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Autore: WhiteLight Girl    16/06/2019    3 recensioni
Papillon è stato sconfitto e Gabriel Agreste è in prigione; Marinette non ricorda come sia successo, né riesce a smettere di preoccuparsi per la sparizione improvvisa di Adrien. Con Chat Noir che le si rivolta contro e cerca di ucciderla, Maestro Fu irreperibile e la scatola dei Miraculous dispersa, Ladybug si ritrova da sola a cercare di capire cosa sia successo dopo che, durante la battaglia finale contro il suo peggior nemico, ha perso i sensi.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LE OMBRE DI VILLA AGRESTE - 1

Marinette richiuse la porta dello stanzino dietro di sé e si piegò sulle ginocchia trattenendo il fiato. Il cuore le batteva forte, si appoggiò contro la mensola e tese l’orecchio, sperando di non sentire i passi di Adrien. La testa ronzava, il volto di Adrien che spalancava le labbra dopo aver realizzato ciò che aveva fatto non voleva lasciare la sua mente. Era rimasto fisso lì e occupava tutto il suo campo visivo ogni volta che chiudeva le palpebre. Tutto ciò che di lei non era impegnato a ricordare quel dettaglio era ancora impegnato a rifiutare l’idea che Adrien fosse Chat Noir.

Con una mano premuta contro il braccio dolorante si abbandonò contro la parete alle sue spalle, tra le dita sentiva di nuovo il sangue che scorreva dalla ferita ora riaperta.

Scosse il capo e trattenne le lacrime, Tikki volò nella penombra e si sollevò per prenderle il volto tra le zampette.

«Non può essere lui...» sussurrò Marinette. «Lui... Lui è Adrien, se fosse stato lui l’avrei capito.»

Tikki distolse lo sguardo dal suo, esitò prima di tornare a guardarla.

«Marinette...» disse.

Allora Marinette non riuscì più a trattenere le lacrime. «Lo sapevi, tu l’hai sempre saputo e non me l’hai mai detto.»

La realizzazione la colpì come un macigno, la consapevolezza del tradimento la fece vacillare e lei dovette afferrare il bordo di una mensola per tenersi in equilibrio, le dita sfiorarono un flacone di candeggina e lei rabbrividì.

«Perché non me l’hai mai detto?» le domandò.

Poi domandò a sé stessa cosa sarebbe cambiato se lei l’avesse fatto, tutto il tempo che era andato sprecato a causa di un segreto che lei stessa era stata così ostinata a voler mantenere. Immaginò come sarebbe potuta essere la rivelazione, se avesse assecondato le richieste di Chat Noir. Forse ci sarebbero stati abbracci, baci, coccole e cene romantiche in cima ai tetti di Parigi, forse lui le avrebbe baciato la mano come faceva sempre quando era Ladybug, ma non ci sarebbero state maschere tra loro. Forse avrebbe visto gli occhi di Adrien illuminarsi nel vederla proprio come aveva sempre immaginato facessero gli occhi deli innamorati.

Spinse via Tikki e si asciugò le lacrime. Forse, semplicemente, lui avrebbe cambiato idea e deciso che non valeva la pena di rincorrere Ladybug perché non gli piaceva abbastanza colei che si nascondeva sotto quella maschera.


Il giorno dell’arresto di Papillon

La voce di Gabriel Agreste fu un sussurro, quando lo chiamò.

«Adrien...»

Ma il ragazzo non gli rispose, raccolse da terra gli orecchini della coccinella ed il suo kwami e si allontanò da lui assieme a Plagg.

«Mi dispiace.» disse Gabriel. Era rimasto nell’angolo, quasi nascosto dalla penombra portata dalle prime ore della sera. Oltre la vetrata a rosone il cielo stava perdendo i toni dell’arancio e del rosa per dare spazio al blu della notte, le prime stelle iniziavano ad essere visibili nel cielo, anche se offuscate dalle luci della città.

Adrien distolse lo sguardo dal cielo e lo portò al pavimento, Marinette giaceva supina ad occhi chiusi, uno dei codini scombinato e l’altro totalmente sciolto. Adrien si chinò e poggiò Tikki al suo fianco, le passò un dito sulla fronte per liberarla dai capelli umidi e mise una mano dietro la sua nuca per sollevarla da terra. Quasi tremava, quando la strinse a sé e premette la sua guancia contro il proprio petto. Le baciò la testa, dando le spalle al suo padre.

«Non mi interessa.» gli disse. «Ti avevo detto di non farlo, che era un errore, ma tu non mi hai ascoltato, non mi ascolti mai.»

Attese una replica che non arrivò, forse per la prima volta suo padre era rimasto senza parole.

Sbuffò. «Devo portare Marinette a casa, posso fidarmi del fatto che resterai qui?»

Gabriel sospirò. «Sì.»

Adrien lasciò scivolare gli orecchini nella tasca della camicia, scambiò un’occhiata con Plagg, che si era accovacciato affianco a Tikki e poi si trasformò. Si disse che suo padre non aveva ragione di mentirgli e fuggire, che poteva fidarsi delle sue parole, che dopo ciò che era successo forse tutto era finito, o sarebbe potuto esserlo se non fosse stato per le Ombre.

Scacciò quei pensieri e sollevò la spalla, questo fece finire la testa di Marinette sotto il suo mento, allora il suo respiro gli iniziò a solleticare il collo e lui fremette a quella sensazione.

«Tornerò a controllare.» disse a suo padre, voltandosi a guardarlo. Non aveva davvero voglia di rivederlo, ma voleva essere certo che la polizia lo portasse via.

Uscì dal covo di Papillon e scese in giardino, si assicurò che Tikki fosse ben incastrata tra lui e Marinette e si arrampicò sul tetto. Esitò un solo istante prima di saltare sul successivo.

Correre sui tetti non gli era mai parso così difficile e poco esaltante, il peso di Marinette svenuta tra le braccia non era confortante quanto avrebbe voluto che fosse e prima di accorgersene furono sul tetto della panetteria. La botola sul pavimento era aperta, probabilmente da quando lei l’aveva raggiunto ore prima per parlare di Papillon e di quello che avrebbero fatto con lui, ed Adrien prestò la massima attenzione nel calarsi sul letto senza fare del male alla ragazza.

La posò sul materasso con cautela, lasciando scivolare la sua testa sul cuscino con tutta la dolcezza di cui era capace e si detrasformò, restando immobile al suo capezzale. Strinse i pugni, ripensando a quello che avrebbe potuto fare per evitare che lei si ferisse, a quanto era stato stupido ed inutile quel pomeriggio. Rifacendo brevemente due conti su quello che era accaduto, nulla e nessuno avrebbe potuto convincerlo che non fosse colpa sua.

Spostò Tikki dal materasso su cui era scivolata al comodino e posò al suo fianco gli orecchini.

«Sento le rotelle della tua testa che girano perfino da qui.» gli disse Plagg.

Adrien sollevò un sopracciglio, non gli piaceva lo sguardo del kwami; era abituato a occhiate seccate, supplicanti, indispettite, ma era la prima volta che leggeva il biasimo nei suoi occhi, che sentiva che aveva da dirgli qualcosa che non gli sarebbe piaciuto sentire.

«Avrei dovuto impedire a mio padre di colpirla.» disse. «E non avrei dovuto ascoltarlo, dopo.»

Plagg scosse il capo. «No, non farlo. Non pensarlo e non rimuginarci sopra, hai fatto quello che pensavi fosse giusto in quel momento e vedrai che Marinette e Tikki staranno bene; mangiamoci su mentre riposano.»

Adrien storse il naso e tornò a guardare l’amica, non voleva lasciarla lì, le sfiorò una guancia con il dorso della mano e si chinò su di lei.

«Adrien!» lo chiamò Plagg. «Ascoltami; ho fame e sono stanco, hai promesso che saresti tornato a controllare tuo padre, ma se non vuoi farlo va bene. Trovami solo un po’ di formaggio.»

Il ragazzo sbuffò. «No, andiamo.» disse. Premette le labbra sulla fronte di Marinette e strofinò il naso tra i suoi capelli per inspirarne il profumo.

«Mi dispiace, prometto che rimedierò.». Poi si costrinse a ritrasformarsi e se ne andò.

   
 
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