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Autore: Melabanana_    28/06/2019    1 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
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Questo è l’ultimo capitolo dell’Hiroto Arc e costituisce una sorta di epilogo. Buona lettura!
[p.s. ho messo il collegamento, quindi se cliccate sul titolo della canzone, vi si aprirà la finestra youtube ♥]


 
[Midorikawa P.O.V.]
 
 
 

 
“Let's talk about our dreams again one day
In this place where the light shines,
under the cherry blossoms”
                                                              - sakura no ki no shita, [kokia]




 
 
 
Alla fine di Marzo, venne organizzata una cerimonia in onore di Seijurou.
Trovarmi lì mi faceva uno strano effetto. Non riuscivo a smettere di pensare all’ultima volta che avevo visto Seijurou vivo. Era come se non potessi capacitarmi che ora fosse in una cassa in fondo ad una buca. La sua morte per me era stata troppo improvvisa, inaspettata, perché era avvenuta mentre io dormivo.
Era stato scelto un parco all’aperto, così da poter accogliere non solo i membri della nostra agency, ma anche tutti gli agenti stranieri ancora presenti. Inoltre, era stata consegnata a tutti una divisa unica, regolare, da indossare. Se avessimo potuto vederci dall’altro, ci saremmo trovati davanti una macchia uniforme di cappelli e mantelli grigio scuro, in stridente contrasto con il tappeto rosa di petali che si estendeva per tutta la larghezza del parco e oltre, sulle strade del circondario. I ciliegi erano in fioritura e, ogni tanto, un soffio di vento versava cascate di petali proprio sul palco appositamente allestito dove le Spy Eleven, una ad una, stavano recitando i propri omaggi e saluti per i due colleghi venuti a mancare.
C’era qualcosa di solenne ed etereo in quel tipo di cerimonia. Ci sarebbero stati dei funerali privati, certamente, più avanti, tuttavia Hitomiko aveva insistito per tenere una cerimonia collettiva, per una ragione ben precisa: non avevamo avuto il tempo di piangere nessuno dei nostri morti fino a quel momento. Era un’occasione per onorare la memoria non solo di Seijurou Kira, ma anche di tutti gli altri compagni che avevamo perso lungo la via. La vittoria su Garshield andava celebrata, ma non in quel giorno, non in quel luogo.
Il signor Raimon salì sul palco e si schiarì la gola.
–La mia amicizia con Seijurou è stata molto longeva, per cui non ho molto che posso dire. Quando sei amico  di una persona per tanto tempo, non c’è mai molto da dire, vero? Perché, anche se ci sforziamo, ci vengono in mente solo cose che vorremmo dire a quella persona… che purtroppo non è più qui per ascoltarle- disse. Abbozzò un sorriso.
-Tuttavia, vorrei comunque offrire qualche parola di conforto per i suoi cari. Seijurou era umano e ha commesso degli errori, ma io so con certezza che il suo cuore è sempre stato al posto giusto. E che, anche se non è sempre stato capace di dimostrarlo, il suo cuore è stato, fino alla fine, pieno di amore per voi.
Il suo sorriso sbiadì e, per un lungo attimo, il suo sguardo si fece distante, come se la sua mente stesse viaggiando verso altri luoghi, altri ricordi. Poi il momento cessò di esistere, rapido così com’era nato, e il signor Raimon tornò tra noi.
-Oggi onoriamo insieme la memoria di tutti coloro che hanno dato vita per una causa: un mondo migliore- concluse. Fece un inchino e, tra i nostri applausi, ritornò tra i suoi colleghi. Si soffermò solo un momento, passando accanto a Hitomiko, e le offrì un sorriso.
Aiutata da Saginuma, Hitomiko si fece largo verso il palco. Aveva ottenuto un permesso per uscire dall’ospedale prima del previsto, ma aveva dovuto accettare di aver bisogno delle stampelle, cosa che chiaramente trovava molto frustrante. Invece di salire sul palco, decise di posizionarsi davanti, nello spazio tra noi e la struttura.
-Vorrei ringraziare tutti… per la vostra presenza- esordì, quasi esitante. Il suo sguardo scivolò sulla folla, come se cercasse di indovinare le emozioni di ognuno. O forse stava cercando Hiroto. Ma nessuno di noi lo aveva visto per l’intera mattinata, e ora sospettavo neanche lei.
Hitomiko rimase in silenzio per qualche minuto. Per una volta, appariva completamente vulnerabile, come se la stanchezza e lo shock dovuti ai recenti avvenimenti avessero sovrascritto l’immagine di persona forte e autoritaria che si era costruita. Saginuma la fissava preoccupato, così come molti tra agenti e Spy Eleven, tuttavia nessuno osò commentare o muoversi. Decisi anche io di non distogliere lo sguardo e chiusi del tutto la mente, impedendo al mio dono di manifestarsi. Hitomiko era l’unica a poterci far entrare nel suo cuore.
Dopo lunghi minuti, che parvero un’eternità, la donna sospirò.
-Ma che sto facendo?- mormorò una domanda a se stessa. Poi fece un altro sospiro e ricominciò.
-Mio padre… è stato, come dire, molte cose. Come tutte le persone. Non era speciale, no… Era come tutti gli altri. Un padre, un amico- guardò verso Raimon, -e per molti anche un mentore, una guida. Per alcuni è stato soltanto il loro capo. E non sempre siamo stati capaci di accettare la sua visione delle cose o le sue decisioni o le sue azioni. Mio padre non era speciale.
-Mio padre, tutte le persone che sono morte… stavano semplicemente facendo la loro parte in questa storia. Stavano combattendo per qualcosa in cui credevano, per un… mondo migliore, sì. E forse è vero che queste parole saranno di conforto soltanto a noi vivi, ma… Io credo che il modo migliore di onorarli sia continuare a combattere per questo.
La sua voce tremò. Hitomiko si fermò a riprendere fiato e tentò di inghiottire le lacrime, ma ormai le colavano già lungo il viso arrossato. I suoi occhi brillavano, pieni di vita e ardore più che mai. Mi resi conto che, nonostante non avesse un microfono, riuscivamo a sentirla tutti forte e chiaro. Intorno a lei era sceso un silenzio di rispetto e ammirazione.
-Non potrò mai dimenticare cos’è successo a mio fratello e non permetterò mai più che lo stesso possa accadere a qualcun altro- disse Hitomiko, commossa. –E finché saprò che ci sono altre persone come me, come voi, in questo mondo, non perderò la speranza di poterlo cambiare. Vi ringrazio… di aver combattuto insieme a me e a mio padre…- Non riuscì ad andare oltre e si inchinò a fondo. I capelli sciolti le scivolarono sul volto. Saginuma le poggiò una mano sulla schiena, chiaramente in un gesto di conforto.
Qualcosa si smosse. Qualcuno, tra la folla, si tolse il cappello e se lo premette contro il petto. Poi qualcun altro lo imitò e la marea partì, inarrestabile. Incoraggiata da Saginuma, Hitomiko sollevò il viso e vide coi propri occhi tutte le persone levarsi il cappello per rendere onore alle sue parole. Mentre toglievo il mio e lo stringevo al petto, ripensai a ciò che Hiroto aveva detto prima di quell’ultima missione. Stavamo tutti proteggendo qualcosa. Era stata, fin dal principio, una questione personale. Tutti potevamo rivederci nel discorso di Hitomiko. E, mentre lei non riusciva a far altro che ringraziare e piangere, tutti rimasero in silenzio, allo stesso tempo addolorati da ciò che avevamo perduto e infinitamente grati per ciò che avevamo salvato.
 



 
Alla fine della cerimonia, benché non fossimo obbligati a restare, non riuscimmo a lasciare subito il parco. Eravamo ancora sotto l’effetto delle parole di Hitomiko, come se ci avesse lanciato un incantesimo. Appena finito tutto, cercai subito i miei amici e li trovai subito, probabilmente perché anche loro stavano cercando me.
Maki e Diam si tenevano per mano, e lei aveva il viso inondato di lacrime.
-Ehi, Reize- Diam mi accolse con un sorriso amichevole, un po’ più spento del solito. -Me ne andrò tra qualche giorno, perciò pensavo che potremmo passare questi ultimi giorni insieme. Non so, giocare a calcio per strada, guardare qualche film, cose così. Mi farete vedere voi cosa c’è da fare qui in giro.
Scoccai un’occhiata a Maki e la vidi trasalire. Intuii quindi che, tra le ragioni delle sue lacrime, c’era anche l’imminente partenza di Diam. Mi girai di nuovo verso di lui e risposi con un lieve sorriso:- Certo. Ogni tanto giochiamo anche a calcio qui, non saprei dirti sui film perché non abbiamo davvero il tempo di andare al cinema, ma qualcosa la troviamo.
-L’importante è stare assieme, amico- disse Diam scrollando le spalle. –Non mi sembra vero di star parlando con te da sveglio finalmente, sai.
Non sapevo come rispondergli, e mentre ci pensavo Kazemaru mi anticipò.
-Diam!- esclamò, in tono di rimprovero, e gli tirò uno schiaffetto sul braccio. Diam sbatté le palpebre, visibilmente confuso.
-Che c’è?- chiese. Kazemaru gli lanciò un’occhiataccia. Diam capì e si grattò la nuca, nervoso.
-Ah, uh, scusa? Non dovevo dirlo?
-Va tutto bene- intervenni. –Anzi, mi dispiace di avervi fatto preoccupare tanto…
-No- Maki mi interruppe, cogliendoci di sorpresa. Si asciugò il viso col dorso del braccio e lasciò la mano di Diam per prendere le mie, stringendole con decisione. –Non hai niente di cui scusarti con noi, Mido-chan. Siamo i tuoi amici, e gli amici si coprono le spalle- affermò.
Sentendola usare il vecchio soprannome, provai un’ondata di tenerezza verso di lei, che si intensificò quando Maki notò il bracciale che portavo al polso e il suo sguardo si addolcì. Era un regalo che mi aveva fatto mentre ero ancora incosciente. Soltanto osservando le delicate perline verdi che pendevano dai fili neri, potevo immaginare quanta pazienza e quanta cura avesse infuso in quella sua creazione, sebbene in apparenza fosse molto semplice.
-Hai ragione- ammisi. –Oggi è un giorno per ringraziare, non per scusarsi. Quindi, grazie a tutti voi per esservi presi cura di me.
Maki e Diam mi guardarono emozionati. Kazemaru mi sorrise, caldo come una mattina di sole.
-La persona che è stata al tuo fianco più di tutte non è qui, però- osservò. Lo guardai confuso, e lui mi indicò un punto dietro di me. Mi girai e, finalmente, scorsi la persona che volevo vedere più di tutte da quando era cominciata la giornata.
-Oh, uh, vado- dissi velocemente. –Scusatemi, devo proprio…
-Vai!- mi interruppe Diam ridendo.
Annuii e mi avviai verso il punto dove avevo visto Hiroto. I suoi capelli rossi spiccavano anche in mezzo ai ciliegi e al cappello nero che portava sul capo. Se ne stava tutto solo in mezzo al ponte che passava sopra il laghetto delle carpe, con lo sguardo perso nel vuoto.
-Hiroto! Hiroto!
Si girò di scatto sentendo la mia voce e, per un momento, sorrise, quasi genuinamente felice. Feci gli ultimi metri di corsa per gettarmi verso di lui e attirarlo in un abbraccio fortissimo. Lo sentii sussultare, poi sciogliersi contro di me, mentre le sue dita affondavano nella mia camicia e il suo viso nella mia spalla. Mi sembrava così fragile, così tenero, che non avrei voluto lasciarlo mai più, ma dopo un po’ Hiroto si tirò indietro.
Lo lasciai andare e Hiroto tornò alla posizione di prima, appoggiando una mano sulla ringhiera del ponte. Un’ombra attraversò il suo volto, mentre il suo sguardo scivolava verso la superficie del lago. Cercai i suoi occhi nel suo riflesso. Nonostante non sapessi cosa stesse pensando, mi sentivo stranamente calmo. Non avevo bisogno di assorbire le sue emozioni. Hiroto era sempre stato sincero con me.
Lo guardai mentre ispirava profondamente, espirava. La sua mano strinse la ringhiera, poi si rilassò e infine Hiroto lasciò cadere il braccio lungo il corpo.
-Hitomiko è stata scelta come sostituta di mio padre. Sarà lei la nuova Spy Eleven... e secondo me non esiste persona migliore per questo incarico- disse.
-Capisco…- risposi. -Ma qualcosa ti turba, giusto?
Hiroto annuì lentamente.
-Le Spy Eleven si sono riunite per accordarsi e… In realtà, la votazione si è conclusa in modo diverso. Sebbene tutti fossero d’accordo su Hitomiko, c’era anche un’altra opzione. Qualcuno ha proposto me- rivelò, senza voltarsi.
Non dissi niente. Onestamente, aveva senso.
-Non sembri stupito- commentò Hiroto, infatti, intuendo cosa pensavo. -Ma dovresti esserlo. Non sono... forte come credono tutti.
Scosse il capo e si morse il labbro inferiore.
-Anzi, sono un codardo. Anche quella volta, io… io ho esitato. Ho avuto paura di usare il mio potere su di te, anche se sapevo che era la cosa giusta da fare… Avevo paura che non ti saresti più svegliato… Tutti mi ripetono quanto sia stato bravo, ma io… io non credo di riuscire a sopportarlo. Le persone hanno paura del mio potere e hanno ragione-. Hiroto abbassò lo sguardo sulle proprie mani, angosciato.
Non potendo più trattenermi, mi avvicinai e gli presi il viso tra le mani. Era freddo come ghiaccio.
-Hiroto, guardami. Io sono qui e sto bene, giusto? Guardami- esclamai, sollevando il suo viso verso il mio, così che Hiroto non potesse far altro che guardarmi negli occhi.
-Sono qui solo grazie a te... perché tu mi hai aiutato. Hai protetto me, e tutte quelle persone… Non c'è nessuno che abbia più paura del tuo potere di te. Ma, anche se avevi paura, sei stato coraggioso e lo hai fatto.
Hiroto fece una smorfia.
-Tu sei molto più coraggioso di me- replicò debolmente, ancora dubbioso.
-Io sono solo impulsivo-. Scossi il capo e gli sorrisi con dolcezza. Per un attimo, lasciai correre le dita tra i suoi capelli, togliendo dei petali caduti e rimasti incollati tra le sue ciocche. Hiroto arrossì, imbarazzato, ma si sforzò di sostenere il mio sguardo.
-Hiroto... non sei un codardo, sei solo… umano- mormorai, serio. -Ma saresti un ottimo capo, anche gli altri se ne sono accorti. Ogni potere può essere usato in modo sbagliato, tutto dipende da noi. E io mi fido di te. So che farai sempre la scelta giusta. Lo so.
Mi guardò incerto.
-Come fai a esserne così sicuro?
Ripensai alle parole di Maki e sentii un grande calore inondarmi il petto. Volevo trasmetterlo anche a Hiroto, almeno un pochino.
-Sai... Se sembro coraggioso, è perché ho tante persone che mi coprono le spalle- dissi. -Perché ho te. La persona che amo.
Arrossii per aver detto una cosa così audace.
Hiroto aprì la bocca, ma non riuscì a rispondere. Sembrava sul punto di piangere. Annuì, si sporse in avanti e mi posò un bacio sulla fronte. La sua temperatura corporea era tornata normale, le sue labbra bruciavano febbrilmente contro la mia pelle.
-Quando tutto sarà finito, devo dirti una cosa. Mi ascolterai?- chiese, con un leggero tremito nella voce. Annuii subito, poi scrutai il suo viso e aggrottai la fronte quando vidi la sua espressione.
-Stai bene?- gli chiesi.
-Non lo so- sussurrò.
La mia reazione fu immediata. D'istinto lo abbracciai e, con una mano sulla sua nuca, lo spinsi delicatamente a poggiare la testa contro la mia spalla. Hiroto ebbe un sussulto e cercò di voltarsi il tanto che serviva per guardarmi.
-Midorikawa…?- mi chiese, con gli occhi sgranati e lucidi.
-Non devi trattenerti- mormorai e, come lui aveva fatto con me, lo baciai teneramente sulla fronte.
-Anch'io ho paura, ma tu mi salvi sempre- aggiunsi. -Hiroto, non te l’ho ancora detto, ma… grazie.
Le mie parole sgretolarono le sue ultime difese. Gradualmente, Hiroto si lasciò andare e cominciò a piangere, affondando le dita nei miei vestiti e stringendo forte, mentre il suo corpo veniva scosso dai tremiti. Lo nascosi tra le mie braccia, tenendolo al sicuro da eventuali sguardi indiscreti, e gli accarezzai i capelli gentilmente per tutto il tempo.
 




 
Quando tornammo indietro, Kazemaru si era allontanato per cercare Endou, ma il gruppo era comunque cresciuto. Vidi subito la chioma rossa di Burn, poi Gazel, Afuro. A quanto pareva, Maki e Burn avevano cominciato a bisticciare appena questi era arrivato tra loro.
-Dai, Maki, basta piangere. Il tuo fidanzatino abita comunque in Giappone, esistono i treni!
-Oh Haruyan, adesso fai tutti questi discorsi da uomo vissuto, ma guarda che io me le ricordo le chiamate che mi facevi quando ancora eravamo in training, e tu non facevi che lamentarti, Gazel di qua, Gazel di là, Gazel mi ha fatto questo, bla bla…
-S-smettila! Non è vero! Non è vero nulla!
-Riesco a immaginarmelo benissimo- commentò Gazel, del tutto incurante del colore rosso acceso che colorava le guance del compagno. Incrociò le braccia al petto e gli scoccò un’occhiata interrogativa, con un sopracciglio alzato.
-Be', in effetti Haruya non faceva altro che attaccar briga con te- disse Afuro con un sorriso beffardo. -Come quei bambini delle elementari che tormentano la propria cotta…
-Ah, l'amore è complicato!- esclamò Diam con un sorrisetto ironico.
-In effetti anche a me pare di ricordare qualcosa del genere- aggiunse Hiroto, fingendo di rifletterci seriamente.
Mentre Burn ribatteva che non era assolutamente vero, Gazel decise di tirarsene fuori e si girò verso di me con un'espressione corrucciata.
-Dimenticati questa conversazione insensata- disse. -Ho delle cose da chiederti, ti va di parlare... in privato?
Fece un gesto eloquente per dirmi di spostarci più in là, poi si girò e s'incamminò senza aspettare la mia risposta. A quanto pareva, non avevo scelta. Gettai un'occhiata di sottecchi a Hiroto e vidi che si era già accorto della situazione. Hiroto annuì in modo impercettibile e per un secondo sfiorò il dorso della mia mano con la propria. Mi costrinsi a staccargli gli occhi di dosso e, con un sospiro, raggiunsi Gazel, che mi aspettava poco più in là con uno sguardo accigliato e le braccia incrociate sul petto.
Decisi di andare subito al sodo.
-Di cosa devi parlarmi?- domandai, un po' nervoso.
Gazel mi squadrò da capo a piede.
-Non abbiamo molto tempo, ma devo chiedertelo. Ho sentito che i tuoi poteri sono tornati, è vero?
Ah, quindi si tratta di questo? pensai, e mi fermai un attimo a riflettere.
-Be', ci credi se ti dico che non lo so...? Credevo fossero tornati, ma se ne sono andati via di nuovo. E, anche se ho dei ricordi, sono troppo vaghi- dissi. -Non penso di aver fatto molti progressi... Però una cosa è cambiata. Da quel giorno riesco a controllare benissimo la mia empatia.
Gazel parve sorpreso. –Davvero? Mmh… Forse qualche progresso c'è, allora- osservò. D'un tratto ridusse la distanza e mi poggiò una mano sulla spalla. Aveva un'espressione molto seria.
-Dobbiamo tenere questa cosa sotto controllo, capito? Ci sono ancora troppe cose che non sappiamo- disse a bassa voce. -Nessuno sa come Garshield abbia messo le mani su una tecnologia tanto avanzata, o come abbia fatto ad avere così tante informazioni sui doni... Finché non avremo tutte le risposte, dobbiamo continuare a indagare. E ovviamente voglio dire anche su di te e sul tuo dono.
-Starò attento- replicai. -E se ci sono cambiamenti, te lo dirò. Va bene così?
Gazel mi fissò ancora per un istante, poi si tirò indietro di colpo e riprese a parlare in un tono di voce normale.
-Perfetto, bello vedere che ci siamo capiti- disse. -Comunque, almeno per ora abbiamo un po' di respiro, con Garshield in galera e tutto il resto. Almeno quello è sistemato...
Fu interrotto da un grido alle mie spalle. Dopo tutte le prese in giro, Burn era finalmente esploso. Gazel aggrottò la fronte. -Quell'idiota... Ma che ha da agitarsi tanto?- borbottò, ma intravidi una sfumatura di rosso sul suo viso che prima non c'era. Era evidente che sapeva benissimo che stavano ancora parlando di lui.
Mi chiese di tornare prima di lui, forse per avere un momento per ricomporsi. Era una cosa molto carina, e sarebbe stato facile stuzzicarlo, ma decisi di dargli tregua e acconsentii alla richiesta, mordendomi le labbra per nascondere un sorriso divertito.
Feci dietrofront e tornai dagli altri. Non appena mi fermai, mi resi conto che Hiroto era al mio fianco, gravitò verso di me come spinto da una forza invisibile. Di nuovo, sfiorò la mia mano con la sua. Dal suo sguardo capii che voleva sapere se stavo bene e, colto da un'ispirazione improvvisa, tracciai i kanji di "tutto bene" sul dorso della sua mano. Hiroto parve sorpreso, ma poi si lasciò scappare una risata divertita e sollevata. Gli sorrisi in risposta.
Poco dopo, Gazel tornò, proprio nel momento in cui Burn stava gridando:- Ho detto che non è vero, ma non importa quanto lo dico, continuate a insistere!! Razza di...!
Inaspettatamente s'interruppe senza finire l'insulto. Sembrava quasi che stesse cercando di trattenersi, cosa insolita perché Burn non teneva spesso a freno la lingua. Frustrato, si voltò di scatto verso Maki.
-Ugh, sai che ti dico?! Non cercherò mai più di consolarti!
Maki lo guardò, colpita.
–Stavi cercando di consolarmi? Oddio, Haruyan, era assolutamente… patetico… Oh no…- Nonostante ciò che aveva detto, Maki ricominciò a piangere, forse toccata dalle buone intenzioni dell'amico.
Non appena vide le lacrime, Burn si allarmò e fece marcia indietro. -Oh no, no, no! Non ricominciare, dai, mi dispiace! Non lo faccio più!- si affrettò a dire, asciugandole le lacrime col dorso della propria manica di camicia.
-Sì, sì, ora mi calmo, scusate- mormorò Maki, inspirando ed espirando alcune volte per fermare le lacrime.
Diam le prese la mano e la strinse forte.
-Forse sarà un po’ difficile per via della distanza, è vero, ma io sono fiducioso!- esclamò. –E comunque, non c’è scelta. Non può esserci nessun’altra per me.
A quelle parole, Maki si girò di scatto e lo abbracciò, premendo il viso nel suo petto. Pianse un altro po’, ma sicuramente anche lei pensava le stesse cose. E Diam… Diam sembrava irradiare felicità. Non c’era altro modo di descriverlo. Non dovevo leggere le sue emozioni per capirlo.
Dopo un po’, Maki si staccò e annuì con vigore. Un sorriso a trentadue denti le illuminava tutto il viso.
-Hai ragione, Hiromu. Noi due possiamo farcela! E poi verrò a trovarti appena posso!- esclamò, più ottimista. –Ogni tanto mi porterò anche Mido-chan, non sei contento?
Sentendomi chiamare in causa, aggrottai le sopracciglia, confuso.
-Uh? Che c’entro io?
A Diam brillarono gli occhi. Non lo avevo mai visto così felice.
–Oh, dai! Maki è la mia dolce metà, ma tu, Reize, resti il mio unico partner- disse con finta solennità, come se fosse stata una nomina ufficiale e irrevocabile. Rise, poi la sua espressione si addolcì.
-Sai, Reize, penso che tu mi porti fortuna. Da quando ti conosco, Reize, mi succedono solo cose belle- disse. –E quelle cose in cui credeva mia madre, coraggio, speranza… Grazie a te, adesso sento di crederci anche io.
-Oh Diam, è bellissimo- risposi. –Sono davvero, davvero contento per te.
Non sapevo che altro dire, ma Diam parve capire lo stesso e il suo sorriso si allargò. Si girò verso gli altri.
-Quindi, torniamo tutti a lavoro?- chiese allegramente.
Afuro annuì e abbassò lo sguardo.
-Sì, anch'io torno a casa. Chang Soo… be', lui è già in viaggio verso casa, e devo seguirlo più presto per organizzare la cerimonia funebre- spiegò. -Voglio rendergli onore come si deve, perché lui è stato più di un semplice capo per me. È stato il mio mentore. Senza di lui, ora non sarei qui.
Gazel gli lanciò un'occhiata eloquente.
-Ma non è solo per questo che torni subito, vero?
Afuro rise alla domanda dell'amico.
-E dire che volevo tenerlo segreto per un altro po'... Mah, non importa. È giusto che lo sappiate da me- disse Afuro, scrollando le spalle.
-Sono stato nominato successore di Chang Soo, perciò, non appena metterò piede in Corea, sarò ufficialmente una Spy Eleven.
Lo guardammo tutti a bocca aperta, tranne Gazel, Burn e Hiroto, i quali non sembravano sorpresi.
-Be', ovvio. Non può farlo nessun altro- osservò Burn.
-Oh? Lo credi davvero? Haruya, sono onorato!- esclamò Afuro con un sorriso angelico che mal si adattava al tono del commento. Burn gli scoccò un'occhiata tagliente.
-Non prendermi per il culo, guarda che sono serio- borbottò.
-Lo so, lo so, e lo apprezzo, giuro!- Afuro ridacchiò e accarezzò Burn sulla testa come un cagnolino. Burn non parve gradire il gesto, ma stranamente non reagì e, seppur con riluttanza, lo lasciò fare.
A quel punto Gazel, che fino a quel momento aveva osservato il loro scambio in silenzio, intervenne.
-Vengo con te- disse, con insolita solennità.
Le sue parole furono accolte in un silenzio esterrefatto. Poi Afuro e Burn parlarono quasi in contemporanea.
-Eh? Cosa?!
-Con me? Ma che vuoi dire?
Gazel non si scompose affatto. Guardò Burn, poi Afuro, e infine abbassò lo sguardo.
-Ci sono ancora molte cose che devo capire... Ma prima di tutto voglio salutarlo come si deve- disse con grande serietà.
-Il mio dono si è risvegliato troppo tardi… Avrei voluto che Chang Soo vedesse cosa sono diventato- continuò. –Non so se posso definirlo un mentore... però, in un certo senso, mi ha salvato facendomi entrare in quel centro. Per questo vorrei venire con te e partecipare alla cerimonia per... per dargli l'ultimo saluto. Glielo devo.
Esitò, poi alzò di nuovo lo sguardo su Afuro.
-Ma c'è anche un'altra cosa. Vorrei... vorrei essere al tuo fianco quando succederà. Non ti lascerò solo- disse.
Afuro non rispose subito: per una volta parve davvero senza parole. Restammo in silenzio per una manciata di secondi, perché nessuno osava intervenire in quel momento tra loro due.
Quando Afuro ritrovò la voce, la prima cosa che disse fu un "grazie" un po’ tremante. E poi lo disse di nuovo, più forte, e l'attimo dopo lanciò le braccia attorno al collo di Gazel, che si lasciò stringere forte sebbene non amasse il contatto fisico. Ancora una volta intuii quanto il loro rapporto dovesse significare per entrambi.
Dopo un po' Burn tossicchiò per richiamare l'attenzione.
-In realtà anch'io stavo pensando di andarci. Se posso unirmi a voi…- bofonchiò, imbarazzato.
Senza pensarci due volte, Afuro allungò un braccio e trascinò anche lui nell’abbraccio. Al mio fianco Hiroto sospirò, in qualche modo sollevato. E poi tutto a un tratto Maki lanciò un gridolino.
-Reina! Ma dov’eri finita? Ti ho persa di vista un attimo e sei sparita!
Mi girai di scatto.
Non vedevo Reina dal giorno in cui mi aveva fatto la predizione. Non era mai venuta a trovarmi in ospedale, nel periodo in cui ero rimasto in convalescenza, anche dopo essermi svegliato.
Mentre ero incosciente, avevo sognato di nuovo il corridoio e la porta, ma questa volta, al lato opposto, avevo visto un varco di luce chiara e pura. Avevo sentito delle voci chiamarmi da quel lato. Erano le voci delle persone che amavo, perciò non avevo avuto la minima esitazione.
Mi ero risvegliato confuso e dolorante. Non il migliore dei risvegli. In più, c'era stata un sacco di confusione intorno a me: un fuggifuggi di infermiere, un viavai di medici, una raffica di come ti senti, puoi parlare, puoi muoverti?. Nei giorni seguenti mi avevano sottoposto a mille cure e controlli.
Una mattina qualsiasi, Kazemaru era entrato nella mia stanza come un uragano, aprendo la porta di schianto. Nessuno dei due aveva detto nulla, e due secondi dopo c'eravamo trovati già nelle braccia l'uno dell'altro, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Ed io mi ero sentito più vivo che mai, nonostante tutto, perché la monotonia era finita: infatti, da quel momento, i giorni avevano smesso di essere uno uguale all’altro.
Hiroto e Kazemaru erano venuti a trovarmi tutti i giorni, Maki e Diam quando potevano, e persino Gazel e Burn si erano presentati, qualche volta.
Reina, invece, non era mai venuta, nemmeno una volta.
E ora, guardandola negli occhi, capii il perché.
Mi fissava come se avesse visto un fantasma, come se non riuscisse a credere che fossi là davanti a lei, vivo e reale. Senza smettere di guardarla, mi pizzicai una guancia e le sorrisi. La reazione fu immediata. Reina si portò le mani alla bocca mentre si scioglieva in lacrime che di certo aveva trattenuto a lungo.
Non appena mi avvicinai a lei per consolarla, mi gettò le braccia al collo. Fu inaspettato, ma ricambiai subito. Nessuno sembrava capire cosa stesse succedendo, a parte forse Maki, che la osservava con una dolcezza indescrivibile. Avevo sempre pensato che fosse Reina a prendersi cura di Maki, ma mi sbagliavo: allo stesso modo Maki vegliava su di lei, e lo aveva sempre fatto. Si prendevano cura l’una dell’altra, proprio come me e Kazemaru. Erano partner.
-Va tutto bene- sussurrai a Reina, stringendola. -Va tutto bene.
E, alzando lo sguardo sul cielo azzurro, sentii che era vero.
Andava tutto bene.
 
 
 
 



 

**Note dell’Autrice**

Questo arc è durato così tanto, che mi sembra di aver appena terminato un lungo viaggio…!
Anche se il viaggio non è davvero finito, anzi per nulla, visto che adesso affronteremo l’arc finale, quello più impegnativo di tutti.
(MA sono fiduciosa. Tutti i nodi stanno finalmente venendo al pettine.)
È normale che io sia tanto orgogliosa di personaggi fittizi?? Che non sono neanche miei?? È assurdo perché in questo capitolo li ho sentiti davvero tutti vicinissimi! Sono tutti cresciuti tanto. Ripensando a tutto il percorso di Hiroto (ma anche a quello di Gazel!), mi sento davvero soddisfatta.
Spero che resterete con me fino alla fine, perché i prossimi capitoli costituiranno il Midorikawa’s Arc. Finalmente parliamo davvero del protagonista!! È stato davvero un lungo viaggio… ho disseminato tante tessere di un puzzle lungo la via, e ora mi tocca rimetterlo assieme!
Ringrazio tantissimo chi ancora legge, e chi mi recensisce persino!! Siete bellissimi e avete una pazienza infinita!!

Un abbraccio,
  Roby
   
 
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