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Autore: anna_mi    14/06/2019    1 recensioni
Tutto sembra compiuto, ma l'amore non conosce ragioni: nonostante l'abbandono e la lontananza, c'è qualcuno nel mondo che non accetta che la Madre dei Draghi sia morta.
L'inverno è davvero finito?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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C'era stato un tempo in cui Grande Inverno era stata la più inespugnabile delle fortezze e delle carceri, ancora di più per chi avesse avuto piedi per andarsene in qualsiasi momento volesse. E c'era stato un tempo in cui lei non avrebbe voluto altro che fare un passo, dieci, mille, di corsa, oltrepassare quei cancelli e volare verso il sud, nel mondo che poteva offrire altro che non fosse ghiaccio, freddo, neve, lupi o vecchi alberi intagliati con volti devastati. C'era stato un tempo in cui aveva preso quasi a detestare quelle mura e quelle torri, quelle strade e quelle cripte, tutto quello che adesso lentamente ricostruiva. Nel tempo in cui tutto era stato una sbarra che la separava dalla vita, aveva fantasticato di quando sarebbe andata finalmente via, per tornare forse con i suoi figli a far conoscere loro il Nord, con la sua gente fredda e sospettosa, con il suo clima difficile, con le sue terre piene di insidie per chi non le conosceva. Aveva mille volte pensato a come sarebbe stato lasciare il suo piccolo principe e futuro re a giocare tra i cancelli di Grande Inverno, a cavalcare insieme al nonno, troppo piccolo per impugnare Ghiaccio ma già affascinato dalle armi; e il nonno gli avrebbe detto che erano una responsabilità ed andavano usate con cautela e consapevolezza, mai per divertimento o sollazzo. Suo padre lo sapeva bene. Aveva immaginato la sua piccola principessa insieme alla nonna ad imparare l'arte del lavoro a maglia, delle sete, del lino, forse sarebbe stata una ribelle come la zia; allora, questo pensiero la faceva rabbrividire. Adesso la riempiva di tenerezza, e anche di orgoglio, da qualche parte nel suo cuore. O in quello che ne rimaneva. Guardandosi intorno, nei ponti in restauro, nel cortile in ricostruzione, poteva vederli tutti: suo padre e sua madre, mai troppi vicini da stare uno addosso all'altra ma nemmeno abbastanza lontani da non toccarsi, suo padre che aveva nelle vene più Nord che sangue; Arya, intenta a correre di qua e di là fuggendo da qualsiasi cosa la potesse rendere meno sporca o selvaggia, meno libera; Bran, in piedi, appeso ai muri, sempre in bilico dove non doveva essere; Rickon, piccolo e delicato, dai capelli rossi e il carattere difficile; Theon, con l'arco in mano e l'immancabile risata che tanto irritava lord Stark; Robb, un altro uomo del nord, impaziente di imparare l'arte della guerra, fiero e orgoglioso; e Jon. Jon lo vedeva insieme a Robb oppure in disparte, una velata malinconia gli percorreva spesso il volto, a casa sua ma fuori posto. Anche adesso, pensava spesso a Jon: cosa stesse facendo, se avesse trovato pace. Se per lui ci fosse stata pace. Nonostante avesse passato gran parte dell'infanzia senza badare troppo a quel fratello che avrebbe potuto fare a meno di essere lì, adesso riconosceva che senza di lui sarebbe potuta morire in balia di sadici e assassini. Lo aveva tradito, ma sapeva che era quanto di più prossimo al mondo ci fosse alla sua famiglia: nonostante le sue origini, nonostante il suo cognome, nonostante il mondo girando fosse cambiato, Jon era rimasto sempre lo stesso, incapace di fare del male per divertimento, incapace di pensare al potere, impossibilitato ad agire per interesse personale. In quel frammento di cuore che le era rimasto, Jon avrebbe avuto sempre un posto. Era riuscita ad evitargli la morte, e l'esilio era un duro compromesso, ma vantaggioso per tutti. Qualche volta, affacciata alle mura guardando verso il Nord più nord, aspettava di vederlo arrivare, mantello nero e capelli raccolti, preceduto dalla cosa bianca che mischiata alla neve si distingueva soltanto se alzava gli occhi iniettati di rosso. Anche Lady era stata bianca, una vita fa. Si scopriva a sorridere, pensando a quanto adesso questo carcere fosse importante per lei. Scostava delicatamente la bambina che era stata, indossava la corona e andava a fare la Regina del Nord, finalmente indipendente. Non erano arrivati più corvi da Approdo del Re, dopo la devastazione. Dopo che Bran lo Spezzato era diventato re e aveva concesso l'indipendenza, il Nord si era chiuso in una ricostruzione totale. Daenerys Targaryen era morta. Nelle storie della vecchia Nan, la cometa simboleggiava i draghi. Forse Drogon era morto da qualche parte, e la parentesi Targaryen svaniva come la follia della Madre dei Draghi. I Targaryen erano finiti, l'unico rimasto sarebbe sempre stato uno Stark. Cersei Lannister era morta, insieme a suo fratello Jaime e al loro figlio, così aveva sentito. Avrebbe dovuto dispiacersi per la creatura senza colpe, invece provava uno strano senso di liberazione, spesso si scopriva ad immaginare un'altra morte, più lenta e più dolorosa, per quella donna che tanto l'aveva vessata e sottovalutata. Theon era morto, preoccupato di non riuscire a sdebitarsi. Petyr Baelish era morto, lui che le aveva insegnato così tanto. Arya era andata via, chissà dove, chissà se ancora viva. Bran era il re, sapeva e vedeva tutto, ormai non era più nessuno che lei conoscesse. Brienne era diventata la lady comandante della guardia reale di suo fratello. Sorrideva pensando a quanto si sarebbe irriggidita nel sentirsi chiamare lady. Aveva preso il posto dell'uomo che tanto aveva amato, anche se non glielo aveva mai detto. E lei era sola, ora. Sansa Stark di Grande Inverno, la Regina del Nord, la corona con i meta-lupi Stark, si occupava della ricostruzione del castello e della coscienza del Nord. Di tanto in tanto usciva, rigorosamente a cavallo e mai in carrozza, con il suo seguito, a dare un'occhiata e una mano ai lord e alle ladies dei luoghi circostanti. Forte Terrore era stato abbattuto su suo ordine, e al suo posto cresceva di giorno in giorno una fortezza che sarebbe stata assegnata prima o poi a persone più degne. Lentamente si stavano rialzando, lentamente ricostruivano ogni cosa. Nei momenti passati a cavallo nei boschi circostanti, sentendo il canto degli uccellini, Sansa pensava inevitabilmente a Sandor Clegane, e allora smontava di sella e si sedeva di fronte ad un albero-diga, quando non si ritirava nel parco degli dei di Grande Inverno sotto l'albero del cuore. Il Mastino era morto uccidendo suo fratello, ser Gregor, buttandosi insieme a lui nel fuoco. O almeno così le avevano detto. Provava una strana nostalgia nei momenti in cui pensava a lui: poche volte erano stati a contatto, altrettante poche volte avevano conversato, aveva cantato per lui, eppure si sentiva al sicuro nel mondo, lei un tempo uccelletto, sapendo che ci sarebbe stato un Mastino a proteggere il suo canto. Sandor non c'era più, e questo la riempiva di un'inspiegabile vuoto, microscopico ma percettibile. Aveva addirittura pensato, ricordando i racconti di Arya, che forse sarebbe potuto tornare indietro, come l'uomo con un occhio solo che aveva combattuto ed era morto nella Lunga Notte; ma il Mastino era bruciato, e poi perché farlo tornare? Sansa era sicura della risposta: chiunque in lei, da adesso in poi, avrebbe visto la Regina del Nord, colei che avrebbe reso Re del Nord chi l'avesse sposata, che avrebbe perso importanza nei suoi titoli per il suo essere donna, chiunque avrebbe visto il meta-lupo in corsa, fiero, ignaro del fatto che un tempo era stata un uccelletto; mentre lui, Sandor Clegane, il potere lo odiava, ma l'aveva sempre difesa, aveva usato con lei una delicatezza che non si capiva da dove venisse; forse l'avrebbe servita per devozione. Se c'era una cosa che Sansa aveva imparato, nei suoi giorni da uccelletto in gabbia, era che difficilmente il passato si sarebbe potuto cambiare, e che bisognava pensare solo e soltanto al presente, per non rischiare di sganciarsi da terra nell'immaginare un futuro roseo in un mondo dove non esisteva giustizia, a meno che ognuno non se la fosse fatta da sé. Durante le sue uscite si imbatteva nel popolo, talvolta si fermava ad ascoltare, raramente accettava l'invito ad entrare in qualche fortino di passaggio o in qualche casa; ricordava sempre le storie della vecchia Nan, della regina che di tanto in tanto faceva visita alla gente, ci parlava, e quanto era stata apprezzata; il suo pensiero correva inevitabilmente a Margaery Tyrell, di cui mille anni prima aveva invidiato il carattere e la forza, ma che aveva fatto una fine terribile; ricordava di aver avuto una strana fitta, quando aveva saputo della morte di Margaery. Sansa, memore dei giorni della rivolta del pane ad Approdo del Re, voleva assicurarsi che nessuno avrebbe mai bussato ai cancelli di Grande Inverno invocando la morte piuttosto che la rovina. Aveva incontrato una madre con una bambina, un giorno: la bambina prestava poca attenzione a quello che la madre cercava di insegnarle, era distratta al punto da non aver nemmeno fatto l'inchino, cosa che aveva pagato con una bottarella tra collo e spalla. Ma Sansa aveva sorriso, aveva alzato la mano, si era avvicinata alla bambina. <> <>. La madre era arrossita di vergogna. <> <>. Sansa si era chinata per arrivare viso a viso con la bambina. <<È importante essere una lady. Ma forse tu preferisci fare altro. Forse vorresti cavalcare? Danzare? Diversi anni fa, ho sentito parlare di una bellissima danza dell'acqua. Ci voleva un bel poco per impararla, ma alla fine si imparava ad usare un'arma>>. Se nel volto della bambina era apparso un barlume di curiosità, sua madre era diventata cianotica. <> <>. La bambina era entusiasta. <>. Sansa aveva sorriso. <> <> <>. Si era alzata, sistemandosi l'abito. <>. Aveva dato uno sguardo alla madre, aveva accettato l'inchino, aveva aspettato che tornasse a guardarla in faccia. <>. La donna aveva annuito e Sansa aveva proseguito. C'era stato molto da fare, lassù. Piano piano, stavano rinascendo. Un giorno, mentre organizzava le scorte, il nuovo maestro di Grande Inverno era arrivato con le braccia incrociate e le mani nascoste nelle enormi maniche a sbuffo. Sansa aveva pensato che certe cose non sarebbero mai cambiate, ma questo le piaceva, aveva un profumo di innocenza, le ricordava maestro Luwin. <> <> <>. Sansa aveva sospirato. <>. Si era fatta lasciare in mano i due bigliettini arrotolati, li aveva aperti lentamente. Quello dalla Barriera era breve: "Jon Snow non fa ritorno da giorni". Quello da Approdo del Re era naturalmente vergato da Samwell Tarly, annunciava che re Brandon Stark aveva bisogno di parlare con la Regina del Nord. Sansa non era ancora molto pratica di burocrazia, ma ricordava che in genere era il Primo Cavaliere del Re ad occuparsi di trattative o incontri. Perché Bran avrebbe voluto vederla? <> <> <>. Non si capacitava in che modo, ma era sicura che quei due messaggi fossero collegati e correlati tra loro. Era sicura che si trattasse di Jon, una cosa che somigliava all'apprensione iniziava a pervaderla. Arya non c'era, chi avrebbe potuto capirla? Avrebbe voluto saper essere 'calma come acqua stagnante', come Arya ripeteva nei giorni di Approdo del Re.
   
 
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