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Autore: Roquel    25/06/2019    3 recensioni
I fiori sbocciano dalla sera al mattino, come dei nei, anche se somigliano più a dei tatuaggi sbiaditi. Ogni fiore, così come ogni colore, dice qualcosa riguardo la personalità del suo proprietario. L'ubicazione identifica il tipo di persona. Petto, scapole e spalle per gli Apha (forza, protezione e ferocia); mani, gambe e viso per i Beta (duro lavoro, sicurezza e fiducia); infine addome, stomaco e fondoschiena per gli Omega (maternità, dolcezza e sensualità). Di anno in anno, i tatuaggi crescono, fioriscono e si diffondo sul corpo del portatore.
A sedici anni, Izuku non ha alcun fiore, ma nei suoi ricordi brilla il rosso del gladiolo sulla pelle di Katsuki. È quel ricordo a far rivivere il suo desiderio di tornare a casa; ma le cose non sono mai semplici.
(AU. Tre regni e una guerra sul punto di esplodere.)
[Katsudeku - Kirikami]
Traduzione di "Flower Bouquet" di Maia Mizuhara, che è a sua volta una traduzione inglese dell'originale "Bouquet de Flores" originale spagnola di Roquel.
Link nella pagina dell'autore e nelle note al fondo del primo capitolo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 16 - Preparativi





 

La linea di separazione tra Hosu e il deserto dei Noumu era un immenso muro di pietra che cresceva dalla riva e si estendeva lungo il continente fino a raggiungere la formazione rocciosa che segnava l'inizio della catena montuosa che correva lungo Hosu.

Il muro era visibile da chilometri di distanza ed era la ragione principale per cui i Noumu non valicavano il deserto rosso. Alcuni, specialmente quelli con abilità nel salto, a volte oltrepassavano solo per essere uccisi poco dopo dalle sentinelle del Colonnello che gestiva la regione.

Mentre Kyoka puntava al muro, Tenya tirò le redini del suo cavallo e si fermò, estasiato dalla vista.

“Stai entrando in territorio nemico, sei emozionato?” Chiese la ragazza con un sorriso ampio mentre schioccava la lingua per obbligare la cavalcatura ad andare avanti.

Tenya imitò il suono e presto entrambe le bestie avanzarono fianco a fianco.

“Non capisci,” disse Tenya, asciugandosi il sudore dalla fronte. “Sono passate più di tre settimane da quando ho lasciato il principe senza protezione. Quasi un mese! Se è andato tutto secondo i piani, Todoroki-ouji resterà con il contatto aspettando il nostro arrivo e Aizawa-sensei avrà avvertito il re dell’alleanza.”

“Allora qual è il problema?”

“Il principe è da solo!”

“Avevi detto che è con un compagno.”

“E ti avevo anche detto che non è addestrato al combattimento.”

Kyoka alzò le spalle — a quanto pare era il suo gesto preferito — e intimò il suo cavallo finché non riprese il leggero trotto che il resto del gruppo seguiva.

Tenya le corse dietro, spostando gli occhi da un cavaliere all’altro, ancora sorpreso che fossero lì. Non era l’esercito che si aspettava di assemblare, tantomeno numeroso: sedici guerrieri incluso il leader Togata. La loro missione, più che combattere, era negoziare con il principe e determinare le condizioni dell’alleanza.

Nient’altro.

Malgrado tutto, a Tenya piaceva la loro compagnia. Senza di loro, non sarebbe mai riuscito ad attraversare il deserto. Le loro abilità di trovare acqua, cacciare, e difendersi dai Noumu che emergevano dalla terra, erano la ragione per cui intendeva completare la sua missione.

Tenya schioccò la lingua e il suono fece rallentare la bestia. Erano andati avanti velocemente sotto l’instancabile sole pomeridiano finché lentamente il cielo azzurro non era diventato una finestra di colori intrecciati mentre la giornata finiva. Prima che la luce svanisse il gruppo si fermò per iniziare l’accampamento.

“Ma siamo così vicini!” Mormorò Tenya, ancora sulla sua sella mentre osservava desideroso il muro di pietra visibile a distanza.

“Sembra vicino,” disse Kyoka accondiscente. “Ma anche se partissimo domattina presto, raggiungeremmo la base in nottata. Poi dovremmo risalire e trovare la cascata dove si trova il tuo principe.”

“Aizawa-sensei ha detto che è il punto d’incontro.”

“Beh, ci aspettano ancora diversi giorni di viaggio.”

Senza una risposta appropriata, Tenya aiutò a togliere le redini e le staffe delle selle. Gli animali, una volta liberi, si raggrupparono attorno al cibo che la ragazza aveva portato loro. Tenya restò a guardarli mangiare finché il suo stomaco non brontolò rumorosamente. C’erano quattro falò accesi, ognuno con un piccolo gruppo di guerrieri che si scambiava cibo e bottiglie d’acqua.

Tenya si sedette vicino al gruppo del leader Togata. Rifiutò educatamente la carne di lucertola che uno di loro gli offrì mentre la abbrustoliva sul fuoco, invece accettò i biscotti che Yaoyorozu gli porse. Accettò il pane e la carne secca, ma non apprezzava la loro abitudine di mangiare pelli, insetti, formaggio ammuffito e carne mezza cruda.

“Non fare quella faccia!” Rise Kousei quando lo vide storcere il naso davanti alla sua lucertola. “È cibo.”

“Metà della tua lucertola,” si intromise Kyouka frugando nella sua borsa, “per un terzo del mio formaggio.”

Tenya fece orecchie da mercante alla loro discussione, e si distrasse studiando i compagni. Da quando erano entrati nel deserto, il gruppo aveva abbandonato i pesanti strati di pelliccia per mettersi pantaloni bianchi e maglie a maniche lunghe che li proteggevano dal sole. Indossavano cappelli di stoffa con veli che coprivano il viso e il collo. Il suo completo era fatto di un materiale leggero che permetteva alla pelle di respirare.

Toglievano i cappelli solo di notte, lasciando scoperti i visi. Vicino a Tenya sedeva Yaoyorozu, un chiaro simbolo della bellezza barbarica, con gli zigomi definiti, l’altezza sopra la media, il profilo forte e i capelli neri come inchiostro versato, ma di per sé era di una delicatezza piena di sorrisi timidi e nervosismo. E come se non fosse abbastanza, aveva una splendida orchidea dietro l’orecchio destro, le cui foglie crescevano verso la gola. Quando si voltò per parlare con Kyouka, Tenya riuscì a vedere il motivo delicato dai colori lilla che delineavano i petali. Il fiore di seduzione e bellezza assolute.

Invece Kyouka, leggermente più piccola della sua gente, aveva deciso di compensare quella sfortuna diventando una rapida e feroce guerriera con lance e corde; Tenya l’aveva vista saltare su una bestia Noumu usando solo la sua lancia. Non aveva scrupoli nel mangiare qualsiasi cosa ed era riuscita a farsi posto tra gli uomini nella guardia personale di Togata. L’Anthurium sulla sua guancia era nitido e di un rosso acceso, come il sangue che scorreva lungo le sue vene.

Al suo fianco c’era Kousei Tsuburaba, alto e valoroso, pieno di sorrisi sarcastici e risposte incisive. Il suo interesse per Kyoka era ovvio, ma non ovvio quanto il disinteresse che lei mostrava per lui quando decideva di fare il simpatico. Tenya non vedeva fiori su di lui e suppose che fosse perché era sempre coperto dalla testa ai piedi.

Accanto a lui Mirio Togata, il leader delle tribù barbare, alto, forte… e fiero. Da quello che aveva sentito molti uomini si riferivano a lui come al sole, per via del suo carattere possente e la sua abilità di illuminare il posto in cui si trovava. Durante la sua udienza, Tenya aveva visto il girasole che portava sopra il cuore, ne ricordava ancora i toni gialli, la delicatezza dei petali, i dettagli complessi dei semi al centro. Era il fiore della resistenza, quello che guardava sempre al sole e se ne nutriva.

Al suo fianco c’era Amajiki, il suo consorte nonostante fosse un Beta. Anche lui possedeva la classica bellezza delle tribù barbare, i capelli di un nero lucente, corti ed eleganti. Aveva la stessa delicata natura di Yaoyorozu, gli stessi gesti. Sul suo polso sinistro cresceva il fiore di luna, l’unico che Tenya avesse mai visto in vita sua. Risplendeva di quel biancore brillante e raffinato, con un piccolo centro giallo chiaro. Aveva un’infinità di petali lunghi e larghi che crescevano in forme irregolari. Secondo la leggenda era il fiore che cresceva solo sulle montagne e sbocciava solo durante la luna piena. Bellissimo, irraggiungibile e unico.

Tenya sapeva che se le tribù erano regolamentate da un governo monarchico ereditario, il leader sarebbe stato obbligato a sposare una donna Omega o Beta con l’intento di preservare la linea di sangue, ma in questo caso erano liberi di scegliere il proprio sposo.

Infine, a chiudere il cerchio e alla sinistra di Togata c’era il suo braccio destro, la sua guardia del corpo e il suo guerriero più leale. Inasa Yoarashi. Enorme tra i suoi, rumoroso e chiassoso. Nemmeno su di lui era visibile un fiore, e lui era un altro Alpha capace di staccare la testa alle bestie Noumu.

Il resto del seguito aveva la stessa ferocia che caratterizzava i barbari, ma Tenya era grato che quei sei stessero viaggiando con lui. Con loro, Todoroki-ouji sarebbe stato al sicuro.










 

“L’erede di Yuuei è qui?”

“Così ci comunica il nostro contatto, Generale.”

“Dove?”

“Il messaggio non lo specificava, la sua priorità era informarci della morte del re. Abbiamo richiesto maggiori dettagli.”

“Beh, sto aspettando una risposta. Come sta andando il piano?”

“Alla perfezione, signore. Metà della flotta Yuuei composta da guerrieri Beta è sotto il controllo del nostro contatto. C’è ancora la seconda metà, che al momento sta prendendo posizione davanti al secondo porto. Abbiamo già organizzato un contrattacco per neutralizzare la loro forza Alpha.”

Il Generale annuì.

“E Chisaki?”

“L’armata di Overhaul ha lasciato il porto nel giorno indicato. Il loro arrivo a Yuuei è previsto a giorni. Per allora, non sarà rimasto nemmeno un guerriero sulla flotta reale.”

“È tempo di testare l’incenso Beta in campo aperto.”

“Molto bene, signore.”

“Quanti prigionieri abbiamo?”

“Dieci. Nove adulti e un giovane.”

“Andranno bene.”

“Un’altra cosa, signore.”

“Cosa?”

“Il capitano della prigione B al confine non si è presentato in servizio. Gli ufficiali partiti da lì con le nuove reclute hanno confermato la loro posizione qualche giorno fa, ma non abbiamo notizie dal resto della squadra né sappiamo nulla circa gli ultimi trasferimenti da quella prigione. Il suo ultimo contatto è stato quasi una settimana fa.”

“Ordina agli ufficiali di tornare indietro.”

“Sono troppo lontani, signore.”

“Chi è rimasto nella regione?”

“Gli uomini di Shuichi.”

“Mandali a investigare.”

“Ai suoi ordini, signore.”










 

Con gli occhi chiusi, Denki si concentrò, la cabina sapeva di sandalo, pesante, denso e invasivo. Per contrattaccarlo, Denki inspessì l’aroma attorno a lui finché la fragranza dolce delle arance non coprì ogni angolo del vagone. La voce dell’Alpha aveva una cadenza morbida e ritmica:

“Hai un profumo delizioso.”

Lo sentì inspirare profondamente. Sentì che l’atmosfera si stava rilassando.

“Inizia a contare,” disse Denki a bassa voce.

Il ragazzo obbedì, facendolo lentamente, pronunciando ogni sillaba con fermezza, enfatizzando gli accenti.

Denki storse il naso quando sentì il profumo che iniziava a diffondersi nel vagone. Non aveva un cattivo odore. Sapeva di latte addolcito col miele, delizioso e appiccicoso, ma aveva qualcosa, nella sua densità e veemenza, che dava il mal di testa.

Aveva la nausea.

Invece di rilassarsi, raddrizzò la schiena, scosse la testa e cercò una posizione più comoda. Ascoltò l’Alpha contare fino a duecentottanta quando la sua voce perse di fermezza. A trecentoquindici iniziò a biascicare le parole. A trecentotrentacinque si fermò, ripetè la quantità lentamente, si fermò di nuovo e non continuò oltre. Seduto per terra, con la schiena contro la porta, Denki aprì gli occhi e guardò l’Alpha di fronte a lui, un’espressione di dolce abbandono.

“Ehi.”

Silenzio. Denki fece un respiro profondo — notò il gusto latteo sul palato, la sensazione di miele appiccicoso sulle gengive — e si concentrò su un’emozione. Felicità. Il suo aroma si intensificò, crescendo fino a ricoprirli entrambi.

“Ehi.”

Silenzio. Denki allungò una mano e lo toccò. Un breve massaggio del palmo sul ginocchio piegato. Quando non ottenne risposta, Denki cambiò l’emozione. Tristezza. Il suo aroma perse di intensità e diventò dolce.

“Ehi.”

Niente.

Rabbia. Paura. Angoscia. Dolcezza. Sensualità.

Denki non alterò la sua espressione, inalò l’aroma di latte che sentiva assestarsi alla base del suo stomaco e ci riprovò. L’Alpha non reagiva né si muoveva al contatto. Denki respirò di nuovo, anelando una boccata d’aria fresca, invece inspirò soltanto il miele dolce che sentiva scendere giù per la gola.

Il suo mal di testa cresceva nell’unica cosa a cui riusciva a pensare.

Si alzò e bussò alla porta del vagone tre volte, una pausa, poi bussò di nuovo, come stabilito dal protocollo. Subito la porta si aprì e Denki saltò giù, il più lontano possibile. Uno dei suoi compagni si avvicinò con un otre d’acqua da cui bevve fino a svuotarlo. Con la coda dell’occhio vide due Alpha con dei fazzoletti sopra il volto, tirare fuori dal vagone il compagno immobile.

Yosetsu si avvicinò. Nelle mani portava una tabella con nomi e registrazioni.

“Duecentottanta,” disse Denki non appena gli fu davanti, “si è ammutolito a trecentotrentacinque.”

Yosetsu annotò il tutto sul foglio e sospirò.

“Resta nei normali parametri.”

Denki annuì. I test con le fialette aveva avuto parzialmente successo, gli Alpha che ne avevano usufruito erano arrivati a cinquecento e qualcosa, l’unico che era arrivato quasi a mille era Bakugo, che aveva ordinato di iniziare a fare pratica in coppia.

Fino a quel momento non erano stati molto efficaci.

“Continuiamo?” Chiese Denki, massaggiandosi la testa.

“No… per oggi abbiamo fatto abbastanza. Anche ventilando quella cosa, l’odore non svanisce immediatamente ed è pericoloso lasciare che si concentri. Magari faremo un altro turno prima del tramonto, ma per ora è tutto.”

Denki annuì, la sua attenzione virò verso il gruppo Omega che sedeva a pochi passi da lui, avevano tutti la stessa espressione esausta e puzzavano tutti di latte e miele. Gli bastò guardarli per prendere una decisione.

“Hai bisogno di altro?”

“No, perché?”

“Voglio portare la mia gente a fare un bagno.”

“Bè, di cosa avete bisogno?”

“Acqua e privacy. Vorrei spostare i nostri vagoni così che anche i miei compagni possano lavarsi.”

“Non potete allontanarvi.”

“Non andremo lontano, c’è uno stagno che possiamo usare? Qualcosa qui vicino.”

“Una delle pattuglie esplorative ci ha fatto rapporto circa un fiume a cinquecento metri da qui. La strada è libera.”

“Farà al caso nostro.”

“È troppo lontano, forse è meglio aspettare...”

“Se torna Bakugo e gli diciamo che ci fermeremo per lavarci, ci urlerà addosso fino a perdere la voce.”

Yosetsu storse il naso e Denki rise.

“Te lo sei immaginato, vero? Bene, andremo e faremo ritorno senza problemi.”

“Invierò una scorta.”

“Vogliamo lavarci in pace, niente scorte.”

Lo salutò prima che potesse replicare. I suoi compagni lo seguirono animatamente alla prospettiva di un bagno. Non appena arrivarono tutti, la notizia si diffuse come un incendio. L’intero gruppo Omega si mise all’opera. Da chi puliva le prede catturate a chi si occupava dei malati, ognuno di loro si affrettò a finire il lavoro per aiutare a spostare i carri.

Sentirono il rombo dell’acqua prima di vederla. Il suono era impressionante, assordante. Senza dubbio le piogge avevano fatto crescere il letto del fiume in una bestia indomabile.

Guidarono le bestie da carico, posizionarono i due vagoni bloccando la via e liberarono gli animali lasciandoli pascolare con le briglie legate con cura a un albero. Si divisero in tre gruppi, uno aiutava gli Omega in calore ad uscire, un altro portava l’acqua, e l’ultimo puliva l’interno dei carri. Presto tutti si spogliarono, schizzandosi e ridendo.

Faceva freddo, il sole era un punto luminoso che appariva e scompariva nel cielo nuvoloso, ma quel freddo era completamente diverso da quello della prigione. L’acqua aveva la freschezza delle montagne, non lo straziante confine della corrente gelida che arrivava dal sottosuolo.

Denki urlò quando sentì l’acqua fredda sulla schiena, ma era un suono eccitato, come quello di un bambino che riceve una bella sorpresa. Per vendetta, si voltò verso Ochako e le lanciò addosso un secchio d’acqua. Lei lo evitò facilmente e rise, indicandolo, finché Yui non riuscì a bagnarla dalla testa ai piedi. Si rincorsero come bambini incontrollati. Il resto del gruppo si disperse, godendosi il pomeriggio libero lontano da sguardi e giudizi. Si lavarono accuratamente, rimuovendo ogni traccia di fango e sudore.

Denki non smise di ridere, libero e a voce alta.

“Mi piace vederti ridere,” disse Ochako con un sorriso. “Mi piace ridere.”

C’era qualcosa nel modo in cui parlava, una tristezza profondamente radicata in lei, forse la stessa che Denki sentiva quando veniva colpito dai ricordi delle celle buie.

“Allora ridi,” disse Denki con semplicità.










 

“Se laviamo le uniformi, saranno asciutte prima di andare via?” Chiese Yui, annusando la sua.

“Ne abbiamo qualcuna di ricambio,” disse Denki facendo un rapido conto. “Possiamo cambiarci e lavare queste.”

Ochako e Denki si intrattennero a lavare, scuotere e battere i vestiti contro le rocce piatte raccolte.

“L’ha notato,” disse lei all’improvviso, senza fermarsi.

“Chi?”

“Sai di chi parlo.”

Denki si fermò a guardarla. La sua espressione era di assoluto sgomento.

“Cosa?”

Ochako si voltò verso di lui e quando parlò enfatizzò ogni sillaba guardandolo negli occhi.

Lui ha capito che lo stai ignorando.”

Invece di fingere di non capire l’argomento della loro conversazione, Denki arrossì. La sua pelle si tinse di rosso, dalla fronte fino alle spalle. La vergogna straripò in ogni poro.

“Perché parli di me con lui?”

“Perché sei il suo argomento preferito.”

Denki arrossì ancora di più.

“Ochako!”

“Cosa? È vero. Oggi era depresso perché pensa che tu lo odi.”

“Io non—…! AAGG! Ochako!”

“Sto solo riportando la verità.”

“Che altro…? Che cosa…?” Denki deglutì, guardò malamente i vestiti bagnati tra le mani, ringhiò e alla fine sputò il rospo. “Che cosa gli hai detto?”

“Che non lo odi. Che non sai come trattarlo. Che vuoi spazio.”

“Gli hai detto...” Per combattere il calore sul viso, Denki affondò il viso nell’uniforme bagnata. “Perché ci hai parlato?”

“Perché è mio amico.”

“Non è—”

“Va bene se ti piace. È un bravo Alpha.”

Denki si alzò, incapace di continuare la conversazione. Respirò a fondo, obbligando il suo rossore a sparire. Si inginocchiò vicino alla riva per lavarsi la faccia e quando si rialzò lo vide: un uomo enorme sull’altra riva del fiume cavalcava una bestia alta più di un metro.

Dallo spavento Denki si alzò in piedi col cuore che batteva all’impazzata. Prima che potesse urlare, prima che potesse dare il segnale d’allarme, l’uomo lo sorprese con la sua reazione. Si bloccò sui suoi passi e da dove si trovava Denki, vide il suo volto pieno di stupore e panico.










 

‘Viaggiare senza i vagoni è mille volte meglio’, pensò Eijirou mentre si muovevano a ritmo veloce seguendo Bakugou. Non dovevano preoccuparsi di scegliere strade stabili, guidare sciocchi animali o combattere con le ruote incastrate. Il loro piccolo gruppo di tre si muoveva velocemente, attraversando cespugli e arbusti in una linea dritta.

Arrivarono alla prigione a metà pomeriggio. L’immenso edificio sorgeva sul picco di una scogliera, con le sue alte torri e le bandiere scosse dal vento gelido. Invece di avanzare dritti verso essa, il gruppo restò al limitare della foresta, cercando guardie sulle mura o segni di vita.

Dopo che non ne trovarono alcuno, Hiryu si offrì di esplorare. Era un grosso rischio perché se avessero trovato delle guardie sarebbero dovuti fuggire e seminarli prima di tornare al gruppo.

Seduto vicino a Bakugou, Eijirou strinse i pugni mentre Hiryu si intrufolava nella prigione. Rimasero entrambi all’erta in caso di un’imboscata, e sapendo di dover scappare nel caso fosse scattato l’allarme.

Hiryu si avvicinò con cautela, senza perdere di vista la cima delle mura. Lo videro circondare l’entrata finché non sparì dietro essa. Quelli furono i venti minuti più lunghi della vita di Eijirou mentre aspettavano col cuore in gola. All’improvviso, Hiryu comparve alla porta e agitò le braccia.

La prigione era vuota, non c’erano bestie da soma nelle stalle, né guardie nelle baracche. Eijirou e Hiryu scesero nelle celle mentre Bakugou annusava da lontano. Sottoterra i corridoi puzzavano di reclusione e morte. Gli ci volle un po’ per trovare la strada per le celle buie, l’unica luce che li accompagnava veniva dalle torce che portavano. Sottoterra il buio era totale e il silenzio assoluto. Dentro le celle trovarono dei corpi, nessuno con un soffio di vita.

L’odore di putrefazione uscì attraverso la porta non appena l’aprirono. La nausea di Eijirou diventò incontrollabile dopo la quinta cella. Hiryu vomitò nel primo ascensore, mentre tornavano su.

Non tutte le celle erano piene, a quanto pareva il trasferimento era stato completato con successo. Quelli lasciati indietro erano stati lasciati a morire di fame. Eijirou sentì la rabbia e l’amarezza, ma non cedette al disgusto che ribolliva dentro di lui. Si prese il suo tempo per controllare ogni volto, come aveva già fatto prima, per assicurarsi che né Hanta, né Tetsutesu o Rikidou fossero lì.

Controllarono tutte le celle, ognuna di esse nutriva il rancore che sentiva per la sua gente. Se avesse potuto avrebbe voluto dar tutti loro una degna sepoltura, ma sapeva che non avevano le risorse necessarie.

Espieremo tutto questo.

Tornarono all’esterno, impregnati dell’aroma di marciume. Hiryu si lavò le mani e il viso non appena ne ebbe l’occasione. Eijirou no, non si osava.

“Non è rimasto nulla,” disse Bakugo non appena li vide. “Faremo meglio a tornare.”

“C’è qualche novità che dovremmo sapere?”

“Una lettera da un certo Dabi a Mustard, chiedendo di cercare Toga. Nessun’altro dettaglio. Il resto è corrispondenza simile a quella dell’ufficio del capitano.”

Eijirou annuì e lo seguì mentre si dirigeva all’esterno. Avanzarono velocemente, lo stomaco di Eijirou brontolava in toni leggeri, per calmarlo masticò foglie di borragine. Non riusciva a scrollarsi di dosso la vista di quei cadaveri abbandonati nelle celle.

Fermi.

L’avvertimento arrivò sotto forma di un aroma nero, amaro nella sua densità e completamente paralizzante. Eijirou guardò Bakugou che si era piegato in una posizione difensiva scrutando con attenzione l’ambiente circostante.

Accadde tutto troppo in fretta. L’aroma esplose in toni rossi, tagliente e feroce, urlando a gran voce, pericolo. Eijirou si mosse senza fermarsi a pensare come Hiryu. Attraversarono entrambi i cespugli cadendo sui loro nemici. Non riconobbero odori familiari né segni di pericolo.

Uno di loro aveva una coda robusta, coperta di peluria bionda con un ciuffo dello stesso colore all’estremità. La cosa sembrava avere vita propria perché quando Hiryu cercò di attaccarlo da dietro, quella si difese da sola come un’entità individuale.

Furono obbligati a coordinare i loro attacchi per batterlo, colpendo e difendendosi, guidati solo dall’aroma che emettevano. Riuscirono ad atterrare il loro avversario, Eijirou tenne il demone fermo per terra, il ginocchio che esercitava pressione sulla colonna mentre Hiryu applicava tutta la sua forza contro la coda che non smetteva di agitarsi con una forza sovrumana.

“Tu?”

La voce gli fece voltare il capo, ma quando si distrasse il demone sotto di lui si agitò. Eijirou usò tutta la sua forza per tenerlo a terra.

“I fiori di lunaria non crescono in questa regione!”

Non appena lo sentì Eijirou alzò la testa con un movimento veloce. Vide Bakugou esercitare pressione sul demone che tirava calci senza successo.

“Li ho visti crescere nel villaggio dei primi uomini! Di loro non—”

La sua voce si ruppe. Eijirou si mosse prima che potesse processare quello che stava facendo. Prese l’Alpha da sotto le braccia e lo alzò, poi si piegò in due quando l’altro riuscì a colpirlo con una testata e un colpo allo sterno.

“No!” Il suo lamento perse di forza, ma almeno era riuscito a calmare tutti.

“Che diavolo ti prende?” Chiese Bakugou mentre il demone a terra respirava senza sosta a pieni polmoni.

Eijirou si alzò lentamente e guardò il demone.

“Kamui?”










 

Non era Kamui.

Quando Eijirou rimosse la maschera trovarono un volto femminile dalla pelle rosa, occhi ambrati e pupille dorate. Aveva capelli biondo chiaro rosato e piccole corna dello stesso colore che protendevano dal capo.

“Non sei lui,” disse Eijirou con voce sorpresa. “Come conosci la parola d’ordine?”

“Me l’ha detta Kamui,” rispose la ragazza una volta riuscita a recuperare la voce. “Molti anni fa. Voleva assicurarsi che ci fosse un sostituto in caso fosse stato scoperto.”

Il suo tono non era tinto di paura né possedeva i toni acuti caratteristici del panico; la sua voce aveva un suono vellutato. Quando Bakugou la sentì, la fissò.

“Sei tu.”

“Allora adesso mi riconosci,” disse mettendosi le mani in viso. “Dannazione!”

“Non ti ho mai visto in faccia.”

“Per questo ho urlato il codice di Kamui!”

“Io non lo conoscevo.”

“Aspetta un attimo,” intervenì Eijirou, massaggiandosi il diaframma. La indicò e si focalizzò sull’Alpha. “Lei chi è?”

L’altro rispose con un cipiglio. “Ha portato lei le fialette.”

“Cosa?!” Si voltò verso la ragazza. “Sei stata tu?”

“Ho portato anche i messaggi,” la ragazza si tirò su lentamente con un breve sguardo al suo amico. “Allora?” Chiese con la schiena tesa, “Ci lascerete andare?”

Eijirou rivolse la sua attenzione a Bakugou, che ringhiò.

“Solo se tenete chiuso il becco e dimenticate di averci visti,” rispose incrociando le braccia.

“Quello che vuole dire,” disse Eijirou dirigendo il suo sguardo di disapprovazione verso Bakugou e tornando poi alla ragazza, “è che ti dobbiamo un favore per l’aiuto che ci hai dato quando eravamo prigionieri. E ci aiuteresti ancora di più se non dicessi a nessuno che ci hai visti qui.”

“D’accordo… Sì, sì, lo farò, ora levati quella faccia da funerale, okay? Santo cielo!”

Bakugou roteò gli occhi anche se obbedì, accontentandosi di guardare furioso il tipo con la coda.

“Quant’è acido,” mormorò la ragazza guardando l’Alpha.

“Sai dove si trova Kamui?” Chiese Eijirou, attirando la sua attenzione.

“Non lo sai?”

“Ci era stato detto di incontrarlo alla cascata, ma—”

“Meno dettagli!” Urlò Bakugou senza guardarli.

“...non so se sarà ancora lì.”

“L’ho visto l’ultima volta quando ho preso le fialette. Kamui aveva intenzione di lasciare i suoi amici vicino alla costa e poi nascondersi tra le montagne.”

“Nascondersi?”

“Mi ha detto che le spie di Kurogiri avevano rintracciato lui e i suoi amici.”

“Sì, il pacco con le fialette conteneva una lettera che diceva la stessa cosa.”

“Kamui era preoccupato che ci volessero ancora tre giorni per portarli via. Se fosse stato per lui sarebbe partito nell’immediato, ma i tuoi amici hanno insistito per restare.”

“Che direzione hanno preso?”

La ragazza scosse la testa. “Non lo so.”

Eijirou annuì, era pronto ad andarsene quando si ricordò di chiedere una cosa.

“Quante persone c’erano con Kamui?”

“Solo due.”

“Uno di loro era un uomo con capelli e occhi neri, e un’azalea sul viso? Forse il più alto del gruppo.”

“No, quello non l’ho visto. Il più alto non aveva fiori sul viso, ma una grossa bruciatura.”

“Aveva i capelli di due colori diversi?”

“Sì, e anche gli occhi di colori diversi, uno azzurro e uno castano.”

“Ma non poteva essere il più alto, non c’era un uomo biondo con lui? O qualcuno della mia età, con occhi e capelli blu?”

“No… Quello col volto sfregiato era il più alto. Con lui c’era un ragazzo magro. Aveva gli occhi e i capelli verdi… e tutto il volto pieno di piccoli puntini scuri. Erano definiti lungo il naso e più sbiaditi vicino agli occhi.”

Non finì nemmeno di parlare che Bakugou la prese dal bavero della maglietta.

“Che cosa hai detto?!”





 

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E QUINDI.

"Ehi, Roquel, che succederà quando Katsuki scoprirà che Izuku è attualmente perso per Hosu?"
Bé, ci sono due possibilità.
Uno. Il nostro ragazzo corre come un pollo senza testa seguendo qualsiasi traccia o
Due. Forma un esercito Alpha/Omega annientando tutto per trovarlo.
Hmmm... Io so quale mi piace, voi che ne pensate?

Comunque abbiamo tre culture diverse, ognuna di esse con le proprie caratteristiche che Roquel ha cercato di mostrare man mano. Riguardo a come vengono trattati gli Omega, è più o meno così:

A Yuuei
Omega: Voglio un'attività o un lavoro.
Alpha: Certo che no. Il tuo dovere sono i bambini. Trova un marito e occupati della casa.

Nelle isole Kohei
Omega: Voglio imparare a tirare con l'arco.
Alpha: Davvero? Non è molto comune... ma okay, tieni il tuo arco così puoi allenarti.

Nelle tribù barbare
Omega: *esiste*
Alpha: *arrossisce*

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So che sono passati due mesi but still sono contenta di essere riuscita a portarvi prima di quanto pensassi <3
Cercherò di mantenere questo ritmo e magari accorciarlo ancora di più (combattendo anche l'atroce estate che non vedo l'ora finisca), spero continuiate a seguirmi!
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni, mi aiuta molto!


 

Prossimo capitolo:
“Senza traccia”



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