Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: _kementari_    12/06/2019    0 recensioni
Questa storia si ambienta in un universo in cui la seconda e la terza saga dell'autore non sono mai esistite, ci muoviamo dunque in un ambito esclusivamente dedicato alla mitologia greca. Quasi tutti i personaggi sono nuovi, ma per tenere viva la tradizione, è sempre una Testa d'Alghe a fare da perno alla storia! Questa nuova semidea è alle prese con la scomparsa della madre e con dei poteri più grandi di lei.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ade, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Percy/Annabeth, Poseidone
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
What do you want from me? Why don't you run from me?
What are you wondering? What do you know?
Why aren't you scared of me? Why do you care for me?

When we all fall asleep, where do we go?
Billie Eilish - Bury a friend


Aaron raggiunse Blake con una certa fretta. Al figlio di Ade piacevano poche persone e Aaron era una di queste, anche se ammetterlo era difficile per lui, abituato a non fidarsi di nessuno. Nonostante affermasse sempre che era una rottura tirare con l'arco e che preferiva allenarsi con la lancia, finiva per accontentarlo e perfino per ridere a crepapelle quando le loro frecce acchiappavano qualche satiro che rincorreva le ninfe. A volte Trevor si univa a loro e faceva crescere dei magici bersagli arborei con il suo flauto di canne. Altre volte le driadi Mynth e Flox si appoggiavano alla staccionata che circondava l'area per guardarli. A vederli così sembravano due opposti, come il giorno e la notte, l'uno sempre sorridente e attivo, l'altro indifferente e svogliato. Eppure si eguagliavano come bravura e completavano gli stili di combattimento l'uno dell'altro, pur rimanendo dei buoni guerrieri anche presi singolarmente. Quel pomeriggio, mentre Xenia dall'altra parte del campo si ambientava, i due passarono il tempo a sfidarsi e alla fine si gettarono sull'erba sfiniti. Avevano il fiatone e Blake riusciva a sentire qualcosa – elemento da non sottovalutare. «Grazie di tutto, Aaron.» disse, mentre prendeva fiato. Al suo fianco, l'altro si irrigidì, poi prese a ridere così forte che gli spasmi muscolari si propagarono al terreno.
«Ehi gente! Blake ha detto GRA...» gli arrivò una maglietta in faccia.
«E sta' zitto, dannato di un figlio di Apollo.» borbottò burbero, mentre una folata calda gli sferzava il viso. «Hai un figlio un po' tocco divino Apollo, ma non è certo colpa tua.» disse rivolgendosi al cielo, per poi sollevarsi a sedere, le braccia che puntellavano il terreno dietro la schiena. Le mani affondavano dentro il muschio morbido. Persino ora, Aaron si era sdraiato in pieno sole mentre Blake all'ombra di un pino. Le ombre gli infondevano sicurezza.
«Che ne pensi di Xenia?» gli domandò allora il figlio di Apollo, scostando la maglietta dalla faccia e rilanciandola all'altro.
«Mi sembra che non ci abbia detto tutto, qualcosa su sua madre... Ho provato a cercare di percepirla, ma non sono sicuro che si trovi tra le anime del regno di Ade.» non si riferiva quasi mai al dio della Morte con parole come “padre”. «Potrei provare a chiamare il suo spirito...» propose, ma incontrò lo sguardo impaurito di Aaron. L'ultima volta avevano cercato il nonno del ragazzo ed era stata per lui un'esperienza spaventosa. Si era accovacciato e a Blake era sembrato più piccolo e debole di quanto fosse in realtà. I morti erano tornati indietro e c'era voluta una mezz'ora buona per convincere Aaron che andava tutto bene in realtà e che suo nonno si trovava negli Elisi. Da allora, Blake aveva accuratamente evitato di invitarlo a certi riti.
«Non credo che serva» continuò, alzando le spalle e riprendendo il solito tono di voce «potrebbe essere viva, solo non proprio “qui”». L'altro annuì e non aggiunse nulla in merito, ma era evidente a Blake come fosse combattuto tra voler aiutare la ragazzina – come era nella sua natura – e salvaguardare la propria salute mentale. Capiva gli altri con facilità, ma relazionarsi con loro, Aaron escluso, era un'altra storia. Finiva sempre per ferire chi amava e portava troppo rancore verso chi lo aveva ferito.
Rimasero lì ancora un po', virando su argomenti leggeri: il programma del venerdì dopo prevedeva la caccia alla bandiera, condita adeguatamente di mostri, e presero a discutere di come sarebbero andate le alleanze quella volta.
«Pit vorrà sicuramente le case minori, specie Nemesi e Morfeo, dopo la caccia dell'altra volta.» osservò Aaron «Mentre Sophie si sceglierà Apollo e se prende noi prende anche te. Di solito Atena è alleata con Ermes, quindi penso che Efesto sarà scelto da Ares. Potremmo suggerirle di prendere Poseidone, voglio vedere la ragazzina all'opera.»  
Blake aveva un luccichio negli occhi. «Anche io voglio vedere che sa fare Testa d'Alghe due.» ammise, per poi sollevarsi in piedi. Era ora di cena.


La capanna numero tre si trovava davvero vicino all'acqua. Per la prima volta, Xenia si sentì davvero a casa. Aaron le aveva promesso che il giorno dopo le avrebbero fatto fare un giro del campo per vedere tutto quello che c'era di rilevante e per conoscere quella che lui chiamava “Sophie” con un certo affetto.
Mentre era sovrappensiero, la porta della capanna si aprì investendola e fece capolino una bella ragazza con gli occhi simili ai suoi e a quelli di Percy. Sembrava interdetta.
«Scusami, stavo sistemando per l'ispezione di domani, tu saresti?» domandò, inarcando un sopracciglio.
«Xenia Green... Tua sorella? Sorellastra? Come si dice?»
«Frena gli ippocampi, sorella va benissimo, vieni dentro!» esclamò la ragazza di rimando. «Io sono Delphine, vengo dal Canada. Tu invece mi sembri abbronzata, tipo papà.» osservò, mostrandole con un cenno della mano l'interno. Era azzurra, con sei letti, di cui uno solo era occupato. C'era una fontana che era stata riparata con il metodo delle porcellane giapponesi e che ora buttava acqua di continuo, il piatto conteneva alcune monete. Le pareti erano decorate con reti da pesca e conchiglie, dal soffitto pendeva un sonaglio che produceva un suono simile a quello delle onde. L'odore salmastro del mare e del pino marittimo pervadeva tutto lo spazio.
«Tu hai conosciuto Poseidone?» domandò Xenia incredula.
Delphine annuì «Verrà anche per te, vedrai. Dopo quello che è successo con Percy ha imparato a fare meglio il padre anche dei suoi figli umani e si fa vedere di quando in quando. Ultimamente è alle prese con il surriscaldamento globale, che è un bel problema e quindi è un po' che non passa. Ma sa che sei qui, dunque arriverà... non temere.»
Alla ragazzina quella sedicenne sembrò una sorta di roccia a cui appigliarsi, il suo tono e il modo in cui parlava erano rassicuranti.
«Ora fatti una doccia e andiamo a cena, dai... I bagni sono qui accanto.»
Xenia cercò di fare in fretta, anche se l'acqua sembrava festeggiarla, danzando intorno a lei. Gli altri fuori rimasero allibiti, ma quando ne uscì si specchiò nella capanna mentre si infilava la maglietta del Campo. Era dimagrita, ma somigliava ancora a sua madre: i capelli cerulei, quasi bianchi, ora fluivano più morbidi e lei li raccolse prontamente. La sua pelle abbronzata aveva una tonalità più sana dopo aver assunto l’ambrosia, quasi dorata. Infilò gli shorts che le avevano procurato e le Vans azzurre mezze distrutte, per ora aveva quelle. Seguì Delphine al tavolo per la cena.
I tavoli erano divisi per casa, tranne per istruttori e satiri che mangiavano al grande tavolo del signor D. Prima di mangiare, offrirono una parte del cibo e lei scelse i ribes. “Spero che ti piacciano, papà” pensò, osservando il fumo che saliva in volute dal braciere.
Delphine forse attribuì la sua scarsa loquacia a quello che le era successo – che aveva snocciolato in un modo riassuntivo molto simile a quello di Blake – perché non la richiamò quando invece di sedersi al falò la ragazza si allontanò verso il mare.
La spiaggia era deserta quando vi mise piede, così si accomodò su un tronco spiaggiato il più lontano possibile dal resto del campo. Voleva davvero fare amicizia, ma dover affrontare di nuovo la scomparsa della madre la destabilizzava. Fissò il mare come se si aspettasse che Poseidone venisse ad abbracciarla. Scosse forte la testa: non era il momento di fare la bambina. Qualcuno però arrivò: Percy le si sedette di fianco, senza chiederle nulla.


Per qualche istante il silenzio aleggiò tra i due come una barriera, poi Percy si decise a fare il primo passo, come gli aveva consigliato Annabeth a cena.
«Se ti va di parlare...» cominciò, non sapendo bene come destreggiarsi in quella situazione. Avrebbe preferito uccidere venti Dragoni.
«Ti pare che mi vada di parlare? Mi sono isolata per sport.» sbottò la ragazzina, poi si portò una mano alla bocca e scosse la testa di nuovo. «Scusa.» mormorò. «Pensavo di non piacerti.»
Percy incassò il colpo come se fosse stato un pugno di Clarisse. «E' stata una giornata pesante anche per me, non c'entri nulla tu. E poi... pensavo di essere l'unico mezzosangue di Poseidone. Poi è arrivata Delphine, ma lei è sempre stata così affabile. Tu invece mi ricordi com'ero io quasi dieci anni fa' e non è facile avere a che fare con me stesso.» confessò, guardando il mare. Xenia invece guardava lui, ma poi lo imitò e si volse verso le acque. «Tu e Annabeth siete i miei eroi da quando avevo dieci anni. È il pensiero del campo che mi ha fatta andare avanti anche quando lei...» le si mozzò la voce.
«Anche io pensavo che mia madre fosse morta quando arrivai qui...»
«Lei non è morta!» esclamò Xenia, e poi uscì tutto di getto. «E' scomparsa quando avevo undici anni. Lei non era più lì e il mio patrigno mi ha tenuta a casa da scuola per dare una mano nel suo bed and breakfast. Si occupava solo dei suoi figli, di me non gli importava molto, ma va bene così, almeno potevo andare a fare surf, giocare con i delfini e gli squali, avvicinare gli ippocampi. Ma da quando lei non c'è più stata i mostri hanno cominciato ad attaccarmi più spesso ed ero al sicuro solo in mare. Il Lestrigone è stato l'ultimo di tanti.» rabbrividì e la cosa non sfuggì al fratellastro.
«Ti va di surfare adesso?» le chiese allora.
«Ma non abbiamo tavole qui...» lei si guardò intorno, ma Percy stava scuotendo la testa.
«Non ne abbiamo bisogno, faremo senza, vieni!» la esortò, dirigendosi verso l'acqua. «Devi solo plasmare l'acqua come se fosse lei la tavola. Concentrati sul mare, sul tuo legame con il mare e poi pensa alla tua tavola e quando ce l'avrai bene in mente...» quando la guardò di nuovo la ragazzina stava in piedi sulle acque, su di una tavola di acqua marina vorticante e un sorriso beffardo stampato in volto.
«Okay pivella, vediamo se mi tieni testa anche in movimento» di onde non ce n'erano, così si limitò a sfrecciare verso il mare aperto, con Xenia alle calcagna che rideva, ebbra di adrenalina. Ai figli di Poseidone rimuginare non fa bene, lo sanno tutti.
Andavano veramente veloci, in un testa a testa continuo, senza mai cedere il passo. Ad un certo punto Percy fece una brusca virata, che Xenia identificò mentalmente come “45° ovest” ossia stava facendo ritorno verso la riva. La ragazzina sbuffò contrariata e si fermò a braccia incrociate.
«Ora te la fa vedere la pivella» sbottò, mentre la stretta che percepiva alla bocca dello stomaco si faceva più forte. Il vento fece ondeggiare la coda e l'aria si saturò di umidità.
Un istante dopo sfrecciava su un cavallone diretta verso riva, all'inseguimento del fratellastro, sulla sua tavola di acqua condensata. La piacevole sensazione che accompagnava l'uso dei suoi poteri si fece più intensa, finché non si trasformò in una stretta dolorosa. Era a un metro da Percy ormai, quando il dolore divenne insopportabile e lei mollò la presa sull'acqua: una cascata di flutti marini si riversò addosso a lei e all'altro semidio. Xenia cercava di prendere aria sott'acqua in una bolla gigante – può sembrare strano ma vi assicuro che è la stranezza minore di questa pargoletta.
Una mano la trascinò di nuovo in superficie acchiappandola per la maglietta. Gli occhi verde acqua – simili ai suoi – erano furenti.
«Volevi forse morire? Sei impazzita? Devi allenarti per fare queste cose!»
Percy non sembrava impressionato, nossignori, anzi era completamente contrariato.
«Non è mai stato un problema fare cose del genere.»
«Sul serio?»
Xenia si limitò ad annuire con vigore, assumendo un cipiglio ostinato. Sul viso altrui lo spavento sfumò in incredulità, condita da un poco di gelosia forse. Solo in quel momento la ragazzina si accorse che erano di nuovo sulla spiaggia, dove Chirone li stava aspettando a braccia conserte con un'espressione indecifrabile. La coda sferzava tra le zampe posteriori. Non disse nulla, si voltò e tornò al falò. Mentre si rimetteva in piedi Xenia guardò Percy e notò che incassava la testa tra le spalle come se lo avesse in qualche modo deluso. Sospirò e si voltò a guardarla.
«Ora vai a farti una dormita e impara che puoi evitare di bagnarti i vestiti. Per stavolta ci ho pensato io» le disse, allontanandosi verso il falò serale.
I passi condussero la ragazzina alla capanna numero 3 come se fosse lì da sempre. Vi si infilò in silenzio, ma notò che Delphine non era ancora tornata, probabilmente era piena di amiche, come chiunque altro al Campo. Forse non si sarebbe ambientata nemmeno lì, pensò, forse non esisteva una casa per una calamità come lei.
Si addormentò formando un burrito di coperte nel letto opposto a quello occupato, vicino alla strana fontana con le monete dorate nel piatto.

I semidei non sono mai benedetti da sogni normali, questo è bene ricordarlo, prima di narrare quanto vide quella notte la ragazzina.

Si trovò sull'orlo di un immenso cratere rovente. Le sembrò che fosse troppo caldo persino per lei che era cresciuta con un clima quasi tropicale. Ricordava vagamente la bocca di un vulcano, ma da esso non provenivano schizzi di lava, sebbene fosse illuminato dalla medesima luce rosso-arancio. Un'altra differenza era l'apparente forma cilindrica: più che un tronco di cono, la cavità ricordava infatti un pozzo senza fondo.
Per qualche motivo essere in quel luogo la fece sentire male, lo stesso malessere che le aveva causato una volta fare parasailing, come la dolorosa sensazione di essere nel posto a cui non appartieni, solo più accentuato.
«Non va bene, sono troppo vivaci. Dovrebbe essere un mortorio questo posto» commentò una voce cupa accanto alla sua, che le ricordò una versione adulta della voce di Blake. Si voltò di scatto, cercando di capire cosa ci facesse lui nel suo sogno, quando si rese conto di essere affiancata da un uomo e non da un ragazzino poco più grande di lei.
Si stagliava alto e longilineo, con la pelle dalla tonalità talmente cadaverica da virare al grigio vicino agli occhi, dove aveva delle occhiaie profonde, come se non dormisse da... secoli. A ricordare Blake non era solo la voce: l'uomo possedeva dei lunghi e lucenti capelli nero corvino, legati in un elegante chignon e pareva essere fissato con il nero. Oltre agli occhi, ovviamente, erano color ossidiana tutti i vestiti che indossava, dal chitone al mantello, agli spallacci che lo sormontavano, fino allo scettro che teneva nella mano.
La giovane semidea sussultò di consapevolezza. Si trovava davanti al sovrano degli Inferi, nonché suo zio, dunque il suo sogno doveva averla condotta lì per qualche motivo. Nel frattempo Ade continuava a parlare da solo: «Forse non hanno ancora imparato che agitandosi non riporteranno sulla terra Crono tanto presto», poi prese fiato e tuonò «Silenzio laggiù! Ho un regno da governare e non riesco a concentrarmi se fate tutto questo casino!»
La scena sfumò lentamente e la ragazza si rese conto di non trovarsi più negli Inferi, ma in un altro luogo decisamente poco ospitale.
Tre fagottini erano stati abbandonati su una sorta di altare in una caverna. Apparentemente erano tre belle bambine: quella in centro si guardava intorno imbronciata, quella di sinistra dormiva mentre quella di destra strillava a più non posso. Doveva certo trattarsi di un altro sogno perchè Xenia non poteva muoversi dal posto in cui stava osservando la scena, per quanto desiderasse placare il pianto di quella bambina. Un lato di lei invece le intimava di tenersi a distanza, comunicandole una sorta di inquietudine.
Ma che male potevano farle delle infanti? E soprattutto, per quale motivo erano state abbandonate in quel luogo?
La mattina dopo si svegliò con le guance rigate di lacrime, mentre alla sua sinistra Delphine si rigirava nervosamente nel letto. Decise di uscire presto per parlare con Chirone di quanto era accaduto la sera precedente.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: _kementari_