la porta d'ingresso. Istintivamente, si tastò la schiena, poco sopra il bacino.
Aveva l'abitudine di infilare li la sua bacchetta, nella cinta dei pantaloni e sentirla sotto le dita sottili, gli diede un senso di sicurezza.
Ma subito dopo si sentì profondamente stupido, visto che di certo non si aspettava un attacco da qualcuno.
Si avvicinò alla porta e l'aprì con una certa lentezza, guardando prima dalla fessura che lasciava appena visibile l'esterno.
Non appena vide chi era, tirò un sospiro di sollievo, schiudendo del tutto l'uscio.
«Signora Bagshot, buonasera.» disse Albus, con tono gioviale e gentile.
Bathilda Bagshot, era una signora di mezza età. Non era altissima, aveva grandi occhi verdi leggermente in fuori, ma dall'espressione intelligente. Capelli neri raccolti in uno chignon dietro la nuca.
«Buonasera Albus.» Bathilda fece un gran sorriso, entrando nella casa non appena il ragazzo si fece da parte, invitandola ad entrare.
«Sei un ragazzo così caro Albus.» esordì la donna, allungando una mano ossuta per stringere la guancia di Albus.
Il ragazzo non si ritrasse, gli sembrava troppo maleducato e di certo se c'era qualcosa che ai ragazzi Silente non mancava, era l'educazione.
«Mi chiedevo se stasera tu, Ariana ed Aberforth, avreste piacere di venire a cena da me.» fece una piccola pausa, allargando i grandi occhi in un'espressione speranzosa «Mio nipote Gellert è arrivato oggi a casa mia, sai, passerà l'estate da noi.» nonostante Bathilda non avesse smesso di sorridere, c'era qualcosa di diverso ora nei suoi occhi, qualcosa che incrinava il buon umore di poco prima.Albus non fece domande e non interruppe la strega.
«Ha sedici anni e sono sicura che gli farà piacere conoscere ragazzi suoi coetanei.» ma a quanto pare, la strega decise di smettere di fingere e il sorriso scomparì del tutto dal suo volto.
Albus voleva dare una risposta, un si od un no, ma l'espressione di Bathilda, gli diceva che la donna non aveva finito il suo discorso, infatti tacque, lasciando che la strega proseguisse.
«Ho così pena per voi ragazzo mio. So che sei molto intelligente Albus, ma sapere che un ragazzo così giovane e così dotato stia sempre tra queste quattro mura, mi rattrista terribilmente.»
Albus sentì una morsa allo stomaco, ma riuscì comunque a sorridere, a fingere.
«Signora Bagshot non deve preoccuparsi per me.» disse Albus in tono gioviale, cercando di non lasciar trasparire l'amarezza che la lettera di Elphias gli aveva portato e che le parole di Bathilda, avevano probabilmente peggiorato. «Ma Ariana non è ancora in grado di uscire, mi dispiace molto.»
Bathilda non parve offesa o rattristata, ma sorrise ancora di più.
«Oh, non preoccuparti Albus.» la donna fece un cenno con la mano, come a fargli capire che andava sul serio tutto benissimo. «Domani farò passare mio nipote, almeno farete amicizia.»
Albus aprì bocca per protestare, ma Bathilda lo zittì con un'altra strizzata alla guancia. «È deciso allora.» e dopo aver salutato, uscì dalla casa a passo svelto.
Rimase per qualche momento a fissare il vialetto oltre la porta aperta, poi si rese conto che era immobile come uno stupido e si affrettò a richiudere l'uscio. Sospirò e si voltò e per la seconda volta in pochi minuti, si ritrovò a sussultare.
Ai piedi delle scale c'era Ariana.
Ariana, era una ragazzina di quattordici anni, anche lei come Albus, aveva i capelli rossicci, lunghi fino alla vita e gli occhi della medesima sfumatura di azzurro del fratello. Ma a differenza di Albus, era piuttosto minuta per la sua età.
Il suo viso era incavato e sotto gli occhi, aveva un bel paio di occhiaie.
«Io voglio uscire Albus.» lo disse in tono perentorio, portando la mascella inferiore leggermente in fuori, in un espressione che ad Albus ricordò in maniera dolorosa sua madre.
Ma il ragazzo sorrise e sospirò, avvicinandosi alla sorella e guardandola con aria triste dai piedi delle scale.
«Sai che non possiamo Ariana.»
La ragazzina fece una strana espressione, evidentemente dentro di lei c'era una lotta, perchè sembrava ostinata, ma allo stesso tempo rassegnata.
Avrebbe voluto prenderla e portarla da Bathilda, godersi la cena con lei e il nipote, magari chiacchierare come se fosse tutto normale.
Ma Ariana era pericolosa e lui lo sapeva.Ma a quanto pare anche la sorella capì i ragionamenti del fratello, visto che a sua volta sospirò totalmente rassegnata.
«Quando starò meglio, davvero mi porterai in viaggio con te?» Ariana sorrise nonostante tutto e quel sorriso, si specchiò anche in Albus.
«È una promessa e tu sai che mantengo sempre le promesse.» Albus salì i gradini che lo separavano dalla sorella e si sedette su uno di questi, picchiando appena con la mano sulla superficie ricoperta di moquette tarmata, in un tacito invito.
Ariana si sedette accanto al fratello, le gambe chiuse e piegate di lato e le mani unite in grembo.
«Voglio vedere l'oceano Albus e i gabbiani!» negli occhi di Ariana, brillava una luce che raramente si vedeva in quei due specchi incavati dalla sofferenza «E poi...e poi...» sembrava quasi troppo eccitata per riuscire a parlare.
«...e poi faremo un castello di sabbia insieme, così grande che potremo viverci dentro.» Albus finì la frase per lei.
Evidentemente era un progetto che facevano insieme da tempo. Ariana sorrise e posò la testa sulla spalla di Albus.
Il ragazzo le posò le labbra tra i capelli, lasciandole un bacio leggero, per poi poggiare il mento sul capo della ragazzina.
«Dovremmo fare anche un recinto per le capre di Aberforth sai?» disse Ariana ridacchiando.
Quella risata fu contagiosa, perchè anche Albus prese a ridacchiare.
«Per la barba di Merlino, speriamo che non decida di portarsele tutte dietro!» esclamò il ragazzo, per poi prendere a ridere sempre più forte.
Rimasero lì ancora per parecchio, a ridere di Aberforth, a fare progetti per quando Ariana sarebbe stata meglio.
Albus si godette quel momento, perchè erano davvero rari.

   
 
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