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Autore: Sanae77    20/06/2019    9 recensioni
Li abbiamo lasciati con un segreto da custorire e un patto da rispettare.
Saranno in grado di reggere tutto il castello di carte che hanno costruito?
Il tempo passa, i figli crescono e le voci di corridoio si fanno sempre più insistenti.
I ficcanaso sempre più agguerriti.
Tra divorzi, coming out e scoop vedremo come in questi otto anni la Golden Combi vivrà il loro amore nascosto.
Come potranno i nostri campioni arrivare ai mondiali del Quatar nel 2022 e nel Nord America del 2026 senza farsi scoprire?
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(questa storia non può essere letta se prima non è stata letta Russia 2018)
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Daichi Ozora, Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Clessidra dei Mondiali'
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Luglio 2026
 
 
Non poteva ancora credere di assistere all’ultima partita del suo ex marito con la maglia della nazionale, si voltò verso destra e trovò Juan entusiasta e frastornato allo stesso tempo.
 
Lui non era abituato a tutto il clamore dello stadio. Come non era abituato a sedere nella tribuna d’onore.
Azumi, due poltroncine più avanti, tentava di tenere fermo il figlioletto avuto dal procuratore. Sanae non avrebbe mai immaginato che dopo la vacanza in Grecia il futuro avesse potuto riservare loro tante sorprese e novità.
 
Osservò i gemelli in campo come raccattapalle, mentre Daichi indossava la maglia ufficiale della nazionale. Durante le qualificazioni aveva avuto anche la possibilità di giocare con suo fratello. Aveva visto Tsubasa con i lucciconi agli occhi per quella opportunità. Il suo ex marito era orgogliosissimo dei figli e del suo adorato fratellino, averli tutti intorno nella sua ultima partita con la divisa della loro nazione lo aveva galvanizzato al massimo. Sanae lo aveva osservato prima di entrare in campo: Ozora oggi avrebbe fatto faville, ne era certa. Ancora le sembrava impossibile di aver mantenuto il patto nonostante le ostilità iniziali di Azumi nei confronti di Taro. E invece…
 
Invece erano tutti lì con una nuova vita e con nuove persone al loro fianco. Ancora stentava a crederci se ripensava a tutto quello che era accaduto.
 
“Insomma, faranno coming out alla fine?”
 
Azumi la distrasse dai suoi pensieri proprio nel momento in cui la Golden Combi aveva siglato il secondo goal della finale.
 
Il pubblico esplose in un boato assordante, mentre Juan scendeva fino al limite della balaustra per esultare.
 
Sanae si grattò una tempia perplessa nell’osservare la bramosia del compagno; poi rivolta ad Azumi sorrise, indicandolo: “Non è che s’innamorerà anche lui, vero?”
 
Azumi scoppiò a ridere scuotendo la testa divertita. Mai avrebbe pensato che su questa situazione sarebbe arrivata a riderci un giorno.
 
“Certe volte mi sembra tutto un sogno, mi sembra ancora impossibile che dopo tutti questi anni siamo riusciti a tenere questo segreto.”
 
“Diciamo che il giornalista c’ha dato una bella mano…”
 
“Già, colui che credevamo il nostro peggior nemico è diventato il nostro miglior alleato.” Rispose la moglie del procuratore sollevando le spalle ancora incredula di come si fossero aggiustate certe dinamiche.
 
“Con tutte le esclusive che gli hanno riservato, non credo che ci abbia rimesso.” Sanae le strizzò l’occhio con fare di chi la sapeva lunga.
 
“Finalmente siamo arrivati al dunque. Oggi finirà tutto…”
 
“Tsubasa ha detto che se fanno tre goal non aspetta la premiazione… non ho idea di cosa abbia in mente, ma da uno che a quindici anni è partito per il Brasile mi aspetto di tutto.”
 
“Hai proprio ragione, quello è matto come un cavallo, quando ha un obiettivo non lo smuovi… Taro, per esempio, si era messo l’animo in pace, invece lui…”
 
“Se non fosse stato per gli incubi e per il calo di prestazioni in campo non so se avrebbe mai confessato, ha sempre creduto nella famiglia e nelle tradizioni.”
 
 
Azumi annuì mentre controllava il figlioletto che raggiungeva il padre e Desirée. La ragazzina guardava ammirata il campo: le avevano proposto di entrare con i gemelli, ma oramai era grande per quel tipo di cose. Lei dopotutto era entrata per più di una volta per mano a calciatori famosi; un’emozione unica che avrebbe conservato sempre nel cuore.
 
“Sanae, ricordi quando mi hai detto che avevi avuto il sospetto su Taro già in passato? Che cosa te lo aveva fatto pensare?”
 
La ex prima manager tornò a osservare la distesa verde sotto di lei mentre lo sguardo si faceva vago nel perdersi nei ricordi.
 
“La prima volta che ho visto Taro è stato quando è entrato in campo al posto di Ryo. Già in quell’occasione restai esterrefatta dalla profonda affinità che li legava in campo; non si erano mai visti prima e già giocavano come dei veterani. E lo sguardo di Misaki rivolto a Tsubasa ogni volta che toccava palla non potrò mai scordarlo, sembrava dicesse: siamo stati separati alla nascita. Questo all’inizio, poi sono accaduti dei piccoli episodi che mi hanno fatto riflettere. Una volta, mentre tornavo dagli spogliatoi, vidi Taro di spalle a bordo campo piegato che si stava allacciando uno scarpino. Aveva occhi solo per il capitano. Impossibile distrarlo. Vidi Ozora voltarsi e strizzargli l’occhio, forse per una bella azione fatta, chissà; però Taro, preso alla sprovvista, arrossì immediatamente. Lì per lì pensai che qualcuno della squadra avesse detto qualcosa di spinto che forse non avevo sentito. Ma quando sono arrivata lì vicino a lui, Taro era imbarazzato. Tanto in difficoltà che farfugliò qualcosa e scomparve di corsa all’interno degli spogliatoi. Ricordo che avevo riso di quell’episodio finché non ce ne furono altri che accesero una piccola lampadina nella mia testa.”
 
“E così poi hai tratto le tue conclusioni…”
 
“Sì, ma era irrilevante perché Tsubasa a quei giorni aveva comunque solo testa per il pallone, poi il resto lo conosci. Il nostro sembrava semplicemente un destino già scritto… e invece.”
 
“E invece eccoci comunque qua ad assistere alle loro prodezze ancora una volta…”
 
“Già, il calcio alla fine è sempre stato il fulcro di tutta la nostra vita.”
 
 
Le donne, sorridendo, tornarono a guardare quell’ultima partita con gli occhi colmi di lacrime. Perché, per quanto la vita avesse riservato loro delle difficoltà pesanti, erano tutti riusciti nell’impresa titanica di mantenere dei rapporti civili.
 
Sanae avrebbe sempre voluto bene al suo ex marito e alla sua estrema ingenuità. Era stata la manager della squadra per tanto tempo e lei di Taro e del suo innamoramento per Tsubasa lo aveva sempre saputo. Saputo in cuor suo, ma mai rivelato a nessuno. Di scene nella sua mente dopo quello che era avvenuto in Grecia ne erano susseguite tantissime, ma quella che ricordava con più precisione era stata quella volta che Misaki aveva passato una salvietta al suo ex.
 
Ricordava perfettamente tutto come a rallentatore. Lei che arrivava con la pila di asciugamani che sarebbero serviti per il sudore. Taro che ne afferrava due e tornava in campo per porgerla al compagno. Ricordava esattamente che nell’innocenza dei dodici anni era stata quasi gelosa di quella confidenza che Misaki si permetteva con Ozora. Lo stesso sentimento in forma ridotta che aveva provato quando aveva capito la foto fino in fondo. Il numero dieci non l’aveva mai guardata in quel modo. E anche quella volta…
 
Quando Taro era arrivato vicino al compagno, gli aveva toccato una spalla e lui si era girato con un sorriso che le aveva scaldato il cuore; lei, impegnata a distribuire le salviette, li guardava a tratti e di soppiatto. Tsubasa aveva detto qualcosa e il numero undici ne aveva sorriso, poi aveva allungato la mano e offerto la spugna; allo stesso modo il capitano aveva alzato il braccio e afferrato il panno e lì, in quel preciso istante, li aveva visti. Le dita si erano sfiorate e loro si erano guardati per qualche secondo di troppo. Uno sguardo caloroso, confuso e brillante. Le sembrava addirittura che Misaki avesse mosso le dita in una sorta di carezza, ma aveva sempre dato colpa al riverbero del caldo per quel gesto che forse non c’era stato, o forse sì. Non lo avrebbe mai saputo se quel leggero sfioramento fosse davvero avvenuto o meno, una cosa era certa: il numero undici era arrossito e Tsubasa aveva sollevato le spalle come a dire ‘non fa niente’, portandosi la mano incriminata dietro la nuca nel classico gesto compiuto quando era in imbarazzo. Dopo si era deterso il viso ed era corso via verso il cesto della biancheria sporca, per gettare la spugna, e successivamente in campo.
 
Aveva rimuginato tutto il giorno su quel piccolo gesto e quel rossore. Rossore che era già comparso in altre occasioni e attribuito agli allenamenti. Ma ora… aveva scrollato le spalle con sufficienza chiudendo i pensieri a doppia mandata nella sua mente; anche perché se Taro avesse provato qualcosa per Tsubasa a lei non cambiava nulla. Il capitano era scritto nel libro del suo destino; o almeno lo pensava a quei giorni. Non poteva certo impedire sentimenti altrui verso Tsubasa.
 
Tornò a guardare il campo con occhi nuovi e la consapevolezza che quell’amore fosse nato sull’erba verde, immatura come i due protagonisti, e compreso solo in età più adulta. Lei non avrebbe potuto farci nulla. Ozora in passato era talmente concentrato sul pallone che nulla lo avrebbe smosso da tale obiettivo. Non poteva andare diversamente da come era accaduto. A un certo punto della loro vita l’amore sepolto si era riappropriato degli spazi di cui era stato privato.
Forse sul suo libro del destino c’era anche un capitolo ‘Misaki’ di cui non era stata messa a conoscenza o, per lo meno, non aveva saputo coglierne le sfumature che si erano presentate.
 
 
 
Daichi non credeva ai suoi occhi, la Golden Combi nonostante i trentasei anni era al massimo della forma, forse complice anche il fatto che a breve avrebbero dovuto raccontare al mondo della loro storia, sembravano dopati.
 
Avevano già superato la metà del secondo tempo e conducevano per 2 a 0. Ma il capitano pareva non volersi accontentare. Capì quello che stava per fare quando Misaki non avanzò nella progressione verso la porta. Daichi iniziò a sorridere dalla panchina quando vide il fratello da fuori aria apprestarsi a compiere il suo famoso tiro. La posizione inequivocabile e l’arrestarsi del numero undici gli dette la certezza di cosa avrebbe fatto. La sfida con Genzo di segnare un goal da fuori area oramai era diventata una leggenda.
 
Spostò velocemente lo sguardo su Wakabayashi, che tra i pali a proteggere la porta Giapponese, si stava passando una mano su tutto il volto in segno di sgomento. Anche lui incredulo su come certe leggende non potessero ancora tramontare. Tornò a guardare quasi da centrocampo… non era un semplice tiro ‘fuori dell’area di rigore’; Tsubasa era poco dopo la riga di metà campo. Taro a pochi metri da lui controllava che nessuno potesse disturbarlo. Anche se chiunque sano di mente non avrebbe mai potuto immaginare quello che stava per fare. Un tiro da quella distanza era impensabile per chiunque. Si posizionò nella classica posa e appena il pallone fu nel punto perfetto caricò tutta la forza che aveva in corpo e la scaricò sul pallone. Daichi ne era certo, l’impatto con il cuoio del piede aveva ovalizzato il pallone facendolo schizzare verso la rete a una velocità impressionante. Riuscì a individuare il pallone soltanto un attimo, dopo quando oramai si trovava già in aria di rigore. Il portiere, ovviamente incredulo, si era mosso con quel centesimo di ritardo, che comunque non sarebbe servito a niente. La palla, in tutta la sua potenza, si insaccò alla destra del malcapitato facendo tendere la rete per alcuni secondi prima di cadere a terra. Forse era un bene che il portiere non si fosse trovato sulla sua traiettoria. Questo il giovane calciatore lo pensò pochi istanti prima di vedere un gran movimento a centro campo.
 
Ozora saltava con il pugno sollevato in segno di vittoria, Misaki era arrivato in scivolata ai suoi piedi alzando i pugni al cielo.
Ed era lì che era avvenuto tutto.
Tsubasa si era abbassato sul compagno, gli aveva afferrato il viso tra le mani e baciato a stampo sulle labbra. Taro lo aveva stretto con le braccia dietro al collo e si era lasciato tirare su sorridendo. Una volta in piedi Ozora lo baciò di nuovo, per confermare ai possibili increduli che tutto era vero e tangibile, tanto da poterlo toccare con mano, come lui toccava Taro ora tra le sue braccia senza più segreti. E improvvisamente fu il silenzio dell’intero stadio. Dopo un primo grido di esultanza dovuto al terzo goal era calato un inaspettato mutismo per il bacio che si erano scambiati in mezzo al campo.
 
I compagni erano corsi a festeggiare il goal decisivo e dopo il bacio che si erano scambiati li avevano circondati esultando tutti insieme. A quel punto il pubblico era come esploso, l’applauso che ne era derivato aveva fatto vibrare le tribune, la curva e gli spalti. L’arbitro aveva fatto scorrere quel lasso di tempo guardando l’orologio perché non si eccedesse con i tempi di recupero. Il bacio lo aveva visto anche lui, ma aveva fatto finta di niente continuando a guardare le lancette. Quando ritenne che i festeggiamenti fossero più che sufficienti fischiò affinché i giocatori tornassero a centrocampo per riprendere il gioco. Dalla panchina il mister sollevò le spalle rassegnato; aveva capito che quella finale sarebbe stata anche il coming out ufficiale, ma la Golden non aveva rivelato loro i dettagli del come. Mancavano oramai meno di dieci minuti alla fine e il clima in campo era già di festeggiamento e gloria. La Golden Combi sembrava finalmente appagata dai goal e dal coming out che aveva permesso di alleggerire i loro cuori da un peso che oramai si portavano dietro da anni.
 
Yoshinori Sakai dalla tribuna aveva calato gli occhialini sul naso annuendo soddisfatto, aveva seguito i ragazzi nel corso di tutta la loro carriera e aveva potuto constatare la serietà dei due nel mantenere gli obiettivi e le promesse fatte.
 
Lui aveva già pronto un extra sulla Golden Combi e tutti i retroscena della loro relazione. Aveva dovuto aspettare, ma ora era pronto a tirar fuori tutto e finalmente godersi l’amata pensione. Perché ne era certo che con quel piccolo libro sui due campioni avrebbe ottenuto incassi d’oro.
 
Non era stato facile, aveva vissuto il bullismo attraverso loro, aveva sentito gli altri giornalisti dargli dei gay, aveva sentito offese pesanti e accuse indegne. Aveva conosciuto i retroscena dei vari coming out in squadra, in casa e con i figli. I problemi di Daibu a scuola e di Taro in squadra. Certo era che non aveva inserito proprio ogni episodio per evitare ritorsioni nei loro confronti, ma più volte nel libro aveva citato vicende di bullismo e discriminazione. Per quello, dopo l’accordo, si era reso conto di quanto invece il suo lavoro nel corso degli anni si fosse rivelato importante. Far conoscere i due campioni nella loro vita extra calcistica, e con aneddoti sulla loro infanzia, aveva fatto sì che fossero ancora più amati dal pubblico e questo aveva affievolito quella piccola corrente omofoba che aleggiava loro intorno. Per quello doveva ringraziare anche la sua fantastica moglie che lo aveva messo di fronte a un problema che non aveva minimamente considerato. Alla fine era felice che la sua professione, per una volta, non avesse danneggiato qualcuno. Molto spesso aveva fatto articoli che poi avevano smosso la sua coscienza pesantemente. Questa volta si sentiva fiero di sé stesso.
 
 
 
 
Non poteva credere di averlo fatto davvero, non solo il goal da quasi centro campo.
 
Certo, in porta non c’era Genzo altrimenti col cazzo che sarebbe riuscito!
 
Ma di aver baciato Misaki di fronte a tutti.
 
Dopo il goal non aveva capito più nulla, la felicità per la vittoria del mondiale oramai nelle tasche, l’adrenalina per il tiro riuscito, il goal da una distanza improbabile e Taro in scivolata verso di lui per festeggiare; l’avevano mandato in tilt.
 
L’esultanza del compagno poco sotto di lui, gli aveva fatto vivere una scena bellissima. E doveva assolutamente condividere la sua felicità con l’amore della sua vita. Quindi quando era atterrato, dopo il salto, si era chinato e lo aveva baciato a stampo, il numero undici aveva semplicemente sorriso consapevole della decisione presa da tempo.
 
Quel sorriso maledetto, al quale la ragione non aveva mai resistito, glielo aveva visto anche dopo che si erano alzati, ed era per quello che lo aveva baciato un'altra volta poco prima che arrivassero i compagni a travolgerli in un abbraccio globale. Ozora ne era certo, tanta adrenalina così che scorreva veloce nelle vene non ce l’aveva mai avuta.
 
Avevano ripreso a giocare dopo il fischio dell’arbitro. Dopo un’occhiata con la sua metà avevano tacitamente pattuito che non avrebbero infierito ulteriormente con la squadra avversaria; un 3 a 0 era più che sufficiente, e sarebbe anche stato divertente vedere Genzo all’opera negli ultimi cinque minuti.
 
Cinque minuti che divennero sette per i tempi di recupero, e poi fu solo caos.
 
Il fischio finale e le urla dei loro compagni furono travolgenti, i ringraziamenti sotto la curva, l’acqua che ricevettero da ogni parte… erano bagnati come pulcini, e Taro era bellissimo con la divisa della nazionale che lasciava intravedere la candida pelle sotto, i capelli gocciolanti e scarruffati lo rendevano magnifico ai suoi occhi. Il palco, la premiazione, la musica i coriandoli a non finire che piovevano dal cielo e Misaki al suo fianco. E il cuore che non accennava a rallentare la corsa. Sentiva i suoi battiti fin sotto la pelle dei polpastrelli.
 
Afferrò la coppa tra le mani e la sollevò al cielo; il viso rivolto alla volta celeste in un muto ringraziamento per quello che la vita gli aveva offerto. Le stelle parevano fissarlo soddisfatte e fiere di ciò che erano diventati. Circondato dall’intera squadra portarono la coppa del mondo in trionfo correndo lungo tutto il perimetro del campo. Anche i gemelli e tutta la panchina, compreso suo fratello, stavano compiendo il giro di campo insieme a loro. I suoi genitori invece li immaginava in lacrime nei posti d’onore riservati alle famiglie.
 
E proprio sull’ultimo pensiero si diresse verso la tribuna d’onore e una volta raggiunta a sollevata la coppa cercò gli occhi di Sanae. Non era mai stato amore, se ne era reso conto con il tempo e dopo aver fatto i conti con quello che invece provava per Taro. Ma lei sarebbe comunque rimasta nel suo cuore, l’affetto non sarebbe mai scomparso; inoltre ora che la vedeva nuovamente felice era soddisfatto della scelta compiuta. Sanae non si meritava di vivere vicino a un uomo che non l’amava come lei avrebbe meritato.
 
Mimò un grazie con le labbra poi le lanciò un bacio con la punta delle dita. Vide la donna passarsi il dorso della mano sotto lo zigomo, forse una lacrima era sfuggita dalle lunghe ciglia.
 
Anche Misaki al suo fianco salutò la famiglia inviando loro un bacio con le mani.
 
Quando ogni ringraziamento e festeggiamento finì, fu il momento di affrontare il ritorno verso gli spogliatoi. Il tunnel per arrivarci però, come di consueto, era gremito di giornalisti; in testa videro Yoshinori Sakai che con pollice sollevato, approvava quello che era successo.

I due baci non erano certo passati inosservati.
 
Misaki con l’adrenalina ancora nelle vene, prima di affrontare il tunnel, prese una leggera rincorsa e saltò sulle spalle del compagno; non era certo la prima volta che succedeva a fine di una partita. Sicuramente era quasi una consuetudine.
 
“Ehi, non sei una piuma Misaki!” protestò Tsubasa afferrandogli le gambe e sorreggendole saldamente. Taro per tutta risposta gli lasciò un bacio sul collo, mentre il capitano sorrideva tranquillo. La scena scatenò centinaia di flash immortalando i due da mille angolazioni.
 
“Alla fine ti piace portarmi negli spogliatoi, ammettilo.” Scherzò il numero undici.
 
Ozora ridacchiò divertito mentre scendeva il primo gradino passando in mezzo a una folla di persone, incurante di tutto e sicuro della scelta fatta; per non parlare della sensazione di leggerezza che li aveva colti dal momento che erano usciti allo scoperto.
 
“Oggi sei più leggero del solito…”
 
“Forse perché finalmente ci siamo tolti un peso?” ipotizzò mentre aveva appoggiato il mento sulla spalla per essere all’altezza del viso.
 
“Possibile…”
 
Improvvisamente una decina di microfoni fu di fronte ai loro volti impedendogli di procedere.
 
“Scusate, scusate…” la giornalista più intraprendente degli altri era riuscita a sbarrargli la strada.
 
A quel punto Taro scese dalle spalle del compagno e lo affiancò.
 
“Prego…” la invitò il capitano accompagnando la risposta anche con un gesto della mano.
 
“Avete niente da dichiarare?”
 
La Golden Combi si guardò perplessa.
 
“Forse ci sta chiedendo se abbiamo vinto? Sì, abbiamo vinto 3 a 0.” Ironizzò Misaki mentre Ozora scuoteva la testa sghignazzando. Taro quando ci si metteva era tremendo con i giornalisti.
 
“Ah, non faccia il sarcastico, Misaki.” Ribatté la giornalista.
 
“Ah, ho capito si riferisce alla cannonata del terzo goal segnato dal capitano; sì, lo sappiamo, ha la fissa di segnare da fuori aria; che vuole, è tutta colpa di Wakabayashi…”
 
“Ehi, ehi… chi parla di me senza la mia autorizzazione?”
 
Genzo li aveva sorpresi arrivando alle spalle e afferrandoli con le braccia per attirarli a sé mentre s’intrufolava tra i due.
 
“Genzo, vero che Tsubasa ha la fissa di segnare da fuori area?” chiese voltandosi per avere conferma.
 
“Certo che c’ha la fissa, a quasi quarant’anni ancora non ce l’ha fatta…” Scherzò strattonandoli bonariamente e scompigliando loro i capelli.
 
 “Che infame che sei, ti ho già purgato varie volte Wakabayashi e…”
 
Ma la giornalista incredula agitò di fronte a loro il microfono e le mani…
 
“Scusate. Fermi, fermi, io mi riferisco a quanto accaduto dopo il goal. Insomma è palese che vi siate scambiati un bacio.”
 
“Oddio vi siete scambiati un bacio? E a me non lo date? Guardate che sono geloso, eh.” Il portiere aveva iniziato ad allungare il viso per ricevere anche lui un ipotetico bacio.
 
La Golden iniziò a sghignazzare, poi il capitano lo spinse per una spalla ammonendolo con un affettuoso: “Vai a fare la doccia, scemo.”
 
“Non ci faccia caso ha smesso di crescere all’età di quindici anni…” ironizzò il numero dieci.
 
“Ozora, guarda che ti sento…” aveva risposto Genzo camminando all’indietro e puntando un finto indice minaccioso.
 
“Capitano, vuole rispondere alla mia domanda? Possibile che non abbiate alcuna dichiarazione da fare sul vostro comportamento in campo dopo il goal?” la donna si era stizzita e pareva aver perso la pazienza.
 
“Signora, non credo che sia difficile da capire. L’amore non si può spiegare.”
 
E si erano avviati verso gli spogliatoi facendosi spazio tra la folla che non accennava a diminuire.
 
Taro si fermò appoggiando le spalle alla porta e ne bloccò l’ingresso.
 
“Questa è l’ultima volta che varchiamo la soglia di uno spogliatoio con la maglia della nazionale e come giocatori… magari la prossima volta lo faremo come allenatori o accompagnatori, ma mai più come giocatori…”
 
“Lo so, ma non voglio pensarci adesso. Sono troppo felice per la vittoria e per esserci tolti il peso del segreto.”
 
Fermi l’uno di fronte all’altro avevano incuriosito i giornalisti che si erano accalcati per scattare foto. Non potevano certo sentire quello che si stavano dicendo bisbigliando.
 
“Ma io avrei un piccolo sogno nel cassetto.”
 
Tsubasa lo guardò perplesso portandosi una mano dietro la nuca e grattandosi la sommità dell’attaccatura dei capelli.
 
“Non mi sembra il caso di farsi venire strane idee, hai presente lo stormo di macchine fotografiche che abbiamo intorno?” Chiese il capitano sollevando perplesso le sopracciglia.
 
“Siamo fotogenici…” rispose poco prima di afferrarlo per la maglia e baciarlo davvero.
 
Il capitano appoggiò i palmi alla porta per non cadergli addosso imprigionandolo di fatto contro di questa; poi si perse tra le labbra carnose del compagno mentre i click alle loro spalle scattavano nervosi nella paura di perdere l’attimo.
 
La giornalista spalancò gli occhi incredula. Dopo tanti anni di sospetti trovarsi la verità sbattuta in faccia aveva lasciato tutti di stucco.
 
No, l’amore non aveva necessità di essere spiegato. E loro lo stavano dimostrando con i fatti senza bisogno di alcuna parola.
 
Li invidiò. Lei in quel modo non era mai stata baciata.
 
 
FINE





Che dire.
Siamo giunti alla fine anche di questa storia.
Non so se sono ancora pronta a lasciare del tutto la mia adorata Golden Combi, quindi qualche extra verrà fuori...
Abbiamo l'esplicita richiesta di chattine da parte di Ciotolina, che non posso certo negarle dopo i magnifici disegni che c'ha donato.
Grazie alle mie due adorate betuzze Guiky e Melanto per il prezioso aiuto che mi danno sempre.
Ci vediamo la prossima settimana con uno spin-off sulla golden e poi ho una vecchia storia nel cassetto che ho intenzione di rispolverare, quindi ci vediamo presto.
Grazie a tutti i lettori e lettrici che hanno letto, reccianato o sclerato in privato con me.
Grazie per lo scambio di opinioni sulla storia e per i molteplici punti di vista differenti che mi avete offerto.
A presto.
Sanae77

   
 
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