SE
NON TI PIACE QUESTA STORIA HAI LA MAMMA GALRA
Ecco,
sento di dover spendere due parole
sul titolo della storia. Io autrice non penso certamente questo di chi
si
appresterà a leggere la storia, ma è un titolo
nato per essere apparentemente
innocente quando invece nasconde una nota volutamente aggressiva.
Ovviamente
questa scelta ha attinenza con la storia stessa.
Questa
fanfic ha partecipato al contest
indetto dall'associazione culturale sui fandom per i fan Fanheart3 in occasione del
Fics-It, convention sulle fanfiction giunto alla sua seconda
edizione
(qui il sito --> https://www.fanheart3.com/ dateci
un'occhiata!).
Il
tema del contest si intitola #stayhuman
Dedico la fanfiction a Yoko Hogawa,
come ringraziamento per
la botta di autostima che mi ha regalato con le sue parole di
apprezzamento
verso questa storia.
***
Keith
non era nato con la
stoffa del leader.
Ne
aveva sempre avuto le
qualità ma il temperamento… beh, aveva avuto
bisogno di tempo per saperlo
controllare con successo. La vita lo aveva messo di fronte a prove ed
esperienze che gli erano servite per diventare la guida di cui il team
di
Voltron prima, e la nuova organizzazione della Lama di Marmora in
seguito,
avevano bisogno.
Il
ragazzo si era fatto giovane uomo e non si era mai risparmiato nei
dodici anni che sono seguiti al termine della guerra contro
l’oscuro dominio di
Zarkon, di suo figlio Lotor e della sua consorte Honerva. Non aveva mai
messo
in dubbio che la transizione verso la pace sarebbe stata difficile e
graduale,
ma ci aveva lavorato con gran fervore e, con lui, tutti i membri della
Lama e i
nuovi alleati che erano passati dalla sua parte. Persino il giorno in
cui, al
Kral Zera, Keith aveva posto fine, con parole degne di una guida
illuminata,
alla millenaria posizione di dominio dei Galra, era consapevole che
tutta la
sua gente, non soltanto i membri della Lama di Marmora, avrebbe dovuto
rimboccarsi
le maniche per essere membri attivi della neonata Coalizione
Intergalattica, e
collaborare fianco a fianco con le stesse popolazioni che aveva
assoggettato
con la violenza e il terrore fino a poco tempo prima.
Keith
sapeva che non sarebbe
stato un compito facile ma non avrebbe mai immaginato che la situazione
sarebbe
stata così complicata, anche a distanza di anni.
Poi
arrivavano giorni come quello, e il
desiderio di fermare tutto si
faceva davvero
impellente. Keith sperava di finire presto la giornata, in modo da
tornare
nella sua oasi di pace a Nuova Altea.
*** ***
Era
un vecchio cartone animato, disegnato con una tecnica digitale oramai
obsoleta, ambientato in un mondo antropomorfo in cui gli animali
vivevano come
cittadini del ventunesimo secolo in una grande metropoli. I compagni di
scuola
avevano snobbato la visione di un simile pezzo di antiquariato,
preferendo
prodotti più recenti e tecnologicamente accattivanti. Anche
il piccolo Lance, in generale,
preferiva storie d’azione(più
da PEW PEW per
intenderci)
ma
Zootropolis gli aveva preso il cuore. I protagonisti erano
accattivanti, la
lepre poliziotta era stata per lui un vero esempio di tenacia -
si era sentito coinvolto in prima persona nella situazione di Judy
Hoops
per via dei fratelli più grandi che, seppur senza malizia,
avevano candidamente
ammesso di non credere che lo scapestrato di casa sarebbe riuscito a
coronare
il suo sogno di diventare pilota spaziale: Lance era senza dubbio un
tipo
avventuroso, ma quanto a studio e disciplina era piuttosto deludente.
Inoltre la volpe del cartone animato
era davvero astuta
come le favole che gli
raccontava la sua abuelita: Lance
adorava
come Nick metteva in pratica la sua scaltrezza.
Poi gli anni erano passati e all’ex paladino non era
più
venuto in mente quel film.
Fino
a quella mattina.
Lance
Mc Clain, maestro presso Nuova
Altea per l’integrazione di tutti i Popoli della Coalizione
Spaziale e l’Intercultura,
aveva avuto ben poco tempo e desiderio di fare lezione. Era stato
impegnato a
consolare un piccolo Galra sconvolto e in lacrime e a togliere la
museruola che
ricopriva parte del suo “schifoso muso bestiale”,
così lo avevano apostrofato i
suoi compagni di scuola, prima di abbandonarlo nella stanza dove lo
avevano
attirato con l’inganno.
I placidi animali da preda
avevano fatto la stessa, identica cosa alla piccola, fiduciosa volpe
Nick.
Lance, compresa la gravità della
situazione, aveva cancellato la sua lezione e affidato a Merla e Coran
il
compito di avvisare i genitori degli allievi e sorvegliare il resto
della
classe–
e aveva udito chiaramente, tra le lamentele dei bambini per quella
notizia, l’accusa rivolta alla loro vittima di aver rovinato
il divertimento a
tutti. In quel momento l’ex paladino blu non aveva reagito ai
commenti: avrebbe
avuto il tempo per farlo in seguito, e si era dedicato alla questione
ben più
urgente ossia tranquillizzare il piccolo Galra.
Rimasti soli, aveva abbracciato e confortato a lungo il
bambino,
pentendosi delle poche volte in cui lo aveva chiamato
“Zannetta” per via
dei suoi canini effettivamente molto pronunciati. L’ex
paladino blu non aveva
certo avuto cattive intenzioni, il bambino stesso lo sapeva e ne aveva
riso in
passato, senza contare che Lance aveva dato soprannomi buffi anche ad
altri
suoi piccoli alunni, e aveva lasciato loro la stessa libertà
nei confronti del
maestro. Ma mentre aspettava che i genitori del piccolo venissero a
riportarlo
a casa non poteva fare a meno di chiedersi se i compagni non avessero
approfittato in qualche mondo di quella libertà per andare
oltre al lecito
consentito.
Quando i
genitori del bimbo Galra erano arrivati, Lance aveva spiegato loro la
situazione e aveva cercato di rassicurarli, ma quando li aveva visti
andar via
aveva potuto percepire ancora il turbamento e la rabbia malcelata
dietro alla
cortesia.
Dopo
essersi assicurato che tutti i
bambini fossero stati affidati alle rispettive famiglie, rimase a lungo
seduto,
con occhi chiusi e mano sulla fronte, a riflettere su cosa fare.
Nella sua esperienza di tìo
aveva avuto la sua bella dose di litigate tra nipoti in cui era
intervenuto a
far da paciere ma la situazione che si era presentata si era rivelata
più…
problematica.
“Giornata
dura anche per te?” chiese
Keith voce stanca. Lance riaprì gli occhi e
guardò il nuovo arrivato
intensamente. A quanto pare, anche il team
leader non se la passava bene. Si alzò e gli
andò incontro senza una
parola, un tenue sorriso di benvenuto ad accoglierlo. Gli prese le mani
e lo
spinse sulla comoda sedia che aveva occupato fino a qualche secondo
prima.
Ormai era solito farlo, e in effetti Keith aveva accettato quel
trattamento come se fosse stato un fatto del tutto naturale a cui era
abituato.
La leadership
di un’associazione complessa come quella delle Lame era ben
altra cosa rispetto
ad essere la testa di Voltron e
capitava che questa lasciasse Keith spossato mentalmente e, a volte,
anche
fisicamente. Lance lo sapeva e contribuiva ufficiosamente a mantenere
stabile
la sanità mentale del leader restando
disponibile ad ascoltarlo e a consigliarlo. Era
come se fosse
rimasto il suo braccio destro – oppure una moglie, aveva
maliziosamente
sussurrato Pidge quando se ne era resa conto la prima volta, ricevendo
occhiate
stralunate dal resto del team.
Diversamente
dalle altre volte, questa volta
Keith non lasciò la mano del cubano, anzi attirò
il giovane verso di sé.
“Non
sono l’unico che ha bisogno di un
po’ di tranquillità oggi.” Rispose
l’ex paladino allo sguardo stupito di Lance.
Lance
riassunse l’espressione stanca che
aveva abbandonato all’arrivo di Keith. Aveva ancora la sua
mano tra le dita del
leader quando recuperò la sedia accanto e si sedette vicino.
“Le
disavventure di un maestro di
campagna non sono niente rispetto ai problemi di un leader come
te” disse, ed
era sincero Lance nel dire queste parole. Probabilmente per
l’età che portava saggezza, o forse per le
esperienze di guerra passate,
Lance aveva abbandonato da tempo le sue sceneggiate da eroe spaccone,
cedendo
il posto alla modestia. Portava
avanti il messaggio della donna che aveva amato, un compito importante
in cui
metteva tutto se stesso, ma era davvero ben altra cosa rispetto ad
avere la responsabilità
di una società di ex guerrieri.
Keith
sospirò “Non vedo la differenza
tra il mio lavoro e il tuo. Io guido uomini e donne, tu gli uomini e le
donne
di domani”. Alzò il pugno “E se ti sento
definirti di nuovo maestro
di campagna ti colpirò, sei avvisato!”.
Lance
si lasciò scappare una risatina.
Amava quei momenti con Keith.
A volte glielo diceva pure.
“Coran
mi ha detto che un bambino Galra
è stato maltrattato da alcuni compagni”.
“Già.
Non è stata una litigata tra
bambini. C’era della premeditazione… la museruola,
l’attirare Izlaz lontano
dalla sorveglianza di noi
adulti. L’assenza di dispiacere, come se non si fossero resi
conto della
gravità delle loro azioni o …” si
interruppe. Keith attese ma Lance non volle
dare voce alla sua maggior preoccupazione. Lo fece il team
leader, impietosamente.
“O
peggio ancora, come se ne fossero
stati totalmente consapevoli”.
“Già.
E ovviamente non posso lasciar
correre. Ancora non so cosa dire ai bambini, ma deve essere chiaro che
certe
cose non le tollero!”.
“Sei
bravo con le parole, sono sicuro
che ti ascolteranno, come fanno sempre”
“Keith,
la situazione è più complessa.
Non è una semplice litigata tra bambini. Allura voleva la
pace tra i popoli e
quei bambini mi sono stati affidati! Se adesso si comportano
così, cosa
potrebbero fare da grandi? È una mia
responsabilità!”.
“Tua
ma anche dei genitori di quei
bambini. Non puoi riparare i torti dell’Universo da solo.
Tutti devono fare la
loro parte. E la tua la stai svolgendo egregiamente, se vuoi il mio
parere”.
“Dici
sul serio?”
Keith
lo guardò con una luce
diversa negli occhi, più sereni. “Ti stai
preoccupando per loro. Non solo per
la vittima, ma anche per i giovani carnefici. Quando ero bambino, i
miei
insegnanti non si sono mai preoccupati davvero di me. Solo Shiro lo ha
fatto. I
bambini sanno riconoscere se l’adulto davanti a loro li
considera davvero
importanti”.
Lance
sorrise un poco al
pensiero di Keith bambino (doveva avere un aspetto assolutamente
adorabile!).
“Cosa mi dici di
te? È successo qualcosa di
grave al quartier generale?”.
“Ti
dico una sola parola e vediamo se
indovini: Zethrid”.
“Oh
oh”
“Già.
Oh oh”
“Se dici Zethrid
dici rissa. Potrebbe diventare
un proverbio. Tipo chi dice donna dice danno”.
“Se
ti sente Pidge ti picchia”.
“Pazienza,
non sarebbe la prima volta
che le prendo da lei!”
“Comunque”
riprese il moro “fosse stata
una semplice rissa non sarebbe stato ancora un problema serio.
Purtroppo
stavolta ha minacciato un ragazzino di Nuova Olkarion”.
Lance
quasi saltò sulla sedia. “COSA!?
Ma è impazzita?!” strillò.
“Credo
di sì” sospirò l’altro e
iniziò a
raccontare quanto successo quella mattina.
***
*** ***
“Dimmi
che non l’hai fatto davvero,
Zethrid!” aveva esclamato Keith con tono esasperato, una
volta convocato la
diretta interessata nella sala grande della sede. Che Zethrid fosse una
testa
calda non era un mistero per nessuno. La
donna aveva fatto
fatica a passare da una vita da guerrafondaia a una più
pacifica eppure fino a
quel giorno la sua grettezza si era limitata a cercare la rissa con
persone del
suo calibro.
La
mezza Galra aveva risposto
con un mezzo grugnito e l’espressione di chi ha appena
ricevuto un rimprovero
immeritato.
“Zethrid,
hai DAVVERO appeso un
ragazzino di Nuova Olkarion a un albero minacciando di arrostirlo vivo?
Ma cosa
ti ha detto il cervello?!”
“Avrebbe
dovuto tenere a bada la lingua”
“No,
TU avresti dovuto tenere a bada le
mani! Sei TU l’adulta, fino a prova contraria!”.
Alzò la voce. Anche lui era
stato una testa calda in passato ma non ricordava di aver mai alzato le
mani su
gente più giovane di lui. Ricordava
di aver alzato la
voce contro Pidge in passato, ma le mani mai (e trattandosi di Pidge,
probabilmente sarebbe stata l’ultima azione della sua vita,
se si fosse
azzardato a farlo, o anche solo a pensarlo).
Dalla
discussione e dalle testimonianze
dei presenti, era emerso che durante una tranquilla missione su Nuova
Olkarion,
alcuni membri della Lama stavano operando poco distante da un gruppo di
ragazzini del luogo che giocavano piuttosto animatamente. Ad un certo
punto uno
dei bambini aveva esclamato qualcosa tipo “L’ultimo
che arriva al traguardo ha
la mamma Galra!” e
Zethrid, che fino a
quel momento aveva sopportato sbuffando la vivace confusione, aveva
perso le
staffe, spaventando a morte i ragazzini e anche qualche adulto
presente. Se non
fosse stato per l’intervento tempestivo della compagna Ezor
e, soprattutto, per
la comprensiva intercessione del capo della Comunità
olkariana,
alleata del Team Voltron e delle Lame da ben prima della fine della
guerra contro Zarkon,
la situazione si sarebbe conclusa con un drastico incidente
diplomatico.
Nonostante ciò, il clima era rimasto molto teso alla loro
partenza dal pianeta.
“Dovresti
sforzarti di essere un po’ più
umana!” aveva concluso Keith.
“Umana?
Mi prendi per il culo, leader!?”
furono le ultime parole della
mezza Galra.
L’assenza
di pentimento da parte di
Zethrid aveva indotto Keith a sospenderla a tempo indeterminato dalle
missioni
ma non era riuscito a capire la ragione di tale comportamento della sua
sottoposta. Se non avesse trovato una spiegazione al più
presto, come avrebbe
potuto bloccare sul nascere altre future situazioni analoghe?
***
***
Lance
stette ad ascoltare con la massima
attenzione. Prese la parola solo al termine del racconto del compagno.
“Hai
davvero detto ad un’aliena di
essere più umana?”
“Sai
cosa volevo dire!”
“Io
sì ma lei no”
“…”
“Keith,
tu hai vissuto senza alcuna
figura materna per tutta la tua infanzia e adolescenza,
giusto?”
“Beh
sì, lo sai. Cosa c’entra adesso?”
“Quella
frase che hanno detto i bambini,
hai la mamma Galra… non
so, mi fa
venire in mente il tono con cui qualcuno potrebbe dirti che hai la
mamma… ecco…
sì insomma, che tua madre fa il mestiere più
antico del mondo” concluse in tono
imbarazzato.
“Non
dici seriamente, vero?” chiese l’altro
inarcando incredulo il sopracciglio.
“Sono
figlio di immigrati cubani in
America, Keith. Ho vissuto la mia prima infanzia in una numerosa
famiglia tra
le spiagge di Varadero, poi all’improvviso io e i miei
fratelli siamo diventati
la minoranza etnica in una scuola pubblica di un Paese straniero. Ne
abbiamo
sentite di tutti i colori sulle nostre origini che basta e avanza.
Immagino che
nell’Iperspazio avere la mamma Galra sia come avere la mamma
scostumata. Ti
devo ricordare come eri guardato da Allura quando hai scoperto di avere
sangue
Galra nelle vene?”.
“Ma
questo era successo durante la
guerra, i Galra erano visti esclusivamente come nemici, ora non lo sono
più”.
“Già,
ora devono stare attenti a come si
muovono, a come parlano… e l’universo intero
può finalmente giudicarli sulla
base delle scelte passate. Non sembrerà loro vero di poter
togliersi qualche
sassolino dalla scarpa per vendicarsi. Tipo Arancia
Meccanica”.
“Tipo
cosa?”
“Non
hai mai visto il film? Keith, avevi
la televisione in casa?”
“Non
c’erano grandi occasioni di
guardare film in istituto” rispose con leggerezza Keith
scrollando le spalle.
“Tornando
a Zethrid, credo che essere mezzosangue
in un universo dove i Galra ti disprezzano perché non sei di
sangue puro e dove
le altre popolazioni ti vedono come figlio del nemico non sia semplice.
Non è cane, non è lupo,
sa solo ciò che non
è”.
“Balto”
“Oh,
quello lo hai visto?”
“Da
bambino. Avevo sempre desiderato
avere un lupo, ma papà non me lo ha mai concesso. Con mia
madre Galra è andata
meglio” rispose alludendo a Kosmo.
“Ad
ogni modo, sta a Zethrid
risolvere i suoi problemi personali, non a te”.
“Ovviamente.
Ma se non li
risolverà al più presto, non potrà
rimanere tra le Lame. Questa volta ci è
andata bene ma non possiamo permettere che accadano altri incidenti
diplomatici. Le Lame di Marmora si sono impegnate per essere accettati
da
tutti: non possono perdere credibilità per colpa di una mina
vagante”.
“Allora
già sai cosa fare,
Leader”.
***
***
“Stavolta
hai fatto proprio incazzare il
capo” commentò Ezor. Una volta fuori dal quartier
generale, Zethrid si era
diretta a tutta velocità con una navicella verso il posto
più lontano che il
carburante le aveva permesso di raggiungere, ed Ezor non si era certo
azzardata
a lasciarla sola. Dopo essere atterrate su un satellite
poco abitato, le due mezze Galra
avevano cercato un locale dove bere qualche alcolico.
“Ah,
lui era incazzato?! Cosa vuole
saperne! Sarà anche un ex paladino di Voltron e pure mezzo
Galra ma non è
davvero uno di noi!” replicò irata Zethrid.
“Sei
ingiusta. Non sarà Lotor ma se la
sta cavando bene. Non puoi biasimarlo se ha vissuto senza sapere cosa
vuol dire
davvero avere una madre o un padre
Galra, quando l’altro genitore non lo
è… tra l’altro vivendo in un pianeta
che
non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza di forme di vita
al di fuori del
loro Sistema Solare. È stato fortunato”.
Già,
fortunato. Non come loro. Loro
dovevano andare avanti pentendosi di essere vive… pentendosi
di aver portato
disgrazia alla loro gente con la loro nascita.
“Già,
se la cava bene, il leader… ma a
volte preferirei un capo con più polso, che non induca i
Galra a vivere come
topolini nel timore di essere mal giudicati dagli altri”.
“Un
leader che prenda le nostre difese,
se qualcuno osasse minacciare uno di noi” mormorò
Ezor pensierosa. Conosceva il
passato di Zethrid. Da bambina aveva dovuto imparare a difendersi da
sola per
sopravvivere, poi era arrivato Lotor a prenderla sotto la sua ala, ma
era
troppo tardi. Troppo tardi per difendere suo padre dal rancore della
sua gente,
inorridita dal fatto che si fosse innamorato di una donna Galra,
né sua madre
dalla vendetta della sua famiglia, ben pronta a lavare col sangue il
disonore
per essersi lasciata toccare da un essere inferiore e aver sporcato il
loro
lignaggio con la nascita di una bambina bastarda. E a Ezor, a Narti e
ad Acxa
non era andata meglio.
In senso lato, nemmeno Lotor, seppur nato princpe, fu risparmiato dal
pagare
per il suo peccato: esistere.
I
mezzosangue Galra, isolati e
discriminati, erano da sempre un facile bersaglio per tutti.
Probabilmente la
presenza di Krolia e Kolivan nel Consiglio della coalizione aveva reso
gli
episodi occasionali ma Zethrid conosceva troppo bene il sentimento
della
vendetta per non temere che, presto o tardi, tutta la popolazione
Galra, i
nuovi sconfitti, avrebbero raggiunto i mezzosangue nel loro calvario e
pagato
il prezzo per le malefatte dei loro predecessori.
A
strappare le due donne dai loro
pensieri fu il pianto disperato di un infante.
***
***
I
bambini sedevano insolitamente
silenziosi al loro posto. Il maestro Lance non aveva mai avuto
un’espressione
così grave in volto quando si rivolgeva a loro. Il bambino
Galra era assente.
“Ieri
è successo qualcosa di molto
grave. Un vostro compagno è stato aggredito e insultato.
Voglio sapere perché”.
Nessuno
parlò. Era evidente che tutti
sapessero a cosa il maestro si stava riferendo ma nessuno si fece
avanti.
“Non
intendo punire i responsabili. So
chi sono perché mi è già stato
riferito dal vostro compagno. Voglio sapere il
motivo perché, davvero, non capisco.”
“Lui
non è un nostro compagno! È uno
sporco Galra!” esclamò un bambino, uno dei
responsabili, Lance lo sapeva, che
però si era comunque ben guardato dall’ammetterlo.
“Lui
è un mio allievo e questo fa di lui
un vostro compagno. E non è uno sporco
Galra. Il suo nome è Izlaz. E sì, è un
Galra”.
“La
sua gente ha ucciso i miei nonni!”
accusò un altro bambino.
“Izlaz
ha ucciso i tuoi nonni?”
“No,
ma…”
“Izlaz
ti ha fatto qualche torto?”
“No,
ma… è Galra!”
“E
tu sei un Arusiano. Lo sapevi che la
gente del tuo pianeta, nel periodo precedente alla caduta per mano dei
Galra, aveva
indotto a una guerra civile gli abitanti di uno dei satelliti di Arus
per
indebolirli e sottrarre loro il controllo del loro ricco
territorio?”
Il
bambino non poté fare altro che
rispondere con un’espressione confusa.
“E
tu” riprese Lance rivolgendosi al
bambino con i nonni uccisi “abitante del pianeta
Taujeer… mi risulta che sia
stata abolita la pena di morte tramite abbandono sul satellite in fase
di
rinnovo, che tutti noi sappiamo divenire in quell’occasione
completamente
ricoperto di lava incandescente, solo dopo che venne alla luce lo
scandalo di
essere un espediente per far sparire le persone scomode”. Il
diretto
interessato ammutolì.
“I
Marmoriti
hanno un motto: conoscenza o morte. È indispensabile
conoscere la storia della
propria Nazione, del proprio Pianeta, del proprio popolo.
Così si può scoprire
che quasi nessuno ha un passato completamente pulito. Ignorare tali
conoscenze
tuttavia potrebbe portare a ripetere gli stessi errori del passato. Voi
non
siete come i vostri predecessori che hanno fatto del male;
così come Izlaz e i
Galra di oggi non sono come i soldati di Zarkon. Tutti gli ufficiali
dell’esercito
Galra sono stati puniti. E come è stata data alla vostra
gente la possibilità
di riparare al male che hanno fatto in passato, così oggi
voi dovete darla ai
Galra.
Se siamo così pronti a perdonare
noi stessi ma non gli altri, non ci sarà futuro.
Naturalmente vale anche per noi abitanti del pianeta Terra. Ne
ha fatte di scemenze la mia gente!”.
***
***
Una
donna, trovata in un vicolo vicino,
da dove proveniva il pianto, era riversa immobile sul suolo e mostrava
i segni
inequivocabili di un pestaggio brutale. Ezor si inginocchiò
per controllare ma
non ebbe dubbi: la sconosciuta era morta. Dall’aspetto
sembrava un’abitante del
satellite. Il suo ultimo atto tuttavia non era stato difendere se
stessa: le
braccia erano ancora immobili a proteggere un fagotto. Fagotto da cui
giungeva
il pianto disperato. Fu Zethrid a levare la copertina e vedere per
prima la
creatura in essa avvolta. Una bimba di pochi giorni, probabilmente. Era
graziosa, simile d’aspetto alla donna, probabilmente la
madre… ma aveva la
pelle innegabilmente viola. Una mezzosangue Galra. Zethrid rivolse uno
sguardo
alla sua compagna in una muta richiesta. Ezor capì.
“Narti.
Piccola Narti. Adesso non sei
più sola” mormorò con dolcezza Zethrid
prendendola tra le braccia. Ezor si alzò
“Non piangere, piccolina. Adesso andiamo a cercare un
po’ di latte caldo”.
***
***
Il
rientro alla base della Lama fu una
scelta quasi obbligata per Ezor e Zethrid. Per
quanto quest’ultima fosse stata sospesa dal servizio, la
base era comunque la loro casa, e
avevano bisogno di un posto dove far riposare la piccola Narti e
prestarle le
prime cure. La bimba era già stata rifocillata a dovere e
ora dormiva tra le
braccia di Ezor.
Quando
entrarono tuttavia sentirono una
tensione tale che poteva essere tagliata con il coltello. Alte grida si
levavano furiose e Zethrid non aveva dubbi: la voce apparteneva al loro
leader.
Vi era intrisa rabbia ma anche dolore. Fu Acxa a venir loro incontro e
a
spiegare la situazione: il fratello di Veronica, Lance, era stato
aggredito da
più persone e, a causa della superiorità numerica
degli aggressori, era stato
ferito gravemente. Alla notizia Keith era sbiancato, ma aveva perso
definitivamente il controllo appena venuto a scoprire che gli
aggressori erano
parenti di uno dei bambini coinvolti nella pesante ramanzina di quella
mattina.
Un “traditore amico dei
Galra” non
era degno di parlare così al loro bambino, questo fu il
messaggio udito dai
testimoni che avevano soccorso l’ex paladino blu. Ora Lance
lottava tra la vita
e la morte in una medical pod.
Zethrid
era rimasta colpita non tanto per
la sorte dell’ex paladino blu: ad essere brutalmente onesta,
l’amico del leader
non contava granché per lei. Era stata piuttosto la sua
reazione ad
interessarla. Colpito sul personale, forse Keith avrebbe finalmente
capito che
una pacata diplomazia non era la soluzione giusta. Forse Zethrid
avrebbe potuto
indirizzare la rabbia di Keith al punto da trasformare
quest’ultimo nel leader
di cui aveva auspicato la presenza e che aveva accennato ad Ezor sul
satellite
prima di essere interrotta da…
La
vocina gorgogliante al fianco di
Zethrid la strappò dalle sue elucubrazioni: Narti si era
svegliata e guardava
la donna serenamente, come nessuno aveva mai fatto prima dato che chi
non la
conosceva era spaventato dalla sua bruttezza da berseker (e chi la
conosceva ne
temeva l’indole da berseker).
“Zethrid?”
Ezor lasciò che la compagna
prendesse la piccola tra le braccia. Si guardavano con tenerezza. La
piccola
non meritava di crescere in un clima ostile… Tuttavia una
nuova guerra
l’avrebbe messa ancora più in pericolo. La guerra
non avrebbe preoccupato
Zethrid se fosse stato solo per lei ed Ezor: erano guerriere abituate a
cavarsela. Ma la piccola Narti meritava un Universo migliore in cui
crescere.
“In
tal caso, spero che il leader sappia rimanere umano”.
***
***
La
situazione era seria e andava
affrontata prima che degenerasse ulteriormente. Krolia e Kolivan
avevano
approfittato dell’aggressione ad un ex paladino di Voltron
per affrontare
finalmente in modo esplicito la discussione troppe volte rimandata sui
rigurgiti
di odio che Galra e mezzi Galra erano costretti a subire. I membri
della
Coalizione Intergalattica avevano finalmente stabilito
all’unanimità di
rafforzare ulteriormente le politiche di integrazione e di punire
qualsiasi
manifestazione di odio razziale, da chiunque essa provenisse e verso
chiunque essa
fosse destinata.
***
***
Lance
aveva sempre pensato che il giorno
in cui la morte lo avrebbe reclamato sarebbe stato sereno, consapevole
di stare
per riunirsi alla sua amata Allura. Invece, senza esserne in
realtà troppo
sorpreso, i suoi ultimi pensieri prima della caduta nel buio non furono
rivolti
alla sua compagna scomparsa da tempo, né alla sua famiglia,
e neppure ai suoi
amici.
Aveva
pensato al suo Team Leader. Non lo
avrebbe rivisto mai più e non aveva nemmeno
avuto nemmeno il tempo di dirgli addio. E Dio, quello sì che
faceva più male
del suo petto dilaniato da ferite profonde!
***
Il
primo volto che vide quando Lance
riprese i sensi e uscì dal medical pod fu proprio quello di
Keith. Teso,
pallido, in bilico tra speranza e disperazione. Il cubano aveva
già deciso di usare
la scusa della confusione dovuto al risveglio dal coma quando lo
abbracciò.
Seppe che non avrebbe dovuto usarne nessuna quando Keith
ricambiò con forza l’abbraccio.