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Autore: Maricuz_M    14/06/2019    7 recensioni
[Bakudeku | AU No quirk]
Izuku è un brillante studente universitario, nerd da una vita ed estremamente miope. Katsuki passava di lì durante la disfatta.
Tratto dalla storia:
“Quanto riesci a vedere?”
“Mh.” Izuku si portò la mano libera dai pezzi a venti centimetri dalla sua faccia “Nitidamente fino a qui.”
“Cazzo.”
“Già.” Ripeté Izuku, chiudendo gli occhi. Voleva solo andare a casa. Ci mancava solo la sua prima delusione in amore, nonché bullo personale, a rovinare completamente la sua giornata. Quando riaprì le palpebre, una mano era nel suo campo visivo, e non era più la sua.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Una giornata assurda



Uno, due, tre…
Doveva mantenere la calma. Non era la prima volta che si ritrovava in una situazione simile, era già successo in un’occasione. Andava in seconda superiore e pochi giorni prima aveva fatto una visita oculistica. Aveva scoperto quanto effettivamente fosse sempre più miope. O meglio, quanto effettivamente fosse sempre più talpa.
Quattro, cinque…
A quei tempi neanche sapeva come erano fatte le lenti a contatto, in più non poteva permettersi di comprare un’altra montatura per i suoi occhiali. L’aveva acquistata pochi mesi prima e già era costretto a cambiare le lenti. E soprattutto: a lasciare gli occhiali al negozio. Quella volta c’era sua madre con lui, e a dirla tutta ci vedeva anche meglio di adesso, ma ricordava ancora distintamente il senso di ansia che provava a guardarsi intorno e non riuscire a distinguere praticamente nulla.
Sei, sette, otto…
Era facile ricordarlo, anche perché stava provando la stessa cosa in quel momento, mentre raccoglieva i pezzi da terra. Concentrandosi sul loro numero poteva essere un ottimo metodo per ignorare il panico che cresceva.
Non stava funzionando granché.
Quella giornata era iniziata bene, era continuata benissimo e adesso voleva solo abbandonarsi a un pianto disperato; che strana la vita. Si era svegliato presto, ma riposato. Dopo una doccia e una bella colazione era uscito e aveva preso la metro per raggiungere la sua università e fare un esame per cui era sicuro di essere molto preparato. Sapeva le risposte a tutte le domande, e alla consegna dei fogli non gli era sfuggito il sorriso mal celato del professore. Da lì in poi la vera gioia.
Se c’era una cosa che amava dell’università erano le ore subito dopo un esame. Se sentiva di aver fatto un bel lavoro, quindi il 98% delle volte, si viziava comprando un fumetto –o più di uno- al negozio che si trovava a metà strada tra l’istituto e il parco più grande della città, dove passava le suddette ore a leggere e godersi l’aria aperta di cui si era privato per studiare.
Izuku stava vivendo un momento spettacolare. Le prime belle giornate in cui trarre piacere dal venticello fresco e dal sole caldo erano arrivate, ed era circondato da verde, persone felici e bambini che giocavano a pallone. Che in quel caso lo colpivano in faccia e gli rompevano gli occhiali mentre era concentrato sul suo supereroe preferito.
Quella piccola figura sfocata si era scusata in mille modi possibili e lui non poteva fare altro che tranquillizzarlo, ma non appena lo aveva lasciato solo l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano le parole “voglio piangere”.
Nove, dieci, undici…
Così aveva iniziato il tentativo di raccogliere i pezzi, sia quelli degli occhiali che della sua anima, ora irrequieta. I pensieri si accavallavano, non sapeva con quale forza alzarsi e cominciare a dirigersi verso la metro. Aveva il respiro affannato e faceva fatica a definire i contorni delle sue mani che tastavano l’erba freneticamente.
Dimenticava sempre quanto fosse effettivamente perso senza occhiali. Una cosa era girare per casa, dove avrebbe potuto camminare a occhi chiusi, ma all’aperto? Izuku era sicuro di star provando la sensazione più brutta della sua vita. In quello stato non avrebbe riconosciuto neanche sua madre se non fosse entrata nel suo spazio personale.
“Deku?”
Izuku si immobilizzò in un attimo. Solo una persona lo chiamava in quel modo. Alzò piano la testa, sperando di identificare almeno un po’ la sagoma. Assottigliò istintivamente gli occhi, un po’ per mettere a fuoco e un po’ perché ovviamente Katsuki era in controluce. Beh, questo almeno lo aiutò a distinguere i capelli biondi.
“Ka-Kacchan?”
“Ma che cazzo stai facendo?”
Rimasto a bocca aperta, riuscì solo ad emettere un “Ehhhh” prima di riabbassare la testa. Diciassette pezzi.
Sentì l’altro spostarsi, forse cambiando la gamba su cui poggiava il peso “Beh, quindi la tua loquacità non è cambiata granché.”
“Nemmeno la tua gentilezza.” Commentò sarcastico, riferendosi non solo a quella constatazione, ma anche alla domanda di poco prima. Non si vedevano da quanto, sei anni? E non si parlavano da molto più tempo.
Proprio adesso?
“Huh.” Un altro movimento, poi il silenzio. Izuku cercò di ignorare la figura che lo sovrastava mentre continuava a cercare pezzi, ormai prostrato di fronte alla sua immane sfiga “Non ricordavo portassi gli occhiali.”
Izuku sbuffò una risata “Ho iniziato a portarli dopo le medie.”
“La pubertà fa schifo, mh?”
“Già.”
“Quanto riesci a vedere?”
“Mh.” Izuku si portò la mano libera dai pezzi a venti centimetri dalla sua faccia “Nitidamente fino a qui.”
“Cazzo.”
“Già.” Ripeté Izuku, chiudendo gli occhi. Voleva solo andare a casa. Ci mancava solo la sua prima delusione in amore, nonché bullo personale, a rovinare completamente la sua giornata. Quando riaprì le palpebre, una mano era nel suo campo visivo, e non era più la sua.
Alzò il viso d’istinto, ma non riuscì a vedere nulla di quello che stava cercando. Ancora quella sagoma dai capelli biondi in controluce. Sospirò accettando l’aiuto e si tirò su, trovandosi davanti, leggermente sfocato ma molto, molto meno di prima, il volto di Katsuki.
“Ah.”
“Mh?”
“La pubertà ha fatto schifo solo a me, quindi.”
“…Cosa?”
Arrossì di botto, rendendosi conto di averlo detto ad alta voce “No, mi è uscita male, era una domanda!” si affrettò a specificare, mentendo “Volevo fare conversazione. Com’è andata la vita? Le superiori? Che fai ora?”
Anche se non a fuoco, era evidente anche per lui il ghigno sulle labbra di Katsuki. Era sempre lo stesso, quello, anche se la sua malizia sembrava molto smussata rispetto a quella di quando erano ragazzini e lo prendeva in giro. O forse, più semplicemente, non lo stava prendendo in giro..?
“La vita è andata come doveva andare. Ieri sera sono tornato a casa, ho finito la sessione.”
“Ah, bene, bene. E cosa studi?”
A questa domanda seguì qualche secondo di silenzio di troppo. Non era sicuro, ma a Izuku era sembrato di vedere Katsuki distogliere brevemente lo sguardo.
“Psicologia.”
“Ah.”
Allarme rosso, doveva aggiungere qualcosa, lo sapeva, sentiva che Katsuki aveva bisogno di una risposta più argomentata di questa e, maledetta empatia, non poteva lasciar cadere l’argomento così.
“Beh, hai sempre saputo dove colpire, magari ora hai le intenzioni giuste.”
Ma che cazzo ho detto?
Katsuki abbassò la testa e sorrise, stavolta dando all’altro un’impressione totalmente diversa rispetto alla precedente. Gli sarebbe arrivato un pugno in faccia e nemmeno lo avrebbe visto arrivare. Izuku stava già per scusarsi, ma l’altro parlò prima di lui.
"Fottiti, ma me lo merito."
Forse la pallonata gli aveva causato anche una commozione cerebrale: in realtà Izuku non era cosciente e stava sognando i traumi del suo passato che tornavano nel presente per fargli compiere chissà quale sviluppo personale affinché potesse risvegliarsi come la versione migliorata di se stesso.
"Noto che il tuo filtro cervello bocca è davvero sempre il solito." Katsuki lo riportò nel mondo reale ancora una volta e Izuku non ce la faceva davvero più.
"Io voglio solo andare a casa."
"Come ti pare. Ti accompagno."
Izuku stava alzando la testa per guardare il cielo, che quei minuti era l'unica cosa quasi definita intorno a lui, ma quella frase lo bloccò di nuovo sul viso del suo interlocutore.
"Mi vuoi uccidere?"
"Certo, è il modo migliore per iniziare una carriera da psicologo con i controcazzi."
"Non riesco a ridere."
Katsuki sospirò e si abbassò. Non capì cosa stesse facendo finché non tornò su con le mani occupate dal fumetto e dalla tracolla che usava Izuku per andare all'università "Ti sei trasferito negli ultimi anni?"
"No?"
"Dimmelo te," sventolò leggermente il volume "nerd."
"No, non mi sono trasferito."
"Allora posso farti da navigatore senza problemi."
Quella situazione era a dir poco paradossale, ma forse Katsuki avrebbe davvero potuto essere la sua salvezza in quella situazione, e di certo non poteva lasciarsi sfuggire l'opportunità di tornare sano e salvo a casa. Posto che le intenzioni del biondo veramente non fossero di ucciderlo.
"Uhm, ok. Ti ringrazio. Aspetta solo un momento..." Tastò un po' la tracolla per trovare una tasca in cui mettere i pezzetti di occhiali che ancora aveva in mano -e che non gli sarebbero più serviti a niente ma vabè, ormai li aveva raccolti-.
"Credo..." si guardò intorno strizzando ancora gli occhi inutilmente "Credo che l'uscita sia là."
Vide Katsuki annuire e aprire la bocca mentre Izuku gli voltava le spalle "Sì, però stai attento alle radi- Deku!"
Lì capì che sarebbe stato un viaggio lunghissimo. In meno di tre passi era già riuscito ad inciampare e ritrovarsi abbarbicato all'altro che, per fortuna, sembrava essere portato per l'assistenza a talpe sfigate.
"Ehhhm... grazie." Si liberò dalla presa e si rimise dritto, schiarendosi la voce. Sono arrossito? Mi sento arrossito. Sono sicuramente arrossito.
"Sì, sei arrossito, ma sono abituato, tranquillo."
"Cos-" Izuku lo guardò piccato "Che modestia, Kacchan!"
"...Intendevo dire che ti conosco da quando eri un marmocchio e arrossivi e piangevi ogni tre per due."
Izuku lo fissò senza sapere con cosa replicare. Riprese a camminare -con molta cautela-, non senza qualche borbottio sul fatto che anche Kacchan era un marmocchio quando lui era un marmocchio.
Sentì che il biondo aveva iniziato a seguirlo, e poco dopo qualcosa gli stava sfiorando la schiena. In effetti si sentiva più sicuro sui movimenti, ma quel contatto leggero gli provocava un po’ di ansia. Non si sentivano da anni eppure parlavano come se non fosse così, inoltre a Izuku sembrava di parlare con una persona totalmente nuova. A pensarci bene anche quell'ansia che percepiva non era la stessa del periodo delle medie.
Ormai erano arrivati a uno dei cancelli del parco, Izuku vedeva intorno a sé meno verde e sempre più sagome che gli venivano incontro. Rallentò istintivamente, incerto sugli spostamenti e con un peso in più sul petto.
"Tranquillo, nerd." Katsuki gli afferrò il braccio, e di nuovo c'era una combo di abitudine e novità "Sarò i tuoi occhi."
Izuku sbuffò una risata "Che fortuna."
"Ti lascio qui."
"No, no. Guidami."
Non parlarono molto i primi minuti. Izuku era troppo concentrato su se stesso; le strade erano piene di persone indistinte che si muovevano verso di lui o che comparivano dalle sue spalle. Era terribile. Ringraziò mentalmente Katsuki un milione di volte, convinto che se da solo fosse arrivato fino a lì, sarebbe successo solo dopo minimo un attacco di panico. Nonostante questo non era comunque sicuro di averlo evitato. Respirava profondamente cercando di non cedere all’affanno e guardava dritto a sé facendo finta di non essere disturbato dalla sua miopia. Dio, quanto mi snerva…
In tutto questo Katsuki non si era staccato neanche un istante, ma se ne accorse solo quando le dita intorno al suo braccio fecero una pressione maggiore per fermarlo. Avevano raggiunto la stazione della metro, quindi le scale. Izuku sospirò.
“Ce la fai, non preoccuparti. Vai piano e non dovrò salvarti di nuovo il culo.” Beh, gli incoraggiamenti di Katsuki erano sicuramente migliorati, ma avevano ancora bisogno di qualche perfezionamento. Fece comunque un sorrisino e annuì, spostando piano il piede destro in avanti. Vedeva il passaggio da marciapiede e scalino perché c’erano due colori diversi affiancati, ma gli era impossibile andare a colpo sicuro.
Incerto cominciò a scendere, Katsuki sempre al suo fianco. All’ultimo scalino, quando ormai si sentiva al sicuro, cedette alla tentazione di voltare la testa per scoprire quale espressione avesse il biondo, convinto di scorgere noia o fastidio.
Niente di più falso.
Lo sguardo di Katsuki era concentrato sui piedi di Izuku, il volto rilassato, ma soprattutto abbastanza vicino da essere perfettamente a fuoco.
Superato l’ostacolo, Izuku era ancora in piedi e integro. Katsuki non aveva più bisogno di guardare dove il più piccolo stesse andando, così Izuku attese. Sentì che quella giornata stava tornando ad essere bella quando dopo sette anni rivide ogni sfumatura degli occhi dell’altro.
Lancette ferme e salto all’indietro, si sentì come quando da ragazzini Katsuki lo guardava senza cattiveria, mostrandogli che era molto più di parolacce e urla; come quando arrossiva se gli scompigliava i capelli o lo ringraziava, col solito broncio, se gli raccoglieva la penna appena caduta.
Non sapeva se lo stava fissando da pochi istanti o da secondi interi, ma l’altro glielo stava lasciando fare. Addirittura fece capolino il pensiero che Katsuki non stesse solo ricambiando lo sguardo, ma che lo stesse osservando a sua volta. Fu questo a fargli ripartire le lancette e a fargli sbattere le palpebre spaesato.
Katsuki fece un passo indietro e si schiarì la voce con non-chalance, volgendo l’attenzione altrove “Per un attimo ho pensato che avessi perso del tutto la vista.”
Al contrario. Izuku si morse il labbro e ricominciò a camminare piano “Mi ha sorpreso il fatto di non esser caduto.”
“Cadrai quando lo voglio io.”
“Continuo a non esser rassicurato dalle tue parole.”
“Non era una rassicurazione, Deku.”
Per qualche motivo era certo che quella fosse una battuta, nonostante i loro trascorsi. Rise e con la propria spalla toccò quella di Katsuki per simulare una spinta, ignorando la velocità dei battiti del suo cuore. Tachicardia dovuta al panico, sicuramente. Di certo non perché vecchie cotte si sono risvegliate dal nulla insieme a qualcos’altro più giù.
Finché non furono all’interno del vagone non dissero nient’altro. Come al solito i posti erano tutti occupati, portandoli a reggersi a uno dei pali di fronte alle porte. Izuku si guardò un po’ intorno per evitare di ricominciare a fissare l’altro, ma non lo faceva stare per niente bene. La combinazione tra mondo sfocato e scosse tipiche di quel mezzo lo rendevano particolarmente inquieto.
Provò a chiudere gli occhi e ad abbassare la testa, ma ciò gli provocò invece malessere fisico dopo appena una ventina di secondi. Sospirò rinunciando al suo piano B, e mentre pensava al successivo notò che Katsuki aveva raggirato il palo per mettersi di fronte a lui. Di nuovo a fuoco.
“Cosa c’è?” chiese Izuku, tentando di nascondere il sollievo per avere finalmente un appiglio visivo. Per la prima volta fece attenzione anche all’abbigliamento dell’altro. Una canottiera e dei pantaloncini corti sportivi; la sua presenza nel parco aveva finalmente senso.
“Sembrava tu non sapessi dove guardare.”
“E dovrei guardare te?”
“Racconta, come sei diventato un puntiglioso del cazzo?”
“Me lo dica lei, dottore.”
Izuku vide con chiarezza la lingua di Katsuki passare brevemente sul labbro inferiore prima che cominciasse a mordicchiarlo. Stava nascondendo un sorriso che non pareva fosse dovuto al solo divertimento. Gli venne da sorridere di riflesso, ma gli si bloccò il respiro quando gli occhi di Katsuki si posarono sulle sue labbra per un lunghissimo secondo.
Che sta succedendo?
“Potrei sbagliarmi, non sono ancora dottore, ma credo tu sia solo una piccola testa di cazzo.”
Izuku scoppiò a ridere e scosse la testa “Non mi sembra un parere molto professionale, anzi, mi sembra abbastanza superficiale.”
L’espressione di Katsuki cambiò, o forse si era solo avvicinato di qualche centimetro “C’è sempre tempo per andare più in profondità.”
Nah.
Nah, quello non era un doppio senso.
Naaaaah.
Izuku deglutì, totalmente catturato dagli occhi di Katsuki. Sentiva il sangue raggiungere le zone più inopportune –no, non solo le guance- e una sensazione strana allo stomaco. L’altro se ne stava lì, immobile, a scrutare ogni centimetro del suo viso totalmente disinteressato al fatto che lo stesse praticamente uccidendo.
“Questa…” Izuku realizzò di star parlando solo perché riconobbe la sua voce. Katsuki ormai stava dedicando a lui tutta la sua attenzione, paziente come solo un predatore con la sua prossima vittima sa essere.
“Questa è la mia fermata.”
Mentre Izuku entrava nel loop di auto-offese mentali, Katsuki lanciava un’occhiata verso l’esterno. Alzò un sopracciglio mentre si aprivano le porte “Come hai fatto?”
“Ho contato.”
“Mh.” Katsuki lo afferrò per il braccio e lo trascinò fuori, avvicinandolo più a sé mentre le persone si ammassavano intorno a loro per uscire.
Finché non furono di nuovo all’aria aperta non ebbero modo di continuare la conversazione, e Izuku non sapeva se gioire o meno. Non era sicuro di aver interpretato bene la situazione, ma gli era sembrato che Katsuki stesse flirtando con lui. La sua mente glielo sussurrò pian piano, impaurita dal rischio di aver frainteso tutto, ma quando dopo un breve tratto a piedi si trovarono di fronte l’abitazione di Izuku glielo stava praticamente urlando.
Non solo Katsuki aveva nettamente accorciato le distanze rispetto a prima nel tragitto, ma adesso che erano arrivati si era appoggiato al muretto in un punto che Izuku avrebbe potuto mettere a fuoco facilmente. Si era accorto dell’effetto che gli facevano i suoi occhi, non c’era altra spiegazione, e non era nemmeno così sconvolgente. Izuku ammirava lo spirito d’osservazione di Katsuki da quando aveva scoperto cosa fosse lo spirito d’osservazione. Glielo aveva praticamente insegnato lui.
“Quindi… Ehm. Grazie per avermi scortato.”
“Ho fatto cose più spiacevoli.” Ghignò Katsuki, inclinando la testa. Izuku annuì, incerto sul da farsi. Prese la tracolla non appena l’altro gliela porse e iniziò a cercare le chiavi tastandola, giusto per far finta di non star andando totalmente in tilt per non si sa quale ragione.
“Magari la prossima volta mi fai vedere quanto sembri ancora più nerd con gli occhiali.”
No, non lo stava aiutando. Era una frase tanto per dire, una presa in giro o una proposta? Nel dubbio Izuku sbuffò una risata, convinto che a buttarla sul ridere non avrebbe mai sbagliato.
“Magari con gli occhiali ti aiuto a ritrovare la tua simpatia.”
Lo vide mordersi l’interno della guancia pensieroso “Posso darti il mio numero, così se la trovi per primo mi avverti.”
Che giornata assurda.
Sbatté un paio di volte le palpebre prima di affrettarsi ad afferrare il cellulare. Izuku, calmati, se fai così sembra che non aspettassi altro! Lascia perdere il sorriso soddisfatto di Kacchan, fai il disinteressato.
“Forse è il caso. Mi rendo conto della gravità della situazione.” Commentò mascherando l’entusiasmo. Katsuki gli dettò il numero con tono divertito, poi si staccò dal muretto e si posizionò di fronte a lui per scompigliargli i capelli. Certe cose non sono cambiate, quindi.
“Fammi sapere, nerd.”
Si girò e scomparve. O meglio, divenne sempre più sfocato fino a scomparire. Nonostante questo Izuku continuò a guardare in quella direzione, chiedendosi se Katsuki fosse veramente stato insieme a lui tutto quel tempo.
Rientrato a casa si mise un paio di lenti, si fece una doccia e si buttò sul letto per finire di leggere il fumetto lasciato a metà. Il dubbio ce l’aveva ancora, ma una cosa era certa: il nome Kacchan nella rubrica spiccava fra tutti gli altri.

 


Niente, ogni tanto ritorno, stavolta con una one-shot.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, spero di avervi allietato per qualche minuto con questa cosa nata a caso. <3

A presto, spero

Maricuz
   
 
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