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Autore: Lost In Donbass    17/06/2019    0 recensioni
Un amore della durata di un'estate in Crimea. La promessa di non lasciarsi andare, irrimediabilmente infranta. Sono passati cinque anni da quei giorni e adesso sono diventati due giovani uomini bruciati dalla vita.
Yurij è ancora depresso, è ancora un suicida, sta ancora male.
Denis è perso dentro sè stesso, è troppo giovane e sbandato per ritrovarsi.
Il caso vuole che si incontrino di nuovo, a Londra. Ma l'affetto che Denis ancora prova per Yurij sarà in grado di salvare quell'amore sbocciato anni prima? Oppure sarà arrivato il momento di dirsi addio, e questa volta dirselo per sempre?
[Storia pubblicata come het ma ora aggiornata in versione slash]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO SETTE: (NEVER) LET ME GO

God, keep my head above water
I lose my breath at the bottom
Come rescue me, I’ll be waiting
I’m too young to fall asleep
[Avril Lavigne – Head Above Water]
 
Lo guardo dormire, ma ormai ho deciso.
Non ce la faccio più.
Sono stanco.
Sono distrutto.
Sono … oh, al diavolo. Sono troppo andato per poter pensare di salvarmi, adesso.
Accarezzo distrattamente i capelli di Denis, addormentatosi dopo ore di pianti che io non ho consolato e penso a quanto sia bello e a quanto sia sbagliato quello che sto per fare. Ma adesso è arrivato il momento: sono vuoto, completamente vuoto, non sento niente di niente. Mi muovo come un automa verso la mia fine.
Mi alzo da letto e continuo a fissare il mio amante. Sarà l’ultima volta che potrò vederlo e questo mi uccide, ma capitemi, ormai sono già morto – la mia depressione ha avuto la meglio su di me, e adesso non c’è niente che mi possa salvare da me stesso. Non le medicine, non Denis e il suo sorriso.
C’era stato un tempo, in Crimea, quando avevo pensato che mi sarei potuto salvare, ma adesso, qui a Londra, ho capito che io sono fatto per finire la mia vita nella disperazione. Giuro che ci ho provato. Ho provato a lottare, ad aggrapparmi disperatamente a Denis ma non sto facendo altro che trascinarlo all’inferno con me e io non voglio questo per lui.
È ancora giovane, è un ragazzo, ha bisogno di vivere la sua vita, di trovare un altro uomo che lo ami e che lo idolatri com’è giusto. Cosa se ne fa di un rifiuto umano come il sottoscritto? Cosa potrò mai dargli io, depresso e suicida? Niente che non sia dolore e ancora dolore, lo stesso dolore da cui ha tentato di fuggire scappando dall’Ucraina.
Cosa sei, Yuroch’ka? Nient’altro che il fantasma di me stesso, nient’altro che un uomo distrutto che non merita più di vivere. Non voglio portare altra disperazione al mio adorato bambino. Ormai sono troppo stanco per poter continuare a sopportare questa vita maledetta.
Gli accarezzo ancora i capelli e lui continua a dormire, e piange, piange nel sonno.
È colpa mia. Come al solito è tutta colpa mia, non mi potrò mai perdonare di averlo fatto piangere.
Mi chino e gli bacio la fronte un’ultima volta. Mi mancherà il mio Denisoch’ka? Forse sì, ma ormai ho deciso e non ci sarà niente che potrà fermare il mio volere malato. Il mio è un dolore così forte, così coercitivo e soffocante che non può essere curato da niente che non sia il sonno eterno.
Dormirò tutta la vita e sognerò del mio amore, magari finalmente felice, magari sorridente, magari libero dalle catene che gli ho imposto.
Gli mancherò, perché lo so che gli farò del male anche adesso, ma almeno da questo potrà guarire, potrà farsene una ragione mentre se continuassi a stare qui, come un cancro lo divorerei vivo e non è quello che voglio. Voglio solo il meglio per lui, e io sono il peggio che poteva trovare.
-Volevo solo che tu fossi felice, amore.- sussurro, baciandogli i capelli.
Mi trascino in salotto, senza avere il coraggio di voltarmi e di vederlo lì addormentato e fisso la finestra.
Splende la luna in cielo e penso che forse avrei fatto meglio a morire bagnato dalla luna russa, violenta, verace e bellissima. Quanto è malinconica l’aria inglese, quanto mi ha fatto male. Ripenso alla Crimea, a tutto quello che abbiamo avuto insieme: i bagni in mare, le canzoni dei Goo Goo Dolls da cantare sotto le stelle, i baci dolcissimi, il sesso passionale nella camera azzurra, Mosca non crede alle lacrime per farsi due frignate, il profumo di sale e sole che ci profumava la pelle abbronzata, le promesse strette sotto la luna, le risate ad ogni ora del giorno, le passeggiate sulla spiaggia mano nella mano, le babke la mattina, i musi lunghi, i gelati alla vaniglia, le lunghe chiacchierate di musica e letteratura, i graffiti illegali, le brevi litigate furiose, tutto quello che aveva segnato l’estate più bella di sempre torna come un fiume in piena e mi travolge.
E poi l’averlo ritrovato, averlo potuto di nuovo stringere tra le braccia, e baciare quelle labbra piene, e suonare ancora le canzoni di Yulia Savicheva al pianoforte, e fare di nuovo l’amore fino a stramazzarci, e andare in giro insieme a vedere il tramonto, e tornare a parlare come all’epoca, quasi che non fosse passato un giorno da quei bollenti giorni della Crimea.
Apro la finestra, e il vento freddo della sera mi scompiglia i capelli.
Sento qualche lacrima cominciare a cristallizzarsi sulle mie guance mentre salgo in piedi sul davanzale e guardo nel vuoto. Non è un grande salto, ma è abbastanza da uccidere un uomo.
Mi sto per suicidare.
Di nuovo.
Sto per volare giù dalla finestra di casa mia.
Sto abbandonando Denis.
Sto per dirgli addio, per non rivedere più i suoi occhi d’ambra, per non risentire più la sua risata meravigliosa, per non toccare più la sua pelle sempre calda, per non abbracciarlo più.
Sto per dire addio alla vita, lasciando per sempre il mio posto al pianoforte del pub, i ricordi della Crimea, il ragazzo che dorme con me.
Lo vuoi veramente fare, Yurij?
Vuoi veramente dire addio a tutto questo, vuoi veramente lasciarti andare, morire, dimenticare tutto, arrenderti così?
Vuoi veramente smettere di combattere per dare retta alla tua depressione e alla tua mente malata?
Sì.
 
No.
No.
Cazzo, Yurij, che cazzo fai?!
Mi metto a urlare, come un pazzo, rotolando di nuovo nel salotto, buttando per terra tutto quello che incontra il mio cammino, piangendo, strillando.
Ma come ho potuto farlo? Come ho potuto anche solo pensare di abbandonare Denis?
-Yurij! Yurij, mio dio, cosa succede?!
Denis arriva di corsa nel salotto e io continuo a urlare disperato.
Lo vedo che guarda la finestra, guarda me, e caccia uno strillo, fiondandosi a chiuderla a doppia mandata. Poi si volta verso di me e mi plana al fianco, stringendomi con tutta la forza possibile, mentre singhiozza e mi soffoca.
-Yura, no … non farlo mai più … Yura, no …
-Scusami, Denisoch’ka, io … scusami …- ansimo, stringendogli disperatamente la maglietta.
Non voglio morire, voglio combattere.
Non voglio morire, voglio stare vicino al mio Denis.
-Shh, va tutto bene, va tutto bene.- mi ripete lui, baciandomi il viso. – Yura, sono fiero di te. Va tutto bene. Non mollare. Sono al tuo fianco. Ti amo. Ti amo tantissimo.
Continuo a piangere, ma mi rimprometto di combattere. Non posso lasciare solo questo ragazzo, non posso abbandonare Denis, che mi sta accanto sin dai tempi della Crimea.
Non posso.
-Ti amo anch’io, amore. Non lasciarmi mai andare.

THE END
 
***
Eccoci alla fine. Piaciuta la storia? Spero di sì. Vorrei che per favore non giudicaste quest'ultimo capitolo o che lo trovaste stupido/mal scritto/impossibile perché vi giuro che so di cosa sto parlando e vi giuro che è possibile.
Recensite e bacioni a tutti, grazie di aver letto e di aver seguito la storia
Charlie xx

 
  
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