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Autore: DadaOttantotto    07/06/2019    1 recensioni
[Quinta classificata al contest "Brother, my brother", indetto da Elettra.C sul forum di Efp]
Ha un sacco di pressione sulle spalle: El Cruce, la pace a La Colina, la sua famiglia. Chico ce la mette tutta, ma a volte qualcosa sfugge al suo controllo.
Come Hache.
[Brotp!Chico/Hache/Manuela; Preshow+1x01]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Until we say goodbye on our dying day

Until we say goodbye on our dying day.



"Chico, c'è Manuela."
Si lascia andare ad un sospiro e controlla l'orologio prima di alzarsi. È tardi. Troppo tardi perché una ragazzina se ne vada in giro per quel quartiere. La Colina è un posto pericoloso persino di giorno. Manuela dovrebbe essere a casa, al sicuro, possibilmente a letto.
"Cosa ci fai qui?" le chiede, incrociando lo sguardo della sorella. "Dov'è Hache?"
Lei si stringe nelle spalle e lui sente la rabbia salire. Gli succede spesso quando ha a che fare con suo fratello e con il vizio che Manuela ha di proteggerlo, soprattutto dopo che Hache ha combinato qualche casino.
"Dov'è Hache?" ripete, la voce di un'ottava più bassa, segno del suo crescente nervosismo.
La ragazzina farfuglia qualcosa di incomprensibile, vagamente simile a una scusa - per lei o per il fratello, non è chiaro -, e abbassa lo sguardo. Chico capisce che è una causa persa, quella, non riuscirà a cavare una sola parola da Manuela se lei non vuole parlare. A volte fa paura vedere quanto assomiglia a Hache.
"Doveva rimanere con te" borbotta avvilito, ma tanto sa che è inutile arrabbiarsi. Non è la prima volta che succedono cose di questo genere, e non sarà neanche l'ultima.
Hache resterà sempre Hache, e lui non può farci niente. Ci ha provato a cambiarlo, a infilare un po' di senso in quella zucca dura, ma è stato come combattere contro i mulini a vento e dopo qualche tempo Chico si è stufato. Si limita a riprenderlo quando crea un disastro, a litigarci quando il carattere di Hache diventa troppo forte e deve essere contenuto. Generalmente funziona.
Aspetta pazientemente che la ragazzina finisca di bere la bibita che Jessica le ha portato, poi le posa una mano sulla spalla esile. È il loro segnale, il modo di farle capire che è ora di andare, che la riaccompagnerà a casa perché è lì che dovrebbe stare. E lei non si ribella, saluta tutti - la adorano, quelli de El Cruce, quasi fosse una specie di mascotte - e si incammina verso l'uscita del bar senza proferire un'altra parola.

***

"Non è colpa di Hache."
Non è facile essere il fratello maggiore, in una famiglia in cui manca da anni una figura paterna. Ci sono volte in cui vorrebbe mandare al diavolo tutto e riprendere in mano la sua vita , cambiarla, tornare ad essere un ragazzo normale. Non uno che deve prendersi cura di un intero quartiere.
"Davvero, Chico, non sarei dovuta uscire da sola."
"Questo è sicuro. Ma lui non doveva andarsene."
Hache è fatto così. Non lo fa per cattiveria, semplicemente ha dalla nascita uno spirito ribelle che oramai è diventato impossibile gestire. Una totale avversione per ordini e autorità, soprattutto la sua.
Manuela infila le mani nelle tasche della giacchetta di jeans. Sa che girare per La Colina da sola è pericoloso, come sa che non sarebbe dovuta uscire, ma non aveva voglia di starsene in casa da sola, senza altro da fare che guardare la televisione se non riesci a dormire. Non ha pensato che avrebbe messo nei guai Hache perché non prevedeva di avvicinarsi al bar, ma poi ha visto in giro alcuni uomini di Salmon e si è spaventata, e Chico è diventato una scelta obbligata. Non le va che i suoi fratelli litighino per colpa sua.
"Non succederà più, te lo prometto."
Lui sospira, perché sa che è una bugia, che presto o tardi si ritroverà di nuovo a camminare con Manuela per le strade del quartiere a notte inoltrata, mentre quell'idiota del fratello è chissà dove impegnato a sfuggire alle proprie responsabilità. Ma non dice niente e lascia che dalla bocca gli esca aria al posto di parole che non avrebbero alcun peso e che sua sorella non si merita.
Ha un sacco di pressione sulle spalle: El Cruce, la pace a La Colina, la sua famiglia. Chico ce la mette tutta, ma a volte qualcosa sfugge al suo controllo.
Come Hache.

***

È quasi l'alba quando rientra a casa. Richiude la porta alle sue spalle cercando di fare meno rumore possibile, per non svegliare nessuno. L'ultima cosa che vuole è lo sguardo di sua madre addosso, deluso e contrariato, mentre senza parlare gli fa capire quanto sia stato un figlio di cui non ci si può fidare. Un figlio non all'altezza dell'altro.
Ma quando si volta e si ritrova davanti Chico, seduto su quella poltroncina bassa con la fodera consumata, capisce che è del tutto inutile sperare di passare inosservato.
E forse lui è peggio di Carmenza, perché suo fratello è giovane e sa cosa vuol dire mettere da parte tutto ciò che si è in favore di una guerra che non si vorrebbe nemmeno combattere. Anche se Chico sembra nato con il gene del comando.
"Dove sei stato?"
La voce è bassa, gli entra in testa e lo fa infuriare in un secondo.
"Fuori" risponde, ed è tutto ciò che sceglie di dire.
Perché non avrebbe senso spiegargli che era in giro per La Colina, insieme a Bitbox, a fare tutto e niente, per l'intera notte. Chico direbbe che è stato stupido uscire così, che avrebbero potuto mettersi nei guai. E che, soprattutto, lui glielo aveva vietato.
"Sai che Manuela è venuta al bar?"
Hache sussulta appena, ma è bravo a nascondere subito il suo stupore. Aveva messo la sorella a letto, raccomandandole di non uscire; ma in fondo avrebbe dovuto aspettarselo, Manuela ha preso da lui in quanto a testardaggine.
"Avresti dovuto essere con lei."
Vorrebbe dirgli che lo sa, che ha sbagliato ad uscire e lasciare la sorella da sola, ma significherebbe ammettere le proprie colpe e lui è troppo orgoglioso per farlo. Allora continua a guardare Chico negli occhi, sfidandolo ad andargli contro, a dargli una ragione per combattere una battaglia che entrambi sanno già di aver perso in partenza. Hache è una testa calda e in Chico trova il suo opposto, e questo lo fa imbestialire.
"Te lo chiedo ancora una volta" dice il maggiore, e Hache drizza le spalle, pronto allo scontro. "Dove sei stato?"
"Non sono affari tuoi" sibila l'altro.
È in quel momento che Chico perde la pazienza. Hache lo capisce dalla luce che attraversa suoi occhi, dal modo in cui il volto si indurisce e le mani si stringono a pugno.
"Sai cosa, Hache?" replica il più grande a denti stretti. "Sono affari miei. Lo sono quando disubbidisci a un ordine preciso, uscendo anche se ti era stato detto di non farlo. Lo sono quando lasci nostra sorella in casa da sola. Lo sono quando ti dico di fare una cosa e non la fai."
"Tu non mi dici cosa devo fare."
Hache compie qualche passo in avanti, verso Chico. Sono quasi viso a viso adesso, la rabbia di suo fratello entra in collisione con la sua e rende l'atmosfera ancora più pesante.
"Sarai anche il maggiore, qua dentro, e tutti i tuoi seguaci ti vengono dietro assecondando ogni tuo volere, ma con me non funziona. Non sei il mio capo. Non prendo ordini da nessuno. Io non sono così."
"No, tu sei un idiota."
Le parole colpiscono Hache dritto al petto con la forza di un fulmine, lasciandolo senza fiato per una manciata di secondi. Non ne è sorpreso, questo no, ma sentire un commento del genere uscire dalla bocca di suo fratello fa sempre un certo effetto, non importa quante volte sia già successo. Lo fa infuriare, la mente che si annebbia e il controllo che improvvisamente viene a mancare; è a tanto così dal togliersi la giacca, segno distintivo di El Cruce, e lanciarla in faccia a Chico, ripudiare tutto ciò che è stato, tutti i suoi insegnamenti. Tutta la sua vita.
"Va' al diavolo" esclama, un'ultima occhiata torva prima di uscire di casa a passo spedito.
La porta sbatte facendo tremare i vetri delle finestre e Chico si passa una mano sul volto, avvilito. Sentiva che sarebbe andata a finire in quel modo, lo aveva capito non appena Hache lo aveva guardato con quello sguardo in cui la colpevolezza aveva lasciato subito posto alla consueta spavalderia, anche se questa volta si era illuso di poter cambiare le cose. Che l'aver messo nuovamente in pericolo Manuela avrebbe fatto ravvedere suo fratello. Si sbagliava, ovviamente.
Una figura appare alle sue spalle e Chico si volta verso di lei. Sua madre rimane a guardarlo, i capelli arruffati e le mani che scorrono sulle braccia cercando di trattenere almeno un frammento del calore delle lenzuola.
"Mi dispiace averti svegliata, mamma."
Carmenza sorride, gli da un buffetto sulla guancia come faceva quando era bambino.
"Non ti preoccupare" gli dice. "Ogni tanto tuo fratello ha bisogno di una bella strigliata."
Chico vorrebbe poter credere che questo basti, con Hache, ma l'esperienza gli ha insegnato che non è così. È sempre più difficile stargli dietro. Prima o poi si metterà in guai davvero troppo grossi, e nemmeno lui sarà in grado di salvarlo.

***

Hache vorrebbe rimangiarsi quello che ha detto ma non lo fa, e il tempo passa e poi combina un'altra stupidaggine e Chico gli muore tra le braccia. E allora è troppo tardi. Per tutto.

***

Non torna a casa dal funerale di Chico. Da quando è rimasto a guardare mentre calavano nella fossa la bara con dentro suo fratello, sapendo che la colpa è solo sua. Sua e di quella sua boccaccia larga che raramente è collegata al cervello. Non ce la fa a tornare, e vorrebbe dirlo anche a Carmenza quando gli blocca la strada per non permettergli di scappare un'altra volta, vorrebbe dirle che tutto gli ricorda Chico ed è più facile continuare a muoversi e non pensare. Ma è da sua madre che ha preso la testardaggine, sa bene che non lo lascerà in pace finché lui non deciderà di accontentarla. "Manuela ha bisogno di te" gli ha detto, e il dolore si è fatto ancora un po' più forte.
Sua sorella ha bisogno di lui, ma Hache non ha idea di come aiutarla. Gli è bastato guardarla negli occhi, quegli occhi così scuri e profondi e segnati da pianti interminabili, per leggerci dentro tanta sofferenza, lo strazio che condivide con lei e che lo fa sentire colpevole. Anche adesso, seduto in fondo al letto della ragazzina, una mano posata sulla caviglia, Hache non sa cosa fare se non rimanere in silenzio cercando la forza per distogliere lo sguardo dal pavimento e posarlo su di lei, per vederla piangere ancora e trovare qualcosa da dirle.
È Manuela a precederlo, perché sente che è giusto così, che sta a lei fare il primo passo poiché conosce bene suo fratello e sa che per lui non è facile esprimere i propri sentimenti; si mette a sedere e si avvicina a lui, afferra quella mano che fino a poco prima tentava di consolarla con un semplice contatto e la stringe, con forza. Hache finalmente solleva la testa, la guarda, e per l'attimo in cui lui si irrigidisce teme che stia per fuggire.
"È tutta colpa mia" sussurra invece, mentre braccia solide la circondano. Lei si lascia abbracciare, posa la testa sulla sua spalla e lo ascolta piangere, per la prima volta da quando hanno ucciso Chico, lo sente tremare, scosso da singhiozzi continui, quasi non riuscisse più a smettere ora che è riuscito ad iniziare.
"Mi dispiace" è ripetuto come un mantra, il fiato caldo tra i suoi capelli, la bocca che si muove premuta contro la tempia.
È così diverso da come lo conoscono tutti, la maschera da duro che indossa ogni mattina con lei non regge ed è strano piangere così, insieme, ma non ha una grande importanza. Hache è tornato a essere quello che era tempo prima, quel ragazzino cocciuto e indomabile dal cuore grande e un lato tenero che mostrava solo a lei e alla madre; è questo che lei difende ogni volta , anche quando Chico si arrabbiava, perché è questo suo fratello e lei gli vuole un bene immenso.
Non è colpa tua, vorrebbe dirgli Manuela, ma le parole non escono e allora si limita a stargli vicino come può, condividendo il dolore, cercando di alleviarlo restando uniti.


Note: Storia partecipante al contest "Brother, my brother", indetto da Elettra.C sul forum di Efp
   
 
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