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Autore: Mary P_Stark    12/06/2019    1 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.
 
 
 
 
Se mai Artemide aveva pensato di aver visto di tutto, per quel giorno, dovette ricredersi alla svelta.

Avendo Endimione sangue di semidio nelle vene, la dea aveva potuto smaterializzarsi dalla spiaggia assieme a lui e a Memnone ma, al loro rientro presso la casa della figlia, si era dovuta fermare, piena di sbigottimento.

La vista di Eos avvinghiata a Orione l’aveva raggelata sul posto, al pari dei due uomini con lei.

Dopo quel momento di sbigottimento, Endimione si era scusato con Artemide ed era defilato in fretta in casa, così da rassicurare la famiglia sulle sue condizioni, mentre la dea e Memnone si erano avvicinati che chiedere lumi.

Dalla guerra all’amore, il passo era stato evidentemente breve, per i due.

Ora, seduta accanto a Felipe – che aveva imitato Hermes e aveva preso per sé una poltrona da giardino su cui accomodarsi – e con un’espressione sempre più ombrosa in viso, borbottò irritata: “Hanno intenzione di andare avanti ancora per molto con questo filmino a luci rosse?”

Accavallando le gambe con nonchalance mentre sorseggiava la limonata che Delia aveva fatto per lui, e che non aveva avuto occasione di terminare, Felipe replicò: “Diciamo che lo preferisco all’horror che aveva in mente di inscenare Emastione.”

Ciò detto, lanciò un’occhiata ad Afrodite, tutta presa dalla sua tintarella, e aggiunse in un sussurro: “Come mai si è messa a fare l’estetista, tra l’altro?”

“Ha aperto diversi centri benessere un po’ per tutta la Grecia, visto che ama il bello e tutto ciò che aiuta a diventare belli, ma credo non avesse quasi mai interpretato di persona la parte dell’estetista…” chiosò Arty, prima di aggiungere divertita: “… a parte con Deimos. Ma quella volta, doveva vendicarsi.”

Felipe strabuzzò gli occhi per lo sgomento, tornò a guardare la dea della bellezza distesa su un telo mare e abbigliata con un succinto bikini azzurro cielo e, dubbioso, domandò: “Ma… non sarebbe suo figlio?”

Artemide sorrise, gli diede un buffetto sulla guancia e disse: “Siamo molto particolari, mio caro. Porta pazienza.”

“Non provo neanche a capirvi… faccio prima” sottolineò Felipe, scuotendo il capo prima di afferrare il suo cellulare per mandare un messaggio ad Athena. Era giusto che sapesse che tutto si era più o meno risolto.

Arty rise sommessamente e, nel rivolgersi alla dea della bellezza, domandò: “Come mai sei rimasta? Non avevi un incontro con il commercialista, o qualcosa del genere?”

“Ci ho mandato Ares. Sai che non amo perdermi dietro alle scartoffie” replicò la dea, voltandosi di schiena e mettendo in mostra un lato B davvero fantastico.

Sorridendo poi maliziosa a Felipe, Afrodite mormorò: “So che sei tra i miei followers. Vorresti un autografo da mostrare agli amici, caro?”

Felipe si ritrovò a sorridere nervosamente – sapeva quanto Artemide poteva mostrarsi gelosa, se ci si metteva – e, scuotendo il capo, declinò gentilmente, domandando per contro: “Se non è un disturbo… posso sapere come avete chiamato la vostra catena di centri benessere? Ho un paio di amici, ad Atene, e potrei indirizzarli da voi.”

Afrodite rise dolcemente e, ammiccando a una accigliata Artemide, mormorò: “Oooh, ma com’è carino! Mi dà del voi come i miei postulanti! E’ davvero adorabile!”

Arty borbottò un insulto tra i denti prima di ringhiare: “Perché sua madre lo ha educato bene. Tu, invece, dimostri senza ombra di dubbio di non averne mai avuta una, e infatti sei una vera scema. Ma che ti è saltato in mente di mandare Ares dal commercialista?! Lui ha ancora meno pazienza di te! Gli taglierà la testa al primo assaggio di partita doppia!”

Accigliandosi, la dea della bellezza replicò piccata: “Mi sono raccomandata di non farlo, è ovvio! Pensi che non lo sappia?!”

Artemide, però, scosse il capo, si passò le mani tra i rossi capelli e sbraitò: “Maledizione, Afrodite! Ma pensi davvero che a lui bastino le raccomandazioni!?”

Un lampo di dubbio oltrepassò il volto della bella dea che, nel mettersi seduta, scrutò preoccupata l’amica e domandò timorosa: “Credi che dovrei andare a dare una controllatina?”

“Come minimo. E chiamerei i soccorsi prima di ogni altra cosa” sospirò Artemide, chiedendosi perché, proprio lei, dovesse fare la parte di quella matura.

Balzando in piedi, Afrodite afferrò il bracciolo della poltrona su cui era seduto Felipe, si piegò dinanzi a lui mostrandogli un generoso scorcio del suo décolleté e, nel dargli un bacetto sulla guancia, strizzò l’occhio e disse: “La mia catena di centri benessere si chiama Callipigia. Grazie per aver pensato di mandarmi dei clienti. E puoi darmi del tu, tesoro.”

Ciò detto – e schivando uno schiaffo volante di Artemide – Afrodite si smaterializzò e Hermes, sghignazzando spudoratamente, lanciò uno sguardo divertito a un frastornato Felipe e chiosò: “Sei davvero adorato dalle dèe, mortale.”

“Non dirlo neppure!” sbraitò Artemide, afferrando poi il viso di Felipe per ripulirlo dal rossetto di Afrodite. “Ma tu guarda quella cretina…”

Sballottato dalle mani nervose di Artemide, Felipe riuscì in qualche modo a dire: “D-dai… s-sta calma…”

“Hanno finito” ciangottò nel frattempo Hermes, indicando divertito Eos e Orione.

Ancora irritata per il gesto di Afrodite, Artemide si volse furiosa verso la divinità dell’aurora e il suo amante e, rabbiosa, ringhiò: “Alla buon’ora!”

Arrossendo suo malgrado – e del tutto inconsapevole dei motivi della rabbia di Artemide – Eos mormorò: “Beh… erano migliaia di anni che non lo vedevo.”

“Lo abbiamo notato, grazie. Hai obbligato mia figlia e la sua famiglia a barricarsi in casa per non sconvolgere ulteriormente Hektor. Complimenti” sibilò Artemide, mentre Felipe le scostava le mani per trattenerle tra le sue. “E mollami!”

“Non ci penso minimamente. Mi stai scorticando la guancia” replicò Felipe prima di scrutare la coppia nuovamente riunita e domandare: “Faida chiusa, quindi?”

“Certo” assentì Eos, guardandosi intorno con espressione spiacente nel notare tutto il prato calpestato. “Abbiamo causato notevoli danni, e li pagheremo, questo è sicuro. Ma voglio che siate certi che non si ripeterà mai più.”

“Oh, credo che il corpo di Emastione sia la garanzia migliore di tutte” ghignò perfida Artemide, lanciando un’occhiata all’uomo disteso all’ombra della veranda.

La sua pelle abbronzata era lucida, glabra e apparentemente intonsa ma, sulle gote rasate, due righe di lacrime spezzavano quell’effetto di perfezione, al pari delle mani chiuse a coppa sui genitali.

Lasciandosi sfuggire una risatina, aggiunse: “La ceretta all’inguine deve essere stata particolarmente dolorosa.”

I maschi presenti spostarono le mani a proteggere le parti intime come riflesso spontaneo ed Eos, fissando dolente il figlio, mormorò: “E pensare che è tanto più bello, così…”

“Credo che, al momento, gliene importi poco” si ritrovò a dire Endimione, uscendo da casa proprio in quel momento.

Memnone lo guardò sorridente e si dichiarò più che d’accordo ma, nello scrutare la madre, domandò serio: “Ora stai bene? Ne è valsa la pena?”

Eos gli sorrise, si avvicinò per un abbraccio e, nel depositargli un bacio sulla guancia, ammise: “Avrei dovuto ascoltarti, e capire. Questo mi avrebbe impedito di far del male a Delia e alla sua famiglia, che di fatto non c’entravano nulla.”

Rivoltasi poi a Felipe, che ancora stava trattenendo le mani di Artemide, aggiunse: “Mi dolgo anche per il dolore che abbiamo causato a te, mortale. E’ chiaro quanto la dea che ami ti stia a cuore, e immagino quanto le nostre azioni ti abbiamo potuto ferire. Non cercherò il tuo perdono, ma ti chiedo scusa.”

Felipe si limitò a un freddo cenno d’assenso. Non era ancora in grado di perdonare Eos e i suoi figli per quelle lunghe ore di disagio. Anche se tutto era andato per il meglio, era difficile far sbollire la rabbia, ma sapeva che se avesse parlato, Artemide si sarebbe infuriata di nuovo.

Meglio soprassedere.

Afferrata la mano di Orione, Eos dunque disse: “Ci accomiatiamo con la promessa di sistemare ogni cosa. Non ti deluderò, Artemide.”

“Bene” si limitò a dire la dea, distogliendo lo sguardo da Eos per puntarlo su Orione: “Nonostante tutto, è bello rivederti, amico mio.”

“E’ reciproco” asserì lui, sorridendole.

In breve, la famiglia multiforme di Eos se ne andò dal giardino dei Panagulis e Artemide, nel sorridere a Endimione, si levò in piedi e disse: “Scusa per la tempistica pessima. Lui è il mio compagno. Felipe.”

Endimione allungò una mano verso l’ispanico – nel frattempo levatosi in piedi a sua volta – e, stringendo quella protesa di Felipe, asserì: “Finalmente si è decisa a tirarti fuori dalla scatola dove ti aveva nascosto. Io e Delia eravamo ansiosi di conoscerti, anche se speravo in un incontro più tranquillo.”

Ritrovandosi a ridere divertito, Felipe lanciò un’occhiata incuriosita alla dea silvana e chiosò: “Non sapevo fossi così gelosa di me. Comunque, è un piacere conoscerti, così come lo è stato conoscere la tua famiglia, Endimione.”

Arrossendo suo malgrado, Arty borbottò: “Beh, hai ben visto Afrodite. Lei ci prova con tutti… dovevo tenerti un po’ protetto.”

Felipe scoppiò in un’altra risata, la abbracciò e replicò: “Sei solo tu, la mia preferita. Ricordalo.”

Artemide assentì e Hermes, nello stiracchiarsi, celiò: “Adesso cominciate voi il film a luci rosse? No, perché ho bisogno di rifornirmi, se stanno così le cose.”

“Idiota” sbuffò Artemide.

“Realista, mia cara. Solo realista” precisò Hermes.
 
***

“Avresti potuto teleportarti, sai? Non mi sarei offeso” chiosò Felipe, distendendosi nel suo letto dopo quasi quarantotto ore di panico, follia e tanti nuovi incontri. “So che non ami particolarmente gli aerei.”

“Non mi andava di lasciarti tornare da solo… e il viaggio di andata era stato troppo tremendo per farti fare il bis” mugugnò Artemide, sbadigliando sonoramente.

Felipe assentì con un risolino, asserendo: “Poco ma sicuro. Delia mi ha detto che anche lei stette male, durante il suo primo volo con Hermes.”

Grattandosi una guancia, Arty annuì. “Credo che nessuno sopravviva ai voli di Hermes. Ma, vista la situazione, non ho trovato altro modo per farti venire con me senza perdere tempo.”

“E io sono contento che tu mi abbia aspettato” replicò lui, dandole un bacio.

“Anche se ti è toccato assistere a scene raccapriccianti?”

“Non definirei raccapriccianti i seni di Afrodite” ironizzò Felipe, ritrovandosi addosso il cuscino di Artemide.

Scoppiando a ridere, Felipe intercettò un secondo colpo e, nel salire a cavalcioni sopra la dea, la bloccò ai polsi e aggiunse: “Mia fulgida dea gelosa… te l’ho detto mille volte. Sei tu la mia amata.”
“Allora defollowati dalla sua pagina” ringhiò la dea, trattenendosi dal spingerlo via. A volte era così complicato ricordarsi che le sue carni erano quelle di un mortale!

“Non ci penso minimamente” rise lui, stampandole un bacio sulla fronte. “Afrodite è divertente, oltre che bella, e io la trovo interessante. Ma, e fammi finire di parlare, prima di puntare alla mia virilità con il falcetto che tieni nascosto nella mano…”

Artemide sbuffò ma assentì e Felipe, tornando serio, mormorò: “… ma non è lei la donna che amo. Inoltre, mi ha fatto piacere conoscere Endimione, e non capisco perché eri così restia a presentarmelo.”

“Non sapevo come l’avresti presa. Abbiamo due figlie, assieme, e anche i sassi sanno quanto ne fossi ossessionata” brontolò lei, arrossendo suo malgrado.

Felipe, allora, tornò a sdraiarsi al suo fianco, le strinse la mano dopo averla liberata del falcetto e, con tono tranquillo, disse: “Non mi sono imbarcato in questa relazione senza mettere in conto una buona dose di stranezze, Arty. Anche Miguel lo aveva messo in conto a suo tempo e, anche se va detto che, durante i suoi anni di matrimonio, non successe mai nulla del genere, tutti ci aspettavamo il contrario.”

“Oh” mormorò sorpresa Artemide.

“So che vieni da un mondo, e un’epoca, che io difficilmente potrò mai capire, ma lo accetto. E’ parte di te e, anche se oggi avrei voluto avere la forza di tuo padre per proteggerti dal dolore che hai patito, mi ha fatto molto piacere che tu abbia voluto condividere tutto con me” le spiegò lui, dandole un bacetto sulla spalla.

La dea poggiò il capo contro la spalla di Felipe, sospirò e disse sommessamente: “Mi è piaciuto vedervi tutti assieme. E’ questa la mia idea di famiglia, non quella che ho avuto sull’Olimpo, dove dominavano la rabbia, le gelosie e i tradimenti. Inoltre, adoro tua madre e la tua, di famiglia, e mi piace stare con voi.”

“Mi fa piacere sentirtelo dire” le sorrise lui.

“Non ti terrò nascosto più niente. Promesso” mormorò lei, lieta di poter parlare apertamente con Felipe.

Si era preoccupata per tutto il tempo, tesa al pensiero che simili eventi potessero minare il loro rapporto ma lui, ancora una volta, l’aveva sorpresa e meravigliata. Era davvero un mortale dalle immense capacità, e lei era stata fortunata a conoscerlo.

“A questo proposito; ci sono altri nemici di cui dovrei conoscere il nome?” ironizzò Felipe.

“Beh, dovrei fare mente locale, onestamente…” mormorò lei, tamburellandosi un dito sul mento con fare pensoso.

“Mentre scorri la tua lista di delitti…” rise sommessamente Felipe. “… puoi spiegarmi come Orione ha potuto essere lì tra noi?”

“Beh, i semidèi hanno il diritto di reclamare l’anima dall’Oltretomba per poter rinascere nel corpo di un umano e, se lo desiderano, riprendere le loro sembianze primigenie. Il loro corpo, però, resta nel regno di Ade. C’è una sala apposita proprio per questo, tra le altre cose” gli spiegò Artemide prima di sollevare un sopracciglio e aggiungere: “Oh… ti chiedevi di Alekos, vero?”

“Esatto. Immagino che i semidèi appaiano, nell’Oltretomba, con la fisionomia che avevano nel momento della morte, vero?”

“Sì, è giusto. Solo gli umani perdono corporeità e divengono pura luce. Se chiedi ad Alekos, potrà spiegarti bene che sembianze ha Miguel adesso” annuì accigliata la dea, iniziando a comprendere dove volesse andare a parare Felipe.

“Se così è, Alekos avrebbe dovuto rimanere un neonato per l’eternità. Correggimi se sbaglio…” tentennò Felipe.

Era un pensiero che gli era balenato nel momento stesso in cui Orione aveva parlato di sé e della sua scelta di uscire dall’Oltretomba, dopo millenni di autoimposto purgatorio.

Come poteva, la sua storia, collimare con quella di Alekos che, invece, era cresciuto nell’Oltretomba e ne era uscito sulle sue gambe?

Dopotutto, non erano entrambi figli di una divinità e di un mortale?

Levandosi di colpo a sedere sul letto, la stanchezza del tutto dimenticata, Artemide ansimò sconcertata: “Ma dove cavolo avevamo la testa?!”

Felipe si ritrovò a sorridere e asserì: “Forse, eravate solo contenti che Athena non avesse perso la possibilità di vedere suo figlio, perciò non avete badato al come.”

“Poco ma sicuro” brontolò suo malgrado Artemide. “Tra Persefone e Ade che lo vezzeggiavano come due novelli sposini, Ares che gli regala spade a raffica e paparino che lo ricopriva di complimenti, Alekos ha passato i primi quattro anni della sua vita nell’Oltretomba senza quasi rendersi conto di dove si trovasse. Quando poi Athena ha scoperto della sua esistenza, l’ha presa per buona né più né meno di noi, … ma nessuno ha mai chiesto spiegazioni!”

Ciò detto, lanciò uno sguardo verso il soffitto e, dopo essersi schiarita la voce, disse: “Io ti invoco, Thanatos, signore della morte, traghettatore di anime.”

Felipe sgranò gli occhi, nell’udire quel nome ancestrale e messaggero di sventure ma, prima ancora di poter replicare alla decisione della dea, una nube oscura e scintillante apparve dinanzi al loro letto.

Subito dopo, nelle sembianze di un giovane abbigliato con un completo in pelle nera, borchie e stivali Dr. Martens, fece la sua apparizione Thanatos.

Passandosi una mano tra la zazzera di capelli neri e sparati sulla testa, Thanatos borbottò contrariato: “Arty, per tutti gli dèi, e dire che lo sai che non amo le cose a tre!”

Scoppiando in una grassa risata, mentre Felipe rimaneva senza parole di fronte a quel metallaro dall’apparente età di un ventenne, Artemide esalò: “Oddio, Thanny… sei tale e quale al tuo socio…”

“Non mi confondere con Hermes, please… io, il mio lavoro, lo faccio seriamente” si accigliò il giovane psicopompo, mettendo il broncio.

“Scusa, scusa, è vero… è Hermes quello che si perde dietro alle gonnelle delle signore” ironizzò Artemide, asciugandosi una lacrima di ilarità.

Thanatos scrollò le spalle e, nell’indicare Felipe, chiosò: “Dì al tuo uomo che non voglio anticipare i tempi. Mi sembra un tantino pallido.”

Arty, allora, si volse per controllare Felipe e, quando notò il suo effettivo pallore, gli strinse una mano e mormorò: “Ehi, va tutto bene… è a posto, davvero.”

Sospirando, Thanatos borbottò: “Facciamo lo stesso mestiere, ma sono sempre io quello che si becca gli insulti. Una di queste volte mi arrabbierò sul serio e mi metterò in sciopero. Che ci pensi Hermes, alle anime dei morti!”

“Su, su, stai buono, Thanny. Non è colpa di Felipe. Ne ha passate anche troppe, nelle ultime quarantott’ore” sottolineò Artemide, battendo una mano sulla gamba di Felipe per dargli coraggio. Era chiaro come Thanatos rappresentasse, in qualche modo, il limite alla sopportazione delle stranezze, per Felipe.

Quando, però, pensò al suo recente passato, Artemide esalò un sospiro dolente e, rivolta a Felipe, mormorò: “Oh, caro! Lui non…”

Scuotendo nervosamente una mano, Felipe assentì e replicò: “Sì, sì, lo so. Athena mi ha spiegato tutto, di quella faccenda. Ma è comunque strano. Ora mi passa, in ogni caso.”

Thanatos si fece scuro in volto, ma solo per il dolore provato e, roco, disse: “Se può consolarti, litigai con Atropo, quando mi disse di andare a prendere Miguel. Avrebbe dovuto farlo Hermes, tra l’altro, perché mi aveva fatto una testa tanto, riguardo ai futuri lutti della sorella, ma fu introvabile, quel giorno, così accompagnai io Miguel sulle porte dei Campi Elisi.”

Felipe sospirò amaro. Hermes aveva guardato lontano, pensando ai futuri lutti di Athena. Sapendo la sorella imparentata con un mortale, aveva messo in conto quel particolare fin dall’inizio ma, al momento opportuno, non era stato presente.

Ecco perché, il solo accennarne, lo aveva infervorato tanto. Aveva mancato a un appuntamento che lui stesso aveva voluto onorare.

Levando una mano a mo’ di ringraziamento, Felipe mormorò: “Grazie. In qualche modo, mi rincuora sapere che non fosse da solo.”

Thanatos accettò il ringraziamento e, rivolto ad Artemide, domandò: “Cosa volevi, per chiamarmi a quest’ora? Stavo a un concerto, sai?”

“Lo si capisce dai vestiti, credimi” chiosò lei, prima di domandare: “Posso sapere che hai combinato, con Alekos?”

Arrossendo come un peperone, Thanatos si passò una mano nervosa sulla nuca, sbirciò Felipe in viso prima di tornare su Artemide e mormorare: “Beh, è una cosa che dovresti chiedere a Érebos.”

“A tuo padre?” gracchiò sorpresa la dea.

Felipe, a quel punto, fissò senza parole Thanatos ed esalò: “E’… tuo padre?!”

“Per partenogenesi, sì. Niente contributo femminile, per me, ma sono venuto piuttosto bene” chiosò lui, scrollando le spalle. “Nyx, comunque, è stata una mamma putativa splendida.”

Artemide lo richiamò all’ordine prima che partisse con una descrizione delle molteplici doti della dea della notte e, incredula, domandò: “Spiegati. Cosa c’entra Érebos?”

“Beh, ecco… papà è innamorato di Athena da molto tempo… da prima della nascita di Alekos, per intenderci. La seguiva da lontano, felice che lei avesse trovato un uomo che la facesse sorridere ma, quando seppe ciò che era successo a Miguel, mi mandò da lei, temendo che le potesse succedere qualcosa.”

“Il bambino. Temeva per lui” mormorò roca Artemide.

Annuendo, Thanatos aggiunse: “Mentre mi recavo da Athena, mi giunse la chiamata di Atropo. Dopo Miguel, avrei dovuto accompagnare nei Campi Elisi anche il suo bambino. Così, lo dissi a mio padre mentre raggiungevo l’ospedale dove era stata ricoverata Athena e, prima che i dottori potessero spezzare il legame fisico tra lei e Alekos, portai via con me la sua anima.”

“Cristo…” gracchiò Felipe, passandosi le mani sul volto. “…quindi, Alekos era già morto dentro di lei da ore?”

“Esatto, mortale. Il legame con la vita si spezzò assieme a quello di Miguel. Ma il cordone ombelicale che ancora lo legava ad Athena mi permise creare un ponte tra l’anima di Alekos e quella della madre. Se fossi giunto a cose fatte, a cordone reciso, non avrei potuto che condurre Alekos ai Campi Elisi, per sempre neonato ma così, con il cordone ancora intatto, ho mantenuto il legame tra madre e figlio.”

“E questo… te lo disse Érebos? Ti disse lui come fare?” mormorò Artemide, sulla soglia delle lacrime.

Annuendo, Thanatos mormorò: “Fu un tentativo disperato, perché neppure lui era certo che avrebbe funzionato. Ma il legame resistette e Alekos crebbe, attingendo alla forza vitale della madre grazie a quel cordone mai veramente scisso, per loro due.”

“Quindi, potenzialmente, Alekos potrà vivere in eterno?” esalò confuso Felipe.

“Per come stanno ora le cose… sì” ammise Thanatos.

“Ma perché non ce l’ha mai detto?” domandò a quel punto Artemide prima di aggrottare la fronte e aggiungere torva: “Perché nessuno ha notato questo particolare?”

Thanatos le sorrise dolcemente, e replicò con candore: “Se tu amassi una donna al punto di fare di tutto per lei, ammetteresti di essere stato così importante nella salvezza di suo figlio? Non ti verrebbe il dubbio che, il suo eventuale affetto, potrebbe essere nato dalla gratitudine? Non ti sentiresti più sereno e in pace con te stesso, se vedessi in lei l’amore senza il peso di questa verità? Érebos agì sulle menti di voi perché non vi poneste il problema, così che poteste godere della compagnia di Alekos senza doverlo ringraziare. Nel frattempo, nella tranquillità del suo studio, proseguì le ricerche per portare a termine ciò che aveva iniziato; salvare Alekos.”

Sia Felipe che Artemide si fissarono vicendevolmente, davvero senza parole e Thanatos, facendo spallucce e sorridendo loro, li salutò con un cenno e disse: “Beh, se ho risposto a tutto, io andrei. Ci rivedremo solo tra molto tempo, mortale, salvo visite di cortesia.”

“Thanny! Non puoi fare la spia!” esalò sconvolta Artemide, facendo tanto d’occhi.

“Mica gli ho detto quando! Accontentati che ho sbirciato qua e là nel libro di Atropo” replicò lui, strizzando l’occhio a Felipe prima di svanire nel nulla.

“Ma tu guarda…” brontolò Arty, prima di guardare un pallido Felipe e aggiungere: “Okay, basta dèi, per un po’.”

“Facciamo qualche mese, ti va?” gracchiò Felipe, crollando lungo disteso sul letto. “Vicini esclusi, s’intende.”

“Promesso” annuì Artemide, abbracciandolo stretta.

Sì, per un po’ non ne avrebbe voluto sentire parlare neppure lei, della sua parentela immortale. Ne aveva avuto abbastanza.

Nel chiudere gli occhi, però, sorrise commossa e si ripromise di ringraziare Érebos per ciò che aveva fatto per tutti loro e per Athena in particolare.

Quel gesto di amore altruistico aveva portato del bene a molti di loro, e non solo alla madre di Alekos e, per questo, lei avrebbe ringraziato il dio dell’oscurità. A costo di farlo arrossire per la vergogna fino alla fine dei tempi.






N.d.A.: tutto si è risolto per il meglio, e viene infine fornita una spiegazione per la singolare condizione di Alekos. Erebos ha tentato il tutto e per tutto, per salvarlo da una triste esistenza nell'Oltretomba e, grazie ai suoi consigli e al pronto intervento di Thanatos, è stato scongiurato il peggio.
Se qualcuno si stesse chiedendo che fine avesse fatto Hermes, in quel fatidico giorno, lo spiegherò più avanti. Ora, mi sto concentrando sulla storia di Achille, che presto vedremo apparire e che spiegherà come mai ci sia dell'acredine tra lui e Athena (con Apollo è evidente: ha contribuito a distruggere Troia, che Apollo proteggeva...).
A presto!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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