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Autore: Schmetterlinge    09/06/2019    1 recensioni
Il Master le si affianca, fissandola [dritta] in quei profondi occhi color cobalto.
“Non voglio che tu ti faccia male, Juvia.”
La ragazza lo guarda, in attesa che finisca.
“Ma ti autorizzo a scatenarti come poche volte nella tua vita, siamo intesi?”
Lo scruta, incerta di aver afferrato pienamente il significato di quelle parole.
“Ti do dieci secondi per terminare l’incontro, d’accordo?”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lluvia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Juvia appoggia delicatamente la mano [pallida] contro il [pesante] portone di fronte a sé.

 

Osserva le proprie dita premere contro la dura superficie legnosa; le scruta spingere senza [tuttavia] riuscire a creare alcuno spostamento.

 

Percepisce lo sguardo fermo di Gray alle proprie spalle; ne sente il respiro pesante.

 

Inspira ed espira, [incerta].

 

Abbassa di poco le spalle, rendendosi conto solo in quel momento di quanto sia tesa.

 

Inspira ed espira, trattenendo di colpo il fiato nel percepire la mano di lui prenderla per un fianco.

 

“Andrà bene.

 

Sono qui con te.”

 

Lo guarda dolce, riconoscente.

 

Sorride, spalancando l’immenso portone; inizia a varcare la soglia, guardandosi attorno, spaesata.

 

Fa per parlare quando si sente travolgere dalle braccia di Lucy e Wendy; la stringono a sé talmente forte da sentirsi quasi soffocare.

 

Vorrebbe dire qualcosa ma la voce le muore dentro non appena percepisce Natsu e Gajeel circondarle il collo, attirandola a loro.

 

Ridono, coccolandola con affetto, soprattutto l’anima delle feste, il ragazzino dal carattere solare, dallo spirito indomito.

 

Natsu le sorride [ride] felice di riaverla con loro, mostrandole tutta la sua contentezza.

 

“Sei un portento Juvia.”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

“Ti andrebbe un incontro amichevole?”

 

La Water Maker scoppia [letteralmente] a ridere nel vedere i propri amici cercare di soffocare il compagno di Gilda.

 

 

 

 

 

Quel ragazzo era irrecuperabile.

Sempre voglioso di combattere,

di misurarsi con gli altri.

 

 

 

 

 

“Non hai paura che ti affoghi?”

 

L’amico la scruta con aria di sfida, sogghignando.

 

“Vedremo.”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

Torna seria, anche se per poco.

 

“Non hai paura di me, Natsu?”

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

“Non potrei mai averne, Juvia.

 

Nessuno di noi potrebbe.”

 

 

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

“Sei mia amica, non dimenticarlo mai.”

 

 

 

 

Lo sente, lo percepisce.

 

 

 

 

 

Tutto il loro affetto, 

il loro calore umano.

 

 

 

 

 

 

Levy le si avvicina, con le lacrime agli occhi, una mano sul viso, intenta a sfregarsi gli occhi.

 

“Fatti abbracciare, stupida.”

 

Cana solleva il calice verso l’alto, in segno di trionfo, facendole l’occhiolino.

 

Laxus la osserva, un sorriso [appena] accennato sulle labbra, sguardo fermo, compiaciuto.

 

Mira le viene incontro, passo dopo passo, posandole una mano sulla testolina folta.

 

Inizia ad accarezzarla, un movimento leggero, lento, cadenzato.

 

Il Master osserva la scena da lontano, in disparte ed in totale silenzio, con aria serena.

 

Le parole si mischiano, si confondono tra loro.

 

Le voci si sovrappongono una all’altra.

 

Alcune più squillanti, altre più pacate, alcune stridule altre invece profonde.

 

Finalmente era a casa, era a casa in tutti i sensi.

 

Gray la osservava da dietro, appoggiato al muro.

 

La guardava mentre era intenta a parlare e a ridere con i propri compagni.

 

La scrutava e pensava.

 

Pensava a quanto, quella ragazza, fosse entrata a far parte delle loro vite in maniera così predominante.

 

Nel farlo non era stata per nulla plateale, a differenza di Laxus e Gajeel ad esempio, ma al  contrario si era unita a loro quasi in punta di piedi.

 

Eppure, nonostante i suoi silenzi, la sua riservatezza [a parte quando si trattava di lui] aveva finito col diventare uno degli elementi chiave di quella grande famiglia.

 

Con la sua dolcezza, la sua grinta aveva [poco a poco] sfondato le pareti altrui, conquistando tutti, senza tuttavia lasciare che gli altri si avvicinassero alle proprie.

 

Una forma di difesa contro quel lato oscuro col quale aveva convissuto fin da piccolissima e di cui aveva sempre avuto paura.

 

Una parte di se stessa che aveva imparato, col tempo, a controllare ma di cui continuava a non fidarsi.

 

Una parte di se stessa che l’aveva sempre fatta sentire sbagliata.

 

Ripensandoci, la sua storia non era poi molto diversa da quella di Mira.

 

Solo nelle ultime settimane si era davvero reso conto di quanto fosse matura, di quanto fingesse nel mostrarsi sempre allegra e sorridente.

 

Di quanto stesse male e di quanto cercasse di nasconderlo, mettendo sempre al primo posto gli altri.

 

 

 

[Questo era Juvia]

 

 

 

La guardava e pensava.

 

Era stata sua nemica.

 

Poi alleata.

 

Ed infine

 

La guardava e pensava.

 

 

 

 

 

 

Ed infine?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Juvia fissava, nel cuore della notte, il soffitto della propria stanza.

 

Una mano sulla fronte, l’altra lungo la vita, la testa affondata nel cuscino.

 

Percepiva il proprio respiro [inquieto] riecheggiare nella stanza.

 

Si alza, incapace di riposare, accostandosi alla finestra lì vicino.

 

Sospira, mordicchiandosi le labbra.

 

Reclina la testa, abbandonandosi contro il vetro opaco.

 

Fuori pioveva, il cielo era grigio, cupo, triste.

 

Proprio come lei.

 

Si porta una mano all’altezza del cuore.

 

Prende un paio di respiri profondi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Polushka la guarda dritta negli occhi.

“Non sto scherzando Juvia.”

 

 

 

 

 

 

 

 

La carnagione pallida [troppo pallida] risalta di fronte alla luce soffusa proveniente dalla finestra lì vicino.

 

 

 

 

 

 

La Water maker si appoggia allo sgabello lì accanto.

“Lo so.”

Sospira, incupendosi.

“Nessuno deve sapere, nemmeno il Master.

La responsabilità è solo mia."

 

 

 

 

 

 

 

Gli occhi sono un poco arrossati, [umidi] le labbra secche, il respiro veloce, la fronte imperniata di [piccole] goccioline di sudore.

 

 

 

 

“Gli effetti collaterali sono incontrollabili, possibile che non te ne renda conto?”

 

 

 

 

Respira ed inspira, cercando di calmare i battiti del proprio cuore.

 

 

 

 

 

 

 

“Ti sta uccidendo, Juvia.”

La turchese arresta il proprio passo, fermandosi di fronte al portone dell’infermeria.

Ti sta divorando, giorno dopo giorno.

E’ davvero questo quello che vuoi?”

 

 

 

 

 

 

 

Ricaccia un leggero singhiozzo, senza mai distogliere il proprio sguardo dall’orizzonte di fronte ai propri occhi.

 

 

 

 

 

 

 

La responsabilità è solo mia.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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