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Autore: bik90    19/06/2019    3 recensioni
Eleonora gemette mentre chiudeva la conversazione. Non poteva credere che fosse accaduto davvero. Lentamente scivolò per terra e iniziò a piangere sotto gli occhi di Martina.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La mattina arrivò troppo presto per Serena. Si rotolò nel letto sentendo la testa pulsarle in modo spaventoso. Ricordava appena quello che era successo la sera precedente, di sicuro c’era solo il mal di testa atroce. Aveva alzato il gomito molto più delle altre volte e ora ne pagava le conseguenze.
Cazzo, pensò mettendosi seduta.
Il pavimento sotto i piedi le pareva distante anni luce rispetto al normale e solo allora si rese conto di indossare un semplice slip.
Ma che…, si disse guardandosi velocemente intorno, Dove diavolo solo i miei vestiti?
Nel farlo, notò che non era sola in camera. Nel suo letto, ancora addormentata c’era la sua coinquilina Francesca. Al contrario suo, però, la ragazza indossava una maglietta intima e un paio di pantaloncini. Stava ancora riflettendo sulla sua situazione quando dovette correre in bagno di corsa. Alzò la tavoletta della tazza e si chinò. Stava ancora vomitando quando Francesca si presentò sulla soglia della porta. Aprì il rubinetto facendo scorrere l’acqua fredda e aspettò che l’altra si alzasse. Non si scompose minimamente nel vederla in quel modo, anzi le sorrise per non farla sentire a disagio.
<< Che cazzo è successo ieri sera? >>.
La ragazza la fissò per un paio di secondi senza rispondere.
<< Non ti ricordi niente? >>.
Serena scosse il capo.
<< No, cioè… >> ci pensò un attimo << Qualcosa sì. Ma quanta gente c’era? >>.
<< Fabiana ha fatto le cose in grande stile >> sogghignò Francesca << Fatti una doccia, vedrai che ti sentirai meglio. Io inizio a preparare la colazione e vedere se la più pazza di tutte è ancora viva >>.
La più piccola si limitò ad annuire mentre altre domande le vorticavano nella mente. Alzò gli occhi verso la figura dell’amica, ma Francesca le aveva dato le spalle uscendo dal bagno. Come erano finite a dormire insieme? E, soprattutto, perché non indossava nemmeno uno straccio di maglietta? Aprì il box doccia e mise a correre l’acqua fredda prima di sfilarsi anche l’ultimo indumento.
<< Ah, Sere >> disse improvvisamente l’altra ragazza voltandosi verso di lei. La porta del bagno era leggermente aperta permettendo a entrambe di vedersi e sentirsi << Non mi avevi mai detto di avere una voglia sotto il seno così carina >>.
 
Vide Giuseppe da lontano fuori il bar dove si erano dati appuntamento e si affrettò a raggiungerlo. Il ragazzo si alzò in piedi nel vederla e le porse un sorriso in segno di saluto.
<< Scusa il ritardo >> fu la prima cosa che disse Serena fermandosi.
L’altro scosse il capo e le indicò il tavolino.
<< Vuoi bere qualcosa? >> le chiese tornando a sedersi.
Serena gli si sedette di fronte e involontariamente sbirciò la sedia vuota per vedere cosa ci fosse. A quel gesto l’altro scoppiò a ridere.
<< L’ho portato, tranquilla! >> esclamò sollevando la tracolla che aveva dietro di sé.
La ragazza arrossì imbarazzata per la brutta figura e si scusò per la seconda volta.
<< E’ che è davvero importante per me >>.
<< Come per chiunque voglia davvero essere un medico >> rispose Giuseppe.
<< Io non volevo dire che… >>.
Anche se non voleva ammetterlo, Serena era in evidente difficoltà nella semplice conversazione con una persona di sesso opposto. Aveva avuto occasioni più uniche che rare di scambiare qualche parola che non fosse di studio e mai da sola.
<< E dimmi >> fece improvvisamente l’altro interrompendo il filo dei suoi ingarbugliati pensieri << Com’era la festa ieri? >>.
La ventiduenne sgranò gli occhi per la sorpresa.
<< Ma tu cosa diavolo ne sai? >>.
La risata che proruppe dalle labbra del più grande era sincera. Non le stava parlando per un secondo fine, voleva davvero solo avere una semplice chiacchierata con lei.
<< Le occhiaie >> rispose << Non sei riuscita a nasconderle molto bene >>.
<< Oh >> disse Serena << Non ho mai imparato a destreggiarmi tra i vari prodotti che ci sono per il viso. Io… ho sempre pensato che fossero futili >> fece una pausa pensando a quanto fosse ridicolo parlare di simili cose << Comunque sì, è stata una festa assurda >> mentì non riuscendo ancora a ricordare quasi nulla di quello che era accaduto.
Si passò una mano tra i capelli scuri a disagio e colse l’occasione per ordinare a un cameriere che stava passando da lì un succo di frutta. Aveva accantonato i suoi dubbi e le sue domande per quando fosse tornata a casa, quell’appuntamento era nettamente più importante di un post sbronza e di una serata dove aveva alzato il gomito. Sicuramente Fabiana l’avrebbe presa in giro a vita.
<< Sei stai chiedendo un consiglio, credo tu abbia sbagliato persona >>.
Scoppiarono a ridere insieme e per Serena fu strano, diverso, ma anche piacevole. Il ragazzo che le stava di fronte era interessante, aveva un po’ di barba che lo faceva apparire più uomo, i lineamenti spigolosi e la mascella accentuata. Non era sicuramente bellissimo, però sapeva parlare. E lei si stava trovando bene. Parlarono per un’altra ora; poi Giuseppe si alzò in piedi per pagare dovendo il suo turno iniziare tra poco.
<< Mi spiace >> disse porgendole il famoso libro << Ma il lavoro chiama >>.
<< Non preoccuparti, lo capisco >> rispose Serena cercando il portafogli nella borsa.
Il ragazzo la precedette pagando per entrambe e si diressero verso l’uscita. Furono immediatamente investiti dal caldo della città e dalla massa di studenti che si muovevano in varie direzioni parlottando e ridendo.
<< Grazie ancora >> riprese la ventiduenne fermandosi all’incrocio.
Lei avrebbe svoltato a destra mentre Giuseppe per arrivare in facoltà doveva proseguire dritto.
<< Beh, per ringraziarmi potremmo… >> iniziò il ragazzo per la prima volta a disagio << …non so… prendere un altro succo di frutta? >>.
<< Certo! >> esclamò Serena rendendosi conto solo dopo della troppa enfasi che aveva messo.
Giuseppe rise e le porse il cellulare per memorizzare il suo numero. Serena quasi non riusciva a crederci, per lei era una specie di primo appuntamento. Era stupido pensarlo in quel modo, ma non riusciva a evitarlo.
<< Perfetto, allora ti scrivo >> disse il ragazzo notando che il semaforo era diventato verde. Si salutarono con un cenno del capo e prese a camminare << Puoi farlo anche tu! Tutte le volte che vuoi! >> aggiunse subito dopo voltandosi e rischiando di scontrarsi con un altro studente.
Serena scoppiò a ridere per l’ennesima volta e lo osservò finché le fu possibile.
 
Emilia osservò Emanuele sorridere di fronte al disegno che aveva fatto Debora per lei e finì di fare colazione. Quella gravidanza, forse in vista anche dell’età non più giovanissima, la stava particolarmente stancando. Fortunatamente poteva contare sull’aiuto di suo marito che era sempre stata una persona eccezionale. Era stato lui, infatti, a proporle di prendere una baby-sitter per le piccole almeno finché il bambino non fosse nato. Sperava che, successivamente, le cose fossero migliorate. Di sicuro non si aspettava che il ragazzo tornasse in Italia e che si piazzasse senza alcun riguardo a casa sua. Non che fosse un peso per loro, Emanuele occupava la stanza degli ospiti ed era praticamente invisibile ai suoi occhi per la maggior parte della giornata; il suo fastidio era dettato dalla nonchalance con la quale si presentava e in seguito andava via.
<< Ti tratterrai ancora per molto? >> gli chiese cercando di apparire normale.
Emanuele si voltò per guardarla prima di risponderle. Aveva gli occhi di un colore indefinito, cambiavano a seconda della luce e dell’umore. Emilia li aveva sempre trovati bellissimi e una parte sperava che almeno il suo ultimo bambino li ereditasse. Lei e suo marito avevano gli occhi scuri e per Alessia e Debora era la stessa cosa, il ragazzo era l’eccezione della famiglia.
<< Ancora non ho deciso >> rispose pulendosi la bocca e alzandosi in piedi per giocare con le nipoti.
<< Perché pensarci, vero Ema? Tu non fai mai programmi nella tua vita, eh? >> s’intromise Maurizio richiudendo il quotidiano che aveva consultato.
Ogni muscolo di Emanuele si tese nel sentire la frase tagliente e provocante del fratello maggiore. Mise a terra Alessia e si strinse nelle spalle cercando di mantenere la calma. Odiava quando Maurizio faceva finta di interessarsi a lui.
<< Dovrei? >> fece con lo stesso tono dell’altro.
<< Per quanto tempo credi ch’io o Michele potremmo continuare a mantenerti in questo modo? Dovresti lavorare come fanno tutti >> continuò il più grande riferendosi al terzo fratello.
<< Non mi pare che vi sia mai piaciuto avermi tra i piedi. Per questo siete sempre stati più che felici di vedermi partire >>.
Nonostante avesse solo ventisei anni, Emanuele non permetteva a nessuno di parlargli in quel modo. La sua famiglia si era sempre importata ben poco di lui, troppo presi ad ammirare i successi dei fratelli maggiori, a elogiarli e lodarli come figli d’oro. L’unica persona che pareva comprenderlo era la madre, morta troppo presto e che gli aveva lasciato una cicatrice nostalgica nel cuore. Nessuno si era mai domandato se Emanuele, prima bambino e poi ragazzo che giocava spesso da solo, avesse sofferto.
Maurizio scattò in piedi in un gesto d’ira e di rabbia che subito si spense per evitare che la situazione potesse degenerare.
<< Smettila Emanuele, almeno mostra rispetto per chi ti ospita >> affermò Emilia intromettendosi.
Il ragazzo fece un respiro profondo e si rivolse alle bambine rimaste immobili e in silenzio.
<< Che ne pensate se vi venissi a prendere a scuola? >> domandò come se i genitori fossero diventati improvvisamente invisibili.
<< Insieme ad Alice? >> chiese Debora con gli occhi che già le brillavano.
Emanuele ridacchiò scompigliando i capelli a entrambe.
<< Perché no, sarà divertente metterla in difficoltà >>.
 
Alice quasi non credette che il ragazzo con la barba incolta, vestito con abiti logori, fosse lo stesso che le si presentava davanti in quel momento. Emanuele si era avvicinato con disinvoltura salutandola e sorridendole mentre lei non smetteva di osservare quella maglietta aderente che indossava e che gli fasciava i muscoli in modo perfetto. Si era completamente rasato e dato un bel taglio ai capelli che adesso teneva fermi grazie alla cera e ogni traccia di stanchezza era completamente svanita.
<< Ciao >> lo salutò la ragazza affiancandolo e cercando un posto all’ombra dove aspettare l’uscita dei bambini da scuola << Noto con piacere che non sembri più un barbone >>.
Emanuele rise e subito dopo le fece l’occhiolino.
<< Stai dicendo che sono irresistibile adesso? >>.
Alice sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Perché i ragazzi carini erano sempre così sboroni e pieni di sé?
<< Niente di tutto questo >> mentì << Dico solo che ora sembri esattamente un ragazzo della tua età >>.
Il trucco con quel tipo di persone era mostrarsi indifferenti di fronte al loro fascino, altrimenti riuscivano facilmente ad avere la meglio.
<< Guarda che non c’è bisogno che tu me lo dica, so perfettamente di essere bellissimo >>.
<< Se dovessi descriverti, direi che l’aggettivo più adatto per te è umile >> lo schernì la ragazza per non dargli alcuna soddisfazione.
<< Anche questo mi è stato detto parecchie volte >>.
Alice scoppiò a ridere nonostante si fosse imposta di non farlo, pareva che nulla potesse scalfire il buonumore di Emanuele.
<< Immagino tutte le ragazzine che avrai fatto innamorare con la sola forza del tuo sguardo. Alle superiori avrei avuto un fans a palate! >>.
Questa volta tocca all’altro ridere, ma preferì non rispondere. Emanuele non amava parlare di sé o del suo passato nonostante avesse dei ricordi bellissimi di quel periodo. E proprio per questo, forse, li custodiva gelosamente.
<< Zio! >> esclamò Alessia improvvisamente correndo verso di loro. Emanuele la afferrò al volo facendola vorticare prima di rimetterla a terra. Alice osservò la scena prima di tornare a guardare l’istituto e individuò immediatamente anche Debora. Le fece un cenno con la mano per farsi notare e vide chiaramente la bambina sorridere nel notare al suo fianco il ragazzo.
<< Le mie principesse preferite! >> esclamò quando le prese entrambe in braccio << Cosa vogliamo fare oggi? >>.
<< Possiamo decidere noi? >> domandò Alessia incredula dalla felicità.
<< Certo, oggi pomeriggio possiamo fare tutto quello che volete >>.
<< Io dovrei portarle a casa… >> mormorò Alice poco convinta del cambiamento.
Emanuele rise e le spettinò i capelli come se fosse una bambina facendo ridere in questo modo le nipoti. Poi la guardò negli occhi e Alice dovette trattenere il fiato per la profondità che celavano dietro le lunghe ciglia.
<< Non hai mai fatto qualcosa fuori dalle regole, Alice? >>.
Questa volta era serio, la ragazza non lo aveva mai visto in quel modo.
<< Magari possiamo avvisare tuo fratello e… >>.
Il ragazzo le sorrise e la disarmò completamente.
<< Ci penso io >> le rispose rassicurante << Adesso, andiamo? Le mie due principesse stanno aspettando >>.
Alice guardò le bambine e quella loro aria speranzosa. Sospirò mentre si passava una mano tra i capelli e annuì pensando che sicuramente sarebbe stato un bellissimo pomeriggio, ma anche che se ne sarebbe pentita.
Emanuele urlò sollevandola da terra mentre Alessia e Debora giravano intorno ai due ragazzi felici. E lei non poté far altro che trattenere di nuovo il fiato quando i loro corpi vennero a contatto. Tremò involontariamente e arrossì quando i suoi piedi toccarono nuovamente terra. L’altro le fece l’occhiolino con aria complice e allungò una mano per prendere la sua. Alice scosse il capo cercando di darsi un contegno.
<< Adesso non allargarti >> disse ridendo appena e superandolo.
Le bambine la seguirono verso il ciglio della strada e Emanuele la fissò per qualche istante in silenzio e immobile. La frase appena detta da Alice gli ricordò un’altra persona. Erano anni ormai che non gli capitava di pensare a lei e il suo ricordo gli fece meno male rispetto alle volte precedenti. Infilò le mani nelle tasche dei jeans e la raggiunse.
<< Giostre? >> propose.
 
Alice si sdraiò sul prato di villa Borghese e sospirò stanca e sudata. Sentiva, alla sua destra, le voci delle bambine che si rincorrevano e giocavano con i frisbee che Emanuele aveva vinto per loro su una bancarella.
<< Esausta? >> scherzò il ragazzo sedendosi al suo fianco.
L’altra si portò una mano sugli occhi per proteggerli dal sole e lo guardò. Era sudato, ma sicuramente non sfiancato.
<< Vorrei avere le tue pile >> disse mettendosi seduta << Non avvertire la stanchezza deve essere una dote di famiglia >> aggiunse riferendosi alle energie che ancora avevano le bambine nonostante il pomeriggio intenso. Emanuele le aveva condotte, solo grazie all’ausilio dei mezzi pubblici, in giro per Roma per far divertire le nipoti. Pareva che i soldi non fossero un problema, aveva sempre pagato tutto lui, perfino ciò che Alice aveva consumato. Il ragazzo rise e si sistemò meglio i capelli che erano in disordine.
<< Stasera crolleranno >> commentò osservandole.
<< Io, invece, stasera, farò la nottata in bianco per studiare >>.
Emanuele si voltò nella sua direzione quasi di scatto.
<< Sei all’università? >>.
Alice rise.
<< Sei sorpreso esattamente da cosa? Dal fatto che esistano persone che studino e lavorino allo stesso tempo? >>.
<< Cosa studi? >> chiese invece il ragazzo ignorando la sua domanda.
<< Filologia classica >>.
<< Filo che cosa?! >>.
La ragazza fece oscillare una mano davanti al viso dell’altro e tornò a stendersi.
<< Non capiresti mai >> rispose.
Emanuele le si stese accanto, poggiando i gomiti sull’erba per poter tenere d’occhio le bambine e allo stesso tempo continuare a parlare con lei.
<< Non me lo avevi detto >> disse semplicemente.
Alice colse la differenza nel tono della voce che lui aveva usato. Non la stava prendendo in giro.
<< Avrei dovuto? >> si difese mettendosi sul fianco e poggiando il viso sul palmo della mano << Ti ricordo che siamo conosciuti nemmeno ventiquattr’ore fa >>.
Emanuele sorrise e le porse la mano.
<< Allora ricominciamo >> iniziò << Io sono Emanuele Orlandi >>.
Alice scoppiò a ridere stringendogliela.
<< Alice Capasti >>.
<< Sei di Roma, Alice? >>.
Lei scosse il capo.
<< Universitaria fuori sede spero ancora per poco! >> rispose facendo scivolare la guancia sull’erba << Non vedo l’ora di terminare >>.
<< Ma allora abbiamo una secchiona qui! >>.
La ventiquattrenne lo spintonò con una mano e rise.
<< Ma smettila! >> esclamò << Posso farti io, invece, una domanda? >>.
Emanuele annuì.
<< Vivi a casa di tuo fratello? >>.
L’ombra che attraversò gli occhi del ventiseienne le fece comprendere di aver appena toccato un tasto dolente. Si vergognò per aver rovinato, con una stupida richiesta, tutta l’atmosfera scherzosa che si era creata. Emanuele scattò in piedi e richiamò le nipoti.
<< Quelle poche volte che sono a casa, sì >> si limitò a dire dopo aver fatto presente che sarebbero tornati tutti a casa.
Alice si alzò e stava per parlare mentre nella sua mente vorticavano tanti pensieri sul perché fosse così strana quella situazione.
<< Non c’è bisogno che venga anche tu con noi >> la bloccò Emanuele << Torna a casa, ti abbiamo trattenuto anche troppo >>.
 
<< Non preoccuparti, ci penso io >> disse Federico chiudendo la conversazione.
Flavia gli aveva chiesto di fare un po’ di spesa prima di rincasare visto che lei era ancora impegnata con la scuola. Rimise il cellulare in tasca dopo aver letto un messaggio di Iacopo decidendo di rispondere più tardi e si fermò. Aveva perso il conto delle volte in cui era arrivato lì dopo il lavoro e l’aveva guardata. Nulla che anche oggi non avrebbe fatto. Si era ritrovato a mentire alla sua ragazza con una naturalezza che avrebbe dovuto spaventarlo e che, invece, sorprendentemente, lo aveva fatto sentire sollevato. Perché altrimenti come avrebbe spiegato quello che stava facendo? Nemmeno lui sapeva darsi una risposta sensata. Sapeva solo che quella ragazza era bellissima e voleva continuare a fissarla immaginando di esserle amico. Sapeva fin troppo bene, infatti, che non avrebbe mai avuto il coraggio di avvicinarsi e conoscerla. Con le persone di sesso opposto era timido e riservato; se non fosse stato per Flavia, non avrebbe mai avuto il coraggio di dichiararsi. Si fermò mentre la notava. Quel pomeriggio aveva fatto una spesa più abbondante delle altre volte e i sacchetti erano stracolmi. Improvvisamente uno di questi si strappò facendo cadere il contenuto per terra. Ancor prima di rendersene conto, Federico era andato in suo soccorso.
<< Serve una mano? >> chiese educatamente.
Senza aspettare risposta, si chinò per raccogliere la bottiglia del latte e un barattolo medio di nutella che fortunatamente non si era rotto. Lei lo fissò per un secondo in silenzio, leggermente spaventata dalla sua presenza inaspettata.
<< Grazie >> mormorò appena << Tu… lavori da queste parti? >> chiese guardandolo attentamente << Non è la prima volta che ti vedo >>.
Federico allora pensò che l’altra non si ricordava di lui e della serata di addio al celibato dell’amico.
<< Più o meno >> rispose rialzandosi e porgendole il pacco dei cereali << Sono Federico >> aggiunse allungando una mano.
La ragazza gliela strinse.
<< Nadine >> rispose con un mezzo sorriso.
Nessuno dei due si era accorto che, intanto, Ilaria che passava di lì per puro caso, aveva visto tutta la scena.
Hai capito il fratellino, pensò tra sé, E fa anche la parte del santo.
  
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