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Autore: Il cactus infelice    29/06/2019    1 recensioni
La guerra è finita, Harry Potter ha sconfitto il Signore Oscuro e ora tutti si apprestano a tornare alla normalità. Kingsley Shacklebolt è diventato il nuovo Ministro della magia, Hogwarts ha riaperto i battenti apprestandosi ad accogliere nuovamente gli studenti, linfa vitale del futuro della società magica. I morti per la giusta causa vengono ricordati con onore, i Mangiamorte che sono fuggiti vengono arrestati e chi ce l'ha fatta cerca di riprendersi la vita leccandosi le ferite e ricordando i cari persi.
Ci vuole tempo per guarire, per superare i traumi, c'è chi ci mette di più e chi un po' meno. Ma, in mezzo al dolore, tutto il Mondo Magico è felice per la sconfitta di Lord Voldemort. Tutti, eccetto Harry.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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31 Luglio 1999

 

Lily e James decisero di organizzare una festa a sorpresa per Harry per il suo compleanno e ovviamente assoldarono anche Sirius e Remus che furono ben felici di dare una mano, specialmente il primo, e Hermione, Ron, Karen e Ginny si offrirono volontari con entusiasmo. Ognuno decise di occuparsi della propria parte, Ron ed Hermione nel dirlo ai Weasley e nell’invitare gli altri amici di Hogwarts, come Neville, Luna, Dean e Seamus, mentre Ginny lavorò con i gemelli per preparare dei fuochi d’artificio e altri effetti speciali che sarebbero potuti essere adatti all’occasione; Karen e Sirius invece decisero di andare a caccia di decorazioni e di una torta. Ovviamente era un’occasione per loro per stare un po’ da soli e concedersi qualche altro appuntamento visto che avevano poche occasioni per stare assieme.

Naturalmente dovevano agire nel modo più discreto possibile per non far sospettare nulla a Harry, ma Ginny rassicurò tutti dicendo che lui aveva lo spirito d’osservazione di un Koala che ha fatto indigestione di eucalipto. Tuttavia cercarono di non nominare minimamente il compleanno del ragazzo facendo finta di essersene scordati.

I genitori gli lanciarono ogni tanto delle domande nel modo più casuale possibile per scoprire cosa gli sarebbe piaciuto avere in regalo e in generale tutti quanti cercarono di farsi vedere il meno possibile nei giorni precedenti i preparativi. 

Harry naturalmente non sospettava niente, sapeva che Ginny era impegnata con gli allenamenti perché alla fine dell’estate aveva il provino per le Holyhead Harpies e Ron ed Hermione si godevano la loro storia d’amore preparandosi anche per le loro future carriere - Ron era ancora certo di voler fare l’accademia -. Anche Karen aveva la sua vita. 

Perciò si era trovato spesso per conto suo a passeggiare, allenarsi e andare in giro o giocare col cane; in fondo non gli dispiaceva potersi godere un’estate tranquilla senza pensieri su Voldemort o sulla guerra a tormentarlo, senza i fantasmi del passato a perseguitarlo, e soprattutto senza i Dursley a stargli col fiato sul collo. Stava addirittura pensando di prendersi un anno sabbatico da qualsiasi cosa, ma vedere i suoi amici così impegnati con le loro vite e le loro carriere gli stava mettendo una certa pressione. Ma non aveva davvero idea di cosa fare.

“Non so, Harry. Tu potresti fare letteralmente qualsiasi cosa”, gli disse Ginny una sera mentre i due se ne stavano sdraiati sul divano del salotto di casa Potter, Ginny appoggiato con la schiena al bracciolo del divano, una mano impegnata a fare zapping alla TV e l’altra a pettinare i capelli del moro che teneva la testa appoggiata nel suo grembo.

Harry soppesò quelle parole: effettivamente col suo status avrebbe davvero potuto fare qualsiasi cosa, era sicuro che se anche avesse chiesto di poter fare lo spogliarellista in un Night Club per maghi e streghe lo avrebbero assunto subito senza provino solo perché era lui. Non che desiderasse fare lo spogliarellista, ci mancherebbe.

“Prenditi il tuo tempo. Non c’è alcuna fretta”, aggiunse la ragazza in tono dolce accarezzandogli con le dita la cicatrice. Harry rabbrividì sotto quel contatto così tenero e familiare. Non si era mai sentito così amato come in quegli ultimi mesi da quando i suoi genitori e Sirius erano tornati e se da un lato la cosa lo rendeva immensamente felice - di una felicità che non avrebbe saputo descrivere - dall’altro un po’ ne aveva paura perché più si avevano persone a cui tenere più era facile perdere qualcuno. Ed Harry era abituato a perdere le persone che amava non a riaverle indietro. Non poteva credere che la ruota finalmente stesse girando dalla sua parte. 

Harry chiuse gli occhi per un attimo e lasciò andare un paio di respiri profondi godendosi il tocco morbido della ragazza. 

Glielo dicevano tutti che doveva prendersi il suo tempo, era anche ora che pensasse un po’ di più a sé stesso, persino la McNahmara glielo aveva ripetuto. I suoi genitori non gli mettevano alcuna pressione, anzi - ma Harry dubitava lo avrebbero mai fatto. 

“Harry sta dormendo?” chiese la voce di sua madre piano, entrando silenziosa nel salotto.

Ginny si voltò con calma verso di lei. 

“No, sono sveglio”, rispose Harry senza aprire gli occhi e senza spostarsi di un millimetro. Sarebbe potuto rimanere in quella posizione per sempre da quanto stava comodo. 

“Piccioncini, la cena è quasi pronta”, si udì allora la voce di James, anche lui sulla soglia del salotto.

Harry si stiracchiò e decise che era ora di alzarsi. Buttò le gambe giù dal divano e lanciò un’occhiata stanca a Felpato, addormentato tranquillo nella sua cesta.

Era davvero una tranquilla sera di fine luglio.

 

“Secondo me l’altra è più buona”.

“Sì ma l’altra è più rinfrescante e visto che è estate ci sta”.

Sirius mise giù la forchetta con la quale aveva assaggiato la quarta torta che la pasticciera stava facendo provare a lui e a Karen; la giovane ragazza, sulla trentina, capelli castani e ondulati e gli occhi turchini, non aveva smesso di sorridere verso i due e il suo tono era rimasto gentile tutto il tempo, ma l’Animagus aveva come l’impressione che non vedesse l’ora che se ne andassero. A Karen non sembrava importare. 

Era da quasi un’ora che lui e la ragazza si trovavano nella pasticceria designata per scegliere una torta per il compleanno di Harry. Molly si era offerta di prepararla più che volentieri - Lily era un po’ impedita sul versante dolci - ma aveva già messo a disposizione sé stessa e la cucina per fare gli stuzzichini e non era sembrato giusto disturbarla così tanto.

“Non lo so, Sirius, io preferisco il cioccolato”.

“È la torta per il vostro matrimonio?” chiese la pasticciera con voce timida. Probabilmente si sentiva solo a disagio a starsene in silenzio durante il loro discorso.

Karen e Sirius si scambiarono un’occhiata un po’ allibita, arrossendo entrambi. 

“Oh no!” rispose in fretta la ragazza, ridendo imbarazzata. “Stiamo scegliendo la torta per il compleanno di un nostro amico. È una festa a sorpresa e vogliamo che sia... memorabile, ecco”.

“Oh scusatemi”, disse la donna allontanandosi verso il retro. “Torno subito, ragazzi”.

Non appena la pasticciera se ne fu andata, i due si guardarono vagamente divertiti ma ancora un po’ imbarazzati. 

“Be’ direi che questa è una di quelle cose da raccontare”, disse Sirius dopo un po’ ridacchiando. 

“A chi lo dici”.

Sirius e Karen si guardarono per diverso tempo, uno di fronte all’altro; sul volto dell’uomo era dipinta un’espressione particolare, una via di mezzo tra un sorriso dolce e uno malizioso.

“Ehi”, la chiamò piano quando vide che la ragazza aveva abbassato lo sguardo fissandosi la punta dei piedi. 

Infine le si avvicinò eliminando quei pochi centimetri che li separavano, le appoggiò una mano sul fianco e si abbassò per baciarla. Karen reagì subito e d’istinto, alzandosi sulle punte delle sue scarpe da ginnastica e circondando il collo dell’uomo per ricambiare il bacio. Aveva scoperto che le piaceva baciare Sirius, l’uomo era un gran baciatore.

Sirius la attirò di più a sé cingendole la vita con entrambe le mani. Purtroppo però dovettero separarsi troppo in fretta per i loro gusti perché la pasticciera li interruppe con un colpo di tosse: povera donna, era già la seconda gaffe che faceva con i due. Sicuramente ora li odiava da morire. 

Si misero d’accordo di fare una torta al cioccolato con della frutta sopra in modo che fosse più rinfrescante e finalmente Sirius e Karen poterono abbandonare la pasticceria.

“Tu hai idea di cosa regalare a Harry? Sono giorni che ci penso”, disse Sirius quando si ritrovarono in strada.

“Avevo pensato a qualcosa di Babbano. A Harry piace fare sport quindi pensavo a uno di quegli orologi super digitali che mostrano il battito cardiaco, le calorie perse e cose così. Si usa quando pratichi esercizio fisico”.

“WoW! Sembra figo”.

“Se vuoi possiamo regalarglielo insieme”.

“Perché no?”

 

Il giorno del compleanno arrivò abbastanza in fretta e ormai era tutto pronto. Erano tutti piuttosto nervosi e eccitati la mattina a colazione, James e Lily parlarono poco ma Harry sembrò non farci troppo caso, concentrato com’era a contemplare la sua tazza di caffè. 

A Sirius toccava il compito di portarlo fuori di casa fino a che questa non fosse stata pronta con le decorazioni e tutto il resto. Stranamente Harry non disse niente sul fatto che fosse il suo compleanno, e tutti si astennero dal fargli gli auguri. Dovevano semplicemente fare finta di dimenticarmene ma con la sorpresa che si prospettava non fu troppo difficile.

Quando Sirius legò Felpato al guinzaglio, chiese al figlioccio se lo voleva accompagnare a fare una passeggiata. Harry non avrebbe mai detto di no al suo padrino.

“Volevi parlarmi di qualcosa?” chiese Harry dopo qualche minuto di silenzio.

“No, perché?” 

“Perché quando le persone mi chiedono di accompagnarle da sole da qualche parte è perché mi vogliono parlare”, rispose il ragazzo, aggiungendo dopo un po’ con una risatina “oppure mi vogliono stuprare. Dipende dalle situazioni”.

Sirius scoppiò a ridere. “Spero non ti sia capitata quest’ultima situazione”.

“Per fortuna ancora no”.

Passeggiarono ancora un po’ col cane che li guidava davanti trotterellante. 

“Comunque volevo farmi un tatuaggio. Tu dove hai fatto il tuo?” 

“In un negozio Babbano a Londra. Mi ci ha portato Kiki”.

“Dai, andiamo!” 

“Adesso?” 

“Ma si, perché no?”

Sirius sapeva che fare un tatuaggio avrebbe occupato abbastanza tempo senza dover inventare altre scuse e non gli dispiaceva farsene un altro, oltre a quelli che aveva già sul petto.

I due si smaterializzarono in un punto di Materializzazione della Londra Babbana e Harry condusse il padrino verso il negozio che si trovava a Whitechapel. Dovettero prendere un paio di metro per arrivarci ma Harry notò non senza una leggera sorpresa che Sirius sembrava cavarsela abbastanza bene con le metropolitane. Forse non era la prima volta che ne prendeva una.

“Cosa posso fare per voi due?” chiese un ragazzo pieno di tatuaggi su tutto il corpo non appena Harry e il padrino - insieme al cane - entrarono nel negozio.

“Io volevo fare un tatuaggio”, disse Sirius. 

“Ma noi ci siamo già visti?” chiese all’improvviso un altro ragazzo sbucato da un’altra porta, quella dell’ufficio privato. Stava guardando verso Harry.

“Sì, ero venuto un po’ di tempo fa con un’amica”.

“Ma si, sei quello del drago sul petto”.

“Proprio io”.

“Come ti sei trovato? Ti ha dato problemi?”

“No, assolutamente”.

“Perfetto”.

L’altro tatuatore invece si rivolse a Sirius. “Cosa vorresti tatuarti?”

“Non ho idea sinceramente”.

“Prova a guardare tra i nostri disegni se trovi qualcosa che ti piace”.

Sirius scorse con gli occhi alcuni bozzetti appesi vicino all’ingresso e attorno alla scrivania pensieroso; erano tutti molto belli e lui non era uno di grandi esigenze. Non dava ai tatuaggi un significato particolare.

“Che ne dici di questo?” gli chiese Harry mostrandogli il disegno di un cane.

Sirius lo guardò di sbieco. “Sul serio?” 

“Dai è carino”. Harry ghignò beccandosi una spallata dal padrino.

“Fattene uno anche tu”.

“Non lo so, poi dovrei farne un terzo perché i tatuaggi non vanno mai in numeri pari”.

“Be’, è una scusa per farne il più possibile”.

Dopo qualche sguardo in più Sirius si decise per il disegno - a colori - di una rosa rossa sull’avambraccio sinistro, qualcosa che nessuno avrebbe mai associato a lui. Anche Harry venne convinto a farsene un altro, un albero che gli ricordava un po’ il Platano Picchiatore, sulla schiena. 

I due tatuaggi occuparono abbastanza tempo per l’ora della festa. Sirius controllò l’orologio e sentì la moneta magica che gli aveva dato Hermione - quella che avevano usato i ragazzi nell’Esercito di Silente - vibrare nella sua tasca;  quello era il segnale che ormai era tutto pronto.

“Dai, andiamo a casa”, disse solo e non diede nemmeno il tempo al ragazzo di ribattere che afferrò lui e il cane e li Materializzò fuori dal cancello di casa Potter. 

I due percorsero il selciato che li separava dalla porta di ingresso in silenzio e, non appena Harry varcò la porta, dopo qualche istante di totale silenzio, sentì un coro di “sorpresa” travolgerlo come un’ondata. 

Il ragazzo alzò gli occhi sui presenti, con genuina sorpresa e confusione nello sguardo. Sembrava davvero che non capisse cosa stesse succedendo. Prima tutti quelli che lo fissavano dentro casa, oltre ai genitori, Ginny, Ron, Hermione e Karen, riconobbe anche tutti gli altri Weasley, Luna, Neville con la ragazza Hannah, Seamus, Dean e persino Lee Jordan e Angelina Johnson. Dietro di loro c’erano anche Remus e Tonks. Poi si voltò verso il padrino fermo dietro di lui che sghignazzava come quando da giovane combinava una marachella con gli amici.

“I gorgosprizzi ti hanno mangiato la lingua?” gli chiese Luna osservandolo con un sorriso. 

“Pensavi davvero che ci saremmo scordati del tuo compleanno?” fece Ginny avvicinandosi al ragazzo e prendendogli una mano. Harry inarcò le sopracciglia. La giovane Weasley allora spalancò occhi e bocca in un’espressione tra lo stupore e il divertimento. “Oh per le mutande di Godric! Tu ti sei scordato del tuo compleanno”.

Harry si ritrovò ad annuire. “Sì. Me ne sono genuinamente scordato. Non sapevo nemmeno che fosse il trentun luglio oggi”.

Qualcuno scoppiò a ridere.

“Harry!” esclamò Hermione sconvolta.

Ginny invece lo spinse verso di sé e lo abbracciò forte ma teneramente. “Be’ non ha importanza perché ci abbiamo pensato noi e abbiamo deciso che ti meritavi una festa come si deve. Allora, ti piace?”

“Da morire”, mormorò il ragazzo col viso affogato nei capelli di Ginny, inebriandosi del suo odore. E non mentiva, quella festa gli stava già piacendo da matti. Non aveva mai avuto il privilegio di avere una vera festa di compleanno, men che meno a sorpresa. Quando i due si staccarono, si voltò verso Sirius e lo guardò con un che di rimprovero. “Quindi è per questo che stamattina mi hai trascinato fuori casa”.

“Certo! Mi sono fatto persino marchiare per te”.

“Che intendi dire?” fece James osservando l’amico con l’espressione di qualcuno che temeva la risposta.

“Siamo andati a farci un tatuaggio”. E come per rimarcare la cosa, Black mise in bella vista a tutti la sua rosa rossa.

“Merlino santissimo! Con tutti i posti dove potevi portarlo, proprio da un tatuatore doveva essere”.

“Ehi, è un tuatuaggio bellissimo. Anche quello di Harry”.

In quel momento si intromise Ron: “Amico, potrai raccontarci tutto del tuo bellissimo tatuaggio ma ora basta con le chiacchiere che in cucina c’è un buffet spettacolare”.

“Ronald!” Lo sgridò Hermione. Il ragazzo si strinse semplicemente nelle spalle.

Nel dirigersi verso la cucina Harry si trovò a dover abbracciare praticamente tutti gli invitati - l’abbraccio di Molly quasi gli spaccò le ossa - che gli augurarono un felicissimo compleanno. Harry non si era mai sentito così benvoluto. Aveva come l’impressione che sarebbe stata una giornata ricca di emozioni. E dire che fino a pochi minuti fa non ricordava nemmeno fosse il suo compleanno.

“Dopo dovrebbe raggiungerci anche Katie”, gli disse Angelina quando lo lasciò andare dall’abbraccio. 

“Così avremo quasi tutta la squadra di quidditch al completo”, esclamò Fred contento. “Si potrebbe fare una partita “.

“E avete anche tre ex capitani di Grifondoro”, aggiunse Ron prima di addentare un pezzo di torta tartara. 

James alzò un sopracciglio verso i ragazzi, attirato dal discorso. “Chi sarebbero?”

“Angelina, Harry e Ginny”, rispose Neville. 

“Fai pure quattro”, disse allora James con finta aria disinteressata.

“Sei stato capitano?” chiese Angelina in tono vivace.

“Certo!”

“È vero! C’è la tua targa a Hogwarts! Come ho fatto a dimenticarmene?”

“Non chiedergli di parlare del suo anno da Capitano o non smetterà più di tirarsela”, disse Lily guardando Angelina e lanciando occhiatine al marito nel frattempo; questi mise su il broncio.

“Io non me la tiro. Vero Harry che non me la tiro?”

Harry sbatté le palpebre un paio di volte come lo avessero appena tirato giù dal letto. “No, non tiratemi dentro questo discorso”.

“Quantomeno l’intelligenza non l’ha presa da te, Jamie”, fece Sirius ridendo

“Ma ce l’avete con me oggi?” 

Tutti i presenti scoppiarono a ridere.

La festa proseguì nel migliore dei modi, tutti chiacchieravano allegramente, facevano battutine, mangiavano e quando arrivò Katie Bell alcuni decisero di organizzarsi in due squadre e sfidarsi a quidditch. 

Dopo la partita anche l’alcol cominciò a scorrere a fiumi. I signori Weasley a un certo punto abbandonarono la baracca e quando Harry li salutò sentì l’esigenza di allontanarsi per un po’. Uscì sul portico dove non c’era nessuno, solo l’allegro chiacchiericcio e le risate dei suoi amici lo raggiungevano attutiti dalla distanza. Si accese una sigaretta e bevve un sorso di birra dalla bottiglia che si era portato dietro. 

Si asciugò le lacrime che gli stavano leggermente bagnando gli occhi accorgendosi che stava sorridendo come un ebete. Non era mai stato uno che piangeva tanto e non aveva mai pensato che avrebbe pianto di felicità. Non sapeva se attribuire tutte quelle sensazioni all’alcol o alla pura gioia che stava provando.

Remus lo trovò così quando uscì, appoggiato alla ringhiera che fissava il giardino di fronte. 

Harry si asciugò di nuovo velocemente le lacrime e cercò di ricomporsi. Ma naturalmente al licantropo non sfuggiva nulla.

“Ehi, tutto a posto?”

“Si, si”, si affrettò a rispondere l’altro schiacciando il mozzicone nel posacenere. “Avevo solo bisogno di un po’ d’aria”.

“Harry”, lo richiamò l’altro in tono di leggero rimprovero ma comunque dolce. 

Harry alzò gli occhi sul suo ex professore e sospirò. “È solo che è strano... tutto questo. Sai... fino a pochi mesi fa la mia vita era alla deriva. Stavo solo pensando al modo più veloce per farla finita e ora... Ora non potrei essere più felice. È così travolgente e mi fa anche un po’ paura”.

Remus gli sorrise col sorriso più dolce che Harry lo avesse mai visto fare. Forse solo in quel momento realizzò davvero quanto volesse bene a quell’uomo.

Quasi non lo vide avvicinarsi, ma sentì quando questi lo avvolse in un abbraccio caldo e confortevole. 

“Oh Harry”, sussurrò tenendolo stretto. “É perfettamente normale. E ricordati che tutto questo è merito tuo, solo tuo. Sei stato tu a riportarci indietro, a dare una seconda possibilità a me e mia moglie, a permetterci di veder crescere nostro figlio”. Poi si staccò e lo guardò dritto negli occhi. “Hai messo tu fine a quella guerra. Hai così tanto di cui essere fiero”.

“Grazie”, disse Harry in tono basso sentendo di nuovo le lacrime pungere.

“Non devi ringraziarmi. È solo merito tuo”.

Harry avrebbe voluto dire qualcos’altro, ma in quel momento la porta si aprì di colpo facendo sbucare le facce di Ron e Neville, allegri più del solito.

“È il momento di aprire i regali”.

Harry ridacchiò e andò verso il salotto. I regali non erano sicuramente tanti quanti ne riceveva Dudley - ma suo cugino era un caso particolare - tuttavia erano di gran lunga più di quanti ne avesse ricevuti in tutta la sua vita. Hermione, come al solito, non si smentì e gli regalò un paio di libri, ma questa volta erano dei romanzi di autori Babbani che a lei erano piaciuti molto e che secondo lei Harry doveva assolutamente leggere. Ron gli regalò una specie di GPS magico che serviva per rintracciare maledizioni semplici - probabilmente sperava ancora che l’amico lo seguisse nell’Accademia Auror - e i gemelli un cuscino incantato che si metteva a cantare quando era ora di svegliarsi. In pratica doveva funzionare come una sveglia ma i gemelli hanno detto che è ottimo per fare gli scherzi e sostituire il cuscino di qualcuno con quello incantato così che quello si mettesse a cantare nelle ore più improbabili facendo venire un infarto al povero malcapitato.

Ginny invece gli regalò una collanina con i loro nomi incisi sopra e gli promise che sarebbe stato il primo e ultimo “regalo così smielatamente romantico” che gli faceva. Ma Harry indossava ancora il suo braccialetto col boccino e quindi la sua affermazione non era del tutto vera ma il ragazzo si premurò bene di non contraddirla.

Il regalo che lo sorprese più di tutti fu quello dei suoi genitori: un biglietto per due persone per farsi una vacanza dove voleva lui e quando voleva lui. Harry decise che ci avrebbe pensato molto bene a dove voleva andare - con Ginny ovviamente - perché fino ad ora non si era mai concesso una vacanza.

“Ma quindi voi due state insieme ora?” chiese rivolto a Karen e Sirius dopo aver aperto il loro regalo. Il fatto che glielo avessero fatto insieme doveva essere un segnale.

“Diciamo che ci stiamo lavorando”, rispose la ragazza con un sorriso malizioso in direzione di Sirius. Lui ricambiò l’occhiata avvicinandosi di più alla ragazza. 

“Comunque questo cocktail è davvero buono!” aggiunse Kiki osservando il proprio bicchiere pieno di un liquido rosa.

“Lo ha fatto James. Non chiedermi cosa ci ha messo dentro”, le disse Lily.

“Dovrai darmi la ricetta cosi lo aggiungo all’elenco di cocktail che so fare”. 

“Sai fare i cocktail?” le chiese Katie leggermente stupita.

“Abbastanza da aprire un bar”.

Harry fissò per qualche istante le venature del tavolo di legno di fronte a lui come colpito da un’idea e poi alzò lo sguardo sull’amica: “Sai che non sarebbe una cattiva idea?” 

“Che cosa?”

“Aprire un bar”.

“Harry, per aprire un bar ci vogliono soldi. E anche clienti”.

“E si dà il caso che io di soldi ne abbia”.

Karen si inginocchiò di fronte a lui per essere alla sua stessa altezza che stava seduto di fronte al tavolino del salotto e lo guardò improvvisamente eccitata. “E basta dire alla gente che ci sei tu e i clienti pioverebbero come la pioggia a Dicembre”.

I due amici si sorrisero annuendo lentamente; forse, senza volerlo, avevano appena avuto l’illuminazione perfetta per il loro futuro.

 

Verso sera, quando ormai era calato il sole e quasi tutti se n’erano andati dopo il taglio della torta, Sirius e Karen si erano ritrovati in un angolo schiacciati contro il muro a baciarsi come se non si vedessero da mesi. Avevano cercato di resistere all’urgenza di baciarsi e toccarsi per tutto il tempo della festa - non volevano ancora sbandierare a tutti la loro frequentazione - ma non appena si erano ritrovati da soli ne avevano approfittato. 

La stanza di Sirius si trovava proprio lì vicino e, senza nemmeno pensarci davvero, l’uomo aveva trascinato la ragazza dentro, chiudendosi la porta alle spalle con un colpo.

Tutto questo senza smettere di baciarla.

Karen mugugnò con la lingua ancora avvinghiata a quella del mago, mentre le mani le correvano sotto la sua maglietta.

Quello non era per nulla un bacio casto.

“Sirius, smettila di fare il gentiluomo o l’unica pervertita qua sembrerò io”.

Sirius ridacchiò.

“Quindi ho il tuo permesso di toglierti la maglietta?”

“Toglimi tutto quello che vuoi”.

Forse stava mettendo troppa fretta e troppa urgenza a tutto quello, ma voleva davvero sentire la pelle di Sirius a contatto con la propria, voleva le sue mani e... Be’, era eccitata abbastanza.

Sirius le prese i lembi della maglietta e la sollevò; Karen lo aiutò alzando le braccia e facendosi scivolare l’indumento di dosso. Non aveva mai fatto caso che Sirius fosse così alto, ma forse perché lei stavolta non indossava i tacchi.

Le mani della ragazza corsero subito ai bottoni della camicia dell’uomo. Quando però gli slacciò il primo bottone, baciandogli il collo, lui la bloccò con una mano.

“Aspetta”.

La ragazza alzò lo sguardo e incatenò i propri occhi chiari in quelli scuri di lui. 

“Che c’è?”

“Io...”. Sirius abbassò lo sguardo; sembrava titubante. Karen capì che forse era il caso di rallentare, forse a lui non andava.

“È da un po’ che... non lo faccio”, mormorò lui senza guardarla, arrossendo.

Karen a quelle parole sorrise e gli circondò il collo con le braccia posandogli un bacio sulla guancia.

“Non ti preoccupare. È come andare sulla scopa. Una volta che hai imparato non te lo dimentichi più”.

Sirius ridacchiò e alzò di nuovo lo sguardo su di lei.

“Tu lo vuoi? Vuoi che lo facciamo?”

“Solo se lo vuoi tu”.

Sirius annuì e i due ripresero da dove avevano interrotto, ma questa volta dandosi più tempo. Quando si ritrovarono sul letto, Karen in mutande e Sirius con ancora i pantaloni addosso, lei gli stava sopra e gli percorreva tutto il petto villoso con dei piccoli baci.

Poi con una mano gli slacciò i jeans e sentì che era duro. Gli accarezzò piano il pene da sopra le mutande facendolo mugugnare. 

Sirius lasciò andare un sospiro sentendosi percorrere da brividi di piacere. A un certo punto strinse la presa sui fianchi della ragazza e ribaltò con un colpo le loro posizioni, facendo cadere Karen di schiena sul letto. La ragazza rise leggermente.

Era arrivato il momento che prendesse lui il comando. Dopotutto non era conosciuto come il puttaniere di Hogwarts per nulla. 

 

Dopo il sesso, Sirius e Karen rimasero sdraiati per diverso tempo sul letto senza dire nulla, sorridendo e cercando di riprendere fiato. Potevano entrambi dire che la loro prima volta era stata decisamente piacevole.

Solo dopo un po’ Karen si girò verso di lui e gli poggiò una mano sul petto per accarezzarlo, percorrendo con le dita i tatuaggi runici.

Lui allungò un braccio per stringersela addosso.

“Visto? Come andare su una scopa”.

“Non sono mai stato bravo a volare”.

“Ma in questo sei bravo”. Karen alzò lo sguardo e gli sorrise maliziosa. Lui ridacchiò per nascondere l’imbarazzo del complimento.

A un certo punto sentirono dei colpi provenire da fuori e qualcosa di colorato spuntare nel cielo.

“Devono essere i fuochi di Fred e George”.

I due si alzarono dal letto pigramente, affacciandosi - ancora nudi - alla finestra, Karen davanti stretta tra le braccia di Sirius.

 

Quando tutti gli ospiti se n’erano andati, Harry si era steso sul divano in attesa che Ginny uscisse dal bagno. Era stanco ma felice.

“Pensi che dovremmo dirglielo ora?” chiese Lily guardando James. 

“Perché no?”

“Non lo so, é il suo compleanno”.

“É una bella notizia, Lils”.

Lily lanciò un’occhiata dalla soglia della cucina verso il figlio. Probabilmente non ci sarebbe mai stato un momento giusto per quella notizia.

“D’accordo, andiamo”.

I due si diressero insieme verso il salotto e si sedettero sul divano vicino alle gambe del figlio.

Harry alzò lo sguardo verso di loro e li guardò incuriosito.

“Tesoro, sei abbastava sobrio?” gli chiese il padre.

Harry annuì mettendosi seduto. Era un po’ brillo, ma non troppo.

“Che succede?”

“Io e la mamma dobbiamo dirti una cosa”.

L’espressione del ragazzo si rannuvolò immediatamente. Ecco, lo sapeva che non poteva tutto tirare per il verso giusto.

“Che c’è che non va?” 

“Oh no, tesoro!” esclamò Lily prendendogli una mano. “A dire il vero è una bella notizia”.

Harry cercò di esortarli a parlare con uno sguardo.

“Ti piacerebbe l’idea di...”, cominciò James titubante. “Avere un fratello o una sorella?”

Harry inarcò un sopracciglio perplesso per qualche istante finché non capì che cosa quella frase volesse dire e si ritrovò a spalancare la bocca sorpreso. “Sei... incinta?” chiese guardando la madre.

Lily annuì sorridendo. Prima che avesse il tempo di realizzarlo la donna si ritrovò stretta in un forte abbraccio da parte del figlio ma fu subito pronta a ricambiarlo.

“Sei contento?”

“Certo che sono contento”, rispose il ragazzo quando si staccò dalla madre. Non poteva credere che quella giornata stesse diventando ancora più bella.

“Però vorremmo che tu sappia”, si intromise allora James. “che questo bambino non ci distrarrà da te. Saremo sempre al tuo fianco. Per qualsiasi cosa ti servirà”.

Harry gli sorrise. “Non preoccupatevi. Non sono un bambino”.

“Lo sappiano, tesoro”, fece Lily. “Sappiamo che non sei mai stato un bambino davvero. E dopo tutto quello che hai passato vorremmo solo che tu stessi bene. Io e tuo padre ci saremo sempre. Non potevamo esserci prima ma ora ci saremo. É una promessa”.

 

*** 

 

Spero vi sia piaciuto questo capitolo come io mi sono divertita a scriverlo :) 

Per quanto riguarda i tatuaggi sul petto di Sirius, so che nei libri lui non ha tatuaggi ma nel film sì. Era stata una scelta di Gary Oldman e Cuaròn ai tempi del terzo film e l’ho trovata un’idea piuttosto affascinante (ma sono di parte visto che ho una passione per i tatuaggi). 

Comunque fatemi sapere che ne pensate e a sabato prossimo con l’epilogo. 

 

Baci,

C

   
 
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