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Autore: heliodor    20/06/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Cambiamento
 
"È una fortuna per te che ti abbia trovata Remiak" disse Iruk scuotendo la testa. "Lui ti aveva già vista al villaggio e sapeva che ti volevamo viva e non morta. Aveva l'ordine di uccidere chiunque si avvicinasse troppo al campo."
Joyce sedeva su una stuoia al centro di un largo spiazzo buio come il resto del campo. Avvicinandosi non aveva scorto fuochi, né tende, recinti, palizzate o guardie.
Gli Urgar sembravano essersi nascosti nel terreno stesso, da dove saltavano fuori quando meno se lo aspettava.
A modo loro quella era una specie di invisibilità che gli invidiava. E stava ancora cercando di capire come avesse fatto a non scorgerli nel buio.
Remiak e una mezza dozzina di guerrieri la sorvegliavano con le lance spianate e l'espressione corrucciata.
Joyce cercò di abbozzare un sorriso nei loro riguardi, ma in cambio ebbe solo sguardi accigliati e severi.
Forse è troppo tardi per conquistare la loro fiducia, si disse. Forse mi considerano una traditrice per il modo in cui sono scappata dal villaggio.
Tre figure emersero dal buio e si avvicinarono. Conosceva tutte e tre.
Una era quella di Sirak. Alla sua destra, ma un passo più indietro, camminava Kalaak, uno dei suoi consiglieri. Alla sua sinistra invece, due o tre passi più avanti e lo sguardo severo, avanzava Jakris.
Fu lui a parlare per primo. "Perché la testa di questa ingrata è ancora sul suo collo invece che su una lancia?"
Iruk gli rivolse un'occhiataccia. "Perché è la mia figlioccia" disse.
Jakris fece una smorfia. "Te le scegli bene. Forse nemmeno tu sei così affidabile, Iruk della tribù di Sirak."
Iruk fece per scattare in avanti ma un rapido gesto di Sirak lo fece indietreggiare di un passo.
"La lealtà di Iruk non è in discussione" disse il capo tribù. Fissò Joyce con severità. "Dimmi perché tu e Halux siete scappati via. E che sia la verità."
"Ho convinto io Halux a portarmi qui" disse Joyce.
"Come?"
"Lui conosce un incantesimo molto raro" cominciò a dire Joyce.
"Ci hai presi per dei selvaggi ignoranti, strega rossa?" sbottò Kalaak. "Sappiamo come funziona un portale."
"Bene. Allora saprai anche che è molto difficile da usare. E pericoloso."
"Vuoi la nostra ammirazione, per caso?" domandò Jakris ironico. "Vuoi sentirti dire che sei stata coraggiosa e ardita?"
"No, ma che altro potevo fare? Dovevo venire qui e voi non volevate lasciarmi andare."
"E così sei fuggita" disse Kalaak.
Joyce annuì.
Jakris fece u gesto vago con la mano. "Io dico di ucciderla subito. È chiaro che sta mentendo."
"Vi ho detto la verità" disse Joyce. Trovava irritante che non la credessero, una volta tanto che era sincera.
Jakris la fissò con disprezzo. "Dei razziatori ci attaccano e rapiscono la figlia di Sirak, la mia promessa sposa. Poi compari tu dal nulla, racconti una bella storia e infine scompari all'improvviso per venire qui, guarda caso proprio il luogo in cui la mia Lilie è stata portata dai tuoi amici razziatori."
"Non sono miei amici. Hanno rapito anche Bardhian, un mio amico. Sono venuta qui per lui. E a proposito di Bardhian, devo dirvi qualcosa di molto importante."
Sirak incrociò le braccia sul petto. "Ti ascoltiamo."
"So dov'è Lilie" disse Joyce. "Sono venuta da voi proprio per questo."
"Sta mentendo" disse Jakris.
"No" rispose Joyce. "Lilie è in città, al sicuro. Per il momento."
Sirak si accigliò. "Per il momento?"
Joyce annuì. "Domani o il giorno dopo al massimo ci sarà un attacco. L'orda, quelli che hanno inviato i razziatori, sta per attaccare i difensori di Nazdur e Lilie si trova con loro."
"Mia figlia non è una guerriera" disse Sirak. "Perché la tengono prigioniera?"
"Non è prigioniera" disse Joyce. "Ma non può lasciare la città perché è assediata."
"Ma tu sei uscita in qualche modo" disse Kalaak sospettoso.
"A costo di grandi sforzi. Mi hanno quasi uccisa mentre venivo da voi. È stato prima che incontrassi Remiak e gli altri guerrieri."
"Aspettate un attimo" disse Iruk. Richiamò l'attenzione di Remiak con un gesto della mano.
Il guerriero si avvicinò. "Hai il mio rispetto, Iruk della tribù di Sirak."
"E tu il mio, Remiak della tribù di Zanbel" rispose Iruk. "Prima di catturare la prigioniera avevi visto qualcosa di strano, nelle trincee?"
Remiak annuì. "Un grande bagliore che si è acceso all'improvviso e poi si è spento altrettanto in fretta. Non ci siamo avvicinati di più per non rivelare la nostra presenza."
Iruk annuì. "Puoi andare."
Remiak lo salutò con un gesto della testa e tornò dai suoi guerrieri.
Sirak guardò Joyce. "Perché non hai portato Lilie con te?"
"Era pericoloso" disse Joyce. "E non sapevo se vi avrei trovati. Hai detto tu stesso che Lilie non è una guerriera."
"Ma non è stupida" disse Sirak. "Almeno sta bene?"
"Sì" disse Joyce. "Sta bene."
Sirak si accigliò. "La tua voce ha un tono strano."
Joyce cercò di evitare lo sguardo degli Urgar, specie di Jakris.
"Io non sono affatto convinto della sua sincerità" disse l'uomo.
"Ne discuteremo insieme agli altri" disse Sirak. "Il comandante che tiene in ostaggio mia figlia" disse tornando a rivolgersi a Joyce. "Puoi dirgli che siamo disposti a pagare un riscatto per riaverla indietro?"
"Si chiama Kallia ed è una strega" disse Joyce.
Iruk scosse la testa. "Comandati da una donna. Ecco perché state perdendo la battaglia."
"Puoi portarle questo messaggio?" ripeté Sirak.
"Kallia non vuole monete" disse Joyce.
Kalaak si accigliò. "E cosa chiede?"
"Aiuto" disse Joyce. "Contro un nemico comune."
"L'orda non è nostra nemica" disse Sirak. "E Lilie non è nelle loro mani."
"Ma lo sarà dopo l'attacco" disse Joyce. "Se sopravvivrà. In quel caso, dovrai trattare con il comandante dell'Orda, che non avrà alcun interesse a ridarti indietro Lilie. Con Kallia invece potresti trovare un accordo."
Sirak annuì severo. "Devo discuterne con gli altri capi. Mi serve tempo."
"L'attacco è per domani o il giorno dopo. Non mettetecene troppo o sarà tutto inutile."
"Noi Urgar abbiamo le nostre usanze" disse Kalaak.
Joyce scrollò le spalle.
I tre si allontanarono lasciandola da sola con Iruk.
"Stanotte mi tocca comandare le guardie" disse l'uomo. "Ti farò portare qualcosa da mangiare."
"Grazie" disse Joyce.
Due ore dopo era ancora seduta sulla stessa stuoia, da Remiak aveva ottenuto di potersi sistemare ai piedi di un albero in modo da potervi appoggiare la schiena. Cominciava a sentirsi stanca a stare seduta in quella posizione.
La cena promessa da Iruk non era ancora arrivata. In compenso, aveva molto tempo per provare la vista speciale ancora una volta.
Mormorò l'incantesimo e scrutò nel buio. Stavolta scorse Remiak e i guerrieri che si aggiravano lì attorno, forse annoiati per dover fare la guardia a una ragazzina.
 Fu tentata di rendersi invisibile e andare via, ma una nuova fuga non le avrebbe fatto guadagnare la fiducia degli Urgar che ora le serviva.
Doveva attendere e sperare che Rauda e Joane facessero lo stesso. Si chiese a cosa stesse pensando la strega in quel momento. Forse a come trovare e uccidere il suo stesso figlio.
Quella era la vera follia.
Come può una madre odiare a tal punto suo figlio? Si chiese. Joane deve essere pazza. Forse anche lei è stata spezzata dalla guerra è quello è il suo modo di tenere lontano l'orrore.
Solo che in quel caso l'orrore era il suo stesso sangue.
Un rumore di erba calpestata la fece sobbalzare. Si voltò di scatto alla sua destra e intravide una figura emergere dal buio.
Era Kalaak.
Il consigliere aveva lo stesso sguardo severo e ammonitore di prima.
"Occhi scintillanti" disse il consigliere di Sirak. "La vista speciale può essere utile in questo buio."
"Meno di quanto credi. Non sono riuscita a scorgere Remiak e i suoi guerrieri."
"Perché loro non hanno voluto che li vedessi."
"Vuoi dire che l'hanno desiderato?"
Kalaak sorrise. Era la prima volta che lo vedeva fare una cosa del genere. Sembrava più una smorfia, ma era un sorriso, su quello non aveva alcun dubbio. "Noi Urgar ci nascondiamo da generazioni. Da prima ancora che iniziasse l'epoca della stregoneria. Forse anche da prima della magia. È così che siamo sopravvissuti."
"A cosa?" domandò Joyce.
"Ad eventi terribili e misteriosi" rispose l'uomo. "E al cambiamento."
"Il cambiamento?"
Kalaak annuì grave. "Il cambiamento è il più terribile dei flagelli e il mondo muta in continuazione. Sembra un purosangue che non vuole farsi domare e cerca di disarcionare il suo cavaliere. Il mondo cerca da sempre di eliminare l'uomo, come se sapesse che è un estraneo ed è capitato qui per caso."
"Noi non siamo qui per caso" disse Joyce. Ricordava qualche lezione avuta dai suoi tutori sulla religione. E ricordava le parole di Candim, l'alto priore della città di Valonde, quando raccontava della creazione del mondo da parte dell'Unico e della nascita degli uomini forgiati mischiando acqua e terriccio in riva a un fiume. "Siamo qui per un motivo. Uno scopo."
"Quale, a parte la pura sopravvivenza? Spiegamelo, strega rossa. Ti ascolto."
Joyce scosse la testa."Dovresti chiedere a un prete del Culto" disse cercando di chiudere lì la discussione.
"Del Culto? E perché non a quelli che credono agli Dei? Perché non alle sacerdotesse di Nugaror che passano tutta la loro vita a contemplare gli alberi delle foreste convinte di imparare il linguaggio segreto delle piante? Perché non ai selvaggi Alfar che credono che la maga che adorano fosse in realtà una Dea? O ai figli del Drago, che venerano Kamataro, il Drago Celeste? Perché non a loro?"
"Non lo so" disse Joyce irritata. "Che vuoi da me?"
"Che cosa hai visto nella piramide?"
"Niente" disse subito Joyce.
Kalaak sorrise di nuovo. "Bugiarda. Lo so che cosa hai visto."
"Se lo sai perché me lo chiedi?"
"Tu dimmelo e basta."
"Se lo faccio mi lascerai in pace?"
Kalaak rimase in attesa.
Joyce sospirò. "C'erano dei bassorilievi. Raccontavano la vita di Eceron il mago supremo."
"Che cosa hai appreso conoscendo la sua esistenza?"
"Era un mago potente, a capo di un immenso impero."
"Cos'altro?"
"Era immortale."
"Era longevo" la corresse Kalaak. "Ha vissuto a lungo, molto più di qualsiasi altro essere umano noto."
Forse non lo era nemmeno, se Halux ha ragione, pensò Joyce. "Tu hai visto la piramide. Dall'interno, intendo?"
Kalaak scosse la testa. "Non io. Mio nonno mi raccontò questa storia anni fa, quando ero più giovane di te. Un giorno, mi disse, venne salvato da un uomo e strinse amicizia con lui. L'uomo cercava la piramide di Eceron e mio padre lo portò in quel luogo che gli Urgar ritenevano sacro e maledetto al tempo stesso. Mio nonno era giovane e sciocco e accompagnò l'uomo all'interno della piramide."
"Che cosa trovarono?" chiese Joyce.
"La stessa cosa che hai trovato tu. La dimostrazione che per quanto ci sforziamo, nulla è davvero eterno. Eceron voleva sconfiggere la morte, il cambiamento, ma venne sconfitto a sua volta. Ciò ci insegna che il cambiamento non può essere battuto. Lui vince sempre. Tutto ciò che possiamo fare è prepararci al suo inevitabile arrivo e cercare di sopravvivere al meglio."
"L'uomo che salvò tuo nonno. Chi era?"
"Non ho mai saputo il suo nome. Se ne aveva uno, è morto con mio nonno."
"Cosa trovarono dentro la piramide?"
Kalaak sorrise. "Te l'ho già detto."
"Stai mentendo" disse Joyce.
"Scoprilo, strega rossa."
"Quanto sono antichi gli Urgar?" chiese Joyce per cambiare discorso.
"Molto" rispose Kalaak. "La nostra storia è precedente a quella di tutti i popoli del continente vecchio. Abbiamo visto sorgere e cadere imperi e tiranni. Persino l'avvicendarsi delle ere non ci è sconosciuto."
"Quanto antichi?" chiese Joyce con insistenza.
"Se ti dicessi che la nostra storia è precedente all'epoca della magia, cosa penseresti?"
"Halux mi parlò di una guerra e di un eroe, un certo Arn."
"Conosco anche io quella leggenda."
"Arn era il primo mago."
Kalaak annuì.
"Era uno del vostro popolo?"
Da lontano giunse l'eco di un rombo sommesso e poi il cielo si illuminò.

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