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Autore: BrizMariluna    26/06/2019    11 recensioni
La mia prima ff su City Hunter. Cioè, su Ryo e Kaori.
Perché io so scrivere solo storie romantiche, e non ho potuto fare a meno di trovare anch'io un pretesto per mettere insieme "davvero" questi due adorabili "baka".
Una notte di temporale, una valigia fra i piedi e... che altro?
Nulla di nuovo, forse. Ma spero vi piaccia lo stesso...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Chiedo umilmente scusa per il vergognoso ritardo con cui posto questo ultimo capitolo, ma ho avuto un periodo davvero infernale. Aggiungiamo anche che io, purtroppo, a scrivere sono lentissima…
Però,
il seguente epilogo (spero per vostra gioia e non vostro tedio)  non sarà poi così breve come avevo preventivato! 😊
Buona, spero, lettura.
(Ci sentiamo in fondo per i ringraziamenti di rito!)

 
 
 
 
 
 
~ EPILOGO ~
(Il gatto e l’angelo)
 
 
 
“Gli angeli vengono a trovarci,
e li riconosciamo solo quando se ne sono andati.”
(George Eliot)
 
 
 
Nella luce calda del tardo pomeriggio estivo, ancora lievemente rinfrescato dal temporale della notte precedente, un giovane gatto randagio tigrato si aggirava indolente tra le lapidi del cimitero.
Non ci mise molto ad individuare la sua preferita.
Si strusciò languidamente contro il bordo di marmo, si stiracchiò appoggiandovi le zampe anteriori tese verso l’alto, e sbadigliò.
Poi si sedette eretto, lo sguardo dei rotondi occhi blu fisso sulla sommità della stele. Sembrava quasi che un sorrisetto soddisfatto gli aleggiasse sul musetto, mentre era perso in quella specie di trance, caratteristica di tutti i gatti i quali, a volte, fissano il vuoto come se vedessero qualcosa che a noi umani è precluso.
Un rumore di passi lo distolse dalla sua felina contemplazione, e girò la testa di scatto, facendo vibrare i lunghi baffi.
Due persone avanzavano tenendosi per mano con le dita intrecciate: un’avvenente giovane donna, con la corta capigliatura di un castano acceso dai riflessi infuocati, e un uomo bello, alto e imponente, dai capelli corvini.
La donna si inginocchiò, e sistemò dei garofani bianchi nel vaso di fronte alla lapide, sulla quale era inciso il nome di Hideyuki Makimura.
Il gatto si avvicinò tranquillo: non era la prima volta che vedeva quei due, soprattutto la ragazza, sul cui fianco si strofinò morbidamente, prima di salire ad acciambellarsi comodo, con il classico fare ruffiano e gattesco, sulle sue gambe.
− Ehi, micio! Sei qui anche oggi? Fai compagnia al mio fratellone? – disse lei, accarezzandogli il soffice pelo.
Il felino si produsse in un rumoroso ron ron, in segno di apprezzamento per quelle coccole. Anche l’uomo si accosciò a terra e gli passò una grande mano sulle orecchie.
− E tu chi sei? Guarda che questa ragazza è già occupata, non ti permetto di corteggiarla così spudoratamente.
Il gatto ovviamente non capì una parola, ma il tono di voce gli era piaciuto assai: era evidente che erano state frasi affettuose, ed espresse il suo gradimento muovendo la testa sotto la mano dell’uomo e intensificando le fusa.
Ryo sfiorò lievemente, col dorso delle dita dell’altra mano, la guancia di Kaori, lasciando poi scivolare la carezza sulla nuca e lungo le spalle, prima di rialzarsi in piedi e mettere le mani in tasca, nella sua tipica postura di quando era rilassato.
Il felino scese dal grembo di Kaori, passò con finta noncuranza sulle scarpe di Ryo e si strusciò un paio di volte contro le sue caviglie, arcuando la schiena, prima di tornare a sedersi fra loro due e a fissare verso l’alto.
Nessuno aveva la certezza di cosa ci fosse oltre la vita terrena, ma Kaori era convinta che suo fratello, da qualche parte, continuasse ad esistere; e che, in qualche modo, continuasse a vegliare su lei e Ryo.
Sapevano entrambi che il vero Hideyuki, non era lì, sotto quel metro di terra. Makimura era nei loro cuori, nelle loro menti, nei loro ricordi: era questo a renderlo, almeno per loro, immortale. Nessuno moriva mai veramente, finché c’era chi continuava a pensare a lui e ad amarlo.
Ma venirlo a trovare al cimitero era un modo per sentirlo ancora più vicino.
E se Ryo si limitava spesso a rimanere in silenzio, semplicemente pensando a tutto ciò che avrebbe voluto dirgli, a Kaori piaceva invece esternare, a bassa voce, i suoi sentimenti e i suoi pensieri.
I due sweeper sostarono quindi, per un po’, davanti alla tomba del loro amico e fratello, mentre la ragazza raccontava sommessamente di come il loro rapporto, grazie ad un temporale, una valigia, e un assurdo lenzuolo, fosse incredibilmente giunto ad una svolta epocale.
Ci sarebbe stato tempo, per dirlo a Miki e Umibozu, a Mick e Kazue, e a ogni altro loro amico. Ma Hideyuki aveva avuto, per forza di cose, la precedenza.
Quando Kaori si era rialzata, aveva fatto scivolare le dita sugli ideogrammi che formavano il nome del fratello, ricordando il sorriso dall’espressione sorniona e pacata del giovane occhialuto.
Quell’espressione che, anche da vivo, raramente l’aveva abbandonato, per non far trasparire quanto, nel momento del bisogno e del pericolo, Hideyuki sapesse essere determinato, forte e coraggioso. Come quando si era rifiutato di vendere la sua anima al diavolo che, in quell’infausta occasione, aveva avuto le sembianze degli schifosi membri appartenenti alla Union Teope, che si arricchivano con la maledetta Polvere degli Angeli, e che, a quel rifiuto, si erano presi la sua vita senza tante cerimonie.
Ryo passò un braccio attorno alle spalle di Kaori e si sorrisero con aria complice, assolutamente certi di aver appena ricevuto da Maki il benestare a quell’amore, che si era finalmente deciso a venire fuori nel modo più strampalato che ci potesse essere.
Con un’ultima carezza al soriano randagio, la coppia si avviò verso il sentierino ghiaiato che portava all’uscita del cimitero.
Il gatto osservò interessato i due che si incamminavano lentamente, abbracciati, parlando sottovoce tra loro.
− Ehi, gatto! Scommetto che sei contento anche tu, di vederli così, finalmente.
Il felino sobbalzò lievemente, per poi voltarsi verso la lapide e volgere lo sguardo blu verso la figura evanescente che solo lui era in grado di scorgere e sentire, e che se ne stava lì, a braccia conserte, appoggiata con atteggiamento indolente al semplice monumento funebre. L’animale si avvicinò e si strusciò di nuovo, facendo le fusa, contro il marmo lucido.
− Sai, ti do un consiglio da amico: seguili! È ora che ti trovi una famiglia anche tu, no? E loro due hanno bisogno di qualcuno che li tenga d’occhio.
Il micio fece fremere le orecchie e i baffi, indeciso, poi si avviò a passo lento verso la coppia. Si fermò un attimo per guardarsi di nuovo alle spalle, come per cercare un ulteriore segno di incoraggiamento, poi, soddisfatto dopo averlo ottenuto, trotterellò fino a raggiungere Ryo e Kaori.
Hideyuki Makimura sorrise quando Kaori, dopo essersi chinata, sorpresa, ad accarezzare il gatto per poi prenderlo in braccio, sollevò lo sguardo nella sua direzione, con aria interrogativa.
Lei non poteva vederlo, Maki lo sapeva; ma per lui, poterla guardare e sorriderle, era sempre un grande regalo.
La ragazza scosse la testa, perplessa, con le sopracciglia aggrottate, poi si riscosse, come a scacciare una strana sensazione; tornò a voltarsi verso Ryo e gli mise il soriano tra le braccia.
− Possiamo tenerlo? Dai…
− Beh, questa poi! Non ho mai avuto un gatto! – esclamò Ryo, guardando l’animaletto che quasi scompariva nell’incavo del suo braccio.
− Uhmm, però… ora che ci penso… Non potremo più invitare Miki e Falcon! Se Umi trova un gatto in casa nostra gli verrà un attacco di panico! – obiettò Kaori, rammentando l’idiosincrasia (anzi, proprio la paura, il terrore!) che il loro gigantesco amico nutriva verso i felini. E più erano piccoli, peggio era!
− Lo faremo uscire, nel caso. In fondo non mi sembra il tipico gatto da appartamento. Oppure... Idea!  Potrei nascondermelo nel giubbotto e usarlo contro il nostro Lucciolone come arma impropria, così…
− …così cosa…!? Così ti sentirai libero di insidiare sua moglie? – lo accusò Kaori lievemente alterata, le labbra strette e gli occhi piccoli.
Un corvo passò fuggevole, gracchiante, dietro a Ryo.
− Tesoro, scherzavo! Non farei mai una cosa del genere!
− Ma se lo hai fatto fino all’altro giorno!
− Non eri ancora diventata la mia donna, Sugar… − fece Ryo, sfoderando lo sguardo più ardente e seduttivo che riuscì a mettere insieme.
− Quanto sei commediante! Lo sai che queste moine, con me non attaccano! – rise Kaori, divertita nonostante tutto, rendendosi conto che, accidenti, quell’espressione gli veniva davvero da Dio!
C’era una soddisfazione tutta particolare nel fare un po’ la dura, con lui, ma ottenere l’amore di Ryo aveva portato la sua autostima ai livelli massimi: era più che certa che lui non l’avrebbe mai tradita nemmeno col pensiero. E lui si divertiva a stare al gioco, lasciandole fare la superiore.
− Come lo chiamiamo, questo filibustiere? – chiese Kaori, accarezzando il micio.
− Non guardare me! Io non ho fantasia, per queste cose…
− Ti piace Tora?1
− Okay, tu ne hai ancora meno di me! – ridacchiò Ryo, chinandosi a lasciare un bacio sulle labbra della sua compagna.
Kaori lo ricambiò, dapprima con dolcezza, ma Ryo divenne immediatamente più esigente, mentre la stringeva a sé, dando al bacio una svolta decisamente più passionale.
Con quel gatto morbido e caldo stretto tra loro due, Kaori si sentì, per qualche paradisiaco attimo, come Audrey Hepburn nella scena finale di Colazione da Tiffany, acquazzone a parte. Ma dopotutto, sull’argomento pioggia e temporali, avevano già dato la sera prima; e alla grande, anche!
Ryo, come sempre, non si smentì, e mentre assaporava deliziato la bocca della sua adorabile socia, una mano gli partì, spedita e insolente, verso il sedere di lei, per accostarla a sé ancora di più.
 
 

Tora, che si ritrovò stretto tra loro due, miagolò indignato, mentre Kaori si staccava dalle seducenti labbra di Ryo, per redarguirlo anche lei scherzosamente.
− Signor Saeba, siamo in un cimitero! Un po’ di rispetto!
− Scusa, scusa, hai ragione. Ma non c’è nessuno. E sono sicuro che Maki mi comprenderebbe − si difese lui, ridendo e rientrando nei ranghi, mentre Kaori lo prendeva sottobraccio, attenta a non disturbare il felino che, dopo la sua sentita protesta, si era comodamente riaccoccolato contro l’ampio torace di Ryo, che lo sorreggeva con l’altra mano.
− Beh, la prossima tappa prima di rientrare a casa, sarà il negozio di animali, per comprare tutto ciò che occorre per questo peloso – sentenziò Kaori, mentre si allontanavano continuando a battibeccare allegramente.
− Direi di andare in quello di Yukino Mashiba, hai presente? – fece Ryo con noncuranza.
− Yukino? Non è quella tipa con un paio di… meloni fuori misura sul davanti? – indagò la ragazza, con le sopracciglia aggrottate.
Ryo tacque ed ebbe persino la decenza di arrossire.
− Perché… posso sempre metter mano al martellino da borsetta, lo sai, amore mio...
− No, Kaorina, amore della mia vita, il martello no... Lo sai che mi viene il mal di testa, dopo...
Le loro voci, in quel momento lievi e spensierate, andarono lentamente spegnendosi tra gli alberi, mentre i due coccolavano il nuovo membro a quattro zampe della famiglia Saeba-Makimura.
Hideyuki pensò anche che probabilmente, un giorno, oltre al simpatico soriano, ben altri componenti sarebbero entrati a far parte di quella famiglia. Chissà come sarebbero stati dei piccoli, o delle piccole, Saeba? Qualcosa gli disse che avrebbe solo dovuto aspettare che i tempi fossero maturi.
E sicuramente, sua sorella e i suoi futuri nipotini, con un compagno e padre così – per non parlare degli zii acquisiti, Mick e Umibozu, ma volendo anche Miki e Saeko − sarebbero state le persone meglio protette del Giappone. Non avrebbe potuto essere diversamente, a dispetto di tutte le paranoie che Ryo si era sempre fatto.
Sì, perché Maki sapeva che la vita di Ryo e Kaori non sarebbe stata sempre spensierata come in quel momento; ma, dopotutto, non riusciva a immaginarli a vivere in un altro modo.
Ryo e Kaori erano così: erano nati per essere City Hunter.
Ed erano nati per esserlo insieme. In ogni declinazione possibile del termine.
Aveva cercato di dargli una mano, ogni volta che gli era stato possibile, ma era sempre stata una fatica immane, e con scarsi risultati: spesso erano usciti dalle loro missioni pesti, sanguinanti e ammaccati.
Ma dopotutto, lui era solo un’Anima Comune, e il cammino per guadagnarsi anche solo un paio di ali decenti, era lungo; quello successivo, per diventare Custode Semplice, pure non era facile; non parliamo di diventare Angelo Custode di Prima Categoria, il cui percorso era davvero impervio!
− Makimura!
La voce risuonò secca come una fucilata, e il corpo etereo del giovane si riscosse. Si voltò, per affrontare la figura luminosa, che solo lui poteva vedere, che gli andava incontro: un giovane alto, biondo e bello, con una camicia e dei calzoni bianchi, e i piedi nudi. E, particolari non trascurabili, un cerchio d’oro che gli brillava sui capelli e un paio di grandi ali di un bianco abbagliante.
− Non dovresti essere qui, Makimura. Lo sai che a voi Anime Comuni non è permesso interferire con il mondo dei mortali. Capisco quanto sia importante per te, ma io sono stanco di doverti venire a sgridare e riprendere ogni volta!
− Mi dispiace contraddirti, Gabriel, ma questa volta avevo il permesso.
− Ma certo, come no! Non prendermi in giro. Forza, rientra al Piano di Sopra. E cerca di non eludere più la mia sorveglianza, altrimenti non riuscirai mai a guadagnarti almeno le ali!
− Avanti, ti ho detto che ho il permesso! Guarda!
Hideyuki si frugò nelle tasche e ne estrasse una piccola pergamena. Gabriel la osservò attentamente, sgranando i begli occhi azzurri finché diventarono grandi quanto piattini, quando lesse la firma che brillava, intensa, in calce allo scritto.
− Per la miseria, Maki. Questa è la firma del Vice in persona!
− Certo che lo è! Mica è lì solo come Detentore delle Chiavi e Guardiano dei Cancelli! Pietro distribuisce anche gli incarichi che gli vengono comunicati dall’Ultimo Piano, lo sai.
− V-vuoi dire che sei qui su incarico di… dal… Lui, insomma? – fece Gabriel, indicando il cielo con un dito.
− Pare proprio di sì.
− Ah, però! A quanto pare, mettere insieme quei due era davvero una questione di vitale importanza! E… come ci sei riuscito?
− È una lunga storia…
− Ho tempo. Dai, racconta.
Le due invisibili figure si incamminarono fino ad inoltrarsi nel parco che confinava con il cimitero, chiacchierando, mentre il sole calava lentamente in un crepuscolo dorato.
− Beh… indurre i sogni, essendo io uno spirito, è stata la parte meno difficile, se vogliamo. Anche perché loro due erano alquanto ben predisposti, devo dirlo… − cominciò Maki.
− Ah. Sogni. E… in cosa consistevano?
Hideyuki trasalì, imbarazzato, mentre un gocciolone di proporzioni colossali gli si formava su una tempia.
− Oh, beh… nulla che tu possa capire. Cose… umane, ecco. E tu non lo sei mai stato, essendo nato già Arcangelo, quindi… − glissò goffamente, per poi proseguire − È stato più faticoso avvolgerli in quel lenzuolo, ma in quel momento non avevo più idee, mi è venuta solo quella. E devo ammettere che il temporale e il vento mi hanno aiutato non poco. Ma quello... è venuto dopo. La cosa realmente più difficile, in assoluto, è stata spostare quella cavolo di valigia! Era pesantissima, farla arrivare in mezzo alla stanza di Kaori con solo la forza della mente, in modo che lei potesse inciamparci sopra, è stata una fatica improba! E non ero nemmeno sicuro che lei, dopo, l’avrebbe portata vicino alla porta, perché poi Ryo la vedesse, come avevo sperato. A dire il vero non sapevo neppure se lui sarebbe sceso, quella testa di rapa… per questo ho anche amplificato i rumori della valigia che Kaori ha mollato a terra, e del portone che si apriva! Ma diciamo che sono stato anche fortunato! Alla fine è andata bene. Devi sapere che erano anni che ci provavo, a creare situazioni che li sbloccassero, in qualche modo! Ma quei due sono stati tosti, soprattutto lui! Non aveva capito niente! Però… volevo farlo, a tutti i costi, non tanto perché volessi le ali, in realtà mi importa relativamente, sai? È solo perché... quei due sono la mia famiglia, e volevo davvero vederli insieme, e felici...
I due continuarono a parlare, mentre Gabriel ascoltava interessato la storia che Hideyuki gli raccontò nuovamente, stavolta in modo più lineare e meno confuso.
− Sai, Makimura – intervenne a un certo punto − il fatto che tu abbia perseverato per anni in tutto questo, e intendo cose tipo: scappare di nascosto eludendo la mia sorveglianza; interferire con la vita dei mortali di tua iniziativa; avere avuto il coraggio di chiedere, poi, un permesso speciale per farlo; e soprattutto la faccenda di non averlo fatto per tuo interesse personale, ma soltanto per il bene e la felicità di tua sorella, e di quell’altro bietolone moro, credo faccia tutta la differenza…
− La differenza rispetto a cosa? – chiese Hideyuki, un po’ frastornato da quel lungo e contorto discorso.
− La differenza rispetto ad altre Anime Comuni che, avendo come unico scopo la carriera celeste, ci mettono molto di più, per arrivarci.
− Ma arrivare dove? Non ti seguo, Gabriel.
− Guarda – lo esortò l’Arcangelo.
Maki non se n’era accorto minimamente, ma sulla sua schiena stavano prendendo lentamente forma un paio di evanescenti e maestose ali d’argento.
Senza riuscire a proferire parola, guardò incredulo quelle voluminose ma leggerissime appendici, che lo qualificavano senza ombra di dubbio come… un Angelo. Esattamente come il cerchio d’oro che, dal nulla, cominciò a brillare sui suoi capelli neri.
− Beh, te lo sei meritato, Makimura. Tieni – concluse l’Arcangelo biondo porgendogli un’altra pergamena.
Hideyuki la svolse, curioso e trepidante, poiché era evidente che provenisse dai Piani Altissimi.
In lettere dorate, un pomposo comunicato annunciava che, dal giorno successivo, Hideyuki Makimura avrebbe ufficialmente preso servizio come Angelo Custode di Prima Categoria.
Il suo protetto, era in realtà una coppia, notoriamente conosciuta come… City Hunter.
 
§
 
− Che stai facendo, Sugar? – chiese Ryo, notando la ragazza che trafficava in salotto con la cassetta degli attrezzi.
− Niente di che. Voglio solo appendere qui questa foto – rispose Kaori, tenendo tra le mani la cornice con la fotografia nella quale erano ritratti lei e Hideyuki. O meglio, un ingrandimento di quella che lei aveva sempre tenuto sul comodino, in camera sua, e che ora stava invece su quello della stanza di Ryo. Cioè… la loro stanza.
– Il fatto è che Maki… lo voglio qui insieme a noi, anche di giorno; benché sia assolutamente certa che lui sia insieme a noi sempre.
Ryo ripensò a quell’ultimo mese che avevano passato insieme finalmente come coppia, oltre che come City Hunter. Il mese più bello della sua vita, doveva dirlo, nonostante avessero lavorato e rischiato parecchio!
E si ritrovò a rivivere mentalmente alcuni degli ultimi casi di cui si erano occupati, costellati degli avvenimenti più strani: proiettili scansati per puro miracolo, sfidando le leggi della fisica; appigli che erano sembrati apparire come dal nulla mentre si trovavano aggrappati a cornicioni pericolanti o a corde sul punto di spezzarsi; provvidenziali superfici morbide su cui atterrare, dopo cadute da altezze vertiginose…
Era davvero arrivato a pensare che Qualcuno, in quei frangenti, tenesse davvero loro una mano sulla testa. O forse li abbracciava, proprio!
− Hai quasi convinto anche un materialone come me, di questa cosa – non poté fare a meno di confessare a Kaori. Poi si grattò la nuca e disse, con espressione preoccupata: − Ma... Maki non sarà mica con noi sempre sempre, vero? Potrei sentirmi, non so... inibito, in certe situazioni, da questo pensiero!
– Non credo proprio che sia così, tranquillo! Se non altro perché mio fratello non ha mai avuto l’indole del guardone, come qualcun altro di nostra conoscenza! − rise Kaori − E poi… credo ci voglia ben altro per inibire te, allupato cronico!
− Ah, ma quello è colpa tua, che sei troppo seducente, mica del piccolo Ryo! E poi… vorresti forse dire che ti dispiace? – la provocò, togliendole di mano il martello e fissandola con occhi cupidi, ma seri. Kaori pensò che soltanto Ryo poteva rendere sensuale un gesto insignificante come toglierle un attrezzo dalle mani.
Lanciandole un ultimo sguardo pieno di bollenti promesse, piantò lui il chiodo nella parete, per poi appendere il ritratto e riporre il martello nella cassetta degli utensili.
Si guardò bene dal dirle che vederla con quel tipo di attrezzi da lavoro in mano, lo preoccupava sempre oltre misura… 
Tora, interessato, saltò sulla spalliera del divano per studiare da vicino i due nella foto. E sembrò di nuovo sorridere soddisfatto, di quel suo sorriso serafico e felino, come faceva tempo addietro, quando si soffermava ad osservare la lapide di marmo al cimitero.
Anche Kaori si soffermò a guardare la fotografia, e Ryo la abbracciò da dietro, lasciandole un bacio bruciante sul collo e squadrando poi, a sua volta, il ritratto.
La sua compagna era una sweeper provetta. In quegli anni come sua socia, era diventata tosta, coraggiosa, abile e rapida nel decidere e nell’agire; ma nel suo cuore, era rimasta una romanticona.
Ed era ciò che amava di più, in lei.
Kaori era il suo tempo migliore, la sua parte più buona: quella dolce, umana e altruista, che facevano di lui non più lo spietato Angelo della Morte, ma il vero City Hunter, quello che difendeva i deboli e la giustizia.
“E sono felice, che sia così” si disse, mentre lei lo gratificava di un sorriso abbagliante e uno scherzoso bacio schioccante sulle labbra.
Tornarono a guardare l’immagine sulla parete: la parte romantica della ragazza aveva colpito ancora, aggiungendo una frase, proprio sotto all’immagine di lei e del fratello.
Una cosa proprio da Kaori, pensò Ryo divertito, ma anche leggermente commosso. Cosa, quest’ultima, che ovviamente non avrebbe mai ammesso. Nemmeno sotto tortura.
 
“Ci sono angeli
che non possono rimanere troppo a lungo sulla Terra,
 insieme a noi.
Devono tornare a casa,
perché hanno troppa nostalgia del Paradiso”.
 
 
 
FINE



 
 
 
1 Tora in giapponese significa Tigre. (Almeno così mi ha detto Google Translate…)
 
 
 
Angolo autrice:
 
Bene.
Aspetto il lancio di frutta e verdura (fresche per favore, che almeno per un po’ mi risparmio la spesa…) per questo finale decisamente bislacco, ma oh! quando una cosa s’infila in testa, (una testa bacata, d’accordo…) poi deve anche uscirne in qualche modo! Scusate se ne avete fatto voi le spese!
Aggiungo che il disegno di Maki versione angelo non mi soddisfa per niente, ma ormai lo avevo fatto, e così l'ho messo ugualmente...
 

 
Colgo l’occasione per citare e dare un abbraccio, anche se virtuale, alle mie carissime recensitrici:
 
Kaory06081987
MaryFangirl
24giu
Shirley Jane
Sky_Star

 
Con una speciale menzione per quelle che sono anche due amiche carissime:
EleWar 
e
Morghana
 
Inoltre ringrazio, insieme alla già citata Sky_Star:
 
CANZONE
Sephiroth986
Superdany

 
per aver messo questa storia tra le seguite e/o preferite!
Grazie davvero, di cuore, per queste dimostrazioni e le vostre belle parole!

 
 
Disclaimer:
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma solo per divertimento. Mio e, spero, anche di chi ha letto.
I personaggi di Ryo e Kaori non appartengono a me, ma a Tsukasa Hojo e agli aventi diritto.

 
(Anche se io, su Ryo, una opzione ce l’avrei anche messa, ma... Okay, taccio, va’, se no mi smartellate! Lui è solo, sempre, assolutamente, irriducibilmente, della nostra amatissima Kaorina! E va bene così! ^^’)
 

 
  
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