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Autore: Lost In Donbass    08/06/2019    1 recensioni
Questa è la storia di Oliver. Oliver, che è depresso, che si taglia, che non sa come fare a salvarsi da sè stesso, che piange ma che prova a non arrendersi.
E' la storia di Denis, troppo bello per il suo stesso bene, che ama con tutta la forza del suo passionale cuore ucraino.
E' la storia di due ragazzi che si incontrano nella triste Liverpool, due anime perse che hanno smesso di credere e di sperare. E' la storia del loro amore tormentato, forse patetico, forse ridicolo, forse volgare.
Ma è anche la storia di Jenna, di Kellin, di James e di tutti i loro strani amici.
E' la storia di come Denis tenterà di salvare Oliver da sè stesso e di come Oliver darà del filo da torcere a tutti.
E' la storia dell'estate prima del college.
E' la storia di un gruppo di ragazzi disperati che non credono nel lieto fine.
E' una storia banale, è una storia d'amore.
E' la storia di Denis e Oliver, che si amano come solo due adolescenti possono amarsi.
E' la storia di questo amore che sarà la loro fine.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO SEI:  I’M YOUR ONLY ONE (ARE YOU SURE?)

You are my god, you are my soul
You’re my saviour, in a devil’s world
And I can’t exist without you
[In This Moment – Bones]
 
Victor Fernandez De La Mora non poteva esattamente considerarsi un adone, ma era sicuramente un uomo affascinante, con la pelle olivastra, i calcati tratti latino americani, i lunghi capelli bruni e i profondi e derisori occhi color nocciola. Piccolo e minuto, aveva un sarcasmo salace e una malizia vagamente perfida. Da molti era odiato, da altrettanti era amato. Ma soprattutto, era disperatamente idolatrato da Kellin che aveva trovato nel suo ex professore di spagnolo l’uomo della sua vita.
Proprio in quel momento erano sdraiati nel letto della casa di Victor, ancora semi nudi, nella penombra pomeridiana, fumo nell’aria e una bottiglia di succo di mela posata sul comodino. Kellin giocava distrattamente con il crocefisso d’oro appeso al collo di Victor, l’oro luccicante sulla pelle abbronzata. Era appagato, felice e un poco stanco, come ogni volta che finivano un amplesso. Ma era più di sesso tra loro, il ragazzo se lo sentiva dentro. Era un amore tenero che doveva ancora sbocciare del tutto, era il rapporto di due giovani che nonostante i vent’anni di differenza avrebbe perfettamente potuto essere la storia di una vita. Da qualche parte, Kellin lo desiderava follemente perché dio solo sapeva quanto avesse bisogno di qualcuno al suo fianco. Kellin era quel tipo di persona che non poteva reggere lo stare da soli, che voleva avere un uomo che lo trattasse come una principessa, che lo desiderasse e lo riverisse. Non era capace di affrontare il mondo senza nessuno ed era pronto a darsi al primo che gli avesse ispirato abbastanza fiducia. Ma il prof di spagnolo, che dall’anno scorso era entrato prepotentemente nella sua vita, prima scolastica e poi personale, gli aveva aperto un mondo. Avevano iniziato che lui andava ancora a scuola ma ora che era pronto per il college si sentiva libero di poter tirare fuori la loro relazione alla luce del sole. Voleva la sua storia perfetta, voleva tenerlo per mano per strada, voleva che lo portasse con sé in Messico, nella terra dei suoi padri, a scottarsi la pelle e mangiare tacos bollenti sotto il sole del meriggio. Anche in quel momento, in quel monolocale nel centro di Liverpool pensava a come sarebbe stato andare in Messico, mentre si faceva accarezzare i capelli e massaggiare le spalle
-A cosa pensi, querido?
La voce acuta di Vic ruppe il silenzio calato nella stanza.
-A tutto e a niente.- miagolò Kellin, baciandogli la guancia – Quando mi porterai in Messico?
Vic rise appena, e scosse la testa, baciando la fronte pallida del ragazzo
-Devo lavorare, Kells. Ma poi un giorno ci andrai, te lo prometto.
Non disse “ci andremo”, ma quello Kellin non lo registrò, troppo trasognato dal profumo di colonia di Vic e dalle sue labbra morbide che gli disseminavano baci sul viso. Gli pareva che nulla potesse andare male nella sua vita con quell’uomo al suo fianco. Una storia d’amore perfetta come un romanzo di Remarque, come una poesia dell’Achmatova, la storia che l’avrebbe finalmente salvato da sé stesso, che l’avrebbe portato lontano dalla stagnante Liverpool, lontano dal suo canale, dai suoi amici disperati, dalle torte al pistacchio della sala da the. Lontano semplicemente da tutto, per ricostruirsi un’adolescenza nuova, una nuova identità, un nuovo essere. Si era stufato di essere Kellin Hills, il ragazzo con la voce da donna troppo curioso e sempre scartato da tutti. No, lui voleva diventare Kellin Fernandez, vivere al fianco dell’affascinante professore di spagnolo, andare in America ed essere riverito da tutti. Punto e basta. Avrebbe abbandonato qualunque cosa per avere una storia come quelle delle principesse.
-Dici che possiamo uscire? Magari fare una passeggiata.- chiese, mettendosi a sedere e tentando di darsi una pettinata ai capelli corvini.
-Claro, mi amor.- Vic saltò giù dal letto e cominciò a vestirsi, e Kellin non poté fare a meno di pensare quanto stesse bene con la camicia bianca che metteva in evidenza la pelle scura.
Gli piacevano i colori di Victor, gli piacevano i tratti ispanici, gli piaceva il suo accento spagnolo, il suo modo di sorridere con gli occhi, la sua fermezza e contemporaneamente la sua focosità. Era così convinto di aver trovato l’uomo perfetto per lui.
Si vestirono in silenzio, lanciandosi ogni tanto delle occhiate affettuose e Kellin si chiese cosa lo frenasse dal raccontare ai suoi amici della sua relazione. Di cosa aveva paura? Della reazione di un depresso, di un disperato e di una malata terminale? Di quello che avrebbero potuto pensare? Erano i suoi migliori amici, dannazione. E forse era proprio quello il problema: non avrebbe retto un loro rifiuto. Non ce la poteva fare, senza gli altri tre lui non era più niente. Ma non sarebbe stato niente anche se Vic se ne fosse andato. Kellin non poteva rimanere da solo, perché chi era quando rimaneva senza nessuno? Niente. Un perfetto, bellissimo, dolcissimo niente. Non esisteva, senza una spalla su cui piangere, non era in grado di lottare, di farsi valere. Si lasciava trascinare dalla marea e aspettava che qualcuno lo salvasse. Se se ne fossero andati, lui sarebbe affogato e non sarebbe stato in grado di fare nemmeno un piccolo sforzo per mantenersi a galla.
Uscirono, nel pallido pomeriggio inglese, sotto le nuvole che si rincorrevano nel cielo grigio e Kellin pensò a quando sarebbe sbarcato in Messico, sotto nuovi cirri e nuovi soli. Immaginava distese celesti illuminate da un disco dorato che scottava la pelle della gente e la sabbia del deserto, immaginava notti stellate così immense da far sentire male, immaginava un mondo completamente diverso dalla sua realtà. Avrebbe tanto voluto ustionarsi sotto il sole messicano, sentire la sabbia rossa tra le dita, parlare spagnolo con la gente, correre per le strade assolate di Santa Rosalia, mano nella mano con Victor.
-Ti manca il Messico, Vic?- chiese, esitando a prenderlo per mano.
L’uomo si strinse nelle spalle ma gli sorrise, con quel suo sorriso splendente che avrebbe accecato.
-Da un certo punto di vista sì. Santa Rosalia è un bel posto, Kells. Mi mancano i suoi viali fioriti, le sue spiagge dorate, il suo mare cristallino. Mi manca la mia gente, mi manca il vento caldo e le case basse e bianche. Ti piacerebbe tanto, Santa Rosalia. Il mare d’inverno è del colore dei tuoi occhi.
Kellin arrossì e sorrise, nascondendosi dietro il ciuffo di capelli. Sperava di poter sbarcare in Messico il prima possibile, di poter finalmente vedere il mare della Baja California, mano nella mano con Victor. Voleva volare, il giovane Kellin, voleva scappare, voleva fuggire in America per non dover più tornare indietro. E l’avrebbe fatto con l’uomo che amava, a tutti i costi.
-Ci andremo, e faremo insieme il bagno nell’oceano.- Kellin sfarfallò le lunghe ciglia – E’ estate, adesso. Non possiamo fuggire?
Victor rise e gli passò un braccio attorno alle spalle, baciandogli la tempia e facendo arrossire selvaggiamente il ragazzo.
-Sogni troppo, querido. Devo ancora lavorare e tu devi prepararti per il college.
-Io sognerò troppo, ma tu sei oltremodo vecchio.- lo rimproverò Kellin, dandogli una spinta affettuosa – Non ti ispira una fuga d’amore?
Vic non disse niente, si limitò a scuotere i lunghi capelli scuri e a fare un mezzo sorrisetto derisorio. Ma Kellin non se ne accorse, come d’altronde non si accorgeva mai del sarcasmo e della malizia a stento dissimulata nei sorrisi e negli sguardi del giovane professore di spagnolo. Ci credeva, Kellin. Ci credeva ciecamente nell’amore di Victor nei suoi confronti, ci credeva che sarebbero scappati in Messico, ci credeva che si sarebbero sposati e avrebbero vissuto tutta la loro vita fianco a fianco. Ci credeva, ma non si rendeva conto di starsi terribilmente illudendo.
-Dove vuoi andare, mi amor? Al pub?
Kellin annuì e si avviarono verso il vecchio pub, quando una voce che ben conoscevano non li distrasse.
-Hey, Kells!
Il ragazzo si girò solo per rendersi conto con disperazione di aver davanti James col passeggino e la sua sorellina dentro che lo fissava con curiosità.
I due ragazzi si guardarono per un attimo pieni di imbarazzo, e mentre Kellin cercava di articolare qualcosa, James si voltò verso il loro ex professore.
-Ah … oh, buongiorno mr. Fernandez.- borbottò il biondo, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
-Ciao, James. È tanto che non ci vediamo, come stai?- rispose tranquillo Vic, sorridendogli.
-Bene, grazie.- James continuava a lanciare occhiate dubbiose a Kellin, mentre tormentava i manici del passegino con la piccola, bionda, Hannah dentro. – Io …
Vic sorrise e guardò con aria di sufficienza i suoi due ex alunni, prima di scostarsi i capelli dal viso con un movimento del capo e indicare il pub
-Kellin, ti aspetto dentro. Vi lascio due minuti.
E si voltò, lasciando i due ragazzi e la piccola Hannah da soli a fronteggiarsi. Fu proprio in quel momento che Kellin avrebbe voluto sprofondare, esattamente quando sentì lo sguardo terribilmente azzurro di James fisso addosso
-Kells, che cazzo sta succedendo.- sbottò infatti il ragazzo, spalancando gli occhi – Cosa ci fai in atteggiamenti dubbi con mr. Fernandez?
Kellin arrossì e si tormentò l’orlo della maglietta. E adesso come spiegava all’amico di una vita che aveva una relazione segreta col prof di spagnolo?
-Jimmy, posso spiegare, io …
-Te la fai col prof?!- James spalancò gli occhi, afferrandolo per le spalle – Dimmi di no, Kellin, ti prego …
-No! Cioè sì! Cioè … no, Jimmy, ti prego non ti arrabbiare, io non sapevo come dirvelo, non …
James lo mollò e lo fissò trasecolato, e Kellin avrebbe voluto sprofondare dieci metri sotto terra.
-Stai scherzando, vero? Perché diavolo non ce l’hai detto? Kellin, ma sei impazzito?!
-Oh gesù, James, non mi sembra adesso il momento più adatto per farmi la predica. Senti … io … - Kellin non sapeva bene cosa dire, o come comportarsi in quel frangente.
-Non dire niente.- James gli lanciò un’occhiataccia – Ne parliamo stasera, insieme agli altri.
-Non vorrai dirlo anche a Jenna e a Oli!
-Certo che glielo dico! Riunione ufficiale del gruppo, Hills, e non te la scampi.- James scosse la testa, e per un attimo a Kellin sembrò deluso, molto deluso. Sperò con tutto il cuore che non fosse così.
Lo guardò voltarsi, col passeggino e fece per richiamarlo indietro. Per dirgli cosa, non lo sapeva. Forse scusa, forse dove vai. Forse parliamone, forse accetta la mia felicità. Ma non lo fece. Lo guardò incamminarsi con Hannah verso la curva della strada, lasciandolo da solo, in mezzo alla via, con un terrore crescente negli occhi acquamarina.
  
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