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Autore: Good Omens    17/06/2019    3 recensioni
Dal capitolo 1: 
"Mani forti gli cinsero le spalle, il respiro caldo sul collo e il profumo dell'uomo che amava nel naso lo spinsero ad alzare lo sguardo, perso e opaco, verso Crowley.
"Azira? Azira di che stai parlando?" Il dubbio nella voce dell'altro gli spezzò il cuore, ma non poteva parlare ora, non poteva muoversi perché tutto il suo corpo era pesante, non collaborava". 
  
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Hold on
-1 di 2-

“Tempesta dentro ad ogni gesto compiuto,
come quando cadi a picco senza chiedere aiuto.”
-Dario Matassa-

 


Le morbide ali bianche si chiusero attorno alla coppia, un confortevole bozzolo di amore e dolcezza li accompagnò sul letto, nel retrobottega del negozio di Aziraphale.
Era una stanza pittoresca, con ancora la struttura originale, niente da guardare se non un letto, una cassettiera d’epoca riempita di papillon che aveva accumulato durante gli anni.

“Stai già andando a dormire, caro?” Chiese l’angelo, inclinando la testa in modo da poter vedere la faccia di Crowley da dove si era posato sul letto.

“Non sono sicuro.” Rispose secco, proprio mentre uno sbadiglio gli sfuggiva dalle labbra.
Aziraphale non poteva fare altro che sorridere, sapendo che il demone non sarebbe durato ancora al lungo.

“Riposati, domani voglio andare a far colazione al Riz se non è un problema” si rannicchiò nel petto di Crowley con improvvisa necessità di conforto.

Erano trascorse parecchie settimane dal “Apocalisse che non fu mai accaduta” ed era più o meno lo stesso tempo dalla scoperta, molto piacevole e ben voluta secondo entrambi, del loro amore.
Avevano entrambi passato 6000 anni ad amarsi in segreto e nell’ombra, a camminare in punta di piedi accanto al cuore dell’altro, solo per non ferirlo se qualcosa non fosse andata nel verso giusto.

Il sorriso soddisfatto di Aziraphale crebbe un pochino, la stretta al cuore che aveva sempre avuto dal loro primo incontro divenne un pochino più sopportabile.

Un dolore improvviso gli colpì il petto, uno strano calore che gli riempiva il corpo, la vista offuscata e la bocca asciutta.
Il demone si mosse nel sonno, allungando il braccio nella speranza di abbracciare più stretto il suo angelo. Aziraphale prese la mano dell’altro uomo e la posò con gentilezza sul letto, qualcosa non andava.
Ritirò le ali e scese con calma, un movimento improvviso e si sarebbe ritrovato per terra, le vertigini che agitavano la sua testa come un mare in burrasca.
Si attaccò alla parete per l’equilibrio, gli occhi chiusi e la bocca serrata, non fidandosi di aprirla, si mosse lentamente verso il bagno, con passi piccoli e ben piazzati.
Cercò l’interruttore con la mano che tremava, a dirla tutta, tutto il suo corpo tremava, si sentiva caldo e stanco.
Voleva solo dormire.
Trovò l’interruttore e lo spinse, la luce gli inondò la vista, gli fece bruciare gli occhi, e qualcosa dentro di lui si mosse in allerta, una sensazione di terrore dal profondo del suo essere, una paura primordiale, ma di cosa?
Della Luce?
Un angelo non ha paura della Luce.
Strinse la mani attorno alla porcellana del lavandino, alzò lo sguardo e quello che vide gli fece raggelare il sangue nelle vene.

Cosa c’è che non va nei miei occhi?
Si sporse verso lo specchio, la mano tremante che tirava la carne sotto l’occhio grigio come il cielo d’inverno che sostituiva il morbido blu etereo che un tempo decorava le sue iridi.

“Crowley!” Lo chiamò, la voce tremante e rotta, la mano che scorreva ansiosa fra i suoi capelli, gli occhi spalancati come un cervo in mezzo alla strada puntato dai fanali di una macchina.
Ci mise poco più di un secondo ad arrivare Crowley, gli occhi ancora gonfi dal sonno, con la voce impastata di chi si è appena svegliato chiese; “Angelo?”

“S-sto cadendo, Crowley.” Sussurrò con un filo di voce, il tono che vacillava sulla parola che mai pensasse di pronunciare per se stesso.
Cadere.
Come se un peso fosse tolto dalle sue spalle, le gambe dell’angelo cedettero, facendolo inginocchiare per terra.
Mani forti gli cinsero le spalle, il respiro caldo sul suo collo e il profumo dell’uomo che amava nel naso lo spinsero ad alzare lo sguardo, perso e opaco, verso Crowley.
“Azira? Azira di che stai parlando?” Il dubbio nella voce dell’altro gli spezzò il cuore, ma non poteva parlare ora, non poteva muoversi perché tutto il suo corpo era pesante, non collaborava.

L’orrore si dipinse sul volto del demone, allungò una mano per accarezzare le ali dell’angelo, la puzza di bruciato si librava nell’aria, il suo cuore si spezzò quando vide le piume staccarsi e cadere una ad una come le foglie d’autunno cadono a terra, morte.

“I miei occhi.” Mormorò vacillante, rivolgendosi a Crowley. Il rosso guardò negli occhi sfocati dell’angelo, sentendo già la mancanza del blu che tanto adorava.
Le lacrime cominciarono a cadere sulle guance del biondo e presto non fu più in grado di controllarle, con le mani protese verso il davanti Aziraphale si mosse per sciogliersi nel petto dell’altro.

“Shhh” calmò con voce lenitiva il demone, tenne stretto a sé il suo amore, mentre cercava di capire cosa stava succedendo. Non riusciva ad impedire che il senso di colpa si schiantasse su di lui, tenendo conto che probabilmente era colpa sua.
Aziraphale non aveva cambiato nulla di se stesso se non il fatto che ora si permetteva di amare un demone.

E la realizzazione lo colpì con la stessa forza di un bus.

Crowley lo aveva dannato.

“Mi dispiace tanto, tesoro.” Bisbigliò Crowley, posando un casto bacio sulla testa di Aziraphale, mentre lui si sforzava di riprendere fiato.

“N-non capisco.” Soffocò il bibliotecario, tirandosi indietro in modo da poter vedere la faccia turbata di Crowley.
“I-io Lo amo. Da sempre, non ho mai smesso. C-che cos’ho fatto che non andava?” Il demone allungò una mano per riattirarlo a se, ma l’angelo si spostò all’indietro quasi come se fosse stato bruciato o peggio.

“Ho bisogno di parlare con il Metatron.” Disse, passando rapidamente oltre Crowley e ondeggiando verso il cerchio disegnato a terra, coperto da un piccolo tappeto rotondo.

Non parlò mentre gironzolava, lentamente e senza cadere, in giro per la biblioteca, raccogliendo nel processo tutto quello che gli serviva per chiamare la voce.
Tolse il tappeto, le sue mani tremavano mentre sistemava le candele e le accendeva.
Andò al centro del del cerchio, sentì la sua pelle bruciare, o come se lo fosse, alzò la testa al cielo e chiamò il Metatron.
“Metatron!” Lo chiamò ancora, le mani che si torcevano nervosamente mentre ancora fissava il soffitto.
Il cuore di Crowley si spezzò ancora di più mentre guardava la scena davanti a lui.

“Aziraphale…” disse, facendo qualche passo lento verso il punto in cui l’angelo stava disperatamente gridando verso il cielo.
“Angelo, non penso che ti stiano ascoltando…”

Gli occhi gonfi di Aziraphale si girarono verso Crowley, altre lacrime che scappavano dal suo controllo mentre il suo petto si sentiva pesante per il dolore dell’abbandono.
“Io… mi hanno lasciato…” soffiò, crollando sul pavimento, senza preoccuparsi che le candele, una volta cadute, toccassero i suoi preziosissimi libri.
Il demone spense le fiamme con un gesto della mano, le ginocchia che toccavano il pavimento proprio affianco all’angelo spezzato.

“Mi dispiace.” Sentenziò con dolore, mentre alcune lacrime rigavano le sue guance, “è colpa mia…”

“Non dire così.” Gli disse Aziraphale, aggrappandosi per la vita alle spalle del suo demone.
Per quanto ne sapeva, Crowley, poteva davvero esserlo.
   
 
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