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Autore: MatsuFla    26/06/2019    1 recensioni
E se esprimendo un desiderio ad un stella cadente questo si avverasse catapultandoti in una nuova vita completamente diversa?
È quello che è successo a Mickey, o forse no?!
Ispirato al film "The Family Man" (*)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 7/8 - Il Risveglio - parte prima

È passata un'eternità dall'ultima volta in cui mi sono fermato a guardare le stelle. 
Ora che ci penso... è stato quando quel ragazzino con la testa rossa mi pregò di guardarle insieme a lui, proprio qui, nel campetto di baseball del liceo. 
Da allora non l'ho più fatto... ora le uniche stelle che mi sono familiari sono quelle che vedo prima di svenire ogni volta che mio padre mi pesta a sangue. 
Eppure eccomi qui, sdraiato a guardare il cielo nella notte più buia della mia vita, con il culo in una pozza del mio stesso sangue e con un proiettile piantato nel petto... guardo le fottute stelle, cazzo, e mi chiedo se davvero realizzino i desideri dei coglioni che credono in queste cazzate. 
In fondo, perché dovrebbero? 
Per loro siamo solo degli stronzi che le fissano aspettando di vederle cadere. 
All'improvviso, prima che la vista mi si offuschi completamente, la vedo... una sorprendente scia luminosa che bruciando illumina il cielo squarciandolo in due. 
Si sa che la paura di lasciare per sempre questo mondo fa diventare le persone delle fighette sentimentali, purtroppo scopro di non essere diverso da tutti i coglioni con cui divido questo schifo di destino, così mi ritrovo a far scorrere liberi nella mia testa tutti quei pensieri che invece ho sempre cercato di tenere nascosti, anche a me stesso. 
Chissà se è possibile, per quelli come me, essere felici nella vita... come lo sono stato quella sera, quando semplicemente rimanemmo a guardare le stelle con Ian. 
Mi sembra difficile da credere visto che al momento rischio la pelle. Infondo perché dovrei meritare qualcosa di buono se per tutta la vita non mi sono mai preoccupato di nessun altro all'infuori di me stesso... forse è giusto così... è giusto che io abbia ciò che mi merito. 
Le forze mi abbandonano e non riesco più a tenere le mani premute sulla ferita, la vista inizia ad offuscarsi e sento le palpebre pesanti. Sto per abbandonarmi al sonno quando vengo scosso dal suono di una sirena e il lampeggiare di luci rosse e blu sempre più vicine. 
Porca puttana, l'ultima cosa che vedrò prima di andare all'inferno sarà la faccia di merda di qualche fottutissimo sbirro! 
"Cristo Santo, è Mickey!" 
Qualcuno urla ed io a fatica riapro gli occhi al suono di quella voce familiare. Un viso angelico mi appare davanti, porca puttana, è così bianco che sembra brillare di luce propria. Se non fossi certo che al mio culo lì non è permesso entrarci, giurerei di essere in paradiso! 
"Lo conosci?" Squilla allarmata un'altra voce femminile. 
"Si, noi... cazzo, Mick, resta sveglio!" Il ragazzo continua a gridare e a schiaffeggiarmi. 
"Hey, guardami! Sono io, sono Ian!" 
"Ian?!" Un lieve bisbiglio incredulo mi sfugge dalle labbra. 
Si dice che quando stai per morire ti scorre tutta la vita davanti agli occhi, ma io non vedo nulla. L'unica cosa che ora occupa i miei pensieri è la speranza che questa non sia solo un'allucinazione! Mi andrebbe bene se l'ultima cosa che riesco a vedere prima di andare all'inferno fosse la sua stupida faccia da alieno! 
"Ferita d'arma da fuoco al quadrante superiore destro, dobbiamo inserire il drenaggio toracico." Prova a scuoterlo dal suo stato di shock la donna che è con lui. 
"Non puoi morire, cazzo, resta sveglio!" Ian sembra tornare lucido ed inizia ad armeggiare con strani arnesi sul mio petto e a cadenza regolare mi rivolge uno sguardo minaccioso che fa suonare le sue parole più come un ordine che una supplica. 
"Resisti. Ti prego, non morire!" Le luci della sirena gli illuminano il viso facendo brillare le guance rigate di lacrime. 
Perché cazzo stai piangendo, Gallagher? 
Perché ti dispiace per me dopo che ti ho trattato di merda? 
Perché ti importa ancora di me nonostante tutto quello che ti ho fatto passare? 
"Dobbiamo somministrare tre litri di ringer lattato in infusione rapida e due unità di plasma." Lo sento dire mentre osservo estasiato la sua espressione concentrata. 
"Ok, Ian, mettiamolo sull'ambulanza. Avverto l'ospedale che stiamo arrivando." 
Ian mi si avvicina, mi prende il viso tra le mani imbrattate del mio stesso sangue e fissando i suoi occhi lucidi nei miei mi fa una promessa. 
"Andrà tutto bene, Mick. Te lo prometto!" 
Sento le sue lacrime cadermi sulle guance e questo mi dà la forza di sorridergli affinché sappia che sto bene e che me la caverò. Grazie a lui. 
Non voglio più che soffra per colpa mia. 
Non l'ho mai voluto. 
"Sta tranquillo, Gallagher, non morirò." Tra uno spasmo di dolore e l'altro sussurro con l'ultimo soffio di fiato che mi è rimasto. 
"Ma tu resta con me." 
Poi tutto diventa buio e freddo. 
"Hey, Mickey, mi senti? 
Svegliati, Mickey!" 
Stelle cadenti... che stronzata!


#BIP# 
Mi è sempre piaciuto il buio, lo trovo rassicurante. 
La gente ha paura di ciò che si nasconde nel buio ma per quanto mi riguarda, tutto ciò che mi ha ferito nella vita lo ha fatto alla luce del sole. 
La paura di vivere una vita miserabile nel South Side, il timore che si venga a sapere che sono un fottuto frocio, il terrore che mi pietrifica all'idea di reagire alle angherie di mio padre o la consapevolezza di vivere una vita da codardo... 
Nel buio invece sento di poter essere me stesso, mi ha protetto da tutto questo schifo. È sempre stato un rifugio per me e anche adesso mi sento tranquillo. 
Io voglio rimanere qui. Nascosto nel buio. 
Cosa mai potrebbe convincermi a tornare indietro? 
#BIP# 
All'improvviso sento... un formicolio che mi fa riprendere consapevolezza del mio corpo, come se fino ad ora avessi dimenticato di averne uno. Questo piacevole pizzicore sembra partire dal basso ventre, stimolato da un certo... calore umidiccio, per poi diffondersi lentamente ovunque fino a risvegliare tutte le terminazioni nervose. 
Questa sensazione è qualcosa che forse potrebbe convincermi a cambiare idea, qualcosa per cui vale la pena tornare indietro. 
Magari potrei dare solo un'occhiata... 
#BIP# 
Apro a fatica gli occhi, accecato da una forte luce abbagliante che piomba giù dall'alto. Mi guardo intorno e mi rendo conto di essere in un cazzo di ospedale! 
La mia attenzione è subito catturata dalla figura misteriosa ricurva sul mio corpo che, tenendo sollevato il fottuto camice che indosso, si nasconde mentre è intenta a farmi delle spugnature ai gioielli. Purtroppo l'entusiasmo per il fatto che qualcuno stia armeggiando con il mio uccello si polverizza all'istante quando mi rendo conto che è una donna. L'infermiera dai capelli a cespuglio, accortasi della mia reazione alle spugnature, sbircia oltre il camice che tiene ancora sollevato e rimane scioccata dal vedermi sveglio a guardarla in cagnesco.

         

"Oh Gesù, si è svegliato!" Grida e mollando tutto corre fuori dalla stanza.

#BIP#
"Paziente ED32, ricoverato da tre giorni. Ha ripreso conoscenza pochi minuti fa, è vigile e orientato nel tempo e nello spazio. Presenta una ferita d'arma da fuoco al quadrante superiore destro e drenaggio toracico. Nessuna lesione alla colonna vertebrale. Guarigione delle varie ferite da taglio e contusioni sparsi per il corpo nella norma." L'ennesima infermiera espone il quadro completo della mia situazione di merda a questa specie di dottore, culo marrone, che continua ad infastidirmi con quell'arnese del cazzo che mi tiene puntato dritto in faccia. 
"Non ricorda niente?" Mi chiede più volte. 
"Ero al campetto di baseball e faceva freddo, tanto freddo." Rispondo senza sbilanciarmi troppo mentre mi tiene su le palpebre e mi sparaflescia passando la luce da un occhio all'altro.

          

"Il freddo l'ha salvata. La sua temperatura corporea era sotto i trentadue gradi quando l'hanno soccorso e portato qui." 
Mi hanno slacciato il camice in modo da avere il torace scoperto e una bella vista di tutte le cazzo di ventose che ho attaccate addosso, ognuna collegata ad un filo colorato che insieme formano un groviglio che sembra tenermi incatenato.
"Posso sapere il suo nome completo, signor Milkovich?" Interviene l'infermiera che continua a parlare e scrivere non so cosa sulla sua cartelletta. 
"I paramedici ci hanno comunicato il suo cognome quando l'hanno portata qui, ma dobbiamo inserire i dati corretti per il ricovero." 
Ora che quel macchinario infernale dal 'bip' fastidioso è staccato lo hanno subito rimpiazzato con questa tizia che non la smette di trapanarmi il cervello con le sue domande del cazzo! 
"Ha l'assicurazione sanitaria?" 
"Per quanto tempo sono stato incosciente?" Chiedo, evitando di proposito di rispondere. 
"Può essere shockante svegliarsi da uno stato comatoso e..." Prova a farfugliare il dottore, ma io lo interrompo intenzionato ad avere una fottuta risposta. 
"Per quanto?" 
"Tre giorni." 
"Nessuno ha provato a cercarmi?" 
"Ha ricevuto qualche visita, ma nessun familiare che potesse darci qualche informazione sui suoi dati personali." 
Sono solo tre giorni che sono qui, è molto probabile che non si siano neppure accorti della mia assenza in casa. In ogni caso non verrebbero a cercarmi in un ospedale, anche se lo avessero saputo dubito che si sarebbero fatti vivi. 
Ma se non si tratta della mia famiglia... chi diavolo è venuto a farmi visita? 
Dato che sono ancora vivo escluderei che si possa trattare di qualcuno mandato da quegli stronzi per farmi fuori e completare l'opera. E questo mi basta! 
Passo la notte in questo stanzone pieno di gente in coma fermando ogni rara anima viva di passaggio nella speranza di riuscire ad avere qualche droga per il dolore, ma sembrano evitarmi tutti come la dannata morte! 
Maledetti figli di puttana!

Alle prime luci del mattino l'ospedale sembra risvegliarsi e un grande via vai di gente riempie i corridoi e le stanze... ma ancora nessuno sembra intenzionato a darmi retta. 
Sono sveglio da poche ore e già mi girano fortemente i coglioni! 
"Hey, dottore! Potrebbe fare un favore a un fratello dandogli un po' di morfina per-" Provo a dire al dottore con il turbante che vendo arrivare nelle mie vicinanze, ma il fottutissimo asciugamani in testa mi passa oltre ignorandomi completamente. 
"Oh, e va bene, passa oltre, Osama." Inizio ad imprecare ad alta voce. 
"Ti farò salire su quell'aereo che ti rispedirà in Merdanistan, non appena il presidente avrà revocato il tuo visto per lavoratori." 
"Si attirano più mosche con il miele, Mick." 
Giro di scatto la testa nella direzione da cui proviene quella voce e lo vedo... gambe lunghe e spalle larghe, capelli rossi e occhi verdi, pelle chiara e sorriso sghembo. 
Praticamente uno schianto... semplicemente Ian Gallagher! 
"Gallagher?!" Dico sorpreso, cercando di camuffare con un grugno stizzito l'eccitazione che mi ha provocato vederlo. 
"Come stai?" 
"Come se mi avessero sparato! Ho un tubo infilato nel naso e uno nel cazzo, tu che dici?" Ringhio mentre lo vedo avvicinarsi tutto sorridente. 
"Ne hai anche uno nel torace se stai tenendo il conto." 
"Fanculo, testarossa." Ridacchio insieme a lui e poi continuo. 
"Come cazzo sei vestito?" 
"Sono un paramedico, sono passato a vedere come stai prima di andare a lavoro." 
"Paramedico, uh? Hey, hai qualcosa di utile lì dentro?" Indico il borsone che si porta dietro. 
"Un sedativo? O magari un po' di ossicodone." 
"No." Risponde categorico. 
"Potresti rubare dall'ambulanza-" 
"No!" Ora è categorico e anche un po' stizzito. 
"Fottuto Gallagher, mai una volta che ti rendi utile." 
"Hey, tu... ho una dannata ferita d'arma da fuoco. Può chiedere a qualcuno di prescrivermi qualcosa per il dolore? Non mi serve molto, venti di morfina sarebbero più che sufficienti." Provo a convincere un'altra infermiera che mi risponde impaurita. 
"Mi scusi, signor Milkovich, ho l'ordine tassativo di non darle nulla." E fugge via. 
"Ma che cazzo di problema avete? Non trattereste così neanche un cane per strada. Merda, ho un fottuto buco nel petto, Cristo Santo!" 
"Com'è successo, comunque?" 
"Fatti i cazzi tuoi, testarossa." Sbuffo indispettito ma lui non sembra prendersela e guardandosi le unghie con fare indifferente continua. 
"Faresti meglio ad inventi una buona scusa, verranno i poliziotti a parlare con te. Per legge gli ospedali devono denunciare ogni ferita d'arma da fuoco all'autorità giudiziaria." L'aria sicura di chi sa più di quando da a vedere. Non faccio in tempo ad imprecare che una dottoressa lillipuziana attraversa il corridoio chiamando il mio nome. 
"Signor Milkovich?" 
"Sono qui." La avverto per farla avvicinare. 
"Allora, signor Milkovich... ci sono cinque diverse date di nascita e quattro iniziali del secondo nome diverse, nelle cartelle." Un evidente disappunto nel suo tono serio. 
"Sul documento ritrovato tra i suoi effetti personali è riportato che è nato nel 1936..." Fa una pausa ad effetto nella vana speranza che io le dia qualche valida spiegazione ma poi, alzando le sopracciglia, continua rassegnata. 
"Quindi avrebbe ottantatré anni." 
"Mi piace tenermi bene." Sorrido sarcastico e piuttosto compiaciuto mentre lei rimane a fissarmi con uno sguardo di compatimento per qualche minuto prima di aggiungere... 
"Qualcuno sarà da lei a momenti." La dottoressa fa un ultimo sospiro profondo e va via. 
"A proposito dei tuoi effetti personali... ho usato il tuo cellulare per avvertire la tua famiglia che sei qui." 
"Cosa?!" Squittisco sorpreso. 
"Non avevo più il numero di tua sorella così l'ho preso dalla tua rubrica." 
"Ma c'era la password!" 
"Si, beh... ho provato con la data del tuo compleanno e ha funzionato al primo tentativo. Di certo non sei un tipo originale." 
"Ti ricordi la mia data di nascita?" 
"Si." Dice semplicemente, come se fosse scontato. 
"Scommetto che invece tu la mia non la ricordi." 
"No infatti." Mento. 
"Comunque dovresti cambiarla, non è sicura." Cerca di fare l'indifferente ma i suoi occhi da cucciolo non sanno nascondere la delusione. 
Ma che cazzo, non posso certo fargli sapere che ricordo il suo fottuto compleanno! 
"No, sei tu che non dovresti curiosare nei cellulari altrui. E poi il mio compleanno mi viene facile da ricordare." 
"Metti la data di un giorno importante, uno che per te è speciale e che non puoi dimenticare." 
Ancora una volta non faccio in tempo a replicare che veniamo raggiunti dal dottore mangia curry e una tizia ben vestita, anche lei ovviamente con la sua bella cartelletta. 
"Salve, signor Milkovich. Come si sente?" 
"Fa un male cane!" 
"È normale, ma... il dolore è suo amico, ok? È il modo con cui il corpo le fa capire che ha bisogno di riposare e guarire." 
"No, è il modo con cui il mio corpo ti prende a calci in culo se-" Cerco di avventarmi su di lui ma l'enorme mano di Ian mi spinge sul letto e una fitta di dolore placa la mia ira. 
"Lo scusi, è ancora in stato confusionale."
"Certo, capisco. Lei è uno dei paramedici che lo ha soccorso, giusto? È carino da parte sua venirlo a trovare." 
Aspetta... che?! 
È stato Ian a soccorrermi?! 
Merda, non mi ricordo un caz- 
No, aspetta un momento... ora ricordo! 
Lui che piangeva e io che ho detto quelle cose da fighetta spaventata... porca troia, forse sarebbe stato meglio se ci fossi rimasto secco quella notte! 
"Si, ero di passaggio e mi sono fermato ad accertarmi delle sue condizioni." 
"Questo giovanotto le ha salvato la vita, signor Milkovich!" Il dottore mi si rivolge sorridendo a trentadue denti e dispensando pacche orgogliose sulle spalle di Ian. 
"Si, fantastico. Quando potrò andarmene?" Distolgo subito lo sguardo per nascondere la mia espressione imbarazzata. 
"Stasera, magari?" Aggiungo subito. 
"È ancora troppo debole." 
"Non abbastanza, mi serve decisamente qualcosa per distendere i nervi!" 
"Ha già assunto la dose di sedativi consentita al momento." 
"Datemi qualcosa, cazzo!" Afferro il dottore per un braccio e lo strattono rivolgendogli uno sguardo minaccioso. 
"Sembra che stia recuperando le forze." Dice lui intimorito mentre Ian lo libera dalla mia presa e rivolge a me la stessa occhiataccia. Ma lo stronzo con il camice non tarda a prendersi la sua rivincita. 
"Tossisca." Lo sento dire mentre la sua amica mi distrae con le sue chiacchiere. 
"Signor Milkovich, ha l'assicurazione?" 
"Sfortunatamente no." Faccio a malapena in tempo a dire prima che lui mi sfili un metro di fottutissimo tubo dal naso mentre continua a ripetere di tossire di nuovo. 
"Cristo!" Ringhio disgustato e dolorante. 
"Ecco fatto." Sorride soddisfatto il dottore gettando via il tubo. A questo punto ricomincia a parlare la tizia fastidiosa. 
"Per fortuna l'ospedale offre diversi piani per il pagamento per aiutarla a saldare il conto. Se la caverà dilazionando il pagamento su due o tre rate mensili." 
"Posso avere dell'altra gelatina alle ciliegie? Era buonissima." Dico con tono lievemente canzonatorio, ignorando le inutili ciance della donna con il completo costoso. 
"Per pranzo vorrei ordinare una bistecca al sangue. E posso avere anche una birra? Voglio bere! Ho tre giorni di bevute da recuperare." 
"Non può ancora mangiare cibi solidi, signor Milkovich. E nel modo più assoluto le è proibito bere alcolici." 
"Ma che cazzo?!" Scatto come una molla, stizzito. 
"Appena sarà possibile-" Prova a dire il dottore ma lo interrompo immediatamente. 
"Allora voglio un budino al cioccolato! Posso almeno avere un cazzo di budino? Cristo Santo, ma dove sono finito, ad Auschwitz?!" Protesto animatamente ma la mia attenzione viene attirata dal dottore che sembra non ascoltarmi, impegnato invece ad indossare dei guanti di lattice. 
"Quelli a che servono?" Chiedo preoccupato. 
"Devo togliere il catetere." Dice mentre infila una siringa da qualche parte nel tubo. 
"Quant'è il conto?" Ian si rivolge alla donna che scribacchia sulla sua cartellina, probabilmente solo per evitare di guardare quello che stanno per farmi. 
"Allora, signore, contando tre giorni in terapia intensiva, TAC, risonanza, visita pneumologica e dermatologica, assistenza infermieristica, nutrizionale, analisi e farmaci... non è una cifra esatta ma..." 

         

Non faccio troppa attenzione alle sue parole, anche volendo non potrei, visto che quel degenerato del dottore ha le mani pericolosamente vicine al mio uccello e il terrore prende il sopravvento quando mi esorta a fare un bel respiro. Afferra il tubicino tra le dita di una mano e con l'altra mi stringe il cazzo, ma non come piace a me, capisco subito che questa volta non sarà piacevole come lo è in altre situazioni. Nel giro di un secondo lo sfila violentemente dal mio fottuto uccello e il dolore è così forte che per un momento penso che me lo abbia strappato via insieme al tubo. 
"Ma porca di quella lurida puttana!" Urlo e mi contorco come un indemoniato. 
"Abbiamo finito." Sentenzia il dottore facendo sparire anche questo tubo. Solo dopo pochi istanti di silenzio delle mie urla strazianti si sente la voce della donna che affonda un altro duro colpo al mio corpo già stremato. 
"Saranno poco più di cinquemila dollari." 
"Ma che cazzo di problemi avete?" Sbraito appena riprendo le forze per riuscire a farlo. 
"Cinquemila dollari?" Continuo a ripetere incredulo e ancora seriamente incazzato. 
"Dove sono i miei cazzo di vestiti?" Inizio a staccarmi di dosso tutti i fili che trovo. 
"No, Mickey, devi restare a letto." Il tono allarmato di Ian. 
"Non ho intenzione di sborsare un centesimo, che cazzo!" 
"Non è una buona idea, signore, deve restare qui per qualche giorno,. Le hanno sparato e non si è mosso per tre giorni. I suoi muscoli sono atrofizzati." 
"Dove sono i miei cazzo di vestiti?" Ripeto, ormai deciso ad andarmene. Mi trascino sul bordo del letto e poggio i piedi per terra, faccio leva sulle gambe e dopo un secondo in cui mi reggo in piedi le sento cedere e vado giù. Fortunatamente i riflessi di Ian sono ottimi come sempre e mi afferra al volo impedendomi di schiantarmi sul pavimento. Mi aiuta a sedermi sul letto e chiede cortesemente ai due di troppo di lasciarci da soli. 
"Allora ben tornato, signor Milkovich." Dice il dottore prima che entrambi si allontanino. 
Sono ancora avvinghiato a Ian incapace di mollare la presa, ipnotizzato dal suo profumo che mi era mancato così tanto... 
"Cazzo, Mick, hai rischiato di farti saltare il drenaggio." Mi afferra per le spalle e mi spinge indietro affinché lo guardi negli occhi. 
"Se il tuo culo lascia un'altra volta questo dannato letto giuro che ti prendo a calci!" 
"Non parlarmi come se fossi un ragazzino!" Alzo le spalle energicamente liberandomi dalla sua presa. Lui addolcisce lo sguardo e continua. 
"E tu smettila di comportartici. È del tutto normale che-" 
"Che ne sai di cosa sia normale? Ti hanno mai sparato, uh?" Lo interrompo stizzito. 
"Risparmiami la ramanzina sulla convalescenza." 
"So che è il dolore a parlare e-" 
"No, sono io a parlare! Sono dei rompicoglioni!" 
"È il loro lavoro-" 
Continuo ad interromperlo lasciando che il dolore e la frustrazione prendono il sopravvento, perdo il controllo e finisco come al solito col dire cose che non penso. 
"Siete tutti una rottura di coglioni!" 
"Sto solo cercando di aiutarti." Si lagna con il tono di chi chiaramente mi sta dando dell'irriconoscente... tralasciando però il fatto che io non gli ho mai chiesto un cazzo! 
"Beh, non farlo. Non mi serve il tuo aiuto, Gallagher!" 
Lui rompe lo sguardo e abbassa la testa per nascondermi la sua espressione triste, dopo qualche secondo lo sento tirare su con il naso e io spero con tutto me stesso che non decida di puntarmi addosso quei suoi maledettissimi occhi da cucciolo pieni di lacrime... e sorprendentemente non lo fa. 
"Ok, senti, io devo andare." Arriccia le labbra in un accenno di sorriso e si alza in piedi. 
Niente lacrime, niente scenate, niente drammi... si, è triste, ma più che altro sembra rassegnato... o più semplicemente ormai è abituato ad essere trattato male. 
"Te ne vai?" 
Non era certo questo quello che volevo. 
"Devo andare a lavoro." È già sulla strada per raggiungere la porta. 
"Allora, ti rivedo?" 
Lo vedo esitare un istante, poi lentamente si gira a guardarmi. Rimaniamo immobili per quella che sembra un'eternità, con tutti i 'suoni da ospedale' a riempire il silenzio. 
Lo capirei se sbraitasse qualcosa sulla mia incoerenza, sul fatto che prima gli ho dato del rompicoglioni mentre ora gli chiedo di tornare. 
Io ho detto che non voglio il suo aiuto non che se ne vada via! 
Ma lui non protesta, anzi... sorride, questa volta più convinto, e facendo spallucce continua. 
"Provo a fare un salto nella pausa pranzo." Fa un passo verso di me poi si ferma. 
"Ascolta, se non hai l'assicurazione l'amministrazione non ti darà una stanza. Non vorranno tenerti qui a lungo, ti imbottiranno di farmaci endovena e fisseranno una visita di controllo. Presto ti spediranno a calci in culo a casa con venti pastiglie di ossicodone." 
"E io ne sarò felicissimo!" Dico euforico allargando le braccia. 
"Allora resisti ancora un po', ok?" 
Annuisco mostrandomi ancora un po' scocciato e lui sbuffa una risata. 
"Buona fortuna!" Canticchia sarcastico prima di sparire in corridoio.

Il mio culo non ha lasciato questo dannato letto per tutta la mattinata, sono stato per ore a rigirarmi i fottuti pollici e a guardare i miei comatosi compagni di stanza. 
Quando mi hanno restituito i miei effetti personali mi sono ricordato che c'era una cosa che avrei dovuto fare. Mi sono guardato in torno e ho chiamo la prima infermiera che mi è passata accanto. 
"Hey, biondina. Qual è la data di oggi?" 
"È il quattro Dicembre." 
Prendo il cellulare e digito la data di un giorno importante, uno che per me è speciale e che non potrò mai dimenticare. 
Nuova password: 
041216* 
Quando ho apprezzato la vita perché ho sconfitto la morte risvegliandomi dal coma. 
Quando ho apprezzato la vita perché mi ha concesso di rivedere ancora Ian Gallagher.

*Data della messa in onda americana dell'episodio 7x10.
   
 
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