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Autore: AleeraRedwoods    19/06/2019    1 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Mereth en Gilith-

 
    Emlinel passò delicatamente le mani tra i capelli della stella, intrecciandoli con maestria, riempendo l’aria della stanza con la melodia armoniosa della sua voce.
    Nelle Sale d’Opale, le serate passavano lente, trascinate, inconcludenti, una uguale all’altra.
    E, come se non bastasse, neppure il giorno speso con il Re in giro per il Palazzo riusciva ad acquietare la stella.
    Thranduil, dall’ultimo litigio, le rivolgeva a stento la parola, dimostrandosi sempre distante e freddo nei suoi confronti, quasi ci provasse gusto.
    Sillen non poteva escluderlo, in effetti.
    L’agitazione cresceva inesorabilmente nella giovane, che ancora si domandava quando quell’elfo arrogante l’avrebbe lasciata libera di compiere il suo dovere verso la Terra di Mezzo.
    Ogni minuto passato in quel luogo cominciava a pesarle sul petto come un macigno. Si sentiva inutile.
    Intanto Emlinel, che non conosceva quegli scomodi retroscena, pareva davvero felice di prendersi cura della giovane e Sillen proprio non se la sentiva di inquietarla.
    Anche quella sera, preferì sviare il discorso, decidendo di soddisfare una curiosità che, dalla sua discussione con il Re, non aveva trovato risposta.
Seduta sul basso sgabello, si appoggiò con i gomiti alla specchiera, scrutando la dama dietro di lei attraverso il riflesso.
-Thranduil mi ha permesso di seguirlo ovunque in questi giorni, tranne quando si assenta al tramonto. Quando torna sembra sempre così… triste. Dove va? Lui non vuole dirmelo.-
    Emlinel interruppe il suo canto, ricambiando lo sguardo violetto della giovane: -Se non te ne ha parlato è perché non vuole che tu lo sappia, evidentemente.-
    Ma la stella, troppo curiosa per desistere, si girò verso la dama, afferrandole le mani morbide. -Ti prego Emlinel, ho bisogno di sapere qualcosa di più sul suo conto. L’ho visto occuparsi di documenti, di allenamenti della guardia, ma non mi ha mai parlato di sé stesso o del suo passato.-
    Emlinel addolcì il suo sguardo, comprensiva: -Mia dolce Sillen, lui è il Re. Non stupirti se cerca di ricoprire il suo ruolo nel migliore dei modi. Credi sia giusto che il nostro temuto signore riveli le sue debolezze così facilmente?-
    A quelle parole, la stella sbatté le palpebre: -Debolezze? Perché giudichi il suo passato una debolezza?- La dama si portò subito una mano alle labbra, maledicendosi mentalmente. Tentando di rimediare al suo errore, scosse la mano davanti al viso, con noncuranza: -Non so perché l’ho detto, lascia perdere!-
Ma la stella era di tutt’altro avviso.
    Non staccò gli occhi dalla compagna quando questa si apprestò a rassettare la stanza, palesemente a disagio. -Emlinel. Dimmelo.-
Quella scosse la testa, continuando a riordinare, imperterrita.
–Dove va tutte le sere? Dimmelo, avanti.- Sillen si alzò per raggiungerla, cominciando a spostare ogni cosa sistemasse, per infastidirla: -Sto aspettando! Dimmelo, non fare la difficile!-
La dama si voltò verso di lei, esasperata: -Va nella tesoreria! Adesso smettila di insistere!-
    Sillen sorrise, vittoriosa: per far parlare Emlinel non serviva mai insistere davvero. Incrociò le braccia, alzando il mento con fare provocatorio. -Immaginavo che c'entrassero cose tanto futili come i suoi amati tesori.-
    Emlinel le lanciò uno sguardo severo ma, in quel momento, qualcuno si affacciò alla porta della stanza.
    Sillen sbuffò nel vedere il volto saccente di Galion, che da qualche tempo era diventato la sua ombra al posto del caro Felon, e lui si schiarì la voce, soddisfatto. -Domani non vedrai il Re.- Esordì. La stella si bloccò sul posto, presa in contropiede.
-Perché? Cosa è successo?-
    L’elfo sospirò, guardandosi le unghie con evidente disappunto. -In effetti non potevo aspettarmi che tu lo sapessi: domani è Mereth en Gilith, una festa molto cara a noi elfi.- Lei allargò le braccia, alzando la voce: -Meraviglioso, non ho mai partecipato ad una festa. Non vedo l’ora!-
    Questa volta fu il turno di Emlinel di interrompere Galion, già pronto a rispondere alla stella in modo ben poco gentile: -Sillen, questa è una festa sacra, non una festa come quelle di cui hai letto nei tuoi libri. È un momento fatto per riflettere e pensare. E il Re passa la giornata di Mereth en Gilith da solo.-
    La stella parve non capire ma Galion liquidò la faccenda sbrigativamente: -Confido nel fatto che rimarrai qui senza fare storie. Buona notte.- Sillen lo guardò allontanarsi, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Anche se le cose tra loro erano ancora tese, avrebbe preferito che Thranduil stesso si fosse presentato per darle la notizia. Scosse la testa, scacciando i brutti pensieri.
    In fondo, doveva stare da sola per un solo giorno, avrebbe pazientemente aspettato.
    –Che cosa si festeggia a Mereth en Gilith?- Chiese, rivolta ad Emlinel. Sapeva che quel titolo elfico significasse “Festa delle Stelle” ma non riusciva a immaginare perché gli elfi festeggiassero il firmamento. La dama sedette sull’unica poltroncina della stanza, lisciandosi il vestito: -Non si “festeggia” semplicemente… Le stelle, per noi elfi silvani, sono importanti per molti aspetti. Uno fra tutti, è il modo in cui la loro luce è portatrice delle nostre memorie. Attraverso essa, i ricordi delle nostre lunghissime vite immortali rimangono vivi, cristallizzati nel tempo. Per tutti noi è il momento in cui ricordiamo il passato, capisci?-
    Sillen annuì, riflettendo su quelle parole.
    –Non avrei mai immaginato che noi stelle fossimo in grado di custodire delle memorie. Che sia per questo motivo che ricordo sempre tutto così dettagliatamente?-
    Emlinel alzò le spalle, serenamente: -Forse, chi può dirlo. Purtroppo non ricordi nulla di quando ancora abitavi il cielo. Ma non pensarci troppo, mia cara.-
    Sillen annuì, mordendosi però il labbro inferiore: -Thranduil pensa alla sua famiglia?- Chiese, a mezza voce. Emlinel sospirò seccamente, tirandosi indietro i capelli color rame abilmente intrecciati: -Smettila di chiedermi di lui.-
    -Non ce la faccio.- Si sedette a terra l’altra, posandole la testa sulle ginocchia con fare amareggiato. -Emlinel, perché il Re si reca nella tesoreria ogni sera?- E la dama le accarezzò la testa, indecisa se mettersi nei guai raccontando tutto alla stella o interrompere subito la conversazione.
    Era da tempo che non si prendeva cura di qualcuno con tanta dedizione e, inevitabilmente, finì per sentire l’affetto che provava verso la giovane stella sciogliere ogni sua remora. –Prometti che se adesso ti racconto tutto non lo dirai a nessuno?-
    Sillen strinse le labbra, seria: -Ti ascolto.-
    Ed Emlinel, a bassa voce, le raccontò del Re e della sua Regina, morta molto tempo prima, e della collana di gemme bianche che lui le aveva donato per il loro così felice matrimonio.
    Spiegò con quanta disperata ostinazione facesse visita a quel gioiello ogni sera e di come un tempo il Re fosse diverso, sereno. Le parlò addirittura del giovane Principe Legolas, adesso così lontano da casa, di cui lei stessa si era presa cura sin da quando era un bambino, dopo la morte della Regina.
    Sebbene il racconto fosse stato breve e confuso, Sillen non poté fare a meno di restarne emotivamente coinvolta.Prima ancora di accorgersene, lacrime salate finirono per bagnarle le guance dorate. Non avrebbe saputo dare un nome a quello che stava provando ma faceva male.
    Così male da radicarsi nelle ossa.
    L’aveva sempre saputo, l’aveva letto negli occhi del Re così tante volte da sentirsi una stupida per non averlo compreso prima.
Quanta sofferenza doveva aver indurito il suo cuore immortale…
Voleva correre da lui, dirgli che non poteva nemmeno lontanamente capire quello che provava ma che l’avrebbe raggiunto al di là del dolore pur di aiutarlo.
    Perché, dopotutto, lei desiderava la sua compagnia e, in un modo che non comprendeva, voleva vederlo sorridere davvero.
    Se solo non si fosse intestardita, se non avesse sempre cercato un pretesto per litigare…
    Era stata cieca ed egoista.
    Lo erano stati entrambi.
    Si sentì persa in quei sentimenti così potenti e Emlinel la lasciò piangere a lungo, accarezzandole i capelli neri e mormorandole parole gentili.
    Quando anche gli ultimi singhiozzi della stella cessarono, la dama si sporse per posarle un bacio sulla fronte liscia: -Non puoi proiettare su di te tutte le pene del nostro Re, mia dolce Sillen. Affronterà Mereth en Gilith come facciamo tutti, con coraggio. Cerca di farlo anche tu, per lui. Ora dormi. Tornerò a trovarti appena la festa sarà terminata.-
    Sillen l’abbracciò con slancio, asciugandosi le guance con il dorso della mano: -Ti ringrazio, per tutto.-

    Quella notte però, la stella non chiuse occhio. Rannicchiata nel grande letto freddo, pensava. Pensava alla Regina, alla battaglia, al lutto. Pensava a Thranduil, ai suoi occhi gelidi.
    L’alba arrivò con una lentezza esasperante e quando i primi raggi di sole bagnarono le Sale del Reame Boscoso, un canto etereo e senza tempo si sollevò verso il cielo.
    Mereth en Gilith era iniziata e sarebbe durata fino all’alba successiva.
    La stella rimase supina sul letto per ore, lo sguardo fisso sul tettuccio candido del baldacchino. Seppur ormai indolenzita, si costrinse a non muoversi, stringendo i denti: era sicura che, nell’esatto momento in cui l’avesse fatto, sarebbe corsa in una sola direzione.
    Si coprì il viso con il braccio, sospirando: -Dannazione…-
 
**

    L’intero Reame Boscoso era avvolto da un canto distante, puro e reverenziale. Thranduil non si era unito a quel canto e camminava lentamente lungo le strade snodate del Palazzo, guardandosi attorno.
    Ogni angolo, ogni dettaglio di quei luoghi rievocava nella sua mente un ricordo preciso: la Sala in cui incontrò per la prima volta sua moglie, il ponte dove Legolas mosse i suoi primi passi, i corridoi che per anni aveva attraversato con la sua famiglia, le armerie che conosceva come il palmo della sua mano.
    Mereth en Gilith metteva alla prova la sua mente stanca, l’influenza delle stelle era al culmine e i ricordi, così definiti, lo opprimevano oltre ogni limite di sopportazione.
Si arrestò di fronte alla porta della tesoreria, inspirando profondamente. Per quello che doveva affrontare, aveva bisogno di tempo e impiegò diversi minuti prima di decidersi a entrare.
    Poi, la vista della collana di gemme bianche lo colpì come un pugno nello stomaco.
    Il ricordo fu vivido, intenso e disarmante. 

Si rivide sul monte Gundabad, sul campo di battaglia, sporco di sangue nemico e fango. Il suo sguardo correva rapido in mezzo al caos dello scontro, in cerca di sua moglie.
Ad un centinaio di metri da lui, la Regina stava guidando un gruppo di elfi a proteggere il fianco dell’esercito contro l’avanzata della legione nemica, in arrivo dal Nord. Combatteva con destrezza ed eleganza micidiali, decimando gli orchi.

    Le immagini si fecero più veloci, meno nitide e dettagliate.
La mente del Re si soffermò poi sull’esatto momento in cui sua moglie e il drappello di elfi vennero circondati.
La vide imporre ordini secchi e precisi e gli elfi attorno a lei si asserragliarono per fronteggiare il nemico su ogni lato.
    Thranduil vide sé stesso richiamare rinforzi e tentare di raggiungere la Regina.
    Furono ostacolati, rallentati e costretti ad indietreggiare.
    La battaglia infuriò di nuovo ad una velocità spaventosa, dando al Re le vertigini. I nemici diminuirono, il Re di allora poteva vedere il campo farsi più silenzioso e desolato ogni secondo che passava.

    Per Thranduil, l’immagine successiva fu devastante tanto quanto allora.
    In mezzo a decine di altri corpi individuò i capelli dorati di sua moglie, stesa a terra in un lago di sangue rosso cremisi.
    Thranduil vide sé stesso avvicinarsi quasi a rallentatore, crollare in ginocchio al fianco dell’amata e allungarsi per toccarla.
    Provò a tamponare le ferite, premendo forte con le mani tremanti, ma lei le strinse delicatamente tra le sue, sorridendo.
    Lui la sentì sussurrare, rassicurarlo, quando sarebbe dovuto accadere il contrario.
    Ma lei era sempre stata la più forte, la più coraggiosa.
    Gli fece promettere di crescere Legolas, di proteggerlo e il Thranduil di allora promise.
    Poi la vita abbandonò gli occhi verdi della Regina… 

e il Re si ritrovò di nuovo nella tesoreria
    Il suo volto era rigato di lacrime ma continuava ad assomigliare a una maschera di cera, imperturbabile e distante.
    Percepiva i confini del vuoto dentro di sé perdere consistenza, lasciando che i sentimenti strabordassero fuori per lambire il suo animo stanco.
    Finalmente, sentiva qualcosa.
    Finalmente il dolore tornava a pungere i recessi del suo essere.
    Alle sue spalle percepì dei passi incerti ma non diede loro importanza. Voleva stare da solo, voleva chiudere gli occhi e rivivere quel giorno ancora, ancora e ancora, fino a quando il dolore fosse riuscito a colpirlo, annientando il vuoto.
Ignorò quei passi leggeri, che ora si erano fatti più vicini.
    Tenne ostinatamente lo sguardo fisso, maledicendo l’impudente intruso dietro di lui.
    Poi due braccia sottili si insinuarono sotto le sue e gli strinsero delicatamente il busto, all’altezza del costato.
Sentì la pressione gentile di un corpo sulla propria schiena.
Forse i ricordi si stavano facendo tanto vividi da ingannarlo?
No, non erano le mani di sua moglie ad abbracciarlo, a confortarlo. Alzò una mano per posarla su quelle calde che lo stringevano e non ebbe dubbi su a chi esse appartenessero.
    Sentì il calore di quell’abbraccio irradiarsi nel suo corpo, avvolgendo i confini del suo vuoto.
Come un’onda di luce, il tepore iridescente che sentì esplodere nel petto costrinse il vuoto a ritrarsi: esso non sparì, ma lasciò spazio a tutti i sentimenti che il Re aveva smarrito.
    -Il tuo Regno ti ama, Thranduil. Le stelle lo sanno. Loro ricordano tutto. Il passato è dentro esse e non ti lascerà mai. Ti prego, non smettere di provare emozioni, perché saranno le uniche in grado di ricordarti che sei ancora qui, vivo.- La voce di Sillen era rotta dall’emozione e il Re sentì le sue lacrime bagnargli la schiena. –E non sei solo. Non sarai mai solo.-
    Il Re chiuse gli occhi.
    A lungo rimase immobile, come pietrificato, poi si lasciò andare a un pianto liberatorio, il primo dopo lunghi, lunghissimi anni.
    Era un pianto di tristezza, di malinconia ma anche di sollievo. Si estraniò dal mondo intero, godendosi quelle sensazioni dirompenti. Rimase in piedi, in quella stanza, per un tempo che gli parve infinito e quando si riprese, la notte aveva avvolto ogni cosa e il canto degli elfi era ormai divenuto un lontano brusio.
    Si voltò di scatto ma di Sillen non vi era traccia. Aveva immaginato tutto? Aveva sognato?
Istintivamente, i suoi passi lo portarono alle Sale d’Opale.
Galion, a guardia dell’entrata, si mise sull’attenti.
–Sillen è uscita da queste Sale?- Lo investì, il Re. Galion scosse la testa e si mosse, a disagio: -No, mio signore. Non ha il permesso… l’avremmo fermata…-
    Thranduil socchiuse gli occhi e notò con fin troppa facilità l’aria colpevole dell’elfo. Si avvicinò quel tanto che bastava per sentire l’odore del vino: -Sei proprio sicuro, Galion? O sei troppo ubriaco per ricordartene?- L’altro deglutì, abbassando lo sguardo con le guance in fiamme: -N-no, mio signore, ne sono sicuro!-
    Il Re lo scansò malamente, attraversando il cortile con passo marziale. Suo malgrado, però, quando giunse nella camera della stella rallentò, ed entrò il più silenziosamente possibile.
    La vide distesa sul letto, coperta dalle lenzuola chiare, con un braccio piegato mollemente accanto al viso. Si avvicinò e, con sguardo incredulo, constatò che la stella era profondamente addormentata.
    Forse si era davvero immaginato tutto e Galion stava dicendo la verità. Ubriaco o meno che fosse.
Sospirò, sedendosi sul bordo del letto.
Certo, doveva essere così. Lei non poteva sapere come giungere alle tesorerie, in ogni caso.
    Suo malgrado, non poté fare a meno di ammirarla: i capelli di lei erano sparpagliati sui cuscini come un’aureola di cenere e la pelle scura riluceva di riflessi dorati allo sfavillare del fuoco nel camino. Thranduil si apprestò a coprirle le spalle con gesti delicati, per non svegliarla. Distrattamente, si ritrovò ad avvolgersi una ciocca di capelli corvini attorno alle dita, saggiandone la morbidezza, come se fosse il gesto più naturale del mondo.
    Forse, pensò, si stava solo accertando che lei fosse reale, perché i dubbi si erano insinuati nella sua mente ora più che mai. Le sue dita affusolate si mossero poi ad accarezzarle il viso, tanto leggere da risultare impercettibili.
    Quando le ritirò, il Re le ritrovò umide: la scia di molte lacrime salate solcava ancora le guance della giovane.
    Il Re si bloccò e rivisse in un attimo i momenti nella tesoreria, quando aveva sentito la stella bagnargli la veste con le proprie lacrime. Con un gesto secco, si passò una mano sul tessuto della schiena e sussultò: era inumidito.
    Si voltò nuovamente verso la stella, schiudendo le labbra in un’espressione smarrita. Respirò a fondo per contenere tutte le emozioni che si agitavano tumultuose nel suo petto e strinse i lembi delle lenzuola, stravolto.
    Lei era stata là, con lui.
    Di questo passo, quella donna lo avrebbe fatto diventare un folle privo di ogni certezza.
    Sillen si svegliò in quel momento, sbattendo piano le palpebre. Vide il Re a testa china, di fronte a lei e sorrise, arrossendo. Quando era scappata dalle tesoreria nel panico, scossa dalla silenziosa rigidità dell’elfo, si era domandata se Thranduil le avrebbe mai più rivolto la parola, orgoglioso com’era.
    Invece, vederlo lì davanti a lei riempì il suo cuore di gioia. E le sembrò così fragile e indifeso da straziarle il cuore. La paura provata solo il giorno prima, di fronte alla veemente reazione del Re, ora le pareva sciocca: convivere con Thranduil significava accettare ogni sua sfaccettatura, anche quella più temibile.
Posò una mano su quella grande di lui, stringendo piano. Il Re degli Elfi alzò lo sguardo, ricambiando istintivamente la stretta. Osservò quel viso, ancora disteso dal sonno, come se lo vedesse per la prima volta. -Spiegami come sei uscita da qui.-
    Lei strinse le labbra: ovviamente, non poteva aspettarsi altra domanda dall’ottuso Re. -Non prendertela con Galion. Quel liquido rossastro deve aver sciolto la lingua delle guardie perché non smettevano di raccontarsi storie e cantare.-
    Thranduil alzò gli occhi al cielo, esasperato: Galion e il suo stramaledetto vino. Sorrisero, scambiandosi uno sguardo complice. Quello che avevano condiviso in quel giorno di Mereth en Gilith li aveva avvicinati più di qualsiasi discussione avvenuta fino a quel momento ed entrambi erano consapevoli di aver intrapreso un nuovo cammino.
    Anche se non avevano idea di dove esso li avrebbe condotti.
    Accorgendosi della situazione così intima, Thranduil si riscosse, deglutendo. Lasciò la mano della stella e si alzò velocemente.
    -E come hai fatto a trovare la tesoreria?-
Sillen si tirò a sedere e piegò la testa verso la specchiera. Thranduil notò che, da sotto alcuni volumi, spuntava un foglio scarabocchiato. Scostò i libri e lo afferrò, avvicinandolo al viso.
    –In questi giorni mi sono impegnata a disegnare una mappa del Palazzo, per la buona parte che ho visto fin ora. Andando per esclusione e un po’ per intuito, non ho impiegato molto a trovare la tesoreria.-
Lui la guardò, decisamente ammirato.
Non avrebbe mai smesso di sorprenderlo?
    Studiò la mappa e fu piacevolmente colpito dall’accuratezza della rappresentazione. –Non sapevo avessi una buona memoria.- Sillen alzò le spalle: -Ho praticamente solo quella, credo. Dopotutto sono una stella, no? Non festeggerete di certo Mereth en Gilith senza motivo.- Thranduil scosse la testa, divertito, posando nuovamente la mappa sulla specchiera.
Quello era il suo presente. Lei era il suo presente.
    -Mi aspetto puntualità, domani.-
    La stella sollevò un sopracciglio, falsamente offesa dalla sua malafede: -Come sempre, mio signore Thranduil.-

 



N.D.A

Bentrovati! Scrivere questo capitolo mi ha davvero emozionata e spero che possa suscitare le stesse sensazioni anche a voi T-T
Vi invito sempre a lasciare qualche recensione, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate <3

Grazie a tutti quelli che seguono la storia e sono arrivati fino a qui, spero di avervi regalato dei bei momenti!

Al prossimo capitolo,
Aleera

 
   
 
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