Jǫtunheimr
parte quarta
Nonostante fosse nuvoloso, il cielo non
era cupo. L'aria era
fresca, ma non in maniera fastidiosa. Si stava bene.
Il parchetto -se così poteva essere
chiamato lo spiazzo cementato con uno
scivolo e due altalene sgangherate- era quasi vuoto. Oltre la rete
metallica
che delimitava il campo da basket dei ragazzi stavano giocando; Bruce e
Tony
avevano trovato la compagnia degli altri bambini, considerati ancora
troppo
piccoli per partecipare alla partita. Steve insisteva sempre che era
importante
che i due bambini socializzassero con qualcuno della loro età o, più in
generale, qualcuno che non fosse parte del gruppo e Loki era più che
propenso
ad assecondare la richiesta, se questo garantiva la possibilità di
mantenere un
basso profilo. Ammesso, ma non concesso, che ci fosse qualcuno sulle
loro
tracce. In ogni caso la prudenza non era mai troppa. E le scarpe logore
accompagnate ai vestiti vecchi del resto dei presenti era più che una
garanzia
sul loro stato sociale. Tra simili ci si intende e, per quanto potesse
odiare
far parte della loro stessa categoria, aveva la sicurezza che nessuno
avrebbe
fatto domande scomode.
Non era stato facile convincere i
bambini ad andare al parco, ma osservandoli
ora era più che certo che si sarebbero opposti altrettanto fermamente
all’idea
di andarsene. Usciti dall'ostello Tony aveva insistito per andare in
libreria,
ma Thor, adesso seduto accanto a lui sulla panchina, l'aveva
incredibilmente
sostenuto nell'idea di evitarla totalmente. Natasha aveva esposto i
pericoli in
maniera molto chiara durante la colazione, inoltre avevano già compiuto
alcuni
passi falsi. Sperava solamente non si rivelassero fatali.
Non
solo avevano dormito all'ostello, cosa che già di per sé li
rendeva rintracciabili, ma tra il litigio e la cena con le ragazze, si
erano
resi evidenti; quante persone li avevano visti e avevano impresso i
loro visi
nella mente? Tra lo shock e la stanchezza non ci aveva pensato, ma ora
si
rendeva conto di quanto l'idea di farsi una foto fosse stata
disastrosa, se
anche qualcuno non si fosse ricordato di loro non sarebbe importato
finchè
rimanevano tutti immortalati nel telefono di una ragazza sconosciuta e
ormai
irrintracciabile. Sperava vivamente che nessuno li stesse cercando e
pregava le
norne che gli permettessero semplicemente di sparire nel nulla, eppure
sapeva
che ormai il loro filo era stato tirato e tessuto. Se qualcuno avesse
dovuto
trovarli aveva la strada spianata, che fossero cauti o meno.
«Cosa
ti turba, fratello?»
Si
girò a osservare Thor. L'idiota lo osservava preoccupato, un
braccio appoggiato sulle gambe e una mano tesa lungo le schienale della
panchina nella pallida imitazione di un abbraccio. Storse la bocca.
«Abbiamo lasciato un sentiero di zoccoli e cenere che anche il più
stupido dei
cacciatori saprebbe interpretare.»
Il biondo si lasciò andare contro lo schienale.
«Ma non c'è nessun cacciatore.»
«Non ne sarei così convinto.»
Thor
lo imitò poggiando entrambi i gomiti sulle ginocchia
sporgendosi in avanti. Lo sguardo fisso sui due bambini che giocavano.
Tony in
piedi sullo scivolo stava dicendo qualcosa a una bambina sulla scala,
Bruce era
seduto sull'altalena e altri appoggiati alla struttura aspettavano il
loro
turno.
«Pensi
che i loro genitori li stiano cercando?»
Loki ignorò il tono malinconico stringendosi nelle spalle.
«Che siano i loro genitori, o quelli di Clint, o le forze di questo
regno,
cambia qualcosa?»
«Non possiamo vivere così, fratello» sospirò «Steve, Bucky, Natasha,
Clint,
Bruce, Tony» fece una pausa tornando a sedersi con la schiena dritta
«Le leggi
e i regni che compongono questo reame» altra pausa «Ci sono troppe
variabili
che non conosciamo per poter prevedere qualcosa. D'ora in poi dovremo
nascondere meglio le nostre tracce.»
Era irritante come Thor continuasse a vedere chiaramente il bersaglio,
ma
continuasse a sbagliare la mira evitando il centro del problema. Il
piede
sfiorò la federa lasciata sotto la panchina.
«Quante
battaglie hai combattuto nella tua vita, Thor? Quante
volte ti sei seduto al tavolo della guerra?»
Il biondo stette zitto, consapevole che si trattasse di domande
retoriche. Era
tipico di Loki fare domande che non richiedevano una risposta in modo
che l'interlocutore
si rendesse conto da sé di quanto insensato fosse stato il proprio
intervento
del centrare il punto della conversazione. Eppure, Thor non riusciva a
capire
dove il minore volesse andare a parare.
«Quante volte l'esercito è rimasto in stallo perché troppe variabili
impedivano
agli strateghi di proporre una tattica vincente? Mai, Thor.» fece una
pausa
fissandolo negli occhi «Non è mai successo. E sai perché? Perché quando
non si
riesce a prevedere le mosse degli elementi imprevedibili si procede a
eliminare
tutto ciò che è instabile.»
Strinse
i pugni sulle ginocchia.
«Stai proponendo di... eliminare i
nostri compagni, Loki?»
Il moro sollevò le spalle e ruotò gli occhi al cielo.
«O di eliminare noi.»
Thor corrucciò la fronte, le labbra strette e lo sguardo deciso.
Conosceva bene
quell'espressione, "spiega"
diceva, e Loki ubbidì.
«Quello
che vale per noi vale anche per loro. Invece di eliminare
i nostri compagni, perché non eliminare noi dalla loro equazione?
Togliere noi dal loro gruppo?»
L'espressione
di Thor si scurì prima di aprirsi in comprensione.
«È
solo un modo diverso per dire la stessa cosa» sbuffò «Sia che
siamo noi a eliminare loro, o loro a eliminare noi, implica che ci
siano due
gruppi. Che ci siano un loro e un noi.»
Loki strinse le spalle.
«E che ci dovremmo separare.»
«È l'idea più logica e giusta.»
Il biondo scosse la testa.
«No, Loki.»
La
miccia della pazienza si era esaurita e il moro strinse i pugni
tirandosi seduto di scatto, morse la lingua per non urlare - perché doveva essere così ottuso? – e quasi
leggendogli nella mente Thor ripeté.
«Non
abbandoneremo i nostri compagni.»
«Non sono nostri compagni!» gli uscì più come un sibilo rabbioso che
come
un'affermazione, ma almeno non aveva urlato. Thor non lo stava neanche
guardando, gli occhi fissi su Tony e Bruce. Valeva così poco la
conversazione sul
loro futuro da non degnarlo nemmeno dell'attenzione necessaria?
«Smettila
di comportarti come un bambino»
Si alzò di scatto, questo era troppo, Thor era... era-
«Sei un idiota! Thor, un idiota! Non te ne rendi neanche conto? Saranno
la
nostra rovina! Thor! La nostra rovina!»
Il biondo strinse i pugni, il viso improvvisamente più duro, ma nel
pieno della
propria ira Loki lo ignorò.
«Stupido! Ci stai portando al macello! Idiota! Non lo vedi? Non
capisci? Dov'è
la tua arguzia e intelligenza che vanti? Non sei meglio delle capre che
ruminano l'erba nei giardini! Ecco cosa dovevi diventare! Una capra!»
«Loki...» il nome uscì come un ringhio gorgogliato e trattenuto tra i
denti. I
ragazzi avevano interrotto la partita e si erano avvicinati per
recuperare i bambini
e allontanarli dalla discussione. Bruce si era istintivamente nascosto
dietro
lo scivolo e Tony pareva ghiacciato in mezzo al parco a fissarli con
gli occhi
sgranati.
Loki si limitò a buttare le braccia per aria continuando il suo sfogo.
«Ci rovini! Una rovina! Io mi sono distrutto per te! Ho perso tutto e
tu mi
rovini! La nostra fine! Ecco come moriremo, su uno stupido e immondo
pezzo di
terra sconsacrato da ogni dio! Senza nemmeno la possibilità di
riprendere il
nostro nome! Stiamo andando a morire per la tua stupidità! Hàlfviti!
Idiota!»
«Nòg!»
Thor
si alzò di scatto. Non si mise a urlare come il fratello, ma
la voce ferma e decisa sorpassò comunque il fiume di parole. Loki si
fermò
all'istante, le parole ancora sulla lingua; sgranò gli occhi rendendosi
conto
di quello che aveva fatto e istintivamente fece un passo indietro
quando lo
sguardo ancora stupito si posò sul viso del fratello.
Thor non era arrabbiato, era livido. Il viso duro e gli occhi una
distesa di
ghiaccio, le labbra premute tra di loro formavano una riga rigida. Loki
chiuse
la bocca ingollando il groppo che aveva in gola e riacquistando un
minimo di
compostezza, cercando di ignorare il groviglio di paura istintiva che
si era
formato nello stomaco.
«Nòg.» ripeté il biondo,
questa volta più lentamente, una nota di dolcezza che sfumava la parola.
«Hai finito? Ti sei sfogato?»
Il moro stette zittò, lo sguardo fisso negli occhi del maggiore.
«Hai esagerato, Loki. Non voglio sentire mai più nulla di tutto questo.
Comportati come si conviene alla tua posizione, prinsinn»
Loki
strinse i pugni, mandò giù l'orgoglio frustrato e annuì.
Quante cose non sapeva il biondo, quanti segreti aveva giurato di
mantenere
alla loro madre!
Prinsinn?
Strinse i pugni fino a far diventare bianche le nocche per fermare la
risata
amara che voleva scuotergli il petto. Prese un respiro profondo
costringendosi
a rilassarsi. Oggettivamente doveva ammettere che aveva perso il
controllo.
Continuando in questo modo non avrebbe ottenuto nulla. Era qui per
aiutare
Thor. Chiuse gli occhi per appena poco più di un battito di ciglia
riparando la maschera di calma che aveva iniziato a sgretolarsi negli
ultimi
giorni.
Era
qui per aiutare Thor. Tutto il resto non contava. Il benessere
del biondo doveva venire sopra a tutto, anche alla crisi che aveva
appena avuto
e al suo orgoglio. Thor era la sua priorità. Non poteva deludere
Madre
così.
Recuperato
il controllo sui suoi nervi e tornando ad affogare il
turbinio di emozioni in fondo allo stomaco, si girò verso i bambini. Il
parchetto si era svuotato, così come il campo da basket. Nessuno voleva
essere
testimone nel caso le cose fossero degenerate.
«Tony.»
Il bambino non fece neanche segno di averlo sentito. Rimase
pietrificato come
una statua di sale a metà strada tra lo scivolo e le altalene. Le gambe
leggermente divaricate, le braccia sollevate al petto, gli occhi
sgranati e il
respiro quasi inesistente.
«Tony,» ripeté questa volta infondendo una nota più dolce nel nome
«vieni qui.»
disse abbassandosi sui talloni per raggiungere l'altezza del bambino.
Strinse
le spalle, allungò una mano in avanti e addolci l'espressione del viso.
Tutto
nel suo atteggiamento urlava arrendevolezza e sperava tanto che
bastasse.
Poteva quasi sentire il litigo nella mente del bambino, diviso tra
l'avvicinarsi e lo scappare via.
Loki aspettò pazientemente e alla fine Tony parve giungere a una
soluzione
muovendo qualche passo nella sua direzione. Ci vollero sessanta
strazianti
secondi prima che il bambino fosse a portata di braccia. Con uno scatto
lo
afferrò per un braccio tirandoselo al petto. Thor, rimasto
silenziosamente a
osservare la scena fino a quel momento, fece un passo avanti quado il
bambino
iniziò a divincolarsi.
«Shh,
va tutto bene. Mi dispiace, ma va tutto bene ora.»
Loki
non lo lasciò andare iniziando ad accarezzargli la schiena e
a confortarlo dondolando sui talloni. La cosa parve avere effetto. Il
bambino
fermò le convulsioni lasciandosi coccolare dal moro.
«Sei
al sicuro. Va tutto bene adesso. Ti ho spaventato, mh? Mi
dispiace.»
Tony sussultò tra le sue braccia, se per una risata o per un singhiozzo
non lo
sapeva, almeno la maglia era ancora asciutta.
«Mi dispiace tanto, sono stato cattivo. Non avrei dovuto farlo. Ma non
devi
avere paura, sei al sicuro. Non ti farei mai del male. Né io, né Thor,
mh? D’accordo?»
Il
biondo sussultò preso in contropiede dall’improvvisa nomina del
suo nome, ma annuì nonostante Tony, con la faccia ancora premuta contro
la
maglietta, non potesse vederlo. Bruce, invece, lo vide e fece un timido
passo
avanti. Si era tirato in piedi da dietro il suo nascondiglio quando
Loki aveva
iniziato a confortare l'altro bambino. Da sotto le ciglia Loki osservò
i suoi
movimenti senza darlo a vedere. Sebbene fosse ancora scosso, la paura
pareva
aver fatto il posto alla rassegnazione e il respiro erratico si era
calmato.
Tutto come
previsto.
«Va
tutto bene, non hai nulla da temere. Non sono arrabbiato con
voi. Non ero arrabbiato e basta, ho solo paura. Come voi» una mezza
bugia e il
corpicino tremante di Tony letteralmente si sciolse tra le sue braccia.
«Tutti abbiamo paura adesso, ma vi posso assicurare che andrà tutto
bene»
Bruce
annuì nonostante Loki stesse ancora dando la sua attenzione
a Tony e Thor sorrise facendo un passo avanti. Il peso del bambino
premuto
contro il petto del moro si mosse inquieto, ma non indietreggiò.
Continuando a
mormorare rassicurazioni e dondolandosi sui talloni osservò il fratello
avvicinarsi a Bruce e prenderlo tra le braccia, gli occhi rossi nel
tentativo
di trattenere le lacrime.
«Va
bene se mi alzo, mh?»
Tony si irrigidì appena e lui gli passò velocemente una mano tra i
capelli.
«Non devi allontanarti. Bruce è in braccio a Thor ed è più grande di
te, non
vuoi fargli compagnia?»
Tony annuì timidamente e Loki avvolse un braccio attorno alla schiena e
passò
una mano sotto le cosce del bambino sollevandosi in piedi continuando a
tenerlo
stretto al petto. Thor si avvicinò, una mano che massaggiava la schiena
di
Bruce lentamente e Loki poteva ricordare come quando erano bambini
quelle
stesse mani avessero consolato lui stesso molte volte. Si girò
avvicinandosi alla panchina e lasciando che il fratello lo raggiungesse.
«Vi va di mangiare qualcosa? È già
passato mezzogiorno e avrete di
certo fame.»
Il
genietto si allontanò dal petto dell'adolescente permettendogli
di metterlo a sedere sulla panchina accanto a Thor, con Bruce ancora
attaccato
addosso. Loki si chinò per rovistare tra le scorte di cibo fino a
trovare quello
che cercava. Sorrise vittorioso allungando uno degli involucri di carta
bianca
a Tony che lo aprì iniziando a mangiare il suo panino. Tony si era
calmato e
questo era solo un bene, un problema in meno che era riuscito a gestire
–almeno questo sei in grado di gestirlo,
consolare un bambino piagnucolante!
«Ti
va un po' di yogurt?» chiese fingendo di non aver notato il
sussulto di Bruce quando gli aveva posato una mano sulla spalla.
Thor si mosse spingendo il bambino ad allontanare la testa dal suo
petto. Loki
sorrise aprendo il vasetto e allungandolo verso il bambino che lo prese
sistemandosi meglio sulle gambe del biondo. Poi piegò la carta per
formare il
rudimentale cucchiaino.
«Tu
non mangi?»
Scosse
la testa sedendosi tra Tony -grazie al cielo aveva
ricominciato a parlare, il peggio era passato-
e Thor.
«Non
ho fame.»
Il
bimbo corrucciò la fronte e prese un altro boccone di pane e
marmellata.
«Sicuro
fratello?»
«Sicuro Thor, non ho fame.»
Si
guardò intorno, il quartiere era silenzioso e gli unici rumori
di sottofondo erano il tipico traffico urbano e il ronzio indistinto di
qualche
programma televisivo qualche piano sopra di loro. Una donna uscì da un
palazzo
attraversando velocemente il campetto da basket trascinandosi dietro un
bambinetto di non più di dieci anni prima di svoltare verso la via
principale
senza nemmeno degnarli di uno sguardo. Meglio così.
«Possiamo
andare in biblioteca? Non mi va di stare ancora al parco.»
«Meglio di no, Tony. Già questa mattina abbiamo discusso l'argomento ed
eravamo
giunti alla conclusione che sarà Steve a portarti.»
«Ma io voglio andare in biblioteca!»
Loki ruotò gli occhi al cielo. Tony era saltato giù dalla panchina con
un
broncio sulla faccia e mancava poco che iniziasse a pestare i piedi per
terra.
Con la coda dell'occhio vide che Bruce era ancora seduto a mangiare il
suo yogurt
e sembrava tranquillo.
«In ogni caso dobbiamo aspettare che Bruce finisca di mangiare.»
Il bambino sollevò lo sguardo dal vasetto.
«Sarebbe maleducato obbligarlo a finire di mangiare velocemente quando
tu hai
avuto tutto il tempo.»
Tony borbottò incrociando le braccia al petto ma non oppose ulteriore
resistenza. Eppure era solo una tregue temporanea, Loki sapeva che un
genio
annoiato causa solo guai.
«Ho
un'idea»
esclamò con finta allegria attirando l'attenzione dei presenti.
«Tanto per cominciare è il caso che ti diamo una pulita.»
Tony osservò le mani impiastricciate di marmellata e si toccò la
faccia. Storse
la bocca in una smorfia allo sporco appiccicaticcio e annuì.
«Abbiamo bisogno di un po' d'acqua…» pensò a voce alta chinandosi a
ricontrollare le scorte. Sapeva che non avevano portato liquidi con
loro, ma la
speranza è l'ultima a morire.
«Ho visto una fontanella a un isolato di distanza.»
«Nel parco?»
Thor annuì.
Il
parco era più che altro un giardinetto, con un paio di
strutture per l'allenamento piazzate al centro. La targa commemorativa
diceva
qualcosa riguardo un "contributo del
quartiere per costruire un memorandum in onore" di qualche sportivo
il
cui nome non gli interessava minimamente. Quando ci erano passati
davanti,
nonostante fosse l'ora di pranzo, era pieno. Soprattutto di adulti in
tutta da
ginnastica. Le possibilità di passare inosservati in quella situazione
erano
poche e avevano optato per tirare dritto. Adesso sarebbero dovuti
tornare
indietro.
«Voi
potete stare qui, non ci metterò più di una decina di minuti.»
Loki
tornò a sollevarsi in piedi osservando con guardo scettico il
fratello, che spostò Bruce dalle sue gambe alla panchina.
«Ed
esattamente come pensi di portare l'acqua qui? Con le
mani?»
Sapeva
che non doveva essere così acido, ma nonostante tutta la
buona volontà non era riuscito a trattenersi. I nervi tremavano sul
punto di
saltare un'altra volta e prese un respiro profondo concentrandosi.
I
mormorii di Tony.
Le voci concitate degli adolescenti che stavano attraversando il campo
dietro
di loro.
Il rumore del traffico della strada principale pochi metri più in là.
Bruce che mangiava il suo yogurt.
Il respiro di Thor. Calmo. Regolare.
Vivo.
Aprì
gli occhi. Inspira. Espira. Calmati,
va tutto bene.
Bruce
finì l'ultima cucchiaiata di yogurt allungando il vasetto a
Thor che lo prese con un sorriso alzandosi in piedi. Non era molto più
grande
di un bicchiere e poteva contenere tre, forse quattro, sorsi d'acqua.
«Tornerò in una decina di minuti
fratello. Tieni al sicuro i
bambini.»
«Ehy!»
Loki sbuffò una risata al tono
offeso di Tony, lasciando che Thor gli avvolgesse
la nuca con una mano, portando le loro fronti a contatto.
«Dieci minuti.»
«Non preoccuparti, sopravvivremo.»
Il biondo sorrise avviandosi verso
il giardinetto e lasciandoli soli.
«Cosa
facciamo? Mi annoio!»
Si girò sui talloni osservando Tony sdraiato per terra -le
mani e la faccia sporchi di marmellata- e Bruce seduto composto
sulla panchina -mani e faccia
impiastricciate di yogurt.
Sorrise.
«Come ve la cavate nel trovare i lati di un triangolo?»
«Teorema di Pitagora?» chiese incuriosito Bruce scendendo dalla
panchina. Tony
saltò in piedi con il solito luccichio affamato di sfide e conoscenza
negli
occhi
«Matematica! a2+b2=c2!»
Annuì avviandosi verso lo scivolo. Studiare con i due bambini era
sempre una
sfida.
«Siamo tutti d’accordo che questo-» affermò colpendo il lato dello
scivolo «-non
è un triangolo architettonico-»
«Triangolo rettangolo» tradusse Bruce sottovoce.
Come
diceva prima: studiare con i due bambini era una sfida. Una
cosa che era impossibile trascurare era come la maggioranza dei
concetti basici
non combaciavano. O meglio, erano espressi in maniera diversa.
Il "Teorema di Pitagora"
non esisteva e nessun precettore gliene aveva mai parlato; ma la
formula
"a2+b2=c2" era pressoché universale.
Lo stesso valeva per molte altre cose, compresi i nomi di alcune
particolari
forme geometriche.
«-ma
per amore dello studio e odio della noia supponiamo e
facciamo finta che lo sia.»
Tony
fece per obiettare, ma il tutto si perse i un "ohf"
alla gomitata dell'altro
bambino. Benedetto Bruce. Ma non abbastanza da fermare la nuova domanda
in
arrivo.
«Come misuriamo i lati se non abbiamo un metro. Né un righello. Né
qualunque
altro metodo di misurazione»
«Né
qualunque altro metodo di misurazione convenzionale» lo
corresse Loki.
«Mai sentito parlare delle spanne? O dei palmi? Ci sono centinaia di
metodi di
misurazione differenti nell'universo, e la matematica si applica allo
stesso
modo su ognuno di essi»
Il bambino inclinò la testa di lato assottigliando gli occhi e pensando.
«Quindi quale usiamo?»
Loki ghignò.
«Ce ne inventiamo uno?»
La domanda parve eccitare la mente dei due bambini che immediatamente
iniziarono a parlare e complottare nella creazione del loro nuovo e
personale
sistema di misurazione. Quando Thor arrivò, come promesso, una decina
di minuti
dopo li trovò tutti e tre seduti in cerchio ai piedi dello scivolo.
Sorrise,
rassicurato dalla visione. Nonostante lo sfogo di Loki i bambini non
avevano iniziato
ad averne timore. Erano stati giorni difficili e -ripensandoci a mente
lucida-
non era strano che Loki fosse scoppiato in quel modo.
La paura e la pressione che avvertiva sulle sue spalle erano le stesse
che
opprimevano il fratello ed era ovvio che sarebbe stato solo una
questione di tempo.
Avrebbe dovuto parlarne anche con gli altri, lo sfogo di Loki era solo
il
primo, aveva la sensazione che a uno a uno tutti avrebbero avuto
reazioni
simili prima o poi. Verosimilmente, più prima che poi.
«Cosa state facendo, fratello?»
«Abbiamo deciso di calcolare la lunghezza dello scivolo nel caso
supposto che
esso sia un triangolo rettangolo i cui lati cateti sono la scala e il
terreno
di rispettivamente 44 quattro-dita e 30 quattro-dita.»
Thor decise che sorridere e annuire
era l'unica
risposta adatta allo sproloquio senza senso di Tony, pertanto sorrise e
annuì.
Loki sbuffò una risata alzandosi in piedi.
«Siamo giunti alla soluzione che
l'ipotenusa, o
scivolo, dovrebbe essere lunga 53,25 quattro-dita arrotondato per
difetto,
considerato il 4 come terza cifra. Adesso dobbiamo misurare la parte
dello
scivolo!»
«Perché?» chiese Bruce.
Loki fermò l'entusiastica spiegazione in cui si era lanciato il bambino
avviandosi verso la panchina.
«Ottimo lavoro Tony. Ma direi che la misurazione dello scivolo può
aspettare a
dopo che vi siate dati una ripulita.»
Si accovacciò rovistando in una delle
federe. La
mattina dopo essersi fatti la doccia erano ritornati in camera e Thor
aveva
avuto un colpo di fulmine -non letterale
grazie al cielo- suggerendo di portare con sé anche un lenzuolo nel
caso
avessero dovuto dormire all'aperto. Quindi, oltre alle provviste,
avevano
diviso tra i due zaini improvvisati anche il paio di coperte arancioni
antishock
e un lenzuolo. Trovato il tessuto bianco lo tirò fuori infilandone un
angolo
nel vasetto di yogurt pieno d'acqua e iniziando a pulire il viso di
Tony. I
mugugni di protesta del bambino erano coperti dalla risata di Thor.
Tony parve
prenderla come incentivo, perché si immobilizzò fissando Loki negli
occhi con
uno sguardo di sfida.
«Stai fermo» lo riprese, tenendolo per
la mascella.
Il genietto si limitò a una smorfia, che doveva essere un sorriso -ma ehy! Sapete quanto è difficile sorridere
con Loki che ti tiene per la
mascella? A volte sembrava più forte addirittura di Steve, cosa
impossibile,
perché Steve era il più forte di tutti, tranne probabilmente per Bucky
e Thor e
comunque stava divagando di nuovo. Iniziò a divincolarsi, spinse con le
mani
sul petto del moro, scosse la testa e addirittura quando un paio di
ciocche
nere gli finirono tra le dita le tirò. Loki si limitò a lanciare
un'occhiataccia a Thor, doveva solamente pulire la faccia del bambino
eppure il
fratello era riuscito a trasformarlo in un gioco. O meglio una sfida.
In ogni
caso non sarebbe stato Tony a vincerla, poteva starne certo.
Le finestre delle palazzine intorno a
loro si
chiusero e Bruce diede uno spintone alla coscia del biondo. Thor aveva
sempre
avuto una voce profonda e tonante, non era improbabile che la sua
risata avesse
rimbombato tra le mura di cemento dando fastidio a qualcuno.
«Fatto» concluse Loki lasciando andare
Tony che
immediatamente fece un paio di passi indietro sbuffando. Il bambino era
competitivo e di certo non gli andava giù di perdere una sfida.
«Le mani?»
Il moro sollevò un sopracciglio fissandolo negli occhi, ancora
accovacciato
all'altezza del bambino.
«Se ti comporti educatamente e non come se avessi le convulsioni posso
lavartele quando avrò finito con Bruce.»
Una macchina lungo la via inchiodò di
colpo facendo
stridere le gomme sull'asfalto e il bambino si fermò a metà del passo.
Loki e
Thor lanciarono un'occhiata alla carrozzeria nera sbuffando, ci mancava
solo
che qualcuno avesse deciso di mettere in mostra il suo nuovo acquisto. A volte la gente era davvero stupida e
infantile, pensò allungando una mano oltre Tony. Bruce sorrise
avvicinandosi.
Gli spari assordanti accompagnarono i
proiettili che
passarono appena sopra le loro teste. Loki si buttò le terra, la mano sulla
testa
di Tony spingeva il bambino accanto a lui contro l'asfalto. Lasciando
che l'istinto prendesse il sopravvento, si
rotolò
sotto la panchina. Con lo sguardo cercò Thor. Era steso a terra ad
appena un braccio di distanza,
coperto in parte dallo scivolo in
metallo. Bruce era rannicchiato al suo fianco.
Il rumore assordante si spense
rimbombando e lasciò
spazio ai singhiozzi spaventati dei due bambini e a dei passi che si
avvicinavano.
Si scambiò uno sguardo con Thor.
Gli occhi saettarono alla ricerca di una via di fuga.
Tra loro e la macchina c'era l'intero parco giochi, il campo da basket
e la
rete metallica. Sarebbe stato difficile colpirli senza una buona mira e
considerato che erano ancora tutti interi, i loro avversari dovevano
puntare
soprattutto sulla forza di fuoco e la superiorità
numerica. Quattro fucili
e due pistole. Uno disarmato? No, armi nascoste sotto i vestiti. Altri
due in macchina,
probabilmente armati. L’autista aveva trenta secondi stimati prima che
riuscisse a uscire dall'abitacolo e fare fuoco. L'altro sui sedili
posteriori, venti secondi.
«Nessuno si muova! Fermi dove siete e
non ci saranno
feriti» L'uomo "disarmato" fece un passo avanti aprendo le braccia.
La voce era calma, quasi divertita. Lo ignorò.
Erano sul limite del campo da basket.
Armi caricate
e pronte a sparare.
Strisciò indietro mettendo lo schienale della panchina come ulteriore
difesa.
Tony piangeva incollato al suo petto.
Dietro di loro, a circa venti metri di distanza, una via secondaria
dava sulla
strada principale. Doveva solo alzarsi e iniziare a correre, era
abbastanza
veloce, poteva farlo.
Prese un respiro profondo incatenando
lo sguardo a
quello di Thor. Annuirono entrambi.
Portò lo sguardo nuovamente sul campo
da basket. Non
si erano mossi se non per un paio di passi non significativi. La loro
principale difesa era la rete metallica. Quindici secondi prima che la
superassero. Dieci nel peggiore dei casi. Giudicando la forma fisica e
il peso
delle armi probabilmente dodici era la stima più corretta.
«Tony, ho bisogno di te, okay?»
Il bambino non diede cenno di averlo sentito e Loki si morse la lingua
per non
iniziare a urlare.
«Tony!»
Il nome uscì più come un sibilo che come un sussurro, ma non se ne curò.
«Devi stringerti a me, okay? Le braccia intorno al collo e le gambe
intorno
alla vita. Non posso prenderti in braccio, devi tenerti su da
solo.»
Sentì la presa divenire più salda, il corpo tremante stretto al suo
come se
volesse fondersi e nascondersi nel suo petto. Non aspettò.
Premette le mani sull'asfalto, i
sassolini che
scorticavano i palmi. Lanciò un ultimo sguardo a Thor e si
sollevò.
Dietro di lui sentì l'uomo
urlare. Due passi
dopo cominciarono gli spari. Tre e Tony lo stava strangolando tale
era la
foga con cui si teneva stretto a lui.
Quattro.
Un proiettile passò vicino, troppo
vicino alla sua
nuca.
Cinque.
Era ancora troppo lontano dalla via.
Sei.
Sette.
Le urla di Tony lo assordavano ancora
più degli spari
e gli annebbiavano la mente.
Otto.
Un altro proiettile si piantò nel
cemento dietro di
lui. Troppo vicino-
Nove.
-troppo preciso-
Dieci.
-e la traiettoria era sbagliata.
Undici.
I più veloci superarono la rete.
Dodici.
Presero la mira.
Tredici
Gli spari iniziarono a farsi più
vicini, ma ancora
troppo casuali
Quattordici.
Alcuni proiettili erano sbagliati.
Sbagliati.
Sbagliati.
E troppo precisi e vicini.
Un cecchino.
Quindici.
I più lenti uscirono dal campo da
basket iniziando a
sparare.
Sedici.
Si abbassò di colpo, una mano a
proteggere la testa
di Tony dall'urto e l'altra protesa in avanti per attutire l'impatto.
Diciassette.
Si rotolò di lato.
Diciotto.
Diciannove.
Aveva perso decisamente troppo tempo
nel rialzarsi.
Almeno la mira si era fatta meno
precisa.
Venti.
Corse-
Ventuno.
Corse.
Ventidue.
L'adrenalina iniziava a calare
snebbiandogli il
cervello.
Ventitré.
Ventiquattro.
Venticinque.
C'era quasi, un ultimo sforzo.
Il rimbombo degli spari e delle urla
era assordante.
Non sapeva come fosse messo Thor, ma
non poteva voltarsi.
Ventisei.
Guarda avanti.
Non ti fermare.
Ventisette.
Thor se la sarebbe cavata.
Potevano farcela.
Erano dei guerrieri.
Non era la prima volta.
Ventotto.
Mancavano pochi passi al vicolo.
Ce la stavano facendo. Erano
praticamente salvi.
Ventinove.
Potevano farcela.
Trenta.
Potevano farcela!
Trentuno.
Si aggrappò al muro dandosi la spinta
per girare nel
vicolo all'ultimo.
Ce l'avevano fatta!
Erano salvi.
Trentadue.
La fredda canna della pistola gli fu
premuta tra le
sopracciglia.
Il sangue gli si gelò nelle vene e un
senso di
disfatta gli calò addosso.
Non poteva essere vero.
No.
No, no, no.
L'uomo –o meglio,
il ragazzo- gli spinse la pistola contro la fronte costringendolo a
fare un
passo indietro. E a tornare nella luce del parco. Un silenzio
innaturale aveva
ammorbato l'aria adesso che gli spari erano cessati e le urla si erano
acquietate.
Tony si mosse a disagio piagnucolando con il viso nascosto nel petto e
istintivamente gli avvolse le braccia intorno stringendolo meglio -un'apertura, gli serviva solo un'apertura.
Una distrazione. Un secondo di tentennamento. Qualcosa su cui lavorare.
«Bene, bene, bene.»
Girò la testa di quel poco concessogli
dalla pistola
ancora premuta sulla fronte e il cuore gli cadde sullo stomaco come un
macigno.
Thor era seduto per terra con Bruce tra le braccia, uomini armati erano
disseminati per tutto il percorso tra la macchina e loro. Molti, troppi
di più
di quelli che aveva contato. Per un istante il cervello si ritorse su
sé stesso,
confuso. Lasciò vagare lo sguardo sulle imposte chiuse delle case.
Nessuno era
affacciato alla finestra. Nessuno era fuggito al rumore degli spari -pensavi davvero che chiunque essi siano vi
avrebbero attaccato senza un piano? Pensavi di avere davvero una
possibilità di
fuga? Eravate destinati al fallimento sin dall'inizio. Usa la tua
lingua adesso
per tirarti fuori da questo guaio, Loki, o non ti è rimasta più nemmeno
quella?
Cosa ne è del tuo ingegno o della tua arguzia? Di che aiuto sei stato a
tuo
fratello, ergi, se non ti sei nemmeno
curato del suo benestare prima di fuggire come una gallina dritta nelle
fauci
della volpe?
Strinse le labbra mettendo a tacere la
voce
derisoria nella sua testa. Dando un'altra occhiata si maledisse, perché
era
tutto così palese. La gente che era fuggita via pochi minuti prima
senza
nemmeno degnarli di uno sguardo, il silenzio surreale. Erano stati gli
adolescenti che giocavano a basket ad avvisare della loro posizione? O
li
avevano seguiti a lungo in attesa del momento giusto?
«Vi avevo avvisati. "State
fermi dove siete e nessuno si farà del male" l'avevo
detto, no? L'avevo detto.»
L'uomo con le armi nascoste sotto i vestiti non aveva più le armi
nascoste
sotto i vestiti, ma una pistola in mano. Si avvicinò superando la rete
del
campo da basket, lo sguardo sornione di chi sa di avere la preda nel
palmo
della mano. La minaccia sottointesa nelle parole fece scorrere un
brivido lungo
la schiena di Loki. Non Thor- pregò
silenziosamente nel suo cuore -non mio
fratello!
«Ma sapete, credo sia un problema di
voi nuove
generazioni. Sono sempre così i giovani, convinti di avere il mondo a
loro
disposizione, di essere sempre dalla parte giusta, di poter fare quello
che
vogliono. E questo porta solo a problemi.»
Superò Thor senza degnarlo di più di
uno sguardo
avvicinandosi a Loki e Tony.
«Non ve l'ha insegnato la mamma che
bisogna
ascoltare gli adulti?»
Si fermò a pochi passi di distanza, la
testa
leggermente inclinata da un lato e la pistola tenuta blandamente in
mano. Fece
un altro passo avanti.
«Non sapete che è buona educazione
rispondere quando
qualcuno vi fa una domanda?»
La canna contro la sua fronte spinse
ancora
costringendolo a fare un altro passo indietro e mandandolo a sbattere
contro il
petto di qualcuno. Una mano calò sulla sua spalla costringendolo ad
abbassarsi
e Loki ubbidì sedendosi a terra.
«Nostra madre è sempre stata una donna
saggia e ci
ha inculcato l'insegnamento di non parlare con gli estranei sin dalla
nostra
infanzia.»
Thor si irrigidì lanciandogli uno
sguardo sconvolto
che poteva essere tradotto solamente in "Cosa, per Hel,
stai facendo?", ma lo ignorò. L'Uomo voleva una
risposta? Loki gliela avrebbe data, contornata da tutto il sarcasmo e
l'odio
che riusciva a iniettarci.
L'Uomo si irrigidì, il viso si
contorse in una
maschera di furia prima di addolcirsi forzatamente.
«Vostra madre è una donna saggia, ma a
volte bisogna
anche usare la forza per educare i figli. Dalla lingua che ti ritrovi
penso
proprio che non ti abbia sculacciato abbastanza da piccolo.» Fece un
passo
avanti stando ad appena un palmo dalle ginocchia del ragazzo e
costringendo
Loki a sollevare la testa ed esporre il collo per guardarlo in faccia.
Almeno
la pistola puntata alla sua fronte era scomparsa. «Mi chiedo se mi
ringrazierebbe se ti insegnassi un po' di educazione.» Ci fu un momento
di
stallo in cui nessuno si mosse. «Probabilmente sì.»
Il rumore assordante di uno sparo fu
vicino, fin
troppo vicino. Parve quasi che i timpani dovessero scoppiare. Thor
sentì il
sangue ghiacciarsi nelle vene e i muscoli irrigidirsi come pietra. Poi
l'adrenalina lo fece schizzare in piedi.
«Loki!»
Il nome del fratello rimbombò nel
silenzio e
immediatamente gli uomini intorno a lui gli furono addosso cercando di
rispingerlo a terra. Qualcuno gli strappò Bruce dalle braccia e il
bambino
cominciò a urlare e dimenarsi.
«Loki!»
Il corpo del ragazzo era nascosto
dall'uomo e non
poterlo vedere era un tormento, una maledizione. Dopo quelli che
sembrarono
interi minuti, ma che potevano essere stati tranquillamente pochi
secondi, l'Uomo
annuì.
«Sto bene. Calmati e smettila di
comportarti come un
bambino, idiota.» cerca di mantenere
un’aria leggera, non deve preoccuparsi anche di te.
Thor sentì l'ondata di gratitudine
investirlo mentre
il battito incessante del cuore si calmava, le mani sconosciute lo
costrinsero
a terra. Le urla soffocate di Bruce e le maledizioni dell'uomo che
cercava di
contenerlo furono la seconda cosa a colpire nuovamente i suoi sensi.
Lentamente
e senza destare allarmi inutili, allungò le braccia verso il bambino
che gli fu
lanciato addosso. Bruce si raggomitolò contro il suo petto e Thor lo
strinse
meglio, soffocando il pianto contro la maglietta.
Loki sentiva l'adrenalina scorrergli nel corpo, ogni muscolo e cellula
tremare
nello sforzo di rimanere fermo e non iniziare a correre, scappare, come
urlava
l'istinto. Non era una preda. Né un animale. L'istinto non
l'avrebbe
salvato. Nonostante non potesse vederlo, poteva percepire il buco
nell’asfalto
a pochi centimetri dalla sua coscia, dove il proiettile si era
piantato.
Abbastanza vicino da intimidire, ma non troppo da ferire.
«Provate a fare un altro stunt come
quello di prima
e sappiate che mi basta uno schiocco di dita per farvi un antiestetico
buco in
fronte. Chiaro, Loki?»
Il ragazzo annuì sotto lo sguardo da
squalo dell'Uomo.
A un semplice gesto il ragazzo che fino a poco prima gli aveva puntato
la
pistola tra le sopracciglia mise via l'arma e si avvicinò. Tony, ancora
tra le
sue braccia, continuava a mantenere la stretta intorno al suo collo e
alla
vita. Il ragazzo lo prese per lo scollo della maglietta strattonandolo
e il
bambino urlò. Un urlo acuto e striduto, spaventato. Loki lo strinse
meglio
tenendolo stretto al petto con l'effetto di finire tirato in piedi dal
ragazzo.
Il parchetto si riempì nuovamente di urla e imprecazioni, Thor provò ad
alzarsi
per intervenire urlando il nome sia del fratello che del bambino. Bruce
scoppiò
a piangere ancora più forte di prima, spaventato. Tony urlava
strattonato tra i
due ragazzi. Chi era dietro di lui provò a spingerlo a terra, senza
troppi
risultati, optò quindi per puntargli la pistola alla nuca.
«Pensavo avessimo trovato un accordo!»
la voce lamentosa
e fintamente delusa dell'Uomo gli fece venire la nausea. Spostò lo
sguardo su
Thor, ancorato a terra dalle mani sulle sue spalle, con un fucile
puntato alla
tempia. Bruce, similmente, aveva una pistola puntata verso la schiena.
Per la
terza volta in pochi giorni Loki si sentì inutile, la sconfitta che si
arrampicava sulla schiena, oltre le spalle e gli avvolgeva la mente
nella cupa
e amara disperazione dell'essere inutile.
Gli intestini si aggrovigliarono tra loro peggiorando la nausea e
facendogli
risalire la bile in bocca, la testa gli girava e sbatté le palpebre
velocemente
rifiutandosi di accettare le lacrime che avevano iniziato ad
accumularsi agli
angoli degli occhi.
Inutile. Era inutile. Poteva
combattere, scappare
via, provare a trovare un'apertura usando parole per incastrare i suoi
avversarsi con il ragionamento, ma a che pro, se tutto ciò che faceva
era
inutile? Se non era nemmeno in grado di proteggere se stesso, come
poteva
proteggere Thor? Oh, quanto sarebbe stata delusa Madre! No, non delusa -si corresse- disgustata.
Inutile. Mostro.
Voleva piangere, urlare, pestare i
piedi e
strapparsi i capelli. Voleva fare qualcosa, qualunque cosa, pur di
essere
utile. Prese un respiro profondo cercando di calmare i nervi e incrociò
lo
sguardo con quello di Thor.
Va
bene, va tutto bene Loki.
No! Non è vero! Non va tutto bene! Sta andando tutto in malora ed è
colpa mia!
Come fai a non vederlo.
Perché non è vero. Stiamo bene. Mi fido di te, so che troverai una
soluzione.
Non c'è soluzione!
Tornò a fissare l'uomo di fronte a sé.
«Tony non lascia le mie braccia. Non mi sembra ci fosse nulla a tal
riguardo
nel nostro... accordo.»
L'Uomo sollevò un sopracciglio, irritato, e la pistola sulla nuca fu
premuta
più forte costringendolo ad abbassare la testa per non finire tra le
sue
braccia. L'uomo gli diede un cenno brusco del capo.
«Bene.»
La pistola puntata alla nuca venne sostituita dalle mani rudi del
ragazzo alle
sue spalle che lo spinsero in avanti. L'uomo si spostò di un passo di
lato,
appena in tempo per non finirgli addosso. Un altro uomo lo afferrò per
l’avambraccio
iniziando a strattonarlo verso la macchina.
«In piedi.» abbaiò l'uomo «Muoversi! Forza, forza! Forza!»
Passò accanto a Thor che gli riservò uno sguardo confuso e -no,
non era spaventato, Thor non aveva mai
paura. Bruce dietro di lui ricominciò a urlare e piangere. Loki
inciampò
nei suoi piedi, ma il ragazzo accanto a lui non rallentò continuando a tirarlo.
Una
mano gli fece abbassare la testa con violenza e fu costretto a entrare
nella
macchina. Il ragazzo salì al suo
fianco, la pistola
in mano, dall'altro lato un uomo teneva un fucile sulle ginocchia, la
canna
rivolta verso di loro. L'Uomo salì nel sedile davanti a loro e con una
sgommata
la macchina partì.
«Dove andiamo?»
Il ragazzo accanto a lui gli puntò la pistola alla tempia con un
grugnito.
«Non ti deve interessare.»
Lanciò uno sguardo fuori dal finestrino, stavano scendendo lungo la via
principale, ma non avrebbe saputo dire dove. Si morse l'interno della
guancia -dannazione! Tutte le strade gli parevano
uguali.
«Mio fratello? Bruce?» chiese cercando di nascondere il timore che gli
stava
rosicando lo stomaco. Tony si strinse meglio al suo petto e per un
secondo lo
colpì la sensazione che aveva la maglietta bagnata. Il pensiero
scomparve nella
profondità della sua mente tanto veloce quanto era arrivato, non era
importante.
«Non ti preoccupare per loro.»
E Loki pensò che più che una rassicurazione suonava come una minaccia.
Loki: «Hàlfviti!»
significa «Idiota!»
"Prinsinn" significa "principe"
Thor: «Nòg!» significa «Basta!»
Come
sempre se avete qualcosa da dire fatevi sentire nei commenti, sono
sempre graditi e cercherò di rispondere a tutti! E fatemi sapere se
l'HTML è a posto... che mi ha dato un po' di problemi in fase di
pubblicazione.