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Autore: Arielta    26/06/2019    0 recensioni
Tutto quello che Sophie voleva fare era creare bombe e andare in guerra per il Governo Mondiale. Naturalmente, finisce legata a un tavolo operatorio con un pirata a iniettarle del veleno nel piede. A volte devi fare qualche deviazione prima di ritrovare la strada di casa. — LawOC, più o meno
di razbliuto su fanfiction.net e AO3
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: questa fanfiction non è mia: ho avuto il piacere di tradurla con il permesso dell'autrice razbliuto (lychee su tumblr). Se vi interessa leggerla in lingua originale si trova su Fanfiction.net e AO3 col medesimo nome, e su Tumblr ha anche un blog (quasi) interamente dedicato dove potrete trovare le sue illustrazioni, concept dei personaggi e tanto altro.

Questa è la prima volta che faccio una cosa del genere e BOY se sono fuori dalla mia comfort zone! Ma sono contenta di averlo fatto e sono felice di poter portare questa fanfiction anche su questo sito.
Critiche/suggerimenti super-ben accetti


 
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Methyl nitrate pineapples
Ipotesi #1

Si inizia col veleno


 

Le bombe fischiarono sotto la fitta pioggia schiantandosi contro un rifugio della Marina fortificato in acciaio, appiccando il fuoco alla gigantesca Croce Rossa.
I cittadini di Vira, che erano stati evacuati, fuggirono via mentre l'insegna si schiantava a terra. Cozzare d'acciaio e spari risuonavano in lontananza, e fulmini rimbombavano nel cielo. Illuminavano le ombre che combattevano tra le scogliere rocciose, spingendosi più vicino ad ogni lampo di bianco accecante.
"Sbrigatevi! Le navi vi stanno aspettando per portarvi in salvo!" gridò un capitano della Marina, puntando la sua pistola verso il porto. Un gruppo di soldati cercava freneticamente di spegnere il fuoco.
"Signore, perdiamo terreno sul fronte!", urlò una recluta malridotta nel frastuono.
"Dannati Rivoluzionari", imprecò il capitano sottovoce. "Portate a bordo i feriti! Prima che un' altra serie di.... oh mer-".
______

Le pareti del rifugio tremavano e vacillavano sotto l'attacco dei mortai. La polvere si sollevava dagli angoli. Gemiti morenti e urla riecheggiavano in ogni corridoio, e tutte le mani disponibili dovevano supplire alla carenza di medici. Per una particolare chimica-ora-medico da combattimento, questo significava essere tirata fuori dal suo nascondiglio sotto una scrivania e buttata in sala operatoria.
"Bende! Sophie, mi servono altre bende!".
"Dove sono le flebo? Sophie, controlla il ripostiglio!".
"Oi, Strangways, in bagno è finita di nuovo la carta igienica!"
"Cosa ananas avete che non va!? Per l'ultima volta, mi trovo in una Situazione Molto Stressante" urlò una bionda infuriata, e strattonò accidentalmente il filo e l'ago che teneva stretti nei pugni. L'uomo sul tavolo operatorio si contorse violentemente.
"Ahhh, fa male! Ahh... ha ha ha...".
Il povero marine ridacchiò follemente e poi sprofondò in un torpore stordito. Sophie si asciugò la fronte, sollevata (mai più avrebbe sottovalutato i poteri del gas esilarante!), prima di ricordare — ma ciao anche a te, sangue. Concentrandosi a inalare unicamente dalla bocca, cominciò lentamente e meticolosamente a suturare la ferita.
Era un sparo netto attraverso l'osso; il proiettile non era rimasto all'interno del corpo, il che era un bene. Il problema era come gestire tutta quella perdita di sangue. Guardò l'ago con occhi socchiusi, e poi lo riposizionò in modo che fosse perpendicolare al suo indice. Avvicinò con cura l'ago alla pelle, lo infilò rapidamente e poi tirò fuori il suo righello. Cinque centimetri di distanza l'uno dall'altro, equidistanti, lunghi due pollici. Espirò. Tre punti fatti, otto ancora da fare.
"Strangways! Dove diavolo è quella carta igienica?" domandò una voce dietro di lei.
"Mango!" Sophie imprecò e si succhiò il pollice sanguinante. Si voltò, sibilando fiamme, "sono nel bel mezzo di un'operazione, quindi vai a chiederlo a qualcun'altro di pulirti il - AAH LA MIA INNOCENZA METTITI DEI PANTALONI".
"Flebo! Sophie, dov'è quella flebo?"
"Il mio amico ha perso un naso, qualcuno l'ha visto?"
Sbatté i pugni sul tavolo operatorio, digrignando i denti.
"Che dolore", singhiozzò il marine.
"Sta' zitto!" strillò Sophie al suo paziente . Fortunatamente per lei, era troppo drogato per rendersene conto. Sophie indicò la folla. "Flebo e bende sono nel ripostiglio, e tu puoi usare le foglie di banana per pulirti per quel che m'importa! Sparisci prima che io debba cremare un altro paziente morto! Fuori, fuori, fuori!".
Respirò affannosamente dal naso mentre la porta si chiudeva, intenzionata a calmarsi per evitare di esplodere in tic nervosi.
Sophie si strappò di dosso i guanti chirurgici perfettamente puliti e ne indossò un paio nuovo. Il gas esilarante si sarebbe esaurito da un momento all'altro. Afferrò una siringa che conteneva una dose da centoventi milligrammi di anestesia e la iniettò nel suo paziente. Centoventi..... Sophie rifletté, e poi iniettò un'altra dose. Duecentoquaranta. Beh, un'altra non poteva far male... Trecentosessanta. Un bel numero. Un cerchio completo.
La porta si aprì. "Sophie!"
"Gahh!"
Il marine, completamente anestetizzato dal collo in giù, iniziò a russare.
Charaka Hippo, l'uomo a capo della squadra medica,  stava in piedi sulla porta, ansimante. I suoi occhiali erano ricoperti di polvere. "Stiamo evacuando" urlò, sfilandosi i guanti insanguinati e gettandoli sul pavimento. "C'è una nave che aspetta al porto, molla tutto e—fermati!".
Sophie scattò in piedi con aria colpevole, stringendo i guanti. "M-ma i-il pavimento si sporca!"
Come se non lo fosse già stato—strisce di sangue macchiavano le piastrelle, diventate grigie in quegli ultimi giorni di continui bombardamenti. La puzza di morte e di zolfo riempiva ogni anfratto della sala operatoria. Sophie stessa sembrava completamente folle, con i riccioli macchiati di fuliggine che si drizzavano da ogni parte e l'espressione maniacale.
Hippo alzò lo sguardo sul soffitto tremante. "Non importa, andiamo!"
"M-ma n-non ho finito!".
L'uomo si schiaffò una mano in faccia, la raggiunse e afferrò l'ago. Gli occhi di Sophie si spalancarono. "Ehm— aspetta, sensei, stavo..."
In tre rapidi movimenti, il marine dal viso molto pallido aveva una linea serpeggiante di filo nero che gli scorreva lungo il petto. Sophie spalancò la bocca, i suoi occhi vagamente lucidi.
"Seguimi!" Hippo gridò sopra il suono delle pareti che si piegavano e le urla degli altri dottori. Si gettò il marine su una spalla e spinse la bionda attonita verso la porta.
"Ma ora è—ora è—irregolare!" si lamentò Sophie .
Lui la ignorò, e lei si ricordò all'ultimo momento di afferrare il suo accendino e metterselo in tasca prima di incespicare fuori. I suoi singhiozzi furono soffocati dalla pioggia torrenziale quando arrivarono all'esterno, tra le rovine di quello che un tempo era stato un campo base della marina.
Il porto era quasi deserto; tutte le altre navi di salvataggio erano salpate ormai da tempo, ad eccezione di una. Sophie si guardò alle spalle, con i brividi che le correvano su per la schiena. Non riusciva a scorgere chiaramente la battaglia attraverso la tempesta, ma tre mesi di guerra avevano generato in Sophie una sorta di istinto: i ribelli combattevano contro i lealisti e i Marine sulla riva. E più quest'ultimi si ritiravano, più era probabile che la battaglia colpisse il rifugio.
"Il capitano non respira!" gridò qualcuno.
Sophie si girò, alla ricerca della voce, e inciampò improvvisamente su una marine sanguinante. Fece per abbassarsi ad aiutarla—ma poi Hippo le strattonò il polso.
"Quella donna è morta" esclamò brusco. "Non smettere di camminare!"
Un altro bozzolo colpì la cima della base in rovina e mandò in aria schegge che volarono nel vento. Sophie riusciva a malapena a sentire Hippo gridare ordini ad altri civili. Le urla erano ricominciate e i fulmini tuonavano assordanti nel cielo nero.
Rimase indietro rispetto ad Hippo, che stava comunicando gli ordini ad un marine, e aiutò altri marines feriti che venivano allontanati dal rifugio. Alcuni erano ben oltre il fiore degli anni e alcuni sembravano persino più giovani di lei, caricati su barelle e sanguinando dalle teste, dalle braccia e dalle bocche.
Un tuono esplose e Sophie si immobilizzò all' istante, a pochi centimetri dal molo.
Fece tredici passi. Numero primo. Brutto numero. Le sue interiora si agitarono al solo pensiero. Si spostò in avanti di altri due passi, restando perfettamente in equilibrio sulla gamba destra, e poi abbassò quella sinistra. Sedici passi. Quadrato di quattro. Un bel numero. Sospirò sollevata.
"A terra!" qualcuno urlò, e Sophie sentì un'ondata di calore dietro di sè prima che il rifugio esplodesse in un ruggito di fuoco.
Qualcosa le colpì il lato della testa e lei fu scaraventata contro le assi di legno. "Ananas, ananas, ananas," borbottò sottovoce, alzandosi incespicando e massaggiandosi un gigantesco e doloroso bernoccolo sulla testa.
Due bombe mal mirate caddero innocue nell'oceano ed esplosero. Le onde impetuose fecero oscillare l'ultima nave profughi.
"Sophie!" urlò Hippo sopra la bufera, "Sbrigati!".
La nave stava salpando.
Sophie corse verso il ciglio del molo. Vide Hippo sgomitare per arrivare a dritta della nave, lo sentì gridare, "Fermate questa maledetta nave! Mia figlia non è ancora salita a bordo!"
Allungò una mano, puntando verso la scaletta, e in uno scatto di impulsività i suoi piedi si staccarono dal molo (dodici passi esatti, ah!). Poi una granata colpì la banchina, spedendola in aria mentre in sottofondo tutto esplodeva e la musica cresceva, i capelli che le svolazzavano sul viso e gli occhi che lacrimavano per lo sforzo mentre le sue dita sfioravano la scaletta e—
Sophie sbatté la faccia sulla fiancata della nave e cadde nell'oceano a pancia in giù.
Un ruggito le riempì le orecchie e il mondo si fece buio e soffocante. Sophie si tappò il naso con una mano e nuotò verso l'alto, emergendo in superficie boccheggiando dolorosamente. Non riusciva ad aprire l'occhio sinistro. Oh santissimi ananas, se le fosse venuto un occhio nero per questo...
Sentì il wiiiii dei mortai nel cielo e si tuffò nuovamente sott'acqua, raggomitolandosi in una palla. Le bombe ovattate esplosero e lei fu sballottata impotente dalla corrente ghiacciata. Il panico, il vero, gelido panico, si impossessò di lei e attanagliò il suo cuore frenetico. Annaspò in cerca d'aria quando un'altra bomba colpì, spedendola roteando oltre a macerie naufraganti e pesci galleggianti. Sophie strinse i denti. Se solo fosse riuscita a raggiungere la nave—
Risalì in superficie, sputacchiando all'impazzata. Sophie annaspò alla cieca alla ricerca di qualsiasi cosa che galleggiasse; le sue dita sfiorarono qualcosa di molliccio e bagnato. Strofinandosi l'acqua dagli occhi, li aprì e fece una smorfia.
Molliccio, bagnato, e molto, molto morto sarebbe stato più appropriato.
Afferrò la seconda cosa più vicina—i resti dell'insegna della Croce Rossa carbonizzata - e si prese un momento per tossire acqua marina e riprendere fiato. La nave di salvataggio non era altro che una piccola macchia grigia all'orizzonte.
"T-tornate qui, figli di un c-crostaceo", ululò, agitando il pugno.
Dopo qualche altro secondo di collera, Sophie si accasciò, gemente. Avrebbe già incominciato a nuotare, se non avesse avuto dei maledetti Re dei mari di cui preoccuparsi.
"Dovrei tornare su V-Vira e c-chiedere aiuto", balbettò, stringendosi le braccia. "Forse gli a-altri marines potrebbero darmi un passaggio in nave fino alla base...".
Ridacchiò brevemente. Un'idea fantastica. E poi sarebbe andata sulla spiaggia, avrebbe consegnato a qualcuno una bella pistola luccicante, e li avrebbe invitati a esercitarsi al tiro a segno con la sua testa: un'alternativa più piacevole che al trovarsi nel bel mezzo di una sanguinosa guerra civile.
Si schiaffeggiò sulla fronte, e poi si colpì di nuovo, perché odiava fare le cose una volta sola. "Certo! S-Sophie, sei così stupida, perché non ci hai p-pensato prima..."
Pochi minuti dopo, si accovacciò su un mucchio di assi di legno traballanti—la sua zattera di fortuna, tenuta insieme da corde bagnate e alghe. I suoi piedi nudi strinsero il legno frastagliato. Con un sbuffo risoluto, si rimboccò le maniche e cominciò a remare con un pezzo di legno rotto. Era una questione di vita o di morte e a Sophie non andava molto di morire.
"Resisterà", disse decisa. "Resisterà di sicuro finché non arriverò all'isola successiva".
Sbirciando tra la pioggia, non notò l'enorme galeone dietro di sé finché un'ombra nera non calò sull'acqua e i brividi le ricoprirono le braccia.
Il suo occhio buono schizzò fuori dall'orbita mentre fissava la scura polena a forma di drago, illuminata da un lampo di fulmine.
Ridacchiò isterica. "Oh, mango—"
La catasta di legno le si spezzò tra le mani, e un'enorme onda si abbatté su Sophie, trascinandola nelle profondità.
______
 
Una flebo sfocata entrò nel campo visivo.
Riaffiorando lentamente nel mondo cosciente, Sophie sbatté le palpebre accecata dalle luci abbaglianti che— aspetta, lampade? Un monitor cardiaco? Flebo? L'odore di metallo sterilizzato? Evviva, era stata salvata! I Marine erano davvero tornati per lei! Stava per sprofondare di nuovo in un dolce, indolore inconscio quando sbirciò di lato e—
La flebo era rivolta nel verso sbagliato.
Sophie la fissò, completamente inorridita. Era del tutto disallineata rispetto agli altri macchinari e per di più no no no l'equilibrio non andava bene, non andava  bene per niente. Assottiglò gli occhi per fargli capire che non se la sarebbe cavata così.
Cominciò a mettersi seduta, ma gli arti si rifiutarono di obbedire. Sophie poteva sentire il cuoio sfregare contro la sua pelle. Qualcuno l'aveva legata con delle cinghie. Ma la flebo-ma la flebo!
"Bene, sei sveglia", una voce distintamente maschile parlò da qualche parte nei pressi del monitor. "Quanti anni hai?"
Quandò aprì la bocca la sentì impastata. Sophie provò a parlare, e ne uscì qualcosa come: "Ubleugghsafjdkn?"
"La tua età, signorina."
Deglutì, sputò fuori una palla di pelo, e poi gracchiò, "Di.... diciannove. Dove sono?".
Avrebbe voluto chiedere a quale divisione dei Marine appartenesse, ma quattro parole causavano già abbastanza dolore.
Ci fu il suono di una sedia girevole che si avvicinava e una figura scura e asciutta si stagliò contro le luci. Sophie ne analizzò l'aspetto: camice da dottore. Cappello morbidoso. Orecchini dorati. Le gambe erano accavallate e una cartellina gli poggiava in grembo, un braccio sullo schienale della sedia. La sua postura gridava noia. Sophie alzò lo sguardo sul suo volto. Pizzetto nero, occhi neri, sorriso disinvolto. No, non noia.
"Su una nave", disse semplicemente, scarabocchiando qualcosa sulla cartellina. "Non hai riportato ferite gravi; solo un leggero gonfiore all'occhio sinistro e qualche livido qua e là. Condizioni ottimali", mormorò e si protese verso di lei. Un bicchiere di carta premette contro le sue labbra. "Acqua. Bevi".
L'acqua lenì immediatamente la sua gola irritata. Mentre svuotava il bicchiere, il suo sguardo si posò sulla cartella e Sophie lesse la sua scrittura a testa in giù. Bionda, occhi azzurri, diciannove anni, statura media, sottoalimentata per circa un mese, poss. a causa della mancanza di razioni sostanziali a Vira-
Inalò involontariamente l'acqua dal naso. Il fumo del campo di battaglia le penetrò nei polmoni e le ombre scure sanguinavano, gridando, implorando aiuto-
"Come facevi a saperlo?" chiese. "Che ero a-a-"
"Trovo un marine sanguinante e privo di sensi a poche miglia da un'isola sulla quale è in corso un colpo di stato. Non è stato molto difficile". Accartocciò il bicchiere di carta nel pugno e se lo gettò alle spalle.
Le si serrò lo stomaco . "Beh, sai com'è il QG", disse lei alzando le spalle. "Sempre cosi' pignolo nello stanziarti nel bel mezzo di violente guerre civili." 
Era irrilevante il fatto che fosse stata lei a chiedere di essere collocata laggiù... 
Lui ridacchiò come se avesse trovato la pessima battuta di Sophie estremamente divertente. C'era qualcosa di insolito nel modo in cui la studiava, nel modo in cui continuava a sorridere. "Sei un medico militare, è corretto?"
"Corretto. Come fai a saperlo?". 
Tirò su la la sua maglietta. "Targhetta identificativa".
Oh.
"Ad essere precisi, in realtà sono una chimica." Si sistemò meglio. "Per quanto riguarda il motivo per cui mi trovavo con la squadra medica di Vira... è una storia noiosa".
Il dottore si alzò per rovistare nel contenuto di un cassetto, dandole la schiena. "Devi amare lavorare per i Marines se ti diverti a sanguinare per loro", disse lui ancora di spalle.
Sophie non era sicura di essersi immaginata il suo tono sarcastico. "Non lavoro per i Marines", ribattè aspra. "Lavoro con il Governo Mondiale". Si rese conto che stava sospettando dell'uomo che le aveva salvato la vita. Hippo sarebbe rimasto molto deluso. Sophie cercò precipitosamente di rimediare al suo comportamento aggiungendo: "E, ehm, sai, se mai ti trovassi in mancanza di un lavoro, potrei procurarti un posto in una vera struttura medica. Come ringraziamento per avermi salvato".
"Una vera struttura medica..." Ok, questa volta Sophie il disprezzo non se l'era certo immaginata . "Temo di dover rifiutare la sua generosa offerta, Signorina." Il medico si voltò, infilando un paio di guanti di lattice e brandendo una siringa colma di un liquido marrone. "Mi trovo perfettamente a mio agio con la mia linea di lavoro. Offre così tante..." il suo sorriso si allargò, diventando affilato e crudele, "possibilità".
La situazione si era fatta decisamente più inquietante. Sophie rise nervosa, il naso tremolante. "Giusto. Sì, comunque, ti sono grata per avermi salvato la vita e tutto il resto, ma ora mi sento molto meglio. Quindi ho bisogno di riavere i miei vestiti..... e se tu potessi liberarmi da queste, um, restrizioni, lo apprezzerei molto?"
Lui si accarezzò il pizzetto, pensieroso. "Per quanto riguarda il secondo punto, non me ne prendo nemmeno il disturbo, e per il primo, sarai comunque morta, quindi non avrebbe alcun senso". Collaudò la siringa e un po' del liquido schizzò fuori. "Ah, il putrido fetore del parathion."
Si concesse una breve pausa, nella quale Sophie sentì il suono di un'incudine da dieci tonnellate abbattersi sul proprio stomaco. Parathion. C10H14NO5PS. Agisce sull'enzima acetilcolinesterasi... per interferire sul sistema nervoso... aspetta, no... non poteva essere vero...
"Ma", disse flebilmente, "ma quella roba e' tossica."
"Tre stelle per te, Chimica-ya. La più piccola goccia può uccidere un uomo in quindici minuti. Sarà piuttosto divertente documentare gli effetti di un'overdose... sei in condizioni ottimali per il test, dopo tutto".
Sophie strizzò gli occhi. "Sono stata un'idiota a pensare che questa fosse una nave della Marina".
"Hai ragione", concordò. "È una nave pirata, Signorina, capitanata da Trafalgar Law". Chinò la testa beffardo. "Al tuo servizio."
L'ago scintillò sotto la luce.
"....T-ti piacciono i soldi?". Sophie esclamò disperata. "Ho un sacco di soldi! E oro! Sono uno dei più importanti scienziati del G-13, la base della marina specializzata in armi chimiche. Perché uccidermi quando puoi chiedere un riscatto? I miei superiori ti daranno così tanti berry che potrai viverci per il resto della tua...".
Lui le afferrò i riccioli biondi e le strattonò la testa all'indietro.
"Da dove potrei cominciare? Dovrei seguire la procedura standard e usare l'interno del gomito?". Il pirata le voltò la testa di lato. "O forse il collo? Gli occhi? Forse dovrei iniettarlo direttamente nel cervello. Così tante opzioni, quale scegliere, quale scegliere...". Un pollice si intrufolò nella bocca di Sophie e la spalancò. "Le gengive sarebbero particolarmente dolorose", le strizzò le guance così che le sue labbra si arricciarono come pesci molto grinzosi, "e chiuderebbe quella tua bocca nauseantemente fastidiosa... o forse dovrei semplicemente obbligarti a ingerirla per intero".
Rise, un suono insolitamente piacevole, che non si addiceva affatto al suo cupo sorriso. La punta dell'ago stava sospesa appena sopra la sua gola.
" Mi è venuta una bella idea", mormorò. "Una mela avvelenata. Sì, mi piace come suona. Costringerti a mangiare la tua stessa morte".
I denti di Sophie si serrarono sul labbro inferiore per trattenere il balbettio. Non funzionò. "P-p-perché m-mi hai curato se stavi solo aspettando di uc-c-c-cidermi? Avresti p-p-p-potuto lasciarmi a m-morire!".
Una mano molto, molto fredda le sfiorò il lato del viso. "Anche se potrebbe suonare contrario alla situazione attuale, non sono completamente senza cuore". L'ago le sfiorò la mascella. Aveva gli occhi grigi, Sophie realizzò trasalendo stranamente , non neri. "Un assassino, sì. Un pirata, ovviamente. Ma prima di tutto, sono un dottore. Mi piace all'occasione esercitare quei diritti... Del resto," aggiunse, "non c'è nessun divertimento nel lasciare semplicemente qualcuno m-"
Qualcosa si schiantò contro la sala operatoria e il dolore esplose nella testa di Sophie. Si fece tutto improvvisamente molto buio. Cominciò a sudare freddo. Oh no, era forse la fine? Riusciva a intravedere una debole luce. Addio, Hippo, è stato bello—oh. Oh, un momento.
Sophie aprì gli occhi.
La flebo giaceva appoggiata sul suo stomaco - doveva essere stata quella che l'aveva colpita—e bottigliette dei medicinali e utensili dall'aspetto pericoloso oscillavano negli armadietti; l'intera stanza tremava. Un vassoio di bisturi roteò pericolosamente vicino a Sophie. Qualcosa di pesante si abbatté sulla nave ed echeggiò nella sala operatoria.
Una voce squillò dal tubo di ottone che fuoriusciva dal muro. "Capitano! C'è un'emergenza".
"Cosa vi avevo detto sull'interrompermi mentre sto operando?" rispose gridando il pirata.
Questa era la sua occasione! Sophie cominciò a dimenare dolorosamente le mani per liberarsi.
Un fragoroso rimbombo attraversò le pareti d'acciaio. "Scusa! Ma—Shachi, abbassati!—ma ci sono due navi da guerra della marina che si dirigono verso di noi! Vogliono intercettarci prima di arrivare a Crawfish Island!"
Sì cacchio! Sophie fece mentalmente un movimento pelvico di vittoria. Un polso libero! Ne era rimasto solo più uno...
"Ne hanno mandate solo due? Beh, volevo ottenere una taglia più alta...". Afferrò una lunga spada appoggiata alla scrivania e gridò: "Riemergete e restate in attesa di miei ordini. Di' agli uomini che sarà meglio siano pronti a scatenarsi".
Ci fu un fragoroso boato all'altra estremità. "Aye aye, Capitano!"
Guardò Sophie, che si immobilizzò all'istante. Fai la disinvolta, fai la disinvolta, disinvoltissima...
"Pensavi di essere riuscita a scamparla in qualche modo?"
Era esattamente quello che stava pensando. "In realtà, stavo solo recitando le mie ultime preghiere", disse lei piatta.
E prima che avesse tempo di protestare, lui le infilò la siringa nel tallone del piede. Un grido strozzato e confuso fuoriuscì dalla gola di Sophie mentre una scarica elettrica le attraversava la gamba, così violenta da sembrarle la morte.
"Bene. Almeno potrò tagliarti il piede avvelenato e fare qualche test, dopo che sarai morta". Esaminò con calma i suoi disperati boccheggi in cerca d'aria, nel modo in cui qualcuno potrebbe ispezionare al microscopio un insetto morente. "E' stato bello conoscerti, Signorina...?"
"Vai a farti d-divorare da un Re dei M-mari", ansimò lei, fissando vagamente le tre teste sfocate di Trafalgar Law.
Lui rise appena e richiuse la porta dietro di sè con un calcio, la serratura che scattava al suo posto.
Finalmente da sola, Sophie urlò. Buttò tutto il suo peso contro le cinghie, spingendo, sforzando, sopraffatta dalla disperazione. La testa le pulsava come se qualcuno la stesse colpendo ripetutamente in faccia, ma la sua mente stava andando in tilt. Il parathion si metabolizza in paraoxon, le ossidasi sostituiscono lo zolfo con l'ossigeno, primi sintomi da esposizione: nausea, disturbi alla vista, spasmi muscolari; sintomi finali: arresto respiratorio, morte.
Gaah, aveva seguito delle lezioni su questo argomento! Non bisognava dislocare i pollici? O forse quelle erano le manette... oh, di tutte le classi in cui poter dormire... Strizzò gli occhi e finalmente riuscì a liberare l'altro polso dai lacci... così ora aveva due mani che le ballonzolavano inermi lungo le gambe.
"A-a-nanas!"
Il suo sguardo sfrecciò sul vassoio con i bisturi. Era vicino... davvero vicino.
Allungò le dita, sforzandosi frettolosamente di raggiungere l'estremità di un bisturi a pochi millimetri dalla sua portata. "Andiamo... ti prego, ti prego, ti prego...".
Con un sibilo di trionfo, afferrò la lama—una striscia di rosso le apparve sul palmo- e se la rigirò tra le dita tremanti, così da impugnare il manico. Sophie premette il metallo affilato sul cuoio e iniziò a tagliare. Se fosse riuscita anche solo a tagliare le cinghie sugli avambracci, avrebbe potuto liberare il resto senza difficoltà. I suoi denti sfregavano sul labbro inferiore.
Un minuto... ananas, il cuoio non era facile da tagliare...
Due minuti... deboli esplosioni rimbombavano per tutta la nave... il pirata sarebbe potuto tornare presto...
Tre...
Finalmente, Sophie crollò oltre il bordo del tavolo e attaccò il pavimento con la faccia. Strisciando verso gli armadietti dei medicinali—che erano chiusi a chiave, fantastico—si sollevò sulle ginocchia, e frantumò il vetro con i pugni.
Gli occhi le uscirono fuori dalle orbite.
"Santi m-m-manghi, potresti mettere al tappeto una balena con tutti questi farmaci!".
Giusto. Attualmente stava morendo di avvelenamento da parathion. Non era quello il momento. Pensa, Sophie, pensa, il parathion era un'arma chimica, ci aveva già lavorato in precedenza e persino suggerito degli autoiniettori con la cura così che i marine potessero portarli con sè...e la cura era... era...
....Atropina! Ma certo! Anche un idiota avrebbe dovuto averne un po' sulla sua nave!
Affondò le mani nell'armadietto e afferrò una manciata di flaconi bianchi. La sua vista vacillò—oh mele caramellate. Sophie si piegò in due e svuotò rumorosamente il suo stomaco del contenuto che aveva ingerito quella mattina, che consisteva principalmente in acqua di mare e pezzetti grigiastri di patate andate a male. Sophie si mise a quattro zampe, ansimando e armeggiando tra le bottiglie.
Atropina.
Il suo naso era a meno di un centimetro dall' elegante etichetta. Atropina, cento milligrammi per pillola. Tirando fuori la bottiglia con mani tremanti, svitò il tappo e si infilò due pillole in bocca.
Sophie si accasciò contro il muro, stringendosi le mani tremolanti, gli occhi serrati.
Rimase seduta lì per un po', ripetendo mentalmente tutti gli elementi della tavola periodica, e una volta finito, i loro simboli atomici, e una volta finito quello, il loro peso atomico. Lentamente, a poco a poco, trovò la forza di reggersi in piedi. Ma non era ancora fuori pericolo; aveva il piede intorpidito, le probabilità di paralisi erano alte se non fosse riuscita a drenare il veleno. E un eccesso di atropina sarebbe stato tossico; non poteva dipendere da quella...
Sophie udì delle urla lontane, i rumori della battaglia, stranamente simili a quelli i Vira. Bene, pensò vendicativa. Sperò che a quella prugna marcia fosse saltata in aria la gamba.
Digrignando i denti, Sophie saltò sulla scrivania, dove ( cominciò a ridere, perché a questo punto cominciava a diventare isterica) tutti i suoi vestiti sporchi erano stati piegati con cura- compresi quelli innominabili. Questo non voleva dire...? Non è il momento, si rimproverò mentre si infilava l' uniforme da Marine e si fasciava saldamente il piede con delle bende per meglio riuscire a camminare. Per precauzione, si infilò anche il bisturi nella tasca.Ora cosa fare per quella porta chiusa a chiave...

Una scrivania scagliata, due sedie volanti e molteplici attacchi con la sega da chirurgo dopo, Sophie si rese conto tardivamente che, no, a differenza dei libri che aveva letto, questo non sarebbe bastato a sfondare una porta d'acciaio.
Hai fallito nella vita, disse una voce estremamente sgradevole nella sua testa.
"È una cosa abbastanza nuova per me", sibilò Sophie sottovoce, con un tic agli occhi ridotti a fessure. Grandioso. Ora, cosa avrebbe potuto fare?
Cominciò a aprire gli armadietti e a rovesciare i cassetti. Doveva esserci qualcosa che potesse usare in una di quelle bottiglie di medicinali.
Pensa, pensa, pensa pensapensapensa che tipo di medicina si porterebbe dietro un dottore che potrebbe sfondare una porta d'acciaio..... metalli alcalini? No, decisamente impossibile—nitrocellulosa? Perossido di acetone? Sodio puro? Avrà avuto qualcosa del genere? Pensa, Sophie, pensa—hai passato tutta la tua vita a far saltare in aria le cose per divertimento! Nitroglicerina, etanolo... aspetta un minuto... etanolo...
Cinque minuti dopo, posizionò un rotolo di nastro adesivo, un barattolo ( aveva dovuto gettare via un occhio), e due bottiglie di alcool isopropilico sul tavolo operatorio. Quest'ultimo era usato come antisettico, ma conteneva anche oltre  il settanta per cento di etanolo puro e concentrato. Quando terminò di travasare il tutto, il barattolo oscillava allegramente riempito con farmaci/fluidi infiammabili e stava attaccato alla porta d'acciaio con del nastro adesivo. Ora le serviva del fuoco.
...Oh, come se le cose potessero mai essere così facili.
Non aveva modo di creare una fiamma, e inoltre, con tutti questi farmaci nella stanza, avrebbe scommesso un dente che il medico psicopatico avrebbe reso a prova di fuoco qualsiasi cosa.
Sophie si sedette di colpo sul tavolo operatorio. Era così, così vicina... ma quello era quanto. Stava davvero per morire su una nave pirata. Anche se, ad essere onesti, la rivelazione del luogo della sua morte non era così deprimente come il suo pensiero successivo: sarebbe morta senza un' ultima sigaretta.
Se le cose fossero andate come Sophie si immaginava nella sua mente, sarebbe fuggita oltre quella porta già da tempo, avrebbe contattato Hippo, si sarebbe imbarcata su una di quelle navi da guerra della Marina facendo boccacce infantili a Trafa-come-si-chiama e alla sua malvagia, butterata ciurma mentre questi venivano sbattuti in gattabuia, avrebbe infilato una mano in tasca così, e un bellissimo pacchetto di sigarette le sarebbe apparso in una mano, il suo accendino preferito nell'altra, e si sarebbe concessa una sigaretta celebrativa...
Sophie sbatté le palpebre fissandosi la mano, che stringeva il suo accendino preferito.
"E poi, appariranno cento milioni di berry!" disse ad alta voce. Non accadde niente. "Ok, quindi non ho poteri magici...".
Saltò giù dal tavolo. Giusto, tornando a Vira...
(Lui la ignorò, e lei si ricordò all'ultimo momento di prendere il suo accendino e metterselo in tasca prima di incespicare fuori.)
Quel piccolo momento di cedimento alla sua dipendenza l'aveva salvata!
"Ti amo", mormorò riverentemente Sophie, e baciò l'accendino.
Rinvigorita, strappò con veemenza un lungo pezzo di stoffa dal suo ex-camice da ospedale (ridusse parecchio lo stress) e lo attorcigliò, poi lo immerse nell' alcool e richiuse il barattolo. Il calore e la pressione combinati avrebbero eventualmente incendiato l'alcool e l'avrebbero fatto esplodere.
Diede un colpetto alla rotella dell'accendino. Una minuscola fiamma ne fuoriuscì allegra, accogliendo Sophie con il dolce odore del fumo. Ci passò sopra l'anulare, godendosi lo sfrigolio mentre ancora un'altra scottatura si aggiungeva al vasto repertorio di cicatrici sulle sue mani.
Qualche ultima parola? Domandò la voce nasale e sgradevole nella sua testa.
" Taci," replicò Sophie serenamente, "e godiamoci la musica".
Accese lo stoppino di fortuna e si gettò a terra.
Pochi secondi dopo, un bang e un'esplosione d'aria attraversarono la stanza. Bottiglie, bisturi e vetri si schiantarono sul pavimento, ma non fu così forte come si era immaginata... o a come era abituata. Sophie si scoprì la testa. Attraverso il fumo, esaminò quella che una volta era stata una sala operatoria perfettamente sterilizzata.
...Trafalgar Law non sarebbe stato un dottore felice.
La porta d'acciaio oscillò leggermente, a malapena divelta da un cardine. Ma sarebbe stato sufficiente per far passare Sophie.
"Nicotina, oh nicotina, come mi sei mancata", sospirò.

Sbirciò i singolari tubi di metallo che correvano lungo le pareti—cavolo, questa si che era una nave strana. Scrollando le spalle, Sophie si infilò l'accendino in tasca assieme al bisturi e scivolò via. Pochi secondi dopo, si intrufolò di nuovo nella stanza, girò l'asta della flebo in modo che fosse parallela agli altri macchinari, e fuggì di nuovo.
______
 
Non riusciva a muoversi.
Sophie non era ostacolata dal malvagio medico, o da uno dei suoi malvagi, tirapiedi saccheggiatori, no. Non era bloccata da un Re del Mare, o da una schiera di spuntoni che minacciavano di farle la pelle a pezzetti.
C'era... una macchia di fango.
Una macchia di fango sul pavimento, con un secchio d'acqua capovolto e uno spazzolone umido accanto, chiaramente abbandonato nel momento in cui era scattato l'allarme. Ma non era quello il punto. Il punto era: era un enorme, orribile mucchio di fango.
Chiunque stesse pulendo questo lurido rottame di metallo dovrebbe essere costretto a camminare sulla plancia! O, insomma, almeno licenziato! Che vergogna! Che ignominia assoluta! Anche Sophie provò pietà e imbarazzo per quel povero­—
No.
Sophie si costrinse a guardare in avanti. Nel breve tempo passato a cercare di fuggire, aveva realizzato di trovarsi su di un sottomarino, il che aveva vanificato qualsiasi suo piano decente e mezzo programmato. Come ananas sarebbe dovuta fuggire da un—
La macchia di fango la stava prendendo in giro. Prendendo. In giro.
Così vicina, Sophie. Sei così vicina all'uscita. Non fermarti per una stupida macchia su una stupida nave pirata! Se ti fermi ti prendo a schiaffi fino alla Linea Rossa!
Trascinò le dita dei piedi in avanti, millimetro dopo millimetro.
Numeri quadrati! Detersivo! Candeggina! Sapone! Unghie appena tagliate! Quattro! Nove! Sedici! Venticinque! Trentasei! Quattro.....oh, per l'amore di Sengoku, quel pirata aveva dimenticato una sola macchia, quanto sarà stato difficile pulire quell'unica macchia prima di correre via a uccidere qualche marine—
"—voglio dire onestamente, non è poi così d-d-difficile" esclamò esasperata, afferrò lo spazzolone, e cominciò ad aggredire vigorosamente la macchia.
E una volta finito, Sophie notò improvvisamente quanto fosse sporco il pavimento intorno alla piccola zona pulita. Beh non andava proprio bene... Si tirò su le maniche della camicia e impugnò il mocio come una spada. Quando finalmente ebbe finito, l'intero corridoio splendeva—brillava persino. Sophie si asciugò la fronte con un sospiro soddisfatto... la pulizia era un vero e proprio simbolo di felicità.
Un' enorme ombra le cadde sulle spalle. Piena di trepidazione, alzò lo sguardo.
"Aye?" Il grosso e soffice orso polare sbatté le palpebre. "Un marine?"
Lei si schiaffò una mano sul naso. Datti una calmata, Sophie! Ma non ci riuscì. È solo che era- così- così- gaah, maledetto sangue dal naso!
"Ecco." Sophie gli passò lo spazzolone e fece un inchino. "Ho pulito al posto tuo".
"Ah, grazie-"
Ma Sophie stava già zoppicando il più velocemente possibile fuori dal corridoio, con il sangue che le scorreva sulle dita. Il sottomarino era salito in superficie! Finché non si fossero immersi, sarebbe potuta fuggire da uno di quei portelli in alto, giusto? Si arrampicò su una scaletta di metallo, pregando che l'universo sospendesse temporaneamente l'onnipresente Legge di Murphy—
"Stasera sbarchiamo a Crawfish Island, bastardi!"
Perché, Universo, perché, Sophie piagnucolò.
Passi frettolosi si dirigevano verso di lei. "Oi, oi, attento alla scala" esclamò una voce. "Se sporchi ancora di piu' il sottomarino di sangue, al Capitano potrebbe venire un colpo".
Per tutte le vongole, c'era una specie di relazione tra scale e Fatti Super Mega Spiacevoli? Maledicendosi per non aver notato che la battaglia era già terminata, Sophie scivolò rapidamente di nuovo giù a terra e aprì la porta numero uno.
"Gaahh!" stridette Sophie quando una pila di scope pericolanti apparve sulla sua testa.
Si ritrovò distesa sotto un mucchio di bastoni di legno, polvere e ragnatele che le si attaccavano ai vestiti. Lanciò un'occhiataccia alle scope, sentendosi tradita.
Ci fu un suono come se qualcuno fosse atterrato sul pavimento. "Andiamo, Penguin! Dovremmo controllare se la paziente è già un cadavere".
Borbottando imprecazioni, afferrò le scope traditrici e si infilò nel ripostiglio, richiudendo la porta dietro di sè con uno scatto silenzioso. Nella luce fioca, poteva intravedere un grosso aracnide peloso che penzolava da un sottile filo proprio di fronte al suo naso. Gli sorrise nervosamente mentre si tamponava il naso con la maglietta.
Un'altra persona atterrò sul pavimento. "Peccato che fosse una ragazza. E il capitano non ci ha nemmeno lasciato dare una sbirciatina. Cioè... sai, anche fosse stata bruttissima..."
Si acciglio. Vabbè, grazie.
"Almeno ora siamo attraccati, eh?" Un sospiro contento. "Dopo tre settimane finalmente potrò crogiolarmi in compagnia di donne".
Il piede le pulsò in un' inaspettata fitta di dolore. Abbassandosi Inconsciamente, Sophie sbatté il gomito contro il muro. Strabuzzò gli occhi. "Homunnghf!"
"Cos'è stato?"
Si coprì la bocca con le mani.
"Cos'è stato cosa?"
" Credevo di aver sentito...dal corridoio..."
Una goccia di sudore le scivolò lungo il mento. Le ombre sotto la porta si mossero.
Non aveva spazio per accovacciarsi e nascondersi! Secchi e padelle, modelli anatomici malandati e altre robe varie che decisamente non appartenevano a un ripostiglio per le scope la circondavano. Una mossa sbagliata e sarebbe crollato tutto. Infilò le mani nella tasca, ricordando il bisturi che aveva rubato prima. Sophie lo strinse saldamente. Avrebbe potuto fare una finta—puntare al cuore, schivare all'ultimo secondo, e correre come se dei cani infernali le azzannassero le caviglie. Avrebbe potuto­—forse—probabilmente...
I passi si arrestarono appena fuori dalla porta. Sophie smise di respirare.
"Eh, Bepo? Che diavolo stai facendo?"
Sophie si tirò su. Bepo, l'orso pirata ricolmo di adorabile morbidezza! Premette le mani contro la porta e tentò di sbirciare attraverso la fessura della porta... e si sentì come la più stramba dei pervertiti...
"La paziente è fuggita."
Sophie assottigliò gli occhi. Ananas.
"MA CHE DIAVOLO, RAZZA DI ORSO PARLANTE?"
"Mi dispiace..."
"COSÌ DEBOLE!"
"F-fermi! Questo non è il momento! Dobbiamo dirlo al capitano!"
"Ah! Giusto! Bepo, dove l'hai vista l'ultima volta?"
"Laggiù. Stava pulendo."
"Tipo... pulendo il sangue da un pugnale o qualcosa del genere?" chiese lentamente uno dei pirati.
"No. Stava lavando il pavimento".
Ci fu un lungo, confuso silenzio. Sophie si sentì stranamente mortificata. E quindi, cosa c'era di male se le piaceva pulire? Era perfettamente normale voler sterminare ogni singolo batterio esistente, no?
L'altro pirata sospirò compatito. "Povera ragazza. Che razza di esperimento ha fatto il Capitano con la sua testa?"
Sophie lanciò un'occhiataccia verso la porta, fumante.
"Ok, Bepo, il Capitano è in cucina, avvertilo della paziente. Shachi, andiamo a controllare la sala operatoria."
I passi si allontanarono e tutto ciò che rimase a Sophie fu un ego ferito e l'odore di muffa. Dopo aver aspettato qualche secondo, sbirciò cauta nel corridoio deserto.
Sembrava che fuggire dalla parte alta del sottomarino fosse fuori questione. Ma a Sophie venne un'idea migliore...
Oltre l'oblò si intravedeva un cielo ceruleo screziato di sottili strisce bianche. Se allungava abbastanza il collo, poteva vedere la marea riversarsi sulla spiaggia e una massa di alti, ondeggianti alberi percorrere la costa. Questa era la vista per cui aveva lasciato il G-13. E ora eccola qui, a osservarla da dietro l'oblò di un sottomarino pirata. La vita era ironica.
Sophie ispezionò il vetro. Sarebbe stato un po' poco ortodosso, ma...
"C'è una prima volta per tutto", mormorò tra sè e sè, correndo le mani lungo il chiavistello.
Ci vollero tre dita sanguinanti e un'unghia rotta, ma Sophie riuscì in qualche modo a spalancare l'oblò. Afferrò l'orlo e si infilò attraverso di esso, cominciando dalle gambe.
Centimetro dopo centimetro, crampo al braccio dopo crampo, Sophie scivolò fuori con un pop, inspirò rapidamente, e si gettò nell'oceano. Il tonfo fu immediatamente smorzato. Una scia di bollicine seguirono la sua discesa e il mare le avvolse la pelle febbricitante in un manto fresco e calmante. I suoi capelli fluttuarono e volteggiarono come una nuvola dorata, quasi eterei tra le profondità blu.
Sophie aprì gli occhi e scalciò verso l'alto.
L'aria era salmastra e fresca, e sapeva di libertà. Assaporò lo starnazzare dei gabbiani, la luce del sole che risplendeva sulle onde, l'isola davanti a lei. Poteva vedere una città proprio al limite della spiaggia; lì avrebbe potuto trovare aiuto, e  sicurezza, e la vita era meravigliosa.
Con un grande sorriso che le si allargava sul viso, Sophie iniziò a nuotare verso la riva.
__
Law lanciò una mela su e giù mentre esaminava i danni.
Vetro, bottiglie di medicinali, e pillole di atropina erano sparse su tutto il pavimento. Gli armadietti erano stati scassinati, le sedie scagliate attraverso la stanza. Un odore rivoltante si sprigionava dalla pozza accanto al lavandino. Stranamente, l'asta della flebo era l'unica cosa che appariva intatta.
Dopo un lunghissimo silenzio, Law fece un passo avanti e diede un calcio ad un occhio insanguinato. Questo sbattè contro il muro con un umico ciac.
"Quella ragazza," disse piano, "si è presa il mio bisturi preferito."
"Magari è annegata?" intervenne uno dei pirati, "Dopo tutto, il veleno­—"
"La paziente ha trovato l'antidoto e si è liberata usando il mio alcol etilico. Ha tagliato il cuoio in uno stato di malnutrizione solo per pura disperazione". La sua valutazione era fredda e distaccata, come se stesse semplicemente dichiarando i risultati di una diagnosi. "Sono certo che sia già arrivata in città".
"Beh, perché diavolo ce ne stiamo con le mani in mano?" ringhiò un altro pirata. "Troviamola, maledizione!"
"Non puoi mettere fretta alla dissezione perfetta", rispose Law con un leggero ghigno. "C'è una logica in questa pazzia, dopo tutto, ed è da tempo che non trovo un esemplare così interessante."
"Whooo, Capitano, sei così fico," esultarono i Pirati Heart da un angolo.
Con un ultimo sguardo al relitto della sua sala operatoria, disse: "Qualcuno ripulisca questo casino. Qualcun altro mi procuri un cervello. Ho voglia di bruciare qualcosa."
Law rosicchiò la mela mentre usciva. Shachi e Penguin si guardarono l'un l'altro da dietro la schiena del loro capitano.
"Io prendo il pavimento, tu prendi gli armadietti, e a Bepo lasciamo... il cervello? propose Shachi.
"Affare fatto," Penguin accettò prontamente.
to be continued
______
 
1. "pineapple" è la tipica esclamazione di Sophie, da qui il titolo
 
 
 
 
  
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