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Il
peso della Corona
È |
notte, e Sansa
lascia che
l’ancella stringa i
lacci dietro la sua schiena. Non ha l’impazienza di
Joffrey mentre
nota la lentezza della ragazza, né la
crudele ironia di Cersei. La lascia fare, mentre osserva la corona sul
cuscino
accanto a sé.
Ancora non ci crede. Bran: Re dei Sei Regni. Arya:
avventuriera, esploratrice? Jon alla Barriera… come quando
è partita per
Approdo del Re, anni prima. Ma non era lei, non poteva essere davvero
lei.
Era una ragazzina sciocca, incapace di mentire. E
lui era solo il bastardo di suo padre.
Cosa
direbbe ora Eddard Stark, sapendola Regina
del Nord?
E sua madre? Come avrebbe reagito vedendo prima
Jon – il bambino odiato – e poi lei a regnare sul
Nord? Sull’intero nord.
Sette Regni sotto gli Stark. Una cosa impensabile
prima di allora.
«Altezza?»
L’ancella la guarda attraverso lo specchio.
Sembra spaventata. Avrà capito di averci messo troppo?
«Che c’è?»
«Posso fare altro per te?» Ha le mani che
tremano, gli occhi bassi.
«No, puoi andare.»
Oltre
il suo riflesso, Sansa guarda la ragazza
aprire la porta e richiuderla. Sospira, si alza e accarezza la tiara.
Quando
sente bussare, raddrizza le spalle, raggiunge la finestra e, con voce
decisa,
dice: «Avanti.»
«Altezza,»
È Ronald, il Maestro di Grande Inverno,
«nella Sala Grande chiedono di te.»
«Possono aspettare.»
L’uomo resta immobile, lo sguardo a terra.
«Perdonami.»
Sansa si chiede perché sia ancora lì. Fa un cenno
di assenso per congedarlo, ma lui non si muove. «Cosa
c’è?»
«Alcuni membri dei Guardiani della Notte sono
venuti a renderti omaggio.»
∞
Le
porte della Sala Grande sono di legno di
quercia e ferro, e ci vogliono due guardie per aprirle per la loro
Regina. Mura
grigie, stendardi con il metalupo ovunque, torce a illuminare il
cortile
esterno.
Ci sono otto fila di tavoli all’interno, e ogni
cosa – dalla pietra alle pareti ai calici abbandonati sui
tavoli – è sua.
Mentre attraversa la sala, ogni uomo, donna e bambino piega le
ginocchia al suo
cospetto.
«La Regina del Nord!» prende a gridare qualcuno.
«La Lupa Baciata dal Fuoco!»
Dov’è
lui?
È
venuto? O è rimasto nel suo castello, a regnare su bastardi,
ladri e assassini?
Quando
raggiunge la piattaforma rialzata in fondo
– il fuoco di un camino a scaldarle la schiena –
Sansa siede al centro e ogni
persona intorno a lei prende posto.
È allora che il Maestro la raggiunge, indicandole
alcuni uomini vestiti di nero. Sollevano i calici verso di lei, e Sansa
risponde abbassando il mento.
Lui
non
c’è. Non è venuto.
Non
sa perché, ma quando ha sentito nominare i
Guardiani della Notte il suo cuore ha preso a battere più
veloce. Ha percepito
un fremito dentro di sé, ed è uscita di corsa
dalla sua stanza – la stanza dei
suoi genitori – per raggiungere la Sala Grande.
Ora c’è solo vuoto nel petto. Come se il frullo
d’ali che ha sentito fosse svanito.
A poco a poco, man a mano che le portate vengono
servite e lord e cavalieri arrivano a renderle omaggio, il vuoto si
riempie.
Sansa si sente pesante. Vuole solo alzarsi e
lasciare la sala. Ha bisogno di restare sola.
Quando
allontana la sedia dal tavolo, maestro
Ronald è subito al suo fianco. «Altezza?»
«Non mi sento bene. Scusami tu con i lord.»
Nessuno
sembra accorgersi di lei quando passa tra
i tavoli ed esce. Due guardie le arrivano alle spalle, ma si fermano
quando la
sua mano si alza intimando loro di restare dove sono.
Non sa perché si aspettasse tanto di vederlo. Non
sa nemmeno perché ci sperasse.
Attraversa il cortile e sente la mancanza del
calore. Quello delle mura di Grande Inverno e delle sue sorgenti.
Quello di una
famiglia. Della sua famiglia.
Di
Bran. Di Arya. Di Jon.
Si
era illusa di potersi abituare alla
solitudine. Aveva creduto che il potere, la corona e la
libertà sarebbero stati
sufficienti. Che non avrebbe sentito troppo la mancanza degli altri.
Di Theon, che è saltato con lei da quelle stesse
mura, fuggendo da casa.
Di sua madre, che amava spazzolarle i capelli,
darle l’esempio.
Sansa ripensa a tutte le persone importanti della
sua vita. Le ha perse tutte. Non è rimasto più
nessuno.
Cammina
verso la Serra di vetro e ricorda il
piccolo castello di neve costruito con Ditocorto. Lui sarebbe rimasto
al suo
fianco. Se non l’avesse tradita. Se lei non lo avesse ucciso.
Arya
lo
ha ucciso.
Ma è stata lei a dare l’ordine.
Di
quelli ancora in vita, Jon è il più vicino. E
per un istante, Sansa ha sentito la speranza nascere e crescere dentro
di sé.
Rivederlo. Riabbracciarlo. Il suo sorriso, la sua risata. I capelli
neri di
nuovo sciolti, la barba incolta.
Sansa lo ricorda al fianco di Daenerys e qualcosa
di simile alla gelosia le brucia i polmoni. Fatica a respirare.
Quando la Regina dei Draghi sorrideva a Jon,
Sansa vedeva quel mondo di ghiaccio – il suo mondo
– sgretolarsi. Eppure,
quando aveva saputo del pugnale nel cuore, non si era sentita meglio.
Non ne conosceva il motivo, ma avrebbe preferito
non accorgersi mai di quei sorrisi, non capire mai cosa provassero
l’uno per
l’altra.
“Amo
tuo
fratello”,
aveva detto Daenerys Nata dalla Tempesta.
Lo
amo
anch’io. E da più tempo di te.
Quando
lo aveva rivisto alla Barriera si era
sentita finalmente a casa. Non a Grande Inverno con i Bolton. Ma con
Jon.
Ovunque lui fosse. Ovunque.
Sansa
entra nella serra, il luogo più caldo del
castello. Anche quel luogo è riscaldato dalle sorgenti
sotterranee. Lì, gli
uomini hanno coltivato frutta e fiori, come nel pieno
dell’estate.
Vede il suo respiro condensarsi nell’aria e
socchiude gli occhi. Si sente sola.
È circondata da soldati, lord e ancelle, eppure
non c’è nessuno più solo di lei a
Grande Inverno.
D’improvviso, il caldo la investe, il ricordo di
tutti gli abbracci che ha dato, di tutte le persone che ha perso. Ne
basterebbe
una, una sola, e la fanciulla che è stata tornerebbe a
vivere dentro di lei.
Torna
nel cortile. La notte la avvolge e non è il
gelo a sconvolgerla, non è l’inverno, ma solo la
cupa certezza di essere sola.
Si volta e, come nelle ballate, lui è lì. Jon
è
tornato a Grande Inverno.
Non gli corre incontro – come potrebbe? È una
Regina – ma sente gli occhi inumidirsi.
«Vostra Grazia.»
Jon si inchina con un sorriso divertito – era lui
il Re del Nord, il Lupo Bianco – e Sansa nota i fiocchi di
neve sui suoi
capelli, sul suo mantello. Sulle sue ciglia.
Quando è arrivato così vicino?
«Credevo
che il Comandante dei Guardiani della
Notte non potesse lasciare il Castello Nero.»
«Anche Lord Mormont l’ha fatto. È andato
oltre la
Barriera. Ero con lui.»
«E oltre la Barriera è stato ucciso.»
«Sei sempre ottimista, vedo.»
Sotto
la notte cupa e senza stelle, Sansa
riconosce il suo sorriso. Fa un passo verso di lui. «Non
voglio che ti accada
nulla.»
«Sai, dopo la partenza di Tormund, al Castello
Nero c’era poco da fare.»
Sansa ride – è sempre stata così la sua
risata? –
e fa un altro passo. «Così hai pensato di cercare
guai, Lord Comandante.»
«Nemmeno oltre la Barriera c’era molto da
fare.»
«E Spettro?» domanda Sansa.
«È
rimasto con Tormund. Lo rivedrò presto.»
Quel
“presto” la fa vacillare. Non lo credeva
possibile. Non dopo Ramsay, non dopo Ditocorto. Non dopo la morte della
Regina
dei Draghi e l’indipendenza del nord.
E di colpo, la persona che regna sul nord e
possiede ogni cosa a Grande Inverno, desidera una cosa sola. Una cosa
che non
può avere.
N.d.A.:
Ciao
a tutti! Vorrei ringraziare le persone che
hanno dato fiducia al prologo di questa storia. Grazie mille! E vorrei
dire un
paio di cose.
Intanto: maestro Ronald nel Trono non esiste
(indovinate un po’ il perché di questo nome.
C’entra un altro fandom!), e dato
che i Re del nord del passato hanno avuto nomi legati ai lupi, nella
mia testa
anche Sansa doveva averne uno.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi farete
sapere cosa ne pensate. A presto!
Celtica