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Autore: reggina    09/06/2019    3 recensioni
Non è tutto oro quello che luccica. All’apparenza i Ross vivono una vita da sogno ma, sotto la superficie perfetta, in realtà non c’è dialogo ma solo incomprensioni e muto rancore.
Nell’arco di un pomeriggio tutto si sgretola. Julian e la sua famiglia si ritroveranno con una realtà tutta da reinventare.
Alla paura iniziale si sostituirà, poco alla volta, la meraviglia di ritrovare dentro di sé le risorse per fare il mestiere più difficile del mondo: il genitore.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È il copione di tutte le sere: ad accoglierlo una cucina asettica con del cibo già pronto da riscaldare e ambienti vuoti e silenziosi.

Tuttavia, sulla strada del ritorno, Julian ha accelerato il passo lasciandosi guidare dalla luce della luna piena proiettata sui muri, ha divorato le distanze con una certa impazienza.

Si sente uno zombie mentre si asciuga il sudore umido dal volto per poi schiantarsi sul divano, con la testa ritratta in un angolo innaturale tra il braccio e il cuscino.

Accende la tv per avere un po' di compagnia e per disfarsi di quei brutti pensieri che gli sono restati appiccicati addosso come catrame nero.

Tutto è scombussolato, danneggiato. Sottosopra .

Mette il volume a zero e, anche se non ha per nulla fame, afferra un panino lasciando che milioni di briciole si disperdano sul tessuto rosso del tappeto.

È come un animaletto cieco rintanato in un cunicolo, nel suo piccolo angolo di mondo.


Andy è la prima a rientrare.

Cammina con il suo inconfondibile stile ordinato e silenzioso, porta con grazia uno dei suoi tailleur da avvocato di grido: longuette, giacca stretta in vita, camicetta e tacchi alti.

Julian si tira a sedere e la osserva. Sua madre è più bella di quanto l’abbia mai vista!

Non è più quell’adolescente mai cresciuta nel suo cappotto arancione come il mango e violento come il sole d’estate.

Non è più la ragazza curiosa che, dopo il parto, aveva giocato a fare un po' la mamma ma si era stancata presto.

È cresciuta, si è costruita una carriera.

Ora è una donna tutta tailleur, fede al dito e figlio sempre reperibile via sms .

Julian non parla però la guarda dritto negli occhi, in un affondo che la scava dentro e la mette a disagio.

Gli occhi di suo figlio sono veri, ricchi di significato, e lei quasi non riesce a sostenerli.

“Stai bene?”

Andy ci prova a gettargli quelle due parole al collo, come un abbraccio ma non le pronuncia mai a cuore aperto e spesso non presta attenzione nemmeno alla risposta.

Julian potrebbe replicare in mille modi ma qualsiasi risposta è posticipata dal sopraggiungere di Gregory.


L’uomo, con l’andatura lenta e carica di stanchezza, ha più o meno le sembianze di un lombrico mentre appoggia la sua borsa in pelle marrone sul piano in cotto della cucina.

Nemmeno la sua giornata è stata un granché .

Julian però sa di non poter rimandare.

Si tira bruscamente in piedi e i resti del panino si sbriciolano nella boscaglia di fibre sintetiche.


Rapido come un lampo, si avvicina al tavolino in vetro curvato, dal design leggero e raffinato. Sopra ci sono libri sfusi e le cornici con le foto di loro tre.

Senza dire una parola, mette sotto il naso del padre il plico con il logo del reparto di cardiologia con la stessa indifferenza con cui gli allungherebbe la pagella di scuola.

Gregory è costretto a leggere due volte prima di prendere coscienza che il loro mondo sta cambiando, esplodendo proprio in questo preciso momento.

“Cosa ti è successo?”

La tensione ha un effetto quasi ipnotico ma l’aria che, all’improvviso, si fa fredda e tagliente serve a spezzare l’incantesimo.

“Oggi durante l’allenamento ho avuto un malore!”

La voce di Julian non ha nessuna inflessione particolare, è piatta e priva di emozione.

Per qualche secondo padre e figlio si fronteggiano dinnanzi allo schermo muto del televisore che proietta immagini di repertorio.

In realtà Julian ha disperatamente bisogno del suo papà. Di un passo verso di lui, di un abbraccio che lo consoli nella loro storia spezzata. Invece il Dottor Ross svicola nella direzione opposta allontanandosi e, con calma apparente, digita con sicurezza un numero sul cordless.

Mentre attende di prendere la linea assume un’aria seria e si poggia con le spalle al muro per avere una visione d’insieme: osserva suo figlio con un interesse che nasconde un’ombra d’orrore.


Tocca ad Andy il tentativo maldestro di tranquillizzare Julian ricorrendo ai suoi modi da mamma impacciata.

Intanto, al lato opposto della stanza, Gregory parla a voce molto bassa: la conversazione con il Dottor Johnson sembra concitata e un po' controversa.

Julian si rilassa al tocco calmo di sua madre. È felice che ci sia lei ad accarezzargli la nuca.

Il tailleur la fa apparire forte ed energica e il ragazzo desidera soltanto abbandonarsi tra le sue braccia e cederle il controllo della situazione.

Basta lo sguardo che suo padre getta nella loro direzione perché tutto vada a rotoli.

Gregory è pallido, impensierito e nervoso.

Ora sa che non c’è possibilità di scelta.

Come quindici anni fa quando quel figlio arrivato all’improvviso gli ha scombinato tutti i piani.

Una virgola sulla prima ecografia, un corpo estraneo, un limite all’opportunità di fare le cose per bene.

Julian.

Ha accettato la responsabilità di fargli da padre.

Per lui è diventato una delle tante cravatte nel mondo .


Chiusa la telefonata, per Julian è una situazione nuova e un disagio ritrovarsi al centro dell’attenzione.

È un sollievo quando i genitori lo spediscono a letto rimandando qualsiasi confronto.

“Vedrai che una bella notte di sonno ti farà bene!”

È la buonanotte frettolosa e il consiglio di sui padre e lui obbedisce volendo illudersi di poter recuperare le forze a proprio piacimento.

Andy e Gregory, finalmente soli, possono permettersi che le loro armature piene di crepe si distruggano completamente.

Si lasciano cadere sul pavimento, stretti uno all’altra come due naufraghi impauriti alla ricerca di una zattera che possa salvarli. Nel silenzio del loro dolore è la voce di lei che risuona perentoria.

“Andiamo a fumarci una sigaretta?”

È una via di fuga temporanea, che li salverà soltanto per qualche minuto ma suo marito accetta senza esitazioni.

“Ma sì, proviamoci! Anche se credo che oggi una sigaretta e qualche lacrima non basteranno a spazzar via tutto quello che ci è piombato addosso!”

   
 
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